Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Interpretazione biblica

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Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: l’Epoca Babilonese e l’Epoca Persiana. In appendice ci sono tre excursus:
■ I nomi ebraici di Dio
■ Il patto, i patti e i testamenti
■ La Bibbia fra criticismo e modernismo.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca babilonese («Libri storici e profetici III»):
■ L’epoca babilonese in generale
■ Sofonia
■ Habacuc
■ Geremia
■ Lamentazioni
■ Daniele
■ Ezechiele
■ Il tempo dell’esilio. 

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca persiana («Libri storici e profetici IV»):
■ L’epoca persiana in generale
■ Esdra-Nehemia
■ Ester
■ Aggeo
■ Zaccaria
■ Malachia
■ L’epoca intertestamentaria.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LINGUE BIBLICHE E L’ERRORE DELL’ETIMOLOGIA?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

In questo tema di discussione diamo occasione ai lettori di esprimersi intorno all’articolo: «Lingue bibliche e l’errore dell’etimologia». I contributi, arrivati finora, fanno riferimento specialmente al secondo punto dell’articolo, in cui Francesco Grassi parla dell’«errore etimologico»; tale punto era in origine una nota a piè di pagina dell’articolo «Natura divina e incorruttibilità in 2 Pietro 1,3-4», a cui era stato tolto.

     Qui di seguito si fa uso dei termini «sincronico» e «diacronico». Col primo s’intende il significato di un termine in un certo momento della storia; mentre «diacronico» intende l’uso e lo sviluppo di un dato termine nel tempo. Ad esempio, se da ragazzo io avessi mai usato in casa la locuzione: «…e poi è successo un casino…», avrei mietuto subito un ceffone da mio padre. Nell’uso sincronico, ossia in quel periodo, il termine «casino» richiamava direttamente le «case chiuse» (o bordelli). Oggigiorno, la quasi totalità dei giovani (e degli adulti) ignora lo sviluppo diacronico del termine in pochi decenni e pensa che «casino» (o «casotto») significhi semplicemente «confusione, parapiglia».

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Andrea Poggi

2. Tonino Mele

3. Vari e minimi

4. Pietro Calenzo

5. Gianni Siena

6. Nicola Martella

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11.

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Andrea Poggi}

 

Contributo: Pace, caro fratello Nicola, leggendo gli scritti sul tema le lingue bibliche e l’errore dell’Etimologia, hanno attirato la mia attenzione due affermazione nel punto del fratello Francesco Grassi. Premetto che non conosco il greco né l’ebraico, quindi sono ignorante in materia e non posso esprimermi; ma volevo prendere posizione circa l’affermazione di Paolo in Romani 1,10, dove afferma che «l’Evangelo è potenza di Dio...». Faccio notare che, oltre che a essere «potenza per la salvezza delle anime», e su questo neanche si discute, personalmente non ho dubbi sul fatto che sia anche potenza distruttrice (senza paragonarlo erroneamente alla dinamite) verso Satana, i suoi demoni e la loro opera. Oltre a questa mia considerazione, avrei piacere se Francesco mi potesse dire cosa significa secondo lui «partecipi della natura divina». Grazie anticipatamente che Dio vi benedica abbondantemente un abbraccio forte. {06-05-2010}

 

Risposta: La questione del collegamento fra verrà affrontato nel prossimo punto da Tonino Mele. Riguardo all’essere «partecipi della natura divina», rimando all’articolo «Natura divina e incorruttibilità in 2 Pietro 1,3-4» di Francesco Grassi. Tonino Mele ha risposto ad esso nel seguente suo scritto: «2 Pietro 1,3-4 tra storia ed escatologia». L’intera discussione si trova qui di seguito: «Natura divina fra caparra e adempimento finale». {Nicola Martella}

 

 

2. {Tonino Mele}

 

Condivido in linea generale quanto dice Francesco Grassi, ma faccio notare quanto segue.

    ■ Prima di studiare l’uso sincronico d’un termine, bisogna comunque conoscere l’uso diacronico dello stesso, perché anche i termini hanno una loro storia che poi si ripercuote nel loro uso nel tempo. Se l’esegeta deve diffidare di un’etimologia forzata, che tende a dare ai termini un significato fisso, il solito significato, deve diffidare anche di un’anarchia etimologica, dove i termini assumono un significato insolito, senza alcun riscontro diacronico. Questo mi pare anacronismo al contrario.

