Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IO SONO LA SCALA VERSO IL CIELO? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Io sono la scala verso il cielo». In esso, oltre al tema specifico, c’interessava specialmente mostrare la differenza fra esegesi ed eisegesi, ossia fra l’analisi contestuale di un brano e la proiezione speculativa, basata su analogie costruite con l’allegoria, su parallelismi arbitrari o sul falso sillogismo.

     Come avremo modo di mostrare, è legittimo fare similitudini e dire: «Gesù è paragonabile a una scala (un ponte), che porta a Dio». È sbagliato, invece, mettere arbitrariamente parole in bocca a Gesù e fargli dire asserzioni del genere: «Gesù ha detto di essere la scala (il ponte), che porta a Dio», o addirittura in prima persona: «Io sono la scala».

     Si noti che Gesù, usando l’espressione «io sono ***», si è paragonato diverse volte a qualcosa d’importante, per difendere la sua messianicità. Tuttavia, non ha mai detto: «Io sono la scala verso il cielo», come invece qualcuno insegna.

     La cosa, che mi da a pensare (e un po’ mi rattrista), è il fatto che chi propone idee del genere, invece di far tesoro delle osservazioni, che mostrano l’incongruenza di tale asserzione, e del monito a interpretare correttamente la Scrittura, non solo perdura in tale proiezione della «scala di Giacobbe» (Gen 28,12) sulle asserzioni escatologiche di Gesù relative al suo regno (Gv 1,51), sebbene qui il termine «scala» neppure compare, ma cerca di argomentare ulteriormente con una fonte esterna. L’autore di quest’ultima non solo mostra di non essere un esegeta, ma si limita a dichiarare qualcosa senza fare alcuno sforzo di dimostrare esegeticamente che le cose stiano così; questo è tipico dell’approccio dogmatico alla Scrittura, che si differenzia alquanto dall’esegesi contestuale.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Oscar Giulio Roben

2. Nicola Martella

3. Pietro Calenzo

4. Oscar Giulio Roben

5. Robert G. Stewart

6. Giuseppe Messina

7. Oscar Giulio Roben

8. Margherita Betti

9. Omar Stroppiana

10.

11.

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Oscar Giulio Roben}

 

Contributo: Si tratta di una semplice «applicazione», che non contraddice per altro la figura di Cristo come l’unico mezzo per addivenire al Padre, ma piuttosto dà modo di pensare quale «ponte» Dio abbia voluto creare per portare a sé l’umanità. Per confutarla, caro fratello Martella, hai impostato un bell’articolo (e questo dimostra quanto ti sia piaciuta la «figura» da me applicata), nel quale cerchi di dimostrare quanto io sia un cattivo maestro... Niente di male, lo sapevo già; l’unico «Buon Maestro», ritengo sia il nostro Signore Gesù Cristo. La figura «retorica», che ho applicato, quella della «scala», ha un sapore romantico, è vero, ma dimmi dove porterebbe deviazione alla fede dei semplici? Gesù è la Via, la Verità e la Vita e nessuno va al Padre, se non per mezzo di Lui. Molti si sono posti come «costruttori di ponti», per guidare gli uomini da qui a là. Per quello che mi riguarda, non ho affermato di essere io, con le mie parole, il mezzo per arrivare alla verità, ma Cristo Gesù, il Signore. Pace del Signore, fratello Nicola, il Signore continui a usarti per la sua gloria. {10-03-2012}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Oscar Giulio Roben, tieni presente quanto segue:

     ■ La tua non è un’applicazione, ma una netta asserzione: «Dunque, Egli [= Gesù] si definisce essere quella scala, sulla quale gli angeli (messaggeri di Dio) scendono fino a noi…». Le tue asserzioni erano assolute, sebbene il termine «scala» neppure compare nel testo di Giovanni 1,51, mentre hai insistito che fosse così.

     ■ Qui introduci una ulteriore immagine: il «ponte». Gesù non ha mai neppure detto: «Io sono il ponte». Atteniamoci alle numerose immagini, con cui Gesù difese la sua messianicità e il suo operato.

