2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
▲
La lettera, non portando il nome dell'intestatario, può essere valutata solo per
il contenuto interno della stessa. Certo sarebbe più facile dare alla lettera
(per me anonima) una collocazione ideologica, conoscendo l'autore e quindi il
suo pensiero; d'altra parte, la non conoscenza dell'autore evita di essere
prevenuto a chi analizza tale scritto, rispetto al quale può essere quindi
distaccato, concentrandosi nel merito.
L’autore inizia in modo dotto, tipico di chi ha conoscenza da
vendere verso chi agli occhi suoi dev’essere ancora istruito; l’iniziato parla a
chi non considera suo pari. Anche in seguito parla delle sue parole come di un
«ripasso» di cose espresse in modo polivalente.
Poi con tale fare dotto del maestro verso il discepolo,
prosegue dando una definizione di dualismo, particolarmente quella della gnosi:
1. Aspetto ontologico o antropologico: spirito buono imprigionato nella materia
cattiva; 2) Aspetto cosmologico: l’eterna lotta dei due principi gnostici del
bene e del male.
Poi passa ad applicare tali «principi» dualistici al
peccato e alla sua origine, considerandolo una specie di patologia e
considerando un nemico pianificatore. Qui come altrove, dove si dà al principio
del male un onore di avversario paritario o quasi (tipico del pensiero gnostico
o gnosticheggiante), al Dio biblico non viene fatta fare bella figura, facendolo
apparire meno altissimo, onnipotente e onnisciente di quanto sia. Poi viene
aggiustato un po’ il tiro, subordinando il male al bene. Come si vede il tutto
diventa un linguaggio filosofico, ben distante dall’esegesi e dalla teologia
biblica. È il «male è subordinato al bene»? Certo non di propria volontà. Ho
dovuto pensare a questa parola di Paolo: «Ciò a cui la carne ha l’animo è
inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio, e neppure può
esserlo» (Rm 8,7).
Non si capisce poi perché il «bene» (quale quello
assoluto? quello antropologico?) non abbia «connotazioni morali» (e non sia
«finalizzato a un premio»), visto che sia Dio, sia l’uomo sono esseri morali:
distinguono il bene dal male e agiscono di conseguenza. Eccone alcuni esempi.
■ Dio: «E l’Eterno si pentì d’aver fatto
l’uomo sulla terra, e se ne addolorò in cuor suo» (Gn 6,6; male minacciato
Es 32,14; Gr 26,19; Am 7,3.6; Gna 3,10; calamità inflitta 2 Sm 24,16; 1 Cr
21,15). «Io, l’Eterno,
amo la giustizia, odio
la rapina, frutto d’iniquità; io
darò loro fedelmente la loro
ricompensa, e fermerò con loro un patto eterno» (Is 61,8).
■ L’uomo: «Io prendo oggi a testimoni contro
a voi il cielo e la terra, che io ti
ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la
maledizione; scegli
dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua progenie» (Dt 30,19). «Così
parla l’Eterno: Ecco, io
pongo dinanzi a voi
la via della vita e la via della morte» (Gr 21,8). «Io ho
scelto la via della fedeltà, mi sono posto i tuoi giudizi dinanzi agli
occhi» (Sal 119,30).
Poi l’autore passa a una definizione di una antropologia dualista, mettendo lo
«spirito contro anima e corpo». Per far ciò deve equiparare necessariamente la
«mente» con «l’anima» e rendere quest’ultima «parte integrante del corpo». Per
questo attribuisce la morte non all’intero essere, ma solo alla sfera
corporale-animica. È una visione filosofica, ma non esegetica né teologica.
Infatti, nella Bibbia la «mente» è associata allo «spirito» (rûach)
non all’«anima» (nefeš; qui in senso di funzione). Il termine «anima»
descrive tutto l’uomo, la persona; non a caso è tradotta in tantissimi brani con
«persona» e addirittura con «io». Alla morte è tutta la persona che muore; lo
spirito torna a Dio (Ec 12,9) e nel Paradiso è cosciente, ma storicamente
inefficiente (cfr. Lc 16,19ss; si parla di «ombre»; Is 14,9; 26,19), aspettando
la risurrezione della carne. Nell’escatologia darbista invece, lo spirito
diventa efficiente dopo la morte anche senza il corpo, considerato a modo suo
come una specie di prigione, e subito serve Dio presso il trono (mentre
biblicamente i morti fino alla risurrezione sono impuri); tutto ciò ha
reminiscenze pericolose col dualismo gnostico. Per non ripetermi
sull’antropologia biblica rimando a «Antropologia 1-4» in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 86-92.
