Nell’articolo «Questioni
intorno a Gesù dopo la risurrezione»
un lettore chiedeva perché i discepoli di Emmaus e Maria Maddalena non
riconobbero subito Gesù. Inoltre chiedeva perché impedì a Maria Maddalena di
toccarlo, mentre sfidò Tommaso (ma anche gli altri apostoli) a farlo. Partendo
dal testo biblico, ho cercato di dare le spiegazioni che mi sono apparse più
logiche ed evidenti. Ciò ha suscitato la reazione di alcuni lettori, che
approfondiscono e completano il quadro oppure fanno obiezioni.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Emilio Spedicato} ▲
Caro Martella, le
risposte già da te date sono certamente valide, tuttavia ci sono alcune
osservazioni ulteriori che si possono fare.
■ Per Paolo se Gesù non fosse risorto, la fede non sarebbe valida.
Opinione sua, ma qui s’apre il problema della morte di Gesù.
■ Nel
Corano d’oggi si legge che Gesù non morì, fu sostituito; tuttavia nel Corano
esistente in Senegal sta scritto che morì e risuscitò; ora è noto, o meglio
non è noto, perché nessuno ne parla, che Othman ordinò che tutte le copie
del Corano fossero a lui portate, ne bruciò alcune, ne modificò altre; e secondo
un libro, apparso negli USA un paio d’anni fa, il suo intervento principale fu
nel togliere il riferimento alla morte e risurrezione di Gesù, introducendo
quindi lo splitting fondamentale con il cristianesimo.
■ Ma il problema è la definizione di morte, che varia clinicamente
a seconda del test. Nessuno fece tale test su Gesù. Ora esiste, da una analisi
di vari casi documentati, uno stato intermedio fra vita normale e morte che è
quella in cui le funzioni corporali sono sospese — senza decomposizione — e lo
spirito è assente; stato sperimentato da sciamani, monaci fra cui il maestro del
Dalai Lama, ecc. In tale stato lo spirito può essere altrove e il rientro nel
corpo attiva fenomeni speciali. È mia ipotesi che questo sia avvenuto con Gesù.
Saluti… {29 giugno 2009}
2.
{Nicola Martella} ▲
Trovo alquanto
interessante ciò che l’amico Spedicato afferma sull’epurazione del Corano
da parte del califfo «ortodosso» Othmàn ibn `Affàn (574-656). In effetti, ciò
che oggi si trova nel Corano corrisponde più o meno a idee gnostiche giudaiche
del Medio Oriente (Ebioniti, Nazareni, ecc.).
Altra cosa è ciò che riguarda la morte e la risurrezione di Gesù. Le questioni
da lui introdotte vanno chiaramente fuori tema e possono essere oggetto
di un altro confronto. Affermare che quella della risurrezione di Gesù
sarebbe solo una opinione dell’apostolo Paolo, è alquanto riduttivo. Infatti la
risurrezione fu un fatto che, sebbene preannunciato da Gesù, non fu per nulla
preso in considerazione dai suoi seguaci, dopo la sua morte. L’apparizione di
Gesù fu considerata dapprima quella di uno spirito, e per i discepoli questo
erano terrorizzati (Lc 24,37). Gesù dovette ingiungere loro di verificare con
mano le sue ferite a mani, piedi e costato (Lc 24,39s; Gv 20,27).
Inoltre allora c’erano testimoni oculari della sua morte e della sua
risurrezione che erano ancora in vita (1 Cor 15,3-8). Anche altri apostoli
scrissero cose simili a Paolo e anche per loro la risurrezione era un fatto
storico, su cui si basava la loro fede e dottrina. Lo stesso Luca, che scrisse
il suo Evangelo, era un medico.