     ■ Non ti ho mai designato come «cattivo maestro», ma ho indicato il pericolo che proiezioni del genere, chiunque le usi, possano essere strumentali per proiettare nella Scrittura ciò, che si vuole. Col tempo, ci si abitua a ciò e si crede veramente che la Bibbia insegni una cosa del genere.

     ■ Una data questione porta una «deviazione alla fede dei semplici», come dici tu, proprio quando abituiamo noi stessi e, quindi, gli altri che la Scrittura insegni veramente una certa cosa, quando essa non lo fa, e non ci si arrende neppure dinanzi alle obiezioni e alle evidenze altrui.

     ■ Il mio articolo prende solo spunto dal fatto concreto del nostro confronto, ma poi vuole essere un monito generale a non proiettare nella Scrittura ciò, che romanticamente ci passa per la mente (eisegesi), ma a scavare in essa per trovare e accertare ciò, che già c’è (esegesi).

 

 

3. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Concordo, il parallelismo fra i due brani, vetero e neotestamentario è poco felice. Senza dubbio anche l’asserzione che gli angeli si facciano portatori delle nostri preghiere al Padre santo, è un inedito, che mi lascia interdetto (e molto). In senso iperbolico, evangelistico o esplicativo didattico, penso, che, la definizione che Gesù sia l’unica scala (o ponte), che ci conduce al Padre, può essere anche accettata, essendo ben consci, comunque e in ogni caso, che tale definizione non è sancita o espressa dalla Scrittura. Benedizioni in Gesù Messia. {10-03-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): In tutto ciò bisogna distinguere due differenti aspetti:

     ■ È accettabile che si facciano delle illustrazioni e si dica, ad esempio: «Gesù è paragonabile a una scala (a un ponte, ecc.), che porta a Dio». Oppure: «Gesù è l’unica scala (l’unico ponte, ecc.), che conduce a Dio Padre».

     ■ Bisogna rifiutare, quando qualcuno afferma: «Gesù ha detto di essere la scala (il ponte, ecc.), che porta a Dio». Allora bisogna chiedere: «Dov’è mai nella sacra Scrittura che Gesù ha affermato una cosa del genere?».

 

Tale distinzione non è solo formale, ma sostanziale. Chi mette parole apocrife in bocca al Cristo, si rende colpevole.

 

Osservazioni (Nicola Martella): È quello che ho inteso dire, Nicola, e concordo pienamente con te. «Sola Scrittura», sempre, poiché è l’unico porto sicuro. Sulle metafore o iperboli bisogna vigilare attentamente sulla propria bocca, alla luce della eterna Parola di Dio, non avvallando concetti apparentemente spirituali, ma che di scritturale non hanno che poco o nulla. Ti ringrazio, ogni benedizione in Gesù. {10-03-2012}

 

 

4. {Oscar Giulio Roben}

 

Contributo: Sono leggermente, e sottolineo leggermente, rattristato per certe posizioni categoriche tra noi evangelici. Io ho espresso una riflessione su un passo (Gv 1,51), nel quale l’evangelista Giovanni applica una frase di Gesù a un fatto dell’AT, ed esattamente al sogno di Giacobbe a Bethel (Gen 28,12). Ma Martella Nicola, che è un pastore, credo, subito (in realtà è passato del tempo, infatti ha avuto tutto il tempo di organizzare un’adeguata risposta) ha redatto un articolo, che ha pubblicato su suo sito, che non ho nemmeno il piacere di ricordare, smontando la mia riflessione tacciandola d’invenzione, visto che secondo la sua opinione, io vorrei che fosse nei Vangeli. Niente di meno vero. So benissimo che Gesù non ha mai detto: «Io sono la scala». {10-03-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Ho già mostrato sopra la differenza fra l’uso di illustrazioni e il metterle in bocca a Gesù. Se il mio interlocutore si fosse limitato all’illustrazione, non l’avrei contestata oltremodo; ma, come ho già mostrata, egli asseriva che Gesù si fosse definito espressamente una scala («Egli si definisce essere quella scala… Ma la scala è il Signore»). Rimane indimostrata l’asserzione, secondo cui «l’evangelista Giovanni applica una frase di Gesù… al sogno di Giacobbe a Bethel». Dove sono le prove esegetiche? Solo perché ci sono angeli che ascendono al cielo e vi discendono? È un po’ poco. Ho mostrato che in Giovanni 1,51 non ricorre il termine «scala». Ora, è legittimo cambiare opinione; è singolare, però, persistere in una errata.

