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FESTA DEGLI INNAMORATI TRA OMBRE E LUCI

 

 di Vincenzo Russillo - Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA (Nicola Martella): Non era previsto che pubblicassi un articolo sulla «festa degli innamorati». L’arrivo di uno scritto dal titolo «San Valentino? Preferisco amare 365 giorni l’anno di vero cuore», ha cambiato le cose. Non potendolo pubblicare così com’era, ho dovuto aggiungere una mia parte, che facesse da completamento alle tesi di questo giovane credente.

     Ciò che disturba Vincenzo è probabilmente il fatto che tale festa degli innamorati venga anche chiamata «festa di san Valentino»; mi sono chiesto: E se non fosse chiamata così? Chiaramente non basta un giorno particolare per dimostrare il proprio amore alla persona amata. È anche vero che molte delle ricorrenze provengono dalla tradizione pagana, pensiamo al nome dei giorni da lunedì a venerdì e al nome di mesi come gennaio (da Giano), marzo (da Marte), giugno (da Giunone) e forse aprile (probabilmente da aphros, il nome greco di Afrodite); eppure usiamo correntemente tale nomenclatura, senza pensare all’etimologia e alle origini. È anche vero che tante tradizioni pagane sono state poi sostituite da ricorrenze cattoliche; il problema non è tanto questo, ma il fatto che non abbiano ancorato tutto a Cristo e a lui soltanto (2 Cor 10,5).

     Dopo aver letto la seria ricerca di Vincenzo e le sue opportune riflessioni bibliche, con cui per altro si sforza d’essere equilibrato, mi sono chiesto se ciò abbia esaurito l’argomento; ho pensato di no. A ciò si deve la mia aggiunta a completamento, cosa che anche Vincenzo si aspettava.

     Faccio notare che la Bibbia non ha nulla contro giorni particolari, «un giorno di gioia, di conviti e di festa, nel quale gli uni mandano dei regali agli altri… e dei doni ai bisognosi» (Est 9,19.22), se l’occasione è nobile; si noti che questa festa dei Purim non era prescritta dalla Legge mosaica.

     Sebbene tali ricorrenze mi lascino perlopiù né caldo né freddo, pure bisogna ammettere che ogni cosa dipende dall’atteggiamento e dall’obiettivo: «Tutto è puro per quelli che son puri; ma per i contaminati e increduli niente è puro; anzi, tanto la mente che la coscienza loro sono contaminate» (Tt 1,15).

     Oltre a quanto afferma Vincenzo, si vedano per l’approfondimento i seguenti articoli esterni: «San Valentino e le feste del consumo»; «La festa di San Valentino trae origine da riti pagani e quindi non viene osservata dai veri cristiani?». Per le frivolezze che si scrivono in rete per tale ricorrenza si veda qui, qui, qui o qui.

 

 

2.  ALLA RICERCA DI UN ORIENTAMENTO (Vincenzo Russillo)

 

San Valentino: un giorno solo per dimostrare il proprio amore?

     Forse non sarà un tema molto discusso. Giorni fa, però, avevo ricevuto da un amico credente la richiesta d’un consiglio per un regalo. Lì per lì, ero rimasto perplesso. Dopo di che mi ha spiegato che era per la propria fidanzata in occasione di san Valentino. Incuriosito, mi sono documentato per fargli presente le origini di questa pratica, da qui ne è nato questo scritto. Un sentimento puro come l’amore può essere compromesso da contenuti che provengono dalla tradizione e da riti pagani?

 

Le origini pagane della ricorrenza

     Nell’antica Roma, febbraio era il mese dedicato al dio Luperculus, divinità protettrice del bestiame. Questa festività era seguita da un rito di purificazione a metà del mese (il 15 febbraio): i sacerdoti sacrificavano degli animali e spargevano il loro sangue per le strade in segno di fertilità; inoltre questa sarebbe stata garantita dal fatto che le donne venivano inseguite e frustate con una festuca (verga). Infatti l’avvicinarsi della primavera era segno di rinascita per i latini. Inoltre la tradizione racconta che il 14 febbraio venivano tratti a sorte i nomi di uomini e donne, che avrebbero dovuto passare l’intero anno in intimità per propiziare la fertilità, un’usanza in nome di Giunone. Tutto ciò incoraggiava la fornicazione.

 

Il cattolicesimo e la nuova tradizione

     Questo rito portato avanti dalla tradizione latina, fu abolita e sostituita con la festa di san Valentino da papa Gelasio I (469 d.C., 14 Febbraio). Ma chi era questo Valentino? Secondo quanto leggiamo in rete, abbiamo diversi racconti, a cui attingiamo (cfr. Wikipedia, da cui traiamo alcune informazioni; per una lettura confessionale si veda qui).

     ■ La tradizione ci dice che fosse un sacerdote che si ribellò all’ordine imperiale di Claudio II, il quale aveva vietato il matrimonio per evitare che giovani uomini si sottraessero alla leva. Ma Valentino continuò in segreto a celebrare le unioni. Egli fu scoperto, imprigionato e condannato a morte; durante il periodo di prigionia, molti giovani innamorati lo andarono a trovare. L’esecuzione avvenne il 14 febbraio del 269 a.C.

