Questo articolo prende spunto dal seguente articolo:
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Lezioni dalla storia 1: L’influenza delle rivolte giudaiche sulla
chiesa primitiva {Argentino Quintavalle}. Leggendolo, mi sono posto delle domande e ciò mi ha
portato alle seguenti riflessioni. Lo scopo è quello di continuare a dialogare
nella ricerca della verità. Alcune domande che mi sono posto, ma a cui non
rispondo sono ad esempio queste: Come poteva avere la rivolta giudaica del 1°
secolo un'influenza sulla «chiesa primitiva» (o apostolica), visto che
essa non partecipò alla difesa di Gerusalemme, ma secondo le ingiunzioni
messianiche (Mt 24) doveva fuggire alle prime avvisaglie predette dallo stesso
Messia? Una chiesa giudaica perseguitata dai capi religiosi e politici del giudaismo
poteva mai associarsi a una tale insurrezione contro i Romani? Come poteva avere
poi la rivolta giudaica del 2° secolo un'influenza sulla «chiesa
primitiva» (o apostolica), visto che essa cessò di esistere in Gerusalemme già
prima degli anni Settanta del 1° secolo? Si può ancora parlare nel 2° secolo di
«chiesa primitiva»?
Passiamo ora ad affrontare specialmente le questioni culturali in
riferimento al giudaismo. ■ Esiste una «cultura biblica»? Alcuni hanno
preteso che lo stile di vita dei primi credenti giudaici fosse il substrato di
un’autentica «cultura biblica». È veramente proponibile questo, specialmente
alla luce delle decisioni del concilio di Gerusalemme (At 15)? Altri hanno
preteso nei secoli che lo stile di vita dei cristiani occidentali sia quello
«giusto» e perciò hanno esportato insieme all’Evangelo anche la cultura
occidentale, snaturando così le culture di vari popoli, dove sono arrivati i
missionari. Si parla al riguardo di «colonialismo culturale». ■ L’Evangelo è di per sé un messaggio straordinario ma
semplice. Dove esso arriva trasforma le persone, il loro atteggiamento mentale,
lo stile di vita, eccetera. L’Evangelo non abbatte le culture, ma si innesta in
esse per guadagnare le persone a Cristo. Ogni cultura può diventare «biblica»,
dove l’Evangelo diventa una forza dinamica di trasformazione. Ma l’Evangelo non
vuole snaturare le culture che trova, ma le vuole nobilitare negli aspetti
positivi insiti in esse. Per questo motivo, nel primo secolo l’Evangelo poté
arrivare in pochi decenni in popoli così diversi quanto a lingua, cultura,
storia, usi e costumi. ■ A mio parere è un errore vedere nel cristianesimo di
Gerusalemme un modello di «cultura biblica», visto che esso durò solo pochi
decenni (Gerusalemme fu distrutta nel 70 d.C.) e già prima divenne minoritario
all’interno di una chiesa composta specialmente da Gentili, a cui non fu imposta
la cultura dei Giudei cristiani. È altresì un errore portare la cultura dei
cristiani occidentali, credendo e facendo credere che sia di per sé la «cultura
biblica». ■ La fede in Gesù è una eredità giudaica? Se la fede in
Lui fu annunciata dapprima nel giudaismo, ben presto se ne sganciò, perché era
un messaggio universale. Tale fede divenne efficace di là dalla Legge e dal
giudaismo. La chiesa esclusivamente giudaica fu una brevissima fase della storia
della chiesa. In effetti, i Giudei cristiani, che continuarono a manifestare
l’ebraicità della loro fede, furono fin dall’inizio una piccolissima minoranza
del giudaismo e divenne presto ancora più esigua all’interno della chiesa nel
suo complesso. Non si può quindi affermare che la cultura giudeo-cristiana fosse
norma e normativa all’interno della chiesa del primo secolo e di quelli
successivi. Quello che rimase fu una concettualità generale che in genere non fu
espressa neppure in ebraico ma in greco (il NT è stato scritto in greco e non
esiste neppure un solo frammento in ebraico!). Non è un caso che il concetto
ebraico «Messia», sebbene si possa ritenerlo centrale, si trovi solo tre volte
nel NT (Gv 1,41; 4,25; 13,25), mentre il corrispondente greco, «Cristo», ricorre
in 507 versi. ■ L’atteggiamento dei missionari del