 

 

5. {Robert G. Stewart}

 

Nora redazionale: La seguente citazione è stata mandata da Oscar Giulio Roben a difesa della sua tesi. Il grassetto è redazionale.

 

Contributo (Robert G. Stewart): «Giovanni 1,51 “Poi gli disse: In verita, in verità, io vi dico, che vedrete il cielo aperto, e gli angeli di Dio saglienti, e discendenti sopra il Figliol dell’uomo”.

     […] Non c’è dubbio che il Signore in questo passo fa riferimento al sogno di Giacobbe, e se ne avvale per illustrare la grande verità, che da ora in poi saranno ristabilite le buone relazioni fra l’uomo e Dio.

     La scala di Giacobbe era un tipo di Cristo, poiché Egli è «la Via recente e vivente , la quale egli ci ha dedicata, per la cortina, cioè la sua carne» (Ebrei 10,20). Prima della incarnazione, l’uomo vedeva «come attraverso uno specchio, come per enigma» e non immaginava altro accesso a Dio se non mediante sacrifici tipici ma d’ora in poi (dal giorno cioè in cui cominciò il pubblico ministero di Cristo), cominciano giorni migliori per il popolo di Dio, essendo Gesù il mediatore fra il Creatore e la creatura, - «La Via, la Verità e la Vita» (XVI,6). Varie spiegazioni sono state date di queste parole:

     1. Che gli angeli hanno, alla lettera, servito a Gesù;

     2. Che essi rappresentano i miracoli di Cristo;

     3. Che essi rappresentano il potere personale e l’attività dello Spirito;

     4. Che sono gli strumenti della Provvidenza per la protezione della Chiesa ecc.

     Alcune di queste idee riposano sull’idea sbagliata che le parole: «Sopra il Figliol dell’uomo» rappresentino il Signore come l’oggetto di queste visitazioni angeliche; mentre che, come la scala nel sogno di Giacobbe, Egli ne è il mezzo; egli è sopra di Lui, ossia per mezzo di Lui come «scala» che dal cielo scendono in terra le grazie di Dio. Egli è il solo Mediatore fra Dio l’uomo; il cielo ci è stato aperto, e le nostre preghiere e le nostre lodi trovano accesso alla presenza di Dio, al di là del velo, unicamente per il merito della Sua espiazione e per la Sua intercessione.

     Per lo stesso canale, le benedizioni celesti – e fra le altre anche le ministrazioni degli angeli (Ebrei1,14), vengono accordate ai figli degli uomini. Con Milligan, prendiamo quelle parole come «una semplice e simbolica rappresentazione del fatto che mediante l’incarnazione e le sofferenze di Gesù, il cielo è aperto, ed entra in intima e costante comunicazione con la terra»...» [Robert G. Stewart, «L’Evangelo secondo Giovanni», Commentario esegetico-pratico del Nuovo Testamento (Claudiana reprint)].

 

Risposta (Nicola Martella): Che in Giovanni 1,51 Gesù facesse riferimento sogno di Giacobbe, è proprio molto dubbio, contrariamente a quanto afferma Robert G. Stewart. Nel testo manca ogni riferimento alla Genesi («com’è scritto», «affinché si adempisse», ecc.).

