Qui di seguito parliamo dello «scandalo della croce» per le reazioni
di rifiuto che suscita la predicazione della morte di Cristo.
Parliamo pure della croce che scandalizza per l’uso indebito che se
ne fa. La croce da segno d’infamia, per il tipo di morte, è
diventata prima simbolo o poi oggetto di culto. Che ne dobbiamo
pensare noi cristiani fedeli alla Bibbia? |
La questione del lettore ▲
Pace.
Ultimamente conversando con alcuni fratelli, il discorso è caduto sulla
croce esposta in una chiesa. Il mio pensiero è che in qualche modo la
croce è il simbolo dei cristiani, inoltre ci ricorda il sacrificio di
Gesù.
Uno tra noi invece non la pensa in questo modo, e ha affermato che il
suo simbolo è nel cuore, ed egli adora il Signore in Spirito, senza aver
bisogno di qualcosa a cui rivolgersi.
La mia domanda è questa: Biblicamente parlando, è giusto che in una
chiesa vi sia la croce esposta? Pensando alle origini della stessa e per
l’uso che ne veniva fatto, è giusto ritenerlo simbolo dei cristiani.
Molti evangelici dicono no al crocifisso (quello con Gesù raffigurato) a
volte scandalizzandosene, ma invece sì alla croce senza il corpo; penso
che in qualche modo esagerano. Ti ringrazio per le risposte. {Giuseppe
Destratis; 18-12-2007}
La risposta ▲
La
problematica
La questione della croce è uno dei temi più controversi, forse ancora
più del natale e del velo per la donna. Questo tema viene discusso
diversamente se si abita in (o proviene da) un paese ad alto indice di
cattolicesimo, di laicità o di protestantesimo.
Premetto che anch’io dovetti scontrarmi con un’altra concezione
culturale dei cristiani, quando vivevo in Germania. Facendo della mia
posizione di partenza (provenivo come evangelico da un paese cattolico)
il metro di misura per affrontare l’argomento, il verdetto era
assicurato: ogni forma di croce rappresentava una forma d’idolatria e
tali credenti erano senz’altro trasgressori! Anch’io vedevo
chiese protestanti ed evangeliche con la nuda croce dietro il pulpito.
Alcuni giovani evangelici portavano una nuda croce al collo, altri
magari una colomba o un pesce. Anche nelle case dei credenti si poteva
vedere qualche nuda croce di legno. Possibile che fossero tutti
idolatri, visto che amavano tanto il Signore ed erano zelanti per Lui?
In qualche antica chiesa protestante si poteva vedere non solo la nuda
croce, ma un crocifisso con annesso corpo.
Ammetto che la rappresentazione di Gesù in croce in una chiesa non mi è
mai andata giù, poiché il cuore umano è incline alla superstizione e
all’idolatria. Per il resto dovetti imparare allora alcune differenze
sostanziali: la croce può essere un simbolo o un ricordo senza essere
uno strumento di superstizione e di idolatria; l’uso della croce come
strumento didattico (p.es. scuola domenicale, illustrazioni, ecc.) è
diverso dall’uso liturgico; l’uso della croce nell’arte è diverso da
quello cultuale.
Dovetti constatare che in Germania nessun evangelico dava alla croce
presente nella sala di culto, su una parete della casa o al collo di
qualcuno un particolare significato se non quello di un simbolo
cristiano. A nessuno veniva in mente di pregare rivolgendosi alla croce
o di baciarla come atto di devozione. Chiaramente, non mi venne in mente
di usare la croce io stesso.
Cambiando contesto, ossia tornando in Italia, non mi è venuto in mente
di mettere una croce nella sala di culto né in casa. Quando ho visto
negli anni dei giovani evangelici con la croce al collo, ne ho chiesto
chiaramente la motivazione, senza però farne un dramma; magari l’ho
buttata in farsa, dicendo: «È facile portare una croce d’oro al collo,
ma non è questa che Gesù raccomandò di prendere…».
Aspetti biblici
Al tempo del NT, quando qualcuno menzionava la parola «croce», a
tutti si accapponava la pelle. Infatti, essa non era un oggetto
romantico della devozione. Se era un simbolo, allora solo di una morte
orrenda e straziante. A volte le forze d’occupazione catturavano i
ribelli, inchiodavano o legavano le loro braccia a una traversa (spesso
lo stipite della porta) e li appiccavano così a un palo o a un albero
all’ingresso del villaggio… a decine, uno dopo l’altro. È evidente che
dire «croce» significava suscitare terribili ricordi di una morte
disumana e straziante.
Da ciò si può capire con quale serietà Gesù disse ai suoi seguaci
che seguirlo, significava prendere la propria croce (spesso la traversa
della propria porta) e seguirlo, sapendo che ciò significava perdere la
propria vita a causa del Messia e non di rado proprio per mano di quelli
di casa propria (Mt 10,34-39). Ciò significava rinunciare alle proprie
prerogative, andando dietro al destino del proprio maestro (Mt 16,21),
ma era l’unico modo per trovare la vita, ossia nel futuro regno
messianico (vv. 24ss). Ciò non era solo un linguaggio simbolico o una
lontana evenienza, ma una realtà nuda e cruda per i seguaci (Mt
23,34.37); la maggior parte degli apostoli morì da martire (Gv 21,18s
Pietro; At 12,1s Giacomo). Il Messia ben sapeva a cosa stava andando
incontro (Mt 20,18 schernito, flagellato, crocifisso; 26,2). E così
avvenne da parte dei Romani su mandato dei Giudei (Mt
27,22s.26.31s.35.38.40.42.44). Così i «principi di questo mondo»
hanno «crocifisso il Signore della gloria» (1 Cor 2,8).
Pietro non usò mezzi termini con i Giudei di Gerusalemme: «Voi,
per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste… Dio ha fatto
e Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,23.36).
E ancora parlò di «Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso»
(At 4,10).
Il «Gesù, che è stato crocifisso» (Mt 28,5) divenne ben
presto nel linguaggio il «[Cristo] crocifisso»: «Noi predichiamo
Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per i Gentili, pazzia»
(1 Cor 1,23). Gesù quale crocifisso mostrò la sua debolezza (2 Cor
13,4), ma anche l’ubbidienza al padre, «facendosi ubbidiente fino
alla morte, e alla morte della croce» (Fil 2,8). L’atto più basso
nella biografia di Gesù fu interpretato da Paolo come il momento di
maggiore trionfo, «avendo [Gesù] spogliato i principati e le potestà
ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo
della croce» (Col 2,15).
Il Signore non chiese a tutti i suoi seguaci di diventare martiri, ma la
conversione metteva fine alla vecchia vita in modo simile come faceva la
crocifissione per la vita stessa. Paolo illustrò ciò anche
spiritualmente: «Il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con
lui» (Rm 6,6). La piena identificazione con Cristo portò Paolo a
sincronizzarsi con Lui: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono
più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,10; simultaneità
con Cristo). Per illustrare la scelta radicale, disse: «Quelli che
sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue
concupiscenze» (Gal 5,24).
Mentre la dialettica filosofica, allora come oggi, tende a
rendere nulla la «croce di Cristo» (1 Cor 1,17), così non è per i
discepoli: «La parola della croce è pazzia per quelli che periscono;
ma per noi che siamo sulla via della salvezza, è la potenza di Dio»
(v. 18). Si noti che qui si parla della «parola della croce»,
ossia dell’annuncio di ciò che avvenne in croce (cfr. v. 23), non di una
croce in sé quale oggetto riproducibile. Quanto al suo messaggio, Paolo,
contrapponendosi ai superapostoli gnostici che avevano preso il potere
nella chiesa di Corinto, si propose «di non saper altro fra voi,
fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso» (1 Cor 2,2). Anche laddove
Paolo disse ai Galati che «dinanzi agli occhi dei quali Gesù Cristo
crocifisso è stato dipinto» (Gal 3,1), non si riferiva a un quadro
fisico, ma alla predicazione.
La croce rimaneva uno «scandalo» (Gal 5,11), ossia ciò che faceva trarre
indietro alcuni per l’orrore che rappresentava. I giudaisti
volevano sostituire la croce con l’ubbidienza alle pratiche rituali del
giudaismo; alcuni Galati si fecero «circoncidere, e ciò al solo fine
di non esser perseguitati per la croce di Cristo» (Gal 6,12). Gli
gnostici preferivano all’incresciosa croce le spiritualizzazioni
filosofiche e mistiche. Già allora molti camminavano «da nemici
della croce di Cristo» a loro perdizione (Fil 3,18s).
Contrariamente a ciò, la radicalità della predicazione cristiana
legittima fu espressa da Paolo come segue: «Quanto a me, non sia mai
che io mi glori d’altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo,
mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso, e io sono stato
crocifisso per il mondo» (Gal 6,14).
Poiché la morte di Cristo creò una nuova corporazione messianica, un
nuovo popolo di Dio, costituito da Giudei e Gentili, Paolo poté
dire che «mediante la sua croce… fece morire l’inimicizia loro»
(Ef 2,16). Anzi mediante il «sangue della croce» di Gesù, Dio «ha
riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui» in senso
universale (Col 1,20). Ciò è avvenuto perché Dio ha «cancellato
l’atto accusatore scritto in precetti, il quale ci era contrario, e
quell’atto ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce» (Col 2,14).
Aspetti Conclusivi
Crocifiggere il Figlio di Dio, significava esporlo comunque a infamia
(cfr. Eb 6,6); tale infamia rimane per chi ha conosciuto Cristo e lo
rifiuta. Egli solo «per la gioia che gli era posta dinanzi sopportò
la croce sprezzando l’infamia» (Eb 12,2). Nella visione celeste
dell’Apocalisse si parla dell’Agnello immolato (Ap 5,6.12; 13,8), ma non
di croce; solo una volta si accenna al fatto che in Gerusalemme è la «gran
città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il
Signor loro è stato crocifisso» (Ap 11,8).
A nessuno nelle chiese del primo secolo sarebbe venuto in mente di farsi
una croce quale oggetto di rappresentazione o simbolo, poiché ciò
era qualcosa che faceva solo rabbrividire. Sarebbe come se oggigiorno
qualcuno mette al muro un cappio, al collo una sedia elettrica, in un
luogo di culto una ghigliottina e in salotto un poster con una
fucilazione. La croce non era un segno di romanticismo o di devozione,
poiché stavano nella esperienza di molti quelle scene strazianti di
uomini e donne che, piantonati da soldati, morivano lentamente di immani
sofferenze, senza che nessuno poteva soccorrerli.
Nella maggior parte dei brani in cui si parla di croce e crocifisso,
segue sempre una parola di risurrezione. La «parola della croce»
è la predicazione della morte sostitutiva ed espiante di Gesù. Ma Egli
non è rimasto in croce, è resuscitato ed è asceso al Padre. Un Cristo
crocifisso fa comodo solo a un clero che pretende di perpetuarne
quotidianamente il sacrificio e di usarlo come strumento sacramentale
per dominare sulla massa dei laici; il NT insiste su «una volta per
sempre» (Rm 6,10; Eb 7,27; 9,12; 10,10).
Quindi, essendo Gesù risorto, gli evangelici fanno bene a non
farsi immagini di un Cristo crocifisso per motivi cultuali. Detto
questo, bisogna distinguere le raffigurazioni artistiche
(immagini nei musei, film, ecc.) e le raffigurazioni della nuda croce
quale simbolo entrato nella cultura (p.es. croce rossa, la croce in
tanti stemmi, ecc.) e nell’uso didattico (p.es. in schemi storici, in
rappresentazioni della storia della salvezza o della via della
salvezza). Quanto ad avere la nuda croce in sala o al collo, ciò dipende
dal contesto in cui si vive; io personalmente preferisco evitare per non
essere di scandalo e di caduta. Purtroppo l’inclinazione del cuore umano
alla superstizione e all’idolatria rende spesso anche i simboli in
oggetti di culto; di questo bisognerà tener conto. Non a caso la prima
epistola di Giovanni, così spirituale, termina con questa ammonizione: «Figlioli,
guardatevi dagli idoli» (5,21).
Ho visto donne orientali e africane che, vivendo in un contesto
induista, animista o islamico, si fanno tatuare una piccola croce
sulla fronte come segno di testimonianza di essere cristiane. Sebbene io
lo sconsiglierei, non mi sento di giudicarle, essendo solo un simbolo
(per di più per loro a volte pericoloso).
Io stesso ho preferito inserire una croce nel marchio di «Punto°A°Croce».
All’inizio alcuni fratelli me ne hanno chiesto la ragione. Ho detto loro
che è un segno di testimonianza del fatto che bisogna fare il punto
sulla croce e che la «parola della croce» è la massima ed essenziale
dottrina del NT.
►
La croce scandalizza? Parliamone
(T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Croce_scandalizza_EnB.htm
10-01-2008; Aggiornamento: 31-10-2008 |