paleo-cristianesimo (erano tutti Giudei!) non fu quello di trasmettere la
giudaicità culturale alle genti che evangelizzavano, ma di inserire l’Evangelo
nella loro cultura, assumendo essi stessi gli usi e i costumi degli di Dio,
alfine di guadagnare il maggior numero di persone a Cristo. «Poiché, pur
essendo libero da tutti, mi sono fatto servo a tutti, per guadagnarne il maggior
numero; e coi Giudei, mi son fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei; con quelli
che sono sotto la legge, mi son fatto come uno sotto la legge (benché io stesso
non sia sottoposto alla legge), per guadagnare quelli che sono sotto la legge;
con quelli che sono senza legge, mi son fatto come se fossi senza legge (benché
io non sia senza legge riguardo a Dio, ma sotto la legge di Cristo), per
guadagnare quelli che son senza legge» (1 Cor 9,19ss). ■ Che pensare di Atti 21,20? Il verso recita: «Fratello,
tu vedi quante migliaia di Giudei vi sono che hanno creduto; e tutti sono
zelanti della legge». Come già detto, tali migliaia di Giudei erano
un’estrema piccola percentuale del giudaismo e non era rappresentativa
dell’intero cristianesimo che intanto si era sviluppato. ■ Che pensare di 2 Ts 2,15? Il verso recita: «Perciò
fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti in cui siete stati istruiti
sia tramite la parola sia tramite la nostra epistola». È un grave errore
interpretare qui il termine greco paradoseis — che significa
«trasmissioni, tradizioni, dottrine, insegnamenti» — nel senso che Paolo avesse
comunicato ai Tessalonicesi contenuti ingiuntivi della Legge e della tradizione
giudaica. Il contesto in cui Paolo parlò era quello dell’Evangelo (v. 14) e
l’attesa del beato futuro (vv. 16s). Nelle epistole paoline ai Tessalonicesi i
termini «Legge» o «tradizione» giudaica non ricorrono mai. Il termine
parádosis
ricorre anche in 2 Ts 3,6, ma intende anche qui la trasmissione di insegnamenti
conformi all’Evangelo, qui di carattere etico. Difficilmente i Giudei potevano
valere come modello, poiché di loro si legge solo questo: «Anche voi avete
sofferto dai vostri connazionali le stesse cose che quelle chiese hanno
sofferto dai Giudei, i quali hanno
ucciso e il Signor Gesù e i
profeti, hanno
cacciato noi, e
non piacciono a Dio, e sono avversi
a tutti gli uomini,
vietandoci di parlare ai Gentili
perché siano salvati. Essi vengono così colmando senza posa la misura dei loro
peccati; ma ormai li ha raggiunti l’ira
finale» (1 Ts 2,14ss). ■ La legittimità di un cristianesimo «non-giudaico» fu
sancito da un concilio a maggioranza giudaica! (At 15). Come ci insegna Paolo in
Rm 14 è legittimo che chi è Giudeo, osservi il giorno e mangi secondo i dettami
rituali del giudaismo, ma non è normativo per i Gentili. Anzi dovunque i Gentili
cominciavano a praticare dei costumi giudaizzanti, Paolo vedeva un sintomo di
grande preoccupazione sia per l’Evangelo sia per il bene di tali cristiani (Gal
3,1ss; 4,10s; Col 2,16ss). ■ Si afferma che il giudaismo, quello storico e quello
cristiano, abbiano frequentato a lungo le stesse sinagoghe. Si allude anche al
fatto che i Giudei cristiani siano stati presenti in Gerusalemme durante
l’assedio romano. Si afferma che sia stata l’aggiunta della 19a
«benedizione» a prevaricare il rapporto fra giudaismo storico e quello
cristiano, ritenuto eretico (si afferma che i cristiani giudei continuassero a
frequentare le stesse sinagoghe degli altri Giudei): «Non possano gli apostati
avere alcuna speranza, a meno che essi non ritornino alla Torah, e possano
scomparire i Nazareni in un istante. Possano essere cancellati dal libro della
vita e non essere annoverati tra i giusti». Troviamo in ciò un contrasto
dapprima con le parole di Gesù, che comandava ai suoi seguaci di fuggire non
solo da Gerusalemme ma dai luoghi abitati della Giudea, appena avessero visto
«l’abominazione della desolazione» (Mt 24,15ss; tale segnale si concretizzò per
mano degli Zeloti, che misero la loro centrale operativa proprio nel tempio).