     ■ Apparizione di angeli: Prescindiamo qui dalla letteratura giudaica del tempo di Gesù, specialmente apocalittica, piena di immagini angeliche, che scendono dal cielo o vi discendono, specialmente in connessione con tempi escatologici. L’immagine di messaggeri celesti, che ascendono al cielo e vi discendono non ricorre solo in Genesi 28,12, ma in numerosi brani della Bibbia (Gdc 13,20; Mt 28,2; Lc 2,15; cfr. vv. 9.13ss; cfr. Gv 5,4); a ciò si aggiungano i numerosi brani, in cui viene semplicemente detto che un essere celeste venne, si recò da qualcuno, apparve (Es 3,2 [= At 7,30]; Gdc 6,12; 13,3.21; Mt 1,20; 2,13.19; Lc 1,11; 22,43) e così via (cfr. Gn 21,17; 22,11.15; 1 Cr 21,16; Mt 18,10; Gal 1,8). Si noti che tali brani sono specialmente escatologici (Mt 24,31; 2 Ts 1,7; Ap 7,2; 10,1.8; 18,1; 20,1; cfr. secondariamente Ap 12,7; 14,6.17; 15,1; 19,17), come in Giovanni 1,51.

     Quindi, le asserzioni di Gesù in Giovanni 1,51 erano abbastanza comuni nell’immaginario giudaico del tempo, specialmente apocalittico, perché Gesù intendesse il sogno di Giacobbe, a cui non fa nessun riferimento esplicito!

 

     ■ La scala: A guardar bene manca proprio la scala. Che la scala di Giacobbe fosse un «tipo di Cristo», proviene non dall’esegesi probante, ma dall’interpretazioni soggettiva di Robert G. Stewart; egli afferma, ma non prova. Ebrei 10,20 e Giovanni 14,6 (non 16,6) parlano di una «via», non di una scala.

     Inoltre, in Genesi 28,12 viene descritto un sogno, dove tutto è possibile; nella realtà non esistono scale, che portano al cielo e gli esseri celesti non ne necessitano (Gv 1,51). Se si omette l’erronea traduzione di Amos 9,6, fatta dalla Nuova Riveduta («scala» invece di «sala»), nessun altro brano della bibbia parla di scale celesti (di ciò parleremo ancora sotto).

 

     ■ Esegesi ed eisegesi: Analizzando il ragionamento di Robert G. Stewart, prendiamo atto che tutto fa brodo per coloro, che hanno un approccio dogmatico e non esegetico. Essi dicono cose buone, ma la posto sbagliato. L’autore continua a parlare di Cristo come «scala», delle «grazie di Dio» e le «benedizioni celesti», che scendono per mezzo di Lui, e delle preghiere e delle nostre lodi, che salgono per mezzo di Lui, ma, come già evidenziato, non si accorge neppure che la scala non ricorre in Giovanni 1,51!

 

     ■ Smarrire il senso reale nelle nebbie spiritualistiche: Infine, si rimane molto delusi. Robert G. Stewart ha detto tante cose spirituali, ma non ha spiegato per nulla che cosa intendesse veramente affermare Gesù in quella circostanza storica a Natanaele, in risposta alla sua dichiarazione di fede; tale Giudeo, che era ben ferrato nelle Scritture (= AT), di tutte quelle cose molto spirituali (incarnazione, provenienza celeste e sofferenze del Messia) proprio non ne sapeva nulla. Come si vede, i paralleli forzati polarizzano la spiegazione del testo in una direzione speculativa e allegorica, fanno dire tante cose buone, ma al posto sbagliato, e, alla fine, lasciano ogni mente pensante con una certa delusione, poiché proprio il vero senso del testo nel suo contesto è stato veramente trascurato (p.es. messianicità di Gesù; il regno politico del Messia; gli inviati celesti al suo servizio, essendo Egli il Messia).

 

 

6. {Giuseppe Messina}

 

Contributo 1: «Il Signore, Dio degli eserciti, è colui che tocca la terra ed essa si scioglie e tutti i suoi abitanti sono in lutto; essa si solleva tutta quanta come il fiume e si abbassa come il fiume d’Egitto. Egli ha costruito nel cielo la sua scala e ha appoggiato la sua vòlta sulla terra; egli chiama le acque del mare e le riversa sulla faccia della terra; il suo nome è il Signore» (Amos 9,5s). {11-03-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Non ho capito sinceramente che cosa abbia a che fare tutto ciò col tema in corso. Non si devono solo citare dei versi, ma bisogna spiegare anche perché.