Poi l’autore, per mantenere una coerenza col dualismo
esposto, si dà a svelare «misteri» con un parallelismo fra protologia (origine
del diavolo) e antropologia speculativa, dividendo l’umanità in «figli del
demonio» e altro (figli di Dio?). Il dualismo lo costringe ad affermare che tali
spiriti (i figli del diavolo) «sono attratti dal male, sono nell’essenza il male
e desiderano quindi fare il male». È uno schema semplice, semplicistico e
lampante, ma estremamente falso e pericoloso. Davide supplicava Dio: «Non
venire a giudizio col tuo servitore, perché
nessun vivente
sarà trovato giusto nel tuo cospetto» (Sal 143,2). E lui stesso confessò: «Tutti
si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti, non v’è alcuno che faccia il
bene, neppur uno» (Sal 14,3). Paolo usò molti versi del Salmo 143 per
concludere che «tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio» (Rm
3,10-23). Anche nella sua vita di credente rigenerato ammise la presenza della
«legge del peccato» (Rm 7,17-25) e consigliò la «mortificazione della carne» e
il rinnovamento dello spirito (Rm 8,13; cfr. svestire l’uomo vecchio, vestire
l’uomo nuovo; Ef 4,22ss; Col 3,10).
Il resto viene portato nuovamente su un piano
filosofico, distinguendo fra un presunto «dualismo perfetto» e uno «imperfetto».
Come si vede, non è l’esegesi che porta a costruire gli orizzonti teologici
dell’AT e del NT, ma una visione filosofica (e perciò ideologica) del mondo. Un
tale pensiero e un tale linguaggio sono difficilmente riscontrabili nella
Bibbia, i cui scrittori sono ancorati nella «sapienza» (basata sulla rivelazione
di Dio e sulla riflessione della Torà), ma non nella filosofia (basata sulla
riflessione e sulla logica umane). Non si comprende bene se, nel pensiero
dell’autore, per distruggere il «cancro» del peccato o del male, come lui lo
definisce, i malvagi saranno distrutti, ossia annientati come entità personali e
sensibili. Ciò sarebbe teologicamente grave. Al riguardo rimando per
l’approfondimento in Nicola Martella (a cura di), Escatologia biblica
essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), agli articoli: «Il giudizio
universale», pp. 313s; «L’inferno», pp. 315-321; cfr. anche la sezione «Lo stato
intermedio», pp. 182-212.
La conclusione di tale «docente» è interessante. Dopo
aver parlato su un piano filosofico (quindi senza esegesi contestuale
letteraria, storica e culturale), si rivolge al suo interlocutore, considerato
un discepolo, parlando di «istruire nella teologia» (!). Ammette però il limite:
«non posso farti comprendere lo Spirito delle cose». Consiglia così a chi è già
da tempo un conduttore di chiesa: «ti conviene nascere di nuovo». È possibile
che l’autore della lettera consideri Sandro ancora poco «iniziato», visto che lo
tratta come un «maestro» fa con uno scolaretto e un «guru» col suo discepolo, ma
che debba nascere ancora
di nuovo, è spropositato; o intende con ciò una «rinascita» mistica, tipica
dello gnosticismo? Infine, minaccia d’abominio il suo interlocutore
nell’evenienza di essere mal interpretato! Un metodo pedagogico impeccabile!
Sebbene Sandro non mi abbia detto chi sia questo suo
«maestro», penso di riconoscerne lo stile e i contenuti, oltre che gli anatemi;
ma potrei sbagliarmi.
Mi viene un sospetto: l’autore di tale scritto non ha
letto l’intero articolo, a cui rimandava l’invito alla lettura; infatti non fa
cenno dell’analisi biblica della prima parte né delle osservazioni risultanti
della seconda parte. Strano modo di dialogare per chi si ritiene, per citar
Paolo: «…ti persuadi d’essere guida dei ciechi, luce di quelli che sono nelle
tenebre, educatore degli scempi, maestro dei fanciulli… come mai, dunque, tu che
insegni agli altri non insegni a te stesso?» (Rm 2,19ss). Di questa
categoria almeno Paolo ammetteva: «Tu conosci la sua volontà, e discerni la
differenza delle cose essendo ammaestrato dalla legge» (v. 18). Ma qui
abbiamo visto solo filosofia dualista, alquanto contigua con lo gnosticismo,
rivestita con una parvenza di «teologia» (darbista riconvertito a spiritualista
gnostico?).
►
Blasfemia o dualismo? 1:
Il reperto biblico
{Nicola Martella} (A)
►
Blasfemia o dualismo? 2:
Il dualismo integralista {Nicola Martella} (A)
►
Blasfemia o dualismo? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Dualismo_saccente_gnostico_MeG.htm
30-06-2008; Aggiornamento: 26-07-2008