Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Interpretazione biblica

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Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: l’Epoca Babilonese e l’Epoca Persiana. In appendice ci sono tre excursus:
■ I nomi ebraici di Dio
■ Il patto, i patti e i testamenti
■ La Bibbia fra criticismo e modernismo.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca babilonese («Libri storici e profetici III»):
■ L’epoca babilonese in generale
■ Sofonia
■ Habacuc
■ Geremia
■ Lamentazioni
■ Daniele
■ Ezechiele
■ Il tempo dell’esilio. 

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca persiana («Libri storici e profetici IV»):
■ L’epoca persiana in generale
■ Esdra-Nehemia
■ Ester
■ Aggeo
■ Zaccaria
■ Malachia
■ L’epoca intertestamentaria.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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PARLANDO DI TRADUZIONI E INTERPRETAZIONI DEI TRADUTTORI

 

 a cura di Nicola Martella

 

Alcune asserzioni fatte da Argentino Quintavalle all’interno dell’articolo Traduzione e interpretazione dei traduttori, che contiene due distinti contributi (l’altro è di Nicola Martella), hanno indotto una lettrice a pendere posizione e a chiedere chiarimenti.

     Poiché lei ha attribuito erroneamente tali asserzioni al sottoscritto, ho chiarito che l’articolo di base, a cui lei ha fatto riferimento, porta il nome di Argentino. Con questo caro amico abbiamo già dibattuto diverse opinioni controverse su questo sito. È quindi giusto dare voce dapprima ai due contraenti.

   La questione di base è se la cultura corrente generale (e dei cristiani) e le convinzioni dottrinali dei traduttori (o dei loro gruppi di appartenenza) abbiano un'influenza sulle traduzioni. Vogliamo certamente esprimere dapprima a Dio il ringraziamento per le traduzioni che abbiamo oggigiorno a disposizione e per tutti i traduttori che hanno cercato di essere il più aderenti possibili agli originali. Detto questo, ci auspichiamo che anche in Italia possa esserci una traduzione fatta per lo studio biblico, ossia assolutamente letterale, che rispetti effettivamente i termini originali e che abbia solo allora nelle note una spiegazione, quando in italiano un'espressione originale possa essere mal capita (p.es. un «uomo di buon cuore» non è una «persona generosa», ma  un «uomo di buon senno»).

 

Si veda pure l'articolo: ► Errori dei copisti.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Lucia Nillo

2. Argentino Quintavalle

3. Lucia Nillo

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Lucia Nillo}

 

Sono studentessa di Mediazione linguistica e culturale (nuova denominazione del corso di studi Traduzione e Interpretariato) all’università «L’Orientale» di Napoli, e sono una credente per scelta e rivelazione; dopo molti anni ho deciso di definirmi semplicemente cristiana, dopo aver toccato con mano le varie contraddizioni delle religioni che ho conosciuto e approfondito, anche se non precludo alcuna svolta al mio percorso spirituale, perché credo che sarà Dio a guidarlo. Mi auguro che da questa premessa risulti abbastanza chiaro che ho avuto la grazia di diventare una coscienza critica.

     […] Su «Fede controcorrente» ho letto l’articolo su traduzioni e traduttori, e c’è un’affermazione che non condivido: «Siamo pronti a criticare i Testimoni di Geova quando manipolano la traduzione della Bibbia per giustificare le proprie dottrine, ma qui gli evangelici si sono comportati né più né meno come i Testimoni di Geova hanno fatto con altri brani della Bibbia! Questo purtroppo non è l’unico caso».

     Quest’affermazione è stato il risultato dell’analisi fatta sul versetto 27 del capitolo 9 del libro di Daniele, in merito al quale l’autore accusa i traduttori della Nuova Riveduta d’aver introdotto un nome che non c’era nel testo ebraico. Poco prima però lei stesso ha affermato che nemmeno il pronome personale «Egli» ha senso come soggetto della frase, perché «il termine «capo» è in una posizione subordinata ed è molto improbabile che questa parola possa essere il soggetto del v. 27, dato che non è soggetto neanche del v. 26».

     Per quale motivo l’autore ha posto la luce sul «sacrilegio» commesso nella Nuova Riveduta e non sull’errore di tutte le altre traduzioni? Quale influenza della cultura e della società ha intravisto lui in questa sostituzione che ha chiamato manipolazione?

     Riporto di seguito una citazione tratta dal mio manuale di traduzione, sulla base del cui studio oso porre all’autore queste domande: «Chiunque sia, l’autore dell’Antico Testamento ha usato una lingua scritta che non notava le vocali (ciò vale, tra l’altro, anche per i primi testi coranici); che non indicava il raddoppiamento consonantico, né ovviamente le maiuscole (come tutte le scritture semitiche); che non sempre separava le frasi e talvolta neppure le singole parole. In siffatti originali, scommettere su una combinazione di vocali o su un’altra, con esiti che modificavano radicalmente la parola e il suo significato, diveniva un atto di congettura basata sul contesto. (...) È chiaro , insomma, che, dove esistono testi, esistono interpretazioni ed esiste fallibilità e che ogni forma di rimaneggiamento d’un testo è soggetta a limiti umani». [L. Salmon, Teoria della Traduzione (A. Vallardi Editore, Milano 2005).]