     Si noti quanto segue, visto che probabilmente vi è un lapsus. In Amos 9,6 non è scritto «Egli ha costruito nel cielo la sua scala», come la «Nuova Riveduta» unicamente erroneamente riporta, ma tutt’al più: «Egli ha costruito nel cielo le sue sale [o stanze]», come riporta la maggior parte delle traduzioni (ebr. מַעֲלֹותֹו [ma`alôtô] «le sue [stanze] superiori» da ma`alāh «salente; ciò che si raggiunge salendo»). Qui i revisori della «Nuova Riveduta» hanno preso un abbaglio.

     Per rendere l’idea, si noti che anche in italiano indichiamo luoghi elevati con un derivato del verbo soltanto; infatti parliamo della «sopraelevata» per intendere una strada, spesso a scorrimento veloce. Similmente si parla di «soppalco», per indicare un luogo elevato e praticabile, ricavato da un altro abbastanza alto, raggiungibile spesso con una scala (cfr. anche letto a soppalco, stanza a soppalco, ripostiglio; cfr. pure solaio, sottotetto, soffitta).

     Un termine unico corrispondente si trova nel NT: anágaion (da anà «su, sopra»; Mc 14,15; Lc 22,12) significa, secondo i casi, «sala superiore, piano superiore della casa, magazzino per frutti e cereali, cenacolo» (similmente significa il termine anōgeiōn, da ánō «in su, verso sopra, verso l'alto»). In Atti 1,13; 9,37.39; 20,8 si trova hyperōon «solaio, terrazza, sala di sopra».

     Quindi, che cosa volevi dirci in realtà riguardo al tema?

 

Contributo 2 (Giuseppe Messina): Sono d’accordo: Si può pensare che Gesù possa essere la scala o il ponte, ma non bisogna insegnarlo ad altri, perché se ci chiedono: «Dimostralo con la Scrittura», come potremmo farlo, se in nessun passo biblico dice che Gesù è la scala o il ponte? Anche concettualmente non potremmo farlo, perché manca una qualunque affermazione, che possa indurci a sviluppare il concetto di scala o ponte. Certe cose meglio tenerle per sé! Pace. {12-03-2012}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Il punto non è tanto questo o non del tutto questo. Ho già mostrato che la differenza fra un uso legittimo e uno illegittimo è il seguente:

     Non c’è nulla di male di parlare di Gesù quale «scala» o «ponte», per spiegare con tale illustrazione agli altri il valore di Gesù. Anche disegni o fotografie di scale o ponti possono essere utili al riguardo; essi sono solo similitudini.

     È sbagliato proiettare tali illustrazioni nella Bibbia, cercando analogie, che non esistono, e strumentalizzando allegoricamente brani, che non c’entrano.

     È assolutamente sbagliato affermare: «Gesù ha detto di essere la «scala» (o il «ponte»)»; oppure, addirittura: «Gesù ci dice: Io sono la “scala” (o il “ponte”)». Mettere parole in bocca a Gesù, che Egli non ha detto, rende colpevoli.

 

 

7. {Oscar Giulio Roben}

 

Contributo: Tante obiezioni, ma nessun chiarimento. Grazie! {10-03-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Vedo che sei un po’ ingeneroso, dopo tutto il tempo che ti ho dedicato. Invece di aprirti gli occhi con le mie osservazioni, dovrei lasciarti nel tuo «brodo» romantico, spiritualista e speculativo? Dovresti essere più grato verso chi accende la tua mente, suscitando in te il discernimento. Prova a rispondere nel merito, da persona seria e matura, se ci riesci. ☺

 