L’amico Spedicato vorrebbe presumere una cosiddetta «morte apparente», un
tema che è stato già dibattuto fra gli studiosi ed ha trovato abbastanza
confutazione. Non penso che dovremmo credere a ciò che una persona possa dire
oggi, trascurando i molteplici testimoni oculari che assistettero alla
crocifissione, al seppellimento, al sepolcro vigilato, alla pietra rimossa,
eccetera. Sciamani e monaci buddisti non possono essere presi come termine di
paragone, poiché i loro «esperimenti» non avvengono in tale stato di stress
fisico e mentale qual è la crocifissione romana. Gesù fu assoggettato a un
martirio terribile qual era la crocifissione; egli legato, fu frustato a sangue,
fu tenuto sveglio tutta la notte fino alle 15°° del pomeriggio, quando spirò, fu
portato avanti e indietro fra i palazzi di diverse autorità civili e religiose,
fu accusato, fu ingiuriato, dovette difendersi, i suoi polsi furono forati,
forse anche i piedi e certamente il fianco. Da quest’ultimo uscì oramai il siero
del sangue. Tommaso parlò del fatto che si poteva mettere il «dito nel segno
dei chiodi» e addirittura la «mano nel suo costato» (Gv 20,25). Gesù
lo invitò a fare proprio ciò (v. 27). E un uomo, nel cui fianco era possibile
mettere un’intera mano, dovrebbe essere per questo solo morto apparentemente? I
soldati romani erano esperti di crocifissioni, essendo esse abbastanza
ricorrenti. Quando vennero a spezzare le gambe a Gesù e ai lardoni, per
accelerarne il decesso, constatarono la sua morte oramai sopravvenuta e non
ritennero necessario, fracassargli le gambe (Gv 19,32ss). Eppure, per andare sul
sicuro, «uno dei soldati gli forò il
costato con una lancia, e subito ne uscì
sangue e acqua» (v. 34). Con
gli organi forati, avrebbe potuto ancora sopravvivere, se fosse stato in uno
stato di morte apparente? E in tale stato avrebbe potuto spostare la grande
pietra che occludeva la tomba? Dovremmo fare una prova sperimentale e statistica
con metodo del doppio cieco, servendoci di un migliaio di sciamani o di monaci
buddisti, che assoggetteremo al martirio romano che ha subito Gesù e i due
ladroni; cercasi volontari…
3. {Gianni De Pasquale} ▲
Caro Nicola, un
caloroso ciao. La risposta data ai tre quesiti è interessante e anche in parte
convincente, se vista e interpretata sotto l’aspetto psicologico. Nonostante
ciò, non capisco la dichiarazione che fai su Gesù salito dal paradiso, ma non
ancora asceso al Padre: «Gesù era ritornato in vita, risalendo dal Paradiso, ma
non era “ancora salito al Padre”, ossia per essere glorificato». Cosa
intenti con ciò? A mio avviso il fatto che Maria non potesse toccarlo non è il
motivo che tu adduci, ma il fatto che Gesù era appena risorto senza essere stato
ancora dal Padre. Atto necessario e dovuto per presentarli con la sua
risurrezione la vittoria sulla morte. Certo, Gesù era trasformato (il suo corpo)
dopo la permanenza nella valle della morte, ma non ancora «ufficializzato e
sigillato» e glorificato come Signore dei Signori nei luoghi celesti, cioè non
gli era stato conferita ufficialmente la regalità. Perciò a Maria fu impedito di
toccarlo, poiché ebbe la «fortuna», o meglio la grazia, di poterlo vedere per
primo in assoluto. Invece l’incontro con Tommaso fu d’altra natura e portata.
Appunto, dopo la sua accettazione da parte del Padre.
Grazie per lo spunto di riflessione. Sperando che non ti sia troppo
contraddittorio, una buona giornata. {29 giugno 2009}
4. {Nicola Martella} ▲
Ringrazio Gianni
per il contributo, sebbene non abbia capito bene tutta la sua argomentazione e
in che cosa si differenzi dalla mia. Che Gesù non fosse «ancora salito al
Padre», era la motivazione che Egli diede a Maria Maddalena, dopo averle
detto: «Non mi toccare!» (Gv 20,17). Non voglio intendere altro che
quanto si trova lì, sebbene sia un brano alquanto enigmatico per molti di noi.
Infatti nessun credente, quando muore, può andare alla presenza di Dio (i morti
sono impuri), ma va in Paradiso, aspettando la risurrezione dei corpi. In ciò
Gesù è stato la primizia (1 Cor 15,20.23), perciò poté ascendere al Padre, ma
solo dopo la sua risurrezione. Per l’approfondimento si veda in Nicola Martella
(a cura di), Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce,
Roma 2007), gli articoli della sezione «Lo stato
intermedio», pp. 182-212; cfr. qui «La risurrezione», pp. 220-223.
Non capisco in che cosa il lettore differenzia la sua argomentazione, visto che
dice appunto quanto da me affermato, ossia di non essere «ancora salito al
Padre». Il corpo della risurrezione era lo stesso, che era stato
martirizzato e che mostrò poi ai discepoli; si poteva mettere un dito nel buco
dei chiodi e una mano nel costato.
L’argomentazione che il lettore dà riguardo a Maria no e Tommaso sì, non
convince per nulla per questo motivo: Gesù salì al Padre, per essere
glorificato, solo alla fine dei 40 giorni (At 1,3.9ss), durante i quali sia
Tommaso, sia gli altri discepoli poterono vedere il suo corpo martoriato
(Lc 24,37.39s; Gv 20,27); in tale periodo molti
altri ancora lo videro (1 Cor 15,3-8). Da
nessuna parte del NT si legge di un’ascesa intermedia al Padre, ossia
dopo l’incontro con Maria e prima di quello con gli apostoli.
In pratica
non c’