     In virtù di ciò che sto imparando, mi chiedo come possa accusare l’autore il traduttore della Nuova Riveduta (spero che si riferisse a lui quando ha utilizzato generalizzando l’espressione «gli evangelici») d’aver manipolato il Testo Biblico, introducendo un nome al posto d’un pronome, e mi domando inoltre se egli non abbia mai trovato simili casi di «manipolazione» nelle traduzioni cattoliche, cosa di cui dubito fortemente perché è impossibile tradurre la Bibbia in maniera letterale, perché il risultato non avrebbe alcun senso in italiano, e qualsiasi riadattamento può essere tacciato di manipolazione o d’interpretazione dal momento che «la fedeltà a un livello implica l’infedeltà a un altro: il calco semantico preclude la funzionalità sintattica, il calco sintattico non rispetta il registro, (...) e così via». [Ibidem.]

 

 

2. {Argentino Quintavalle}

 

Premessa indispensabile

     Grazie siano rese a Dio che Diodati ha tradotto la Bibbia in lingua italiana. Grazie siano rese anche a coloro che dopo di lui hanno reso la traduzione in un italiano più moderno. Se Dio vorrà a Ottobre 2007 terrò a Civitanova Marche, in occasione del quarto centenario della Bibbia di Diodati, quattro giorni d’esposizione pubblica di tale Bibbia, alla quale affiancherò una Vulgata. Il messaggio sarà chiaro: se avessimo aspettato la chiesa cattolica per leggere la Bibbia avremmo tutti dovuto conoscere il latino!

     Siano rese grazie a Dio anche perché ci ha messo in cuore l’idea di poter fare sempre meglio: «Chi è santo, si santifichi ancora» (Ap 22,11).

 

Le questioni di base

     Detto questo, parlando non da semplice lettore, ma da studioso che vuol cercare il meglio, noto che anche noi evangelici abbiamo commesso degli errori che abbiamo criticato in altre confessioni religiose. Fare autocritica non significa accusare di sacrilegio questo o quel traduttore, ma significa volere il proprio bene. Il Signore Gesù non ha forse insegnato che se la tua mano ti fa peccare, è meglio per te mozzarla? Non significa forse questo esercitare autocritica verso se stessi? E il Signore Gesù non dice forse che questo è bene?

     L’articolo che scrissi e al quale Nicola ha collaborato aveva come obiettivo quello di mettere in guardia (fare autocritica) riguardo a due problemi tra loro collegati: 1) La cultura e la società in cui viviamo influenzano l’interpretazione biblica. 2) L’interpretazione biblica influenza la traduzione stessa della Bibbia.

 

Osservazioni alle questioni sollevate

     Io ho portato come esempio Daniele 9,27 che — ma ciò è molto soggettivo — mi ha colpito in modo particolare; qualcun altro avrebbe potuto portare un esempio diverso dal mio. È un classico esempio di come si vuole dare credito a un modello interpretativo piuttosto che a un altro. Come ho scritto nell’articolo questo non è un semplice errore di traduzione, ma è una alterazione del testo biblico. La Diodati e la Riveduta non erano arrivate a tanto, ma s’erano limitate a riportare il pronome «Egli», lasciando spazio alle oneste interpretazioni dei lettori a chi si riferisse.

     Il testo ebraico legge: wehigbîr bet «e confermerà un patto». Il testo non parla d’un «invasore»! L’espressione ebraica è poco comune; in genere viene interpretata nel senso di «fare un patto». Tale interpretazione, però, è inesatta, poiché in contrasto con il termine ebraico che può significare solo «far sì che un patto prevalga» o «rendere un patto stabile». In altre parole, il patto viene confermato, non fatto.

     Chi è che conferma questo patto? È il gîd (principe) del verso precedente. Nell’Antico Testamento il gîd indica ora la dignità regale (2 Cr 11,22), ora il comando militare (1 Cr 13,1), ora la sovrintendenza in ambito amministrativo (1 Cr 26,24; 2 Cr 28,7). Al di là di questi usi profani, però, il termine è adoperato con una connotazione religiosa per designare l’eletto di Jahwè che condurrà il suo popolo (1 Sm 9,16), e con un senso più strettamente religioso per indicare il sacerdote (1 Cr 9,11). In questi casi gîd è posto in relazione con un ufficio particolare, di cui Dio investe un uomo da lui scelto, mediante il rito dell’unzione. Continuare lo studio su questa parola mi porterebbe troppo lontano, mi limito solo a dire che essa mette in luce l’idea d’una investitura sacra conferita da Dio a uomini scelti per svolgere un compito che aveva un alto significato religioso, accentuato dalla consacrazione mediante l’unzione. Is 55,4 applica il titolo di gîd al re Davide come tipo del Messia.

     Sono disposto però a concedere che mi sto sbagliando, che c’è qualcosa nel mio ragionamento che inconsapevolmente mi sta portando fuori strada. Resta comunque il fatto che nel testo non c’è la parola invasore! Metterla significa voler guidare il lettore a un certo tipo d’interpretazione. E questo è male non solo quando lo fanno i Testimoni di Geova, ma anche quando lo fanno gli Evangelici.

     L’influenza della cultura e della società che ha portato questa sostituzione è la convinzione teologica sorta nel 19° sec., secondo la chiesa verrà rapita in cielo sette anni prima del ritorno del Signore in giudizio, e i sette anni inizieranno con un patto di pace che l’Anticristo farà con Israele. Naturalmente non tutti sono d’accordo, ma i traduttori della Nuova Riveduta hanno voluto identificare il soggetto di Dn 9,27 con l’Anticristo (l’invasore). Io non ho voluto criticare questa interpretazione biblica, sebbene abbia qualche dubbio in proposito, ma ho voluto far notare come una certa convinzione teologica possa influenzare la traduzione della Parola di Dio.

 

Nota redazionale: Per l’approfondimento cfr. Bernardo Oxenham - Nicola Martella, «Il rapimento dei credenti», in Nicola Martella (a cura di), Escatologia biblica essenziale. Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 224-233. Cfr. qui degli stessi autori l’articolo «La tribolazione», pp. 246-269. Sulle diverse posizioni riguardo agli eventi escatologici (premillenarismo storico, amillenarismo, postmillenarismo, dispensazionalismo) cfr. pp. 25-78.

 

Per quanto riguarda il suo testo di traduzione non sono affatto d’accordo laddove recita: «In siffatti originali, scommettere su una combinazione di vocali o su un’altra, con esiti che modificavano radicalmente la parola e il suo significato, diveniva un atto di congettura basata sul contesto». Infatti, la combinazione di vocali, e quindi il significato del testo, non è stato lasciato all’arbitrio umano, ma è stato tramandato da Israele, poiché «a loro furono affidati gli oracoli di Dio» (Rm 3,2). Ai tempi di Gesù si leggeva il testo ebraico correttamente, non secondo congetture, anche se non c’erano le vocali scritte e la punteggiatura. I rotoli della Bibbia a uso della sinagoga sono ancora oggi scritti rigorosamente senza vocali, eppure gli ebrei li leggono senza alcun problema.

 

Le altre questioni

     Per quanto riguarda le Bibbie cattoliche, sicuramente ci sono errori anche lì, ma non è il mio sport preferito andarli a trovare, specialmente alla luce del fatto che ancora nel 19° secolo i chierici e i loro accoliti si divertivano a bruciare pubblicamente le Bibbie evangeliche.

     Per il resto, preghiamo che il Signore susciti, prima del suo ritorno, una o più persone bilingue (italiano/ebraico) con inoltre una buona conoscenza del greco, per una traduzione aggiornata della Bibbia (in inglese già è stato fatto). In attesa andiamo avanti con quelle che abbiamo, ringraziando Dio di quello che abbiamo.

 

 

3. {Lucia Nillo}

 

Caro sig. Martella, ringrazio sia lei che il sig. Quintavalle della rapidità con cui avete risposto alla mia e-mail, e mi scuso per aver attribuito a lei l’articolo, mi sono accorta subito dopo averle spedito l’e-mail che il nome sotto si riferiva all’articolo successivo... sono stata un po’ sbadata! Pardon!

     Per quanto riguarda il commento del sig. Quintavalle sul brano di traduzione che ho riportato, credo che la disputa tra la sua opinione e quella della dott.sa Salmon potrebbe continuare all’infinito, in quanto quest’ultima affronta l’argomento con un approccio laico, mentre suppongo che, inevitabilmente, il sig. Quintavalle sia più portato a subire l’influenza della fede; tra i due «litiganti» forse si colloca la mia personale e modesta posizione (basata unicamente sulla fede, quindi senza alcuna pretesa scientifica!), secondo cui nostro Signore non avrebbe mai permesso che qualcuno alterasse il senso delle sue parole, in quanto la Sacra Bibbia è l’unico modo che all’umanità (dalla morte di Gesù in poi) è stato concesso per conoscere Dio e la sua Legge.

     Certamente il chiarimento del sig. Quintavalle è stato molto dettagliato ed esaustivo, e quel «noi evangelici» è stato decisivo, per me, per capire da quale punto di vista è stata scritta la sua critica, e devo ammettere che sono assolutamente d’accordo sul principio dell’autocritica, perché credo che sia l’unico mezzo, seppur debole purtroppo, per migliorare le cose.

     Anche nel mondo cattolico ci sarebbe bisogno di autocritica, forse molto più che in quello evangelico, ma le poche voci «controcorrente» non sono abbastanza forti per contrastare i sistemi di potere e corruzione, di mezzi illeciti alla luce della Bibbia «giustificati» da fini forse condivisibili, e così via... ma so bene che questa non è la sede giusta per discuterne… […]

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Traduz_interpretaz_parla_R56.htm

22-08-2007; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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