    ■ Tra la lingua del Nuovo Testamento e la nostra lingua esistono delle connessioni etimologiche (es. dynamis ↔ dinamite, antropos ↔ antropologia, kosmos ↔ cosmonauta, ecc.), che pur nella loro diversità, hanno importanti punti di convergenza (p.es. la «potenza» per la coppia dynamis - dinamite; «l’uomo» per la coppia antropos - antropologia, ecc.).

    Talvolta s’usano queste «curiosità» storiche ed etimologiche, per illustrare e arricchire la spiegazione del Nuovo Testamento, senza voler spiegare in toto i primi sulla base dei secondi. Del resto, ritornando alla coppia dynamis – dinamite, anche l’Evangelo, prima di rigenerare, «distrugge» i legami forti creati dal peccato e da buona notizia che è, se accolto, può trasformarsi in cattiva notizia, se respinto, perché diventa la base del giudizio divino verso gli uomini. Inoltre, la dinamite può essere usata per fini benefici, ad esempio per far saltare giù edifici pericolanti, che altrimenti potrebbero creare maggior distruzione e morte. Mi pare una forzatura tirar fuori quest’esempio dal linguaggio omiletico, per additare un errore di carattere esegetico [ossia in 2 Pietro 1,3-4, N.d.R.]. Forse si potevano trovare esempi più pertinenti. {07-05-2010}

 

 

3. {Vari e minimi}

 

■ Direi, con molta umiltà, che è meglio studiare bene l’italiano e poi introdursi nelle lingue bibliche (greco ed ebraico). Devo, però, ammettere che ci sono alcuni casi, in cui è indispensabile conoscere non solo il termine greco o ebraico, ma anche il vero significato, e se esso è riportato uguale nella lingua italiana moderna. {Salvatore Paone; 07-05-2010}

 

■ Premesso che studiare va sempre bene, o in privato o in scuole apposite. Lo studio maggiore per un credente dovrebbe essere di «meditare giorno e notte» le Scritture, dedicarsi ad aiutare i poveri e a vivere in comunione col Signore. Vi saluto nel Signore. {Volto Di Gennaro; 07-05-2010}

 

■ Questo argomento mi piace moltissimo (da ex-ex-ex-ex studentessa di lingue «vive»). Contiene anche dei consigli che trovo validi. Dopo aver letto tutto lo scritto, benedico in cuor mio quei fratelli che, senza pretese pretenziose, hanno saputo trasmettermi moltissimo. {Graziella Prina; 07-05-2010}

 

■ Caro Nicola, shalom. Ho letto con molta attenzione questa tua (e del fratello Grassi) preziosa proposta di riflessione sull’omiletica e sull’ermeneutica biblica. Ringrazio il Signore per la tua analisi accurata e oggettiva. Se mi consenti una sola e sintetica considerazione, non solo personale, ma penso a ragione oggettiva: Dio ti benedica, e grazie al Signore per il suo Spirito Santo. Shalom. Benedizioni. Shalom. {Pietro Calenzo; 07-05-2010}

 

■ Giusto. D’accordo con voi. La mia scelta è quella di confrontare ciò che gli specialisti del settore affermano su un determinato testo, piuttosto d’avere la presunzione di spiegare il testo alla luce del (poco) greco che conosco. {Gianni Rigamonti; 07-05-2010}

 

■ Ho trovato l’articolo molto istruttivo e interessante. Tante volte si dicono cose in buona fede, senza sapere di sbagliare. {Antonio Capasso; 07-05-2010}

 

 

4. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Mi pare d’aver percepito, e il fratello Nicola mi perdonerà se tale sensazione non è corretta, che egli non scoraggi lo studio accurato ed esegetico, omiletico o ermeneutico della Scrittura; anzi, per mezzo d’esso, possiamo accrescere la nostra devozione personale e, perché no, essere di conforto anche ai nostri fratelli. Chi ha, anche delle conoscenze (spesso scolastiche) di greco e potenzialmente d’ebraico, fa bene a metterle a disposizione della chiesa locale o d’altri fratelli. Ciò che mi sembra non sia da esaltare è l’atteggiamento di quei credenti che, in rete o in altra sede, poggiando in maniera eccessiva sulla propria «dotta ignoranza» e usando altri artefici metodologici (allegorismo, spiritualizzazione irrispettosa del contesto, la cosiddetta Alta critica liberale - peste perniciosa mai doma), in specifici casi, più o meno determinati, arrogano a sé interpretazioni esegetiche fallaci e devianti; quest’ultime sono, non di rado, dannosi a essi stessi, ma in primo luogo ad altri credenti.

     Come affermano il fratello Nicola e il fratello Grassi, una molteplicità di versioni della santa Parola sono sempre le benvenute, con dizionari, concordanze, commentari, interlineari e tutti i sussidi, che il Signore ci consente e ci provvede. Una sana analisi delle proprie conoscenze, ma in primo luogo dei carismi che il Signore dona alla sua chiesa, è d’uopo; e ringraziamo il Signore per quei dottori o insegnanti che Egli ha donato per mezzo dello Spirito al suo Corpo, per il nostro perfezionamento e per la nostra crescita in fede e conoscenza delle stupende vie del Signore. Benedizioni nel santo nome del Messia Gesù. {07-05-2010}

 

Osservazioni: Un proverbio recita: «Ciabattino, rimani alle tue suole». Ossia bisogna usare gli strumenti, di cui si è veramente competenti. Chi conosce le lingue, in cui fu scritta la Bibbia, e sa praticare un’esegesi contestuale rigorosa e onesta, è certamente una risorsa per le chiese, se ha rispetto per le Scritture e timor di Dio. Il problema sono quelli che con un neologismo chiamerei «quasiologi»: hanno appena un’infarinatura di ebraico e greco e pretendono di dire che cosa ci sia veramente nei testi originari. Condiscono i loro articoli o, peggio, le loro predicazioni con un paio di termini in ebraico e greco e pensano così di poter dimostrare qualcosa. Essi sono in genere un danno per le chiese, poiché non conoscono veramente la materia, di cui parlano, e si radicalizzano su quelle quattro nozioni terminologiche che sanno.

     A tutto ciò è legato anche un aspetto di disonestà. In vari articoli in rete, invece di citare quale studioso ha detto che cosa, usando le virgolette e la citazione precisa dell’autore e dell’opera, si fa un fraudolento «taglia e incolla» senza paternità e tutto appare come farina del proprio sacco. Non sarà certamente un tale modo scorretto di procedere a fare di una tale persona uno «studioso».

     Non bisogna avere un complesso di inferiorità, se non si conoscono le lingue originali della Bibbia. Ribadisco ancora una volta a chi ha una passione per lo studio e l’insegnamento della Bibbia: usa varie versioni della Scrittura in italiano e lingue estere, se conosciute; usa tutti i sussidi allo studio esegetico che è possibile avere. Poi cita correttamente gli studiosi, da cui attingi. Sii onesto verso la Parola (e verso i tuoi strumenti), ed essa ti parlerà, illuminandoti. {Nicola Martella}

 

 

5. {Gianni Siena}

 

Direi che lo studio d’un termine greco o ebraico-aramaico, alla luce della grammatica e della dottrina biblica, fa solo bene al credente. Io stesso ricorro a questo espediente quando il termine tradotto, nell’insieme delle versioni disponibili, non mi dà un senso soddisfacente.

     Per esempio, affrontai l’aggettivo ebraico «chug» (Is 40,22) che significa estensivamente «qualunque oggetto rotondo». Per esso mi giocai una amicizia ma da quell’esperienza ne trassi un duplice ammaestramento: ▪ 1) L’amico aveva ragione benché il mio opposto ragionamento non fosse sbagliato. Da allora non «questiono» più, ma ho imparato ad ascoltare l’altro. ▪ 2) Quando ci si trova a essere contrapposti all’altro, spesso, nessuno dei due ha quella conoscenza complessiva che consente di sintetizzare le due posizioni che poi, si scopre, non essere opposte e inconciliabili. Io cercavo il senso letterale di «chug», riferito al pianeta terra, ma il mio interlocutore mi faceva notare che esso rendeva più spiritualmente il senso di Dio seduto sul trono (sopra la volta celeste), da dove vede gli umani come cavallette. Un rabbino mi disse che avevamo entrambi ragione, ma io vedevo sfumare il risultato di mesi di studio faticoso. Con calma riesaminai i miei dati e le obiezioni del mio amico cristiano… le cose stavano così. Il mio interesse al senso «letterale» era determinato da una ricerca sulle conoscenze geografiche degli antichi. La terra è rotonda e in Isaia c’è scritto qualcosa che avvalorava le mie conclusioni ma se, invece, quell’aggettivo ebraico aveva un senso spirituale mi bruciava un’importante argomento. Le cose non stavano così: con il procedere delle ricerche arrivai alla conclusione certa che Isaia allude in effetti alla rotondità del pianeta «visto» in un certo modo con occhi spirituali... e premessa una peculiare concezione dei cieli e la terra.

     L’autodidatta, senza una preparazione specifica, tende ad assumere un atteggiamento da «professore» verso gli altri. È arroganza all’ennesima potenza esponenziale, l’ho vissuta sulla mia pelle, sbagliando così: raccomando a queste persone d’essere umili e imparare ad ascoltare. Chiedo ancora umilmente perdono a chi offesi in quell’occasione, e la lezione m’è servita. {10 maggio 2010}

 

 

6. {Nicola Martella}

 

Risalire al significato specifico di un termine greco ed ebraico, non è sbagliato. Il problema è a dove si attinge. A ciò si aggiunga che un termine è «modulato» dal suo contesto. Inoltre, nel tempo si modifica lo spettro dei significati, nel senso che si specializza (termine tecnico) o si generalizza, si estingue e rimane soltanto in modi di dire o si «tinge» del significato di termini simili. Ci vuole quindi molta sobrietà e discernimento.

     Ad esempio, il citato termine ḥûg ricorre soltanto tre volte nell’AT e significa semplicemente «cerchio, circonferenza, volta» e non «qualunque oggetto rotondo». Il verbo corrispondente ricorre soltanto in Giobbe 26,10 e intende quanto segue: «Un limite ha tracciato come un cerchio sulla superficie delle acque fino all’estremo confine della luce e delle tenebre». Anche il sostantivo intende semplicemente il cerchio dell’orizzonte. In Giobbe 22,14 si parla di Dio che «passeggia sulla vòlta dei cieli». In Proverbi 8,27 sembra descrivere la terra primordiale caotica e Dio che le imprime una sfericità. In Isaia 40,22 viene descritto Dio che «sta assiso sulla circonferenza della terra». Bisogna stare attenti a non scientifizzare tale linguaggio, visto che due dei tre termini si trovano nella letteratura sapienziale e descrivono l’esperienza dell’osservatore. D’altra parte, non bisogna neppure spiritualizzare tale termine, poiché dove ricorre, viene inteso sempre in senso materiale. I termini in se stessi non hanno un valore «spirituale», ma è il contesto a mostrare un ragionamento concreto o figurato.

     Gli autodidatti, non avendo la preparazione adeguata in campo linguistico, tendono a radicalizzare le poche scoperte che fanno. Al riguardo non ci guadagna la verità, che spesso è molto più complessa. Si fa perciò sempre bene a consultare diversi studiosi (quelli veri) su una data questione e a citarli correttamente anche nelle loro diversità e sfumature. Solo così ci si avvicinerà maggiormente alla verità. Ammetto che fa un po’ effetto, e non proprio positivo, leggere testi di persone sgrammaticate o senza proprietà di linguaggio e senza capacità teologica, che si riempiono la bocca con termini greci ed ebraici e affermano con assolutezza un dato significato, senza neppure citare le loro fonti. Si rendono essi stessi stravaganti, a dir poco, e poco credibili. Quindi, anche qui ci vuole onestà intellettuale!

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Lingue-BB_error_etimol_R56.htm

07-05-2010; Aggiornamento: 11-05-2010

 

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