     ■ Un’altra tradizione narra come un giorno il vescovo, passeggiando, vide un giovane e una giovane che stavano litigando e andò loro incontro, porgendo una rosa e invitandoli a tenerla unita nelle loro mani: i giovani s’allontanarono riconciliati. Un’altra versione di questa storia narra che il santo fosse riuscito a ispirare amore ai due giovani, facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni, che si scambiavano dolci effusioni d’affetto; da quest’episodio si crede possa derivare anche la diffusione dell’espressione «piccioncini».

     ■ Secondo un altro racconto, Valentino, già vescovo di Terni, unì in matrimonio la giovane cristiana Serapia, gravemente malata, e il centurione romano Sabino. L’unione era ostacolata dai genitori di lei. Valentino, chiamato dal centurione al capezzale della giovane morente, battezzò dapprima il giovane soldato e, quindi, lo unì in matrimonio con la sua amata, prima che entrambi cadessero in un sonno profondo.

     Di là da queste confuse informazioni sulla vita di Valentino, di per certo sappiamo che fu un martire e vescovo. Poi venerato come santo dal cattolicesimo e considerato il patrono degli innamorati nella religiosità popolare.

 

Una delle moderne tradizioni

     Seppur cancellato dal calendario liturgico della chiesa cattolica nel 1969, san Valentino è diventata una festa culturale. Nel medioevo in Inghilterra si pensava che gli uccelli in questo periodo s’accoppiassero; infatti nacque il seguente detto: «A San Valentino ogni Valentino sceglie (o trova) la sua Valentina». Da lì nacque l’usanza per gli innamorati di farsi dei regali: scatole di cioccolatini, cuori, fiori, cene, camere d’albergo, gioielli e altri regali utilizzati per celebrare il 14 febbraio. In alcuni paesi, come negli Usa alcuni regali come i mazzi di rose vengono accompagnati da un versetto biblico per dare una parvenza di «sacralità». Anche la divinazione ha un suo ruolo, poiché molte persone credono di trovare la propria «anima gemella» proprio in questo particolare giorno. Molte persone infatti si legano a molti segni o oggettini di vario tipo, per non parlare di vari test che potrebbero portare a trovare la persona con cui stare per il resto della propria vita. «Non è tutto oro ciò che luccica», verrebbe da dire e inoltre voler inglobare un sentimento gratuito e puro come l’amore in una singola giornata o meglio essere obbligati a un gesto per una particolare data stride anche per il più romantico.

 

Amore sano e conclusioni

     La mia non vuole essere una crociata contro i regali o le manifestazioni d’affetto, nella Bibbia non vi è alcun impedimento, anzi un dono è un segno di riconoscenza e affetto (Giobbe 42,11). Purché questo venga fatto con spontaneità e senza obblighi: «Dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza, perché Dio ama un donatore gioioso» (2 Cor 9,7; nel contesto originale, ciò si riferiva certo alla colletta straordinaria per i credenti poveri della Giudea, N.d.R.).

     Perché seguire queste mode? C’è stato detto: «Siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo» [Fil 2,15]. Abbiamo ben potuto vedere come nasce questa tradizione d’uomini attraverso la dissolutezza e la fornicazione, sebbene oggi abbia un ruolo puramente simbolico. Niente in contrario che ognuno dimostri il proprio amore alla propria ragazza, fidanzata o moglie, e viceversa. Purché non lo si faccia come qualcosa di dovuto seguendo la tradizione. L’amore in una giovane coppia è qualcosa di molto profondo; nel Cantico dei Cantici ci viene presentato un amore profondo e leale. Un amore da coltivare e da far crescere. Non credo che bisogna aspettare un singolo giorno, l’amore non viene mai meno dice Paolo (1 Corinzi 13,8). Quando s’ama l’altra persona, non ci si nasconde dietro un peluche o un mazzo di fiori il 14 febbraio, ma questo sentimento dev’essere vissuto (1 Corinzi 13,14s) l’amore può affrontare anche dolori e delusioni, ma è un vincolo indissolubile, se costruito su solide basi (Colossesi 3,12-14). L’amore non è cupido,che con le sue frecce fa innamorare due persone, né il «colpo di fulmine». Amarsi vuol dire sacrificio (Genesi 29,20) e anche passione (Proverbi 5,18-19); non è quindi solo un sentimento idealizzato e legato al consumismo.

 

 

3.  DALLA REAZIONE ALL’AZIONE (Nicola Martella): Mi rendo contro che ad aver bisogno di una «festa degli innamorati» siano specialmente i commercianti, che la tengono apposta in piedi. Infatti per loro fino a Pasqua è lunga e tale festa è un ponte benvenuto, dopo la Befana e Carnevale.

     Ammetto che non sono particolarmente romantico e non ci tengo per periodi particolari, a cui fissare la mia devozione o i miei sentimenti; sono come colui che «stima tutti i giorni uguali» (Rm 14,5).