Replica 1 (Oscar Giulio Roben): Ho visto che le tue obiezioni non hanno aggiunto nulla alle mie «speculazioni». Perché dovrei esserti grato, e di cosa? Le cose che ho meditato, forse a te, che sei cosi attento alle cose scritte, non hanno dato nulla, se non desiderio di contestare! Come non riesci a vedere che il sogno di Giacobbe a Bethel abbia attinenza con la frase detta da Gesù a Natanaele e agli altri («Vi dico che vedrete»). Lasciami pure nel mio «brodo» romantico e speculativo, oltre che «spiritualista»; ma che simpatico sei. Invece di spiegare (ma vedo che non è caratteristica di tutti) cosa, secondo te, avrà mai voluto dire di diverso la frase del Signor Gesù. {11-03-2012}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Ti ho già risposto nell’articolo, ma tu eri troppo distratto per accorgertene, nell’intento di difendere la tesi, che hai attinto da Robert G. Stewart!? Infatti ho scritto: «Giovanni 1,51 era, infatti, la risposta di Gesù a Natanaele, il quale l’aveva riconosciuto “Figlio di Dio... il re d’Israele” (v. 49), quindi come il Messia-Re che, secondo le attese dei profeti e dei contemporanei di Gesù, doveva instaurare subito il regno finale. Sarebbe stato così, se i Giudei non avessero rifiutato Gesù come “Unto a re”!».

     Inoltre ho evidenziato sopra che Gesù, sulla base della dichiarazione di fede di Natanaele, che riconosceva in Lui il Messia, aveva annunciato l’avvento del suo regno politico e, quindi, esprimeva con tali parole, ad esempio, i seguenti aspetti: la sua messianicità; l’avvento del suo regno politico; gli inviati celesti saranno allora al suo servizio, essendo Egli il Messia.

     Può darsi che a te non interessi la verità esegetica di tale brano. Forse ti sono più care le asserzioni romantiche di certi autori, che affermano delle opinioni, ma non provano le loro tesi con un’esegesi contestuale. Io dialogo con tutti e su tutto; l’unico limite è quello, che essi pongono al loro discernimento e alla volontà di appurare la verità di un testo nel suo contesto. Solo una chiusura mentale del genere mi impedisce di proseguire tale dialogo.

 

 

8. {Margherita Betti}

 

Contributo: Ciao, ragazzi, ho letto proprio tutto, sebbene sia lungo. Credo sia importantissimo mantenersi aderenti alla Scrittura, ma l’amore per la verità porta un magnifico frutto di giustizia, magari lo sta portando. Ho letto molto personalismo, mancava un po’ di comprensione e amore. Sono cose [rese] molto serie, visto che è sull’amore che saremo giudicati. Sono cose [rese] troppo serie per essere prese seriamente, perdendo di vista l’urgenza di testimoniare Gesù a chi sta morendo disperato per la sua mancanza; siamo noi che dobbiamo farlo, e [ci dev’essere] poca perdita di tempo con «fichi secchi». {12-03-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Il contributo era molto tortuoso e ho cercato di interpretarlo al meglio. Non saremo solo giudicati per l’amore in sé, ma anche per l’amore verso la verità (cfr. 2 Ts 2,10). Ti faccio presente che «l’ubbidienza alla verità» è la premessa «per arrivare a un amore fraterno non finto» (1 Pt 1,22). Quindi, c’è la necessità che la «Parola della vita» sia tagliata rettamente, per non essere operai confusi (2 Tm 2,15).

     Stiamo anche attenti che, parlando per gli altri di stare a perdere tempo con i «fichi secchi», non mostriamo di non aver capito un «fico secco» del tema.

     Sinceramente, invece di tali «predichette», preferirei che si rispondesse nel merito, mostrando così la profondità della propria radice quanto a discernimento e sapienza.

 

 

9. {Omar Stroppiana}

 

Paragonare Gesù a una scala, su cui gli angeli passeggiano, non ha senso, neanche da un punto di vista logico. Probabilmente l’equivoco in molti nasce dal fatto che viene utilizzata l’espressione «sopra il Figlio dell’uomo» e pensano che il «sopra» significhi quasi «sulla sua schiena» o qualcosa di simile. In effetti, però, se ci si pensa bene, non ha senso. Per quale motivo gli angeli avrebbero bisogno di scendere e salire sopra Gesù? Al più essi sono ministri, che lavorano al servizio di Gesù, operano «sopra di lui» perché lui [in quel momento] è sulla terra!

     Riflettendo sul tema, ho notato che il «cielo aperto» è una espressione normalmente utilizzata nel Nuovo Testamento (At 10,11; Ap 4,1; 19,11), per indicare visioni, che hanno per oggetto realtà spirituali, che normalmente non sarebbero visibili all’uomo. Gli angeli che salgono e scendono tra il cielo e la terra fanno pensare, quindi, a un collegamento tra la realtà spirituale (celeste) e quella terrena. Non si tratta di una allegoria, in cui la scala deve significare per forza qualcosa o qualcuno; infatti, la scala è normalmente un oggetto, che si utilizza per andare da un punto più basso a uno più alto e viceversa. Ciò che conta, non è la scala, ma il fatto che cielo e terra sono collegati tra loro, e che gli angeli (ministri, messaggeri) sono «al lavoro». Insomma c’è una grande attività spirituale normalmente non visibile a occhio umano, ma che comunque è una realtà!

     In fondo, anche Giacobbe, quando ebbe la sua visione della scala, capì che la cosa importante non era la scala né gli angeli. Egli si preoccupò del significato globale della visione, ovvero il fatto che il Dio del cielo lo aveva visitato e gli aveva fatto delle promesse precise che avrebbe portato avanti. Il Dio del cielo operava nella storia umana e i suoi ministri o messaggeri viaggiavano operando in favore degli uomini e in particolare di Giacobbe. In qualche modo, Dio garantì a Giacobbe che, anche se a occhio nudo, lui normalmente non vedeva la grande attività spirituale, che si svolgeva sopra di lui, il Signore avrebbe comunque portato avanti la sua «pratica», le promesse per lui e la sua discendenza (questo era, infatti, l’argomento della visione, non una scala!). Giacobbe capì la grandezza di questa rivelazione e chiamò quel luogo Bethel, ovvero «casa di Dio», non preoccupandosi dei dettagli, ma del significato globale.

     Gesù, in fondo, utilizza in modo analogo un’espressione che dice essenzialmente che i suoi discepoli avrebbero visto una grande attività spirituale, con Dio che interveniva nella storia in maniera straordinaria. Questa grande attività spirituale si sarebbe svolta sopra il Figlio dell’uomo. Ma se proprio si vuole fare un parallelo, il Figlio dell’uomo in questa visione occupa al più la stessa posizione di Giacobbe, non la posizione della scala! Ovvero, Dio avrebbe svolto una grande attività in favore del Figlio dell’uomo, il Messia; e i discepoli lo avrebbero visto! Come dice Nicola, in particolare, questa grande attività si sarebbe svolta, quando il Messia avrebbe instaurato il regno!

     D’altra parte quando Gesù utilizzava l’espressione «Figlio dell’uomo», i suoi contemporanei non pensavano a un servo sofferente o addirittura alla morte sulla croce, ma proprio a un uomo, che avrebbe ricevuto il regno da Dio stesso per sempre (vedi Da 7,13). Questo è confermato dal fatto che, quando Gesù diceva che il Figlio dell’uomo sarebbe stato ucciso («innalzato»), i Giudei non capivano e dicevano: «Noi abbiamo udito dalla legge che il Cristo dimora in eterno; come mai tu dici che il Figlio dell’uomo dev’essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?». {13-03-2012}

 

 

10. {}

 

 

11. {}

 

 

12. {Vari e brevi}

 

Nunzio Molino: Un fratello, molti anni, fa mi disse: «Gesù non è la scala, ma posso dire che andiamo al Padre per mezzo della croce». {12-03-2012}

 

Andrea Murgiano: Io, sinceramente sono «miope», preferisco affidarmi alle parole di Gesù. {12-03-2012}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Io_sono_scala_Avv.htm

12-03-2012; Aggiornamento: 13-03-2012

 

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