Troviamo in ciò un contrasto anche con la prassi missionaria dei missionari
cristiani di origine giudaica: essi andavano a predicare l’Evangelo nelle
sinagoghe (in zone in cui non c’erano ancora chiese); quando trovava grande
ostilità (che era la normalità), separava i discepoli (Giudei e proseliti; At
19,9) che avevano creduto in Gesù quale Messia, si dedicava alla loro istruzione
(rivolgendosi anche ai gentili della città), finché i «Giudei rimasti
disubbidienti» (At 14,2) creavano le circostanze di una persecuzione tale che
costringeva tali missionari di andare altrove. Qui si replicava il modello. In
tutte le epistole del NT non risulta che i credenti (giudei e non) si riunissero
in sinagoghe, ma in «chiese in casa» (cfr. Rm 16). A ciò si aggiunga che
l’ostilità dei Giudei e del Sinedrio verso i Nazareni avvenne subito dopo
Pentecoste e praticamente non smise più; l’aggiunta della 19a
«benedizione» formalizzava il rifiuto di Gesù quale Messia, avvenuto negli anni
Trenta del primo secolo, e la prassi ostile verso i Nazareni, che era in essere
già da molti decenni e di cui Saulo stesso fu dapprima un fiero rappresentante. ■ Voler salvare il giudaismo dei Farisei, da cui
provennero poi il giudaismo rabbinico, è singolare. Gli Zeloti erano Farisei
estremisti. La maggior parte dei Farisei parteciparono alla difesa di
Gerusalemme e di altre città giudaiche. Nel secondo secolo l’insurrezione fu
promossa da un rabbino, Akiba. È singolare voler vedere i cristiani giudaici
come partecipanti all’insurrezione dei Giudei sia in Gerusalemme (1° secolo) sia
nell’impero romano (2° secolo). A parte il fatto che i cristiani giudaici erano
solo poche migliaia, non c’è nessuna evidenza storica che abbiano partecipato
all’insurrezione di Bar-Kochba. ■ È singolare che si veda una divaricazione fra
giudaismo e cristianesimo solo così tardi, visto che il concilio di Gerusalemme
di fatto creò di fatto due grandi contenitori culturali del cristianesimo:
quello giudaico (che era abbastanza contenuto e perse sempre più d’importanza) e
quello gentile (che fu presto nella maggioranza). Quanto al greco, esso era la
lingua parlata dalla maggioranza dei Giudei, vivendo essi nella diaspora. Poiché
non ci fu un’imposizione della cultura giudaica sui Gentili cristiani (lo fecero
solo i giudaisti, ma furono condannati e avversati da Paolo e dalla sua squadra
missionaria), si svilupparono in breve molti modi culturali di vivere
l’Evangelo, a seconda di dove esso si innestava.
Sono quindi convinto che ritenere la cultura ebraica (anche quella del
paleo-cristianesimo di Gerusalemme) come «cultura biblica» e «modello culturale»
per i cristiani d’oggi sia un abbaglio. La Bibbia è per tutti i cristiani una fonte
d’ispirazione spirituale e morale. La chiesa non è una teocrazia e la Legge
d’Israele non può essere per essa ingiuntiva. I cristiani traggono dall’AT degli
ammaestramenti spirituali e morali (Rm 15,4), ammonizioni ed esortazioni (1 Cor
10,11), insegnamenti, riprensioni e correzioni utili (2 Tm 3,16), non delle
ingiunzioni giuridiche né tanto meno un modello di «cultura biblica». L’unica legge (spirituale e non giuridica) che i
cristiani conoscono è la «legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù»
(Rm 8,2); essi sono sottomessi alla «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2) non
a quella mosaica, che è chiamata «legge del peccato e della morte» (Rm
8,2). Una «legge [che] non ha condotto nulla a compimento» (Eb 7,19), i
cui contenuti rituali (mangiare, bere, feste, noviluni, sabati) erano solo «l’ombra
di cose che dovevano avvenire» (Col 2,16s) e una legge che aveva «un’ombra
dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose» (Eb 10,1), come può
diventare un modello di «cultura biblica» per tutti i cristiani? A questa grande tentazione si contrappose Pietro stesso
durante il concilio di Gerusalemme, dicendo si giudaizzanti: «Perché dunque
tentate adesso Dio mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i padri
nostri né noi abbiamo potuto portare?» (At 15,10). Questa domanda rimane
attuale e pressante anche oggigiorno.
Per l’approfondimento cfr. in Nicola Martella,
Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999) gli articoli: «Questioni intorno al sabato ebraico», pp.
46-50; «La questione della legge», pp. 51-56; cfr. pure «La
questione della domenica», pp. 57-69. |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Cultura_biblica_giudaismo_UnV.htm
07-02-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |