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LA CROCE CHE SCANDALIZZA

 

 di Nicola Martella

 

La questione del lettore La risposta

 

Qui di seguito parliamo dello «scandalo della croce» per le reazioni di rifiuto che suscita la predicazione della morte di Cristo. Parliamo pure della croce che scandalizza per l’uso indebito che se ne fa. La croce da segno d’infamia, per il tipo di morte, è diventata prima simbolo o poi oggetto di culto. Che ne dobbiamo pensare noi cristiani fedeli alla Bibbia?

 

 

La questione del lettore 

 

Pace. Ultimamente conversando con alcuni fratelli, il discorso è caduto sulla croce esposta in una chiesa. Il mio pensiero è che in qualche modo la croce è il simbolo dei cristiani, inoltre ci ricorda il sacrificio di Gesù.

     Uno tra noi invece non la pensa in questo modo, e ha affermato che il suo simbolo è nel cuore, ed egli adora il Signore in Spirito, senza aver bisogno di qualcosa a cui rivolgersi.

     La mia domanda è questa: Biblicamente parlando, è giusto che in una chiesa vi sia la croce esposta? Pensando alle origini della stessa e per l’uso che ne veniva fatto, è giusto ritenerlo simbolo dei cristiani.

     Molti evangelici dicono no al crocifisso (quello con Gesù raffigurato) a volte scandalizzandosene, ma invece sì alla croce senza il corpo; penso che in qualche modo esagerano. Ti ringrazio per le risposte. {Giuseppe Destratis; 18-12-2007}

 

 

La risposta ▲

 

La problematica

     La questione della croce è uno dei temi più controversi, forse ancora più del natale e del velo per la donna. Questo tema viene discusso diversamente se si abita in (o proviene da) un paese ad alto indice di cattolicesimo, di laicità o di protestantesimo.

     Premetto che anch’io dovetti scontrarmi con un’altra concezione culturale dei cristiani, quando vivevo in Germania. Facendo della mia posizione di partenza (provenivo come evangelico da un paese cattolico) il metro di misura per affrontare l’argomento, il verdetto era assicurato: ogni forma di croce rappresentava una forma d’idolatria e tali credenti erano senz’altro trasgressori! Anch’io vedevo chiese protestanti ed evangeliche con la nuda croce dietro il pulpito. Alcuni giovani evangelici portavano una nuda croce al collo, altri magari una colomba o un pesce. Anche nelle case dei credenti si poteva vedere qualche nuda croce di legno. Possibile che fossero tutti idolatri, visto che amavano tanto il Signore ed erano zelanti per Lui? In qualche antica chiesa protestante si poteva vedere non solo la nuda croce, ma un crocifisso con annesso corpo.

     Ammetto che la rappresentazione di Gesù in croce in una chiesa non mi è mai andata giù, poiché il cuore umano è incline alla superstizione e all’idolatria. Per il resto dovetti imparare allora alcune differenze sostanziali: la croce può essere un simbolo o un ricordo senza essere uno strumento di superstizione e di idolatria; l’uso della croce come strumento didattico (p.es. scuola domenicale, illustrazioni, ecc.) è diverso dall’uso liturgico; l’uso della croce nell’arte è diverso da quello cultuale.

     Dovetti constatare che in Germania nessun evangelico dava alla croce presente nella sala di culto, su una parete della casa o al collo di qualcuno un particolare significato se non quello di un simbolo cristiano. A nessuno veniva in mente di pregare rivolgendosi alla croce o di baciarla come atto di devozione. Chiaramente, non mi venne in mente di usare la croce io stesso.

     Cambiando contesto, ossia tornando in Italia, non mi è venuto in mente di mettere una croce nella sala di culto né in casa. Quando ho visto negli anni dei giovani evangelici con la croce al collo, ne ho chiesto chiaramente la motivazione, senza però farne un dramma; magari l’ho buttata in farsa, dicendo: «È facile portare una croce d’oro al collo, ma non è questa che Gesù raccomandò di prendere…».

 

Aspetti biblici

     Al tempo del NT, quando qualcuno menzionava la parola «croce», a tutti si accapponava la pelle. Infatti, essa non era un oggetto romantico della devozione. Se era un simbolo, allora solo di una morte orrenda e straziante. A volte le forze d’occupazione catturavano i ribelli, inchiodavano o legavano le loro braccia a una traversa (spesso lo stipite della porta) e li appiccavano così a un palo o a un albero all’ingresso del villaggio… a decine, uno dopo l’altro. È evidente che dire «croce» significava suscitare terribili ricordi di una morte disumana e straziante.

     Da ciò si può capire con quale serietà Gesù disse ai suoi seguaci che seguirlo, significava prendere la propria croce (spesso la traversa della propria porta) e seguirlo, sapendo che ciò significava perdere la propria vita a causa del Messia e non di rado proprio per mano di quelli di casa propria (Mt 10,34-39). Ciò significava rinunciare alle proprie prerogative, andando dietro al destino del proprio maestro (Mt 16,21), ma era l’unico modo per trovare la vita, ossia nel futuro regno messianico (vv. 24ss). Ciò non era solo un linguaggio simbolico o una lontana evenienza, ma una realtà nuda e cruda per i seguaci (Mt 23,34.37); la maggior parte degli apostoli morì da martire (Gv 21,18s Pietro; At 12,1s Giacomo). Il Messia ben sapeva a cosa stava andando incontro (Mt 20,18 schernito, flagellato, crocifisso; 26,2). E così avvenne da parte dei Romani su mandato dei Giudei (Mt 27,22s.26.31s.35.38.40.42.44). Così i «principi di questo mondo» hanno «crocifisso il Signore della gloria» (1 Cor 2,8).

     Pietro non usò mezzi termini con i Giudei di Gerusalemme: «Voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste… Dio ha fatto e Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,23.36). E ancora parlò di «Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso» (At 4,10).

     Il «Gesù, che è stato crocifisso» (Mt 28,5) divenne ben presto nel linguaggio il «[Cristo] crocifisso»: «Noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per i Gentili, pazzia» (1 Cor 1,23). Gesù quale crocifisso mostrò la sua debolezza (2 Cor 13,4), ma anche l’ubbidienza al padre, «facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce» (Fil 2,8). L’atto più basso nella biografia di Gesù fu interpretato da Paolo come il momento di maggiore trionfo, «avendo [Gesù] spogliato i principati e le potestà ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce» (Col 2,15).

     Il Signore non chiese a tutti i suoi seguaci di diventare martiri, ma la conversione metteva fine alla vecchia vita in modo simile come faceva la crocifissione per la vita stessa. Paolo illustrò ciò anche spiritualmente: «Il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui» (Rm 6,6). La piena identificazione con Cristo portò Paolo a sincronizzarsi con Lui: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,10; simultaneità con Cristo). Per illustrare la scelta radicale, disse: «Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze» (Gal 5,24).

     Mentre la dialettica filosofica, allora come oggi, tende a rendere nulla la «croce di Cristo» (1 Cor 1,17), così non è per i discepoli: «La parola della croce è pazzia per quelli che periscono; ma per noi che siamo sulla via della salvezza, è la potenza di Dio» (v. 18). Si noti che qui si parla della «parola della croce», ossia dell’annuncio di ciò che avvenne in croce (cfr. v. 23), non di una croce in sé quale oggetto riproducibile. Quanto al suo messaggio, Paolo, contrapponendosi ai superapostoli gnostici che avevano preso il potere nella chiesa di Corinto, si propose «di non saper altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso» (1 Cor 2,2). Anche laddove Paolo disse ai Galati che «dinanzi agli occhi dei quali Gesù Cristo crocifisso è stato dipinto» (Gal 3,1), non si riferiva a un quadro fisico, ma alla predicazione.

     La croce rimaneva uno «scandalo» (Gal 5,11), ossia ciò che faceva trarre indietro alcuni per l’orrore che rappresentava. I giudaisti volevano sostituire la croce con l’ubbidienza alle pratiche rituali del giudaismo; alcuni Galati si fecero «circoncidere, e ciò al solo fine di non esser perseguitati per la croce di Cristo» (Gal 6,12). Gli gnostici preferivano all’incresciosa croce le spiritualizzazioni filosofiche e mistiche. Già allora molti camminavano «da nemici della croce di Cristo» a loro perdizione (Fil 3,18s). Contrariamente a ciò, la radicalità della predicazione cristiana legittima fu espressa da Paolo come segue: «Quanto a me, non sia mai che io mi glori d’altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato crocifisso, e io sono stato crocifisso per il mondo» (Gal 6,14).

     Poiché la morte di Cristo creò una nuova corporazione messianica, un nuovo popolo di Dio, costituito da Giudei e Gentili, Paolo poté dire che «mediante la sua croce… fece morire l’inimicizia loro» (Ef 2,16). Anzi mediante il «sangue della croce» di Gesù, Dio «ha riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui» in senso universale (Col 1,20). Ciò è avvenuto perché Dio ha «cancellato l’atto accusatore scritto in precetti, il quale ci era contrario, e quell’atto ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce» (Col 2,14).

 

Aspetti Conclusivi

     Crocifiggere il Figlio di Dio, significava esporlo comunque a infamia (cfr. Eb 6,6); tale infamia rimane per chi ha conosciuto Cristo e lo rifiuta. Egli solo «per la gioia che gli era posta dinanzi sopportò la croce sprezzando l’infamia» (Eb 12,2). Nella visione celeste dell’Apocalisse si parla dell’Agnello immolato (Ap 5,6.12; 13,8), ma non di croce; solo una volta si accenna al fatto che in Gerusalemme è la «gran città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il Signor loro è stato crocifisso» (Ap 11,8).

     A nessuno nelle chiese del primo secolo sarebbe venuto in mente di farsi una croce quale oggetto di rappresentazione o simbolo, poiché ciò era qualcosa che faceva solo rabbrividire. Sarebbe come se oggigiorno qualcuno mette al muro un cappio, al collo una sedia elettrica, in un luogo di culto una ghigliottina e in salotto un poster con una fucilazione. La croce non era un segno di romanticismo o di devozione, poiché stavano nella esperienza di molti quelle scene strazianti di uomini e donne che, piantonati da soldati, morivano lentamente di immani sofferenze, senza che nessuno poteva soccorrerli.

     Nella maggior parte dei brani in cui si parla di croce e crocifisso, segue sempre una parola di risurrezione. La «parola della croce» è la predicazione della morte sostitutiva ed espiante di Gesù. Ma Egli non è rimasto in croce, è resuscitato ed è asceso al Padre. Un Cristo crocifisso fa comodo solo a un clero che pretende di perpetuarne quotidianamente il sacrificio e di usarlo come strumento sacramentale per dominare sulla massa dei laici; il NT insiste su «una volta per sempre» (Rm 6,10; Eb 7,27; 9,12; 10,10).

     Quindi, essendo Gesù risorto, gli evangelici fanno bene a non farsi immagini di un Cristo crocifisso per motivi cultuali. Detto questo, bisogna distinguere le raffigurazioni artistiche (immagini nei musei, film, ecc.) e le raffigurazioni della nuda croce quale simbolo entrato nella cultura (p.es. croce rossa, la croce in tanti stemmi, ecc.) e nell’uso didattico (p.es. in schemi storici, in rappresentazioni della storia della salvezza o della via della salvezza). Quanto ad avere la nuda croce in sala o al collo, ciò dipende dal contesto in cui si vive; io personalmente preferisco evitare per non essere di scandalo e di caduta. Purtroppo l’inclinazione del cuore umano alla superstizione e all’idolatria rende spesso anche i simboli in oggetti di culto; di questo bisognerà tener conto. Non a caso la prima epistola di Giovanni, così spirituale, termina con questa ammonizione: «Figlioli, guardatevi dagli idoli» (5,21).

     Ho visto donne orientali e africane che, vivendo in un contesto induista, animista o islamico, si fanno tatuare una piccola croce sulla fronte come segno di testimonianza di essere cristiane. Sebbene io lo sconsiglierei, non mi sento di giudicarle, essendo solo un simbolo (per di più per loro a volte pericoloso).

     Io stesso ho preferito inserire una croce nel marchio di «Punto°A°Croce». All’inizio alcuni fratelli me ne hanno chiesto la ragione. Ho detto loro che è un segno di testimonianza del fatto che bisogna fare il punto sulla croce e che la «parola della croce» è la massima ed essenziale dottrina del NT.

 

La croce scandalizza? Parliamone (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Croce_scandalizza_EnB.htm

10-01-2008; Aggiornamento: 31-10-2008

 

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