     Tuttavia sono convinto che per le cose non ci si possa fermare alle etimologie (p.es. per «auguri») o alle radici storiche e culturali di un certo fenomeno (appunto qui la «festa degli innamorati»). La maggioranza delle persone non sa nulla delle radici storiche e religiose di tale festa, non sa chi sia «san Valentino» e neppure perché la «festa degli innamorati» si chiami anche «festa di san Valentino». Tale onestà intellettuale è necessaria. È assurdo pensare che chi festeggia la «festa degli innamorati», renda un culto a non so quale oscura potenza pagana oppure veneri un santo cattolico; come già detto, la maggior parte della gente non conosce tale origini (e non gliene interessa) e non sa neppure chi sia veramente un «san Velentino».

     Sebbene a me personalmente non interessi una «festa degli innamorati», è sbagliato che la festeggino gli altri? Penso proprio di no. Una «festa delle separazioni o dei divorzi» o una «festa dell’odio» sarebbe peggio. Poi, tutto dipende dai contenuti che ognuno dà a tale «festa degli innamorati». Per l’uno sarà motivo per rinsaldare l’amore per il proprio partner; per l’altro sarà un’ulteriore occasione per trasgredire.

     Come credenti biblici non dovremmo certo farci pressare negli schemi del mondo (Rm 12,1s). D’altra parte dovremmo distinguere fra le cose che disonorano palesemente Dio e quelle che di per sé sono contenitori culturali neutrali, che possono essere usati per fare il bene o il male. Un passo ulteriore è di usare tali occasioni per l’Evangelo, la dottrina e l’etica cristiane.

     Ecco la nostra esperienza di chiesa locale, al tempo in cui un altro fratello e io eravamo, come missionari, i conduttori della chiesa che avevamo fondato. Il gruppo addetto organizzava per tale occasione una speciale cena per coppie. Dei credenti poteva partecipare solo chi portava almeno un’altra coppia di non credenti. Il programma non era religioso, ma di cultura cristiana. Non c’era chi predicasse, ma una coppia di credenti più avanti nell’età e una coppia più giovane hanno raccontato della loro vita, di come hanno affrontato i loro problemi finora, come hanno fatto a rimanere uniti e così via. La cena era con i fiocchi. Tra una portata e l’altra c’era un intermezzo con qualcosa. Ad esempio, una credente della nostra comunità, che cantava in modo professionale, da sola o con altri cantava ora una canzone popolare antica o un’aria di un’opera, ora un canto cristiano. Dopo mangiato c’erano anche giochi per coppie, ad esempio per testare quanto le persone conoscessero il proprio coniuge, e così via; il tutto avveniva in un clima di decoro e ordine. Lo scopo era di comunicare interesse per le cose buone, per la fede cristiana e per la morale biblica a chi non sarebbe mai venuto in una sala evangelica. Facevamo tali incontri possibilmente in un ambiente neutrale. Quella che era una novità all’inizio, divenne una ricorrenza e le stesse coppie d’amici ci chiesero di poter tornare e di partecipare alle spese. Così abbiamo conosciuto coppie di amici, che poi si sono avvicinate alla fede biblica e di cui alcune si sono convertite.

     Dopo che io e mia moglie siamo andati via dalla nostra prima chiesa per dedicarci a una nuova opera, tale esperienza è stata continuata, subendo certo alcuni aggiustamenti e modifiche adatte alla nuova situazione.

     Tutto ciò mostra che si può passare dalla reazione all’azione. Si può agire per amore del Signore e delle anime, «approfittando delle occasioni» e da persone avvedute intendendo «bene quale sia la volontà del Signore» nelle cose che ci circondano (Ef 5,16s).

     Nella sacra Scrittura ci sono cose che Dio detesta e odia, indicandole come peccato e addirittura come abominio. Poi tra cielo e terra ci sono tante cose che appartengono alla cultura di un tempo, contenitori culturali che di per sé non sono buoni o cattivi, ma tutto dipende dall’uso che se ne fa.

     Ci sono persone, come me, a cui una «festa degli innamorati» rimane indifferente per se stessi. Tuttavia in tali cose culturali e d’opinioni non si può fare dei propri gusti il metro di misura. Per ciò che la Bibbia non condanna chiaramente, non bisogna inventare un comandamento nuovo. Nella prospettiva della parusia del Signore e vivendo una comunione personale col Signore in preghiera e in opera, valga questa raccomandazione apostolica: «Del rimanente, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,6-9).

     Nelle cose in cui la Scrittura non ha un chiaro comandamento o un divieto, si può esortare tutt’al più a fare ogni cosa nel timore di Dio, fuggendo con saggezza dal male (Gb 28,28), specialmente dalla fornicazione (1 Cor 6,18) e da insani appetiti (2 Tm 2,22), e operando alla gloria del Signore: «Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio» (1 Cor 10,31). Ciò può valere anche per una «festa degli innamorati».

 

Festa degli innamorati tra ombre e luci? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Festa_innam_ombr_lux_S&A.htm

12-02-2010; Aggiornamento: 14-02-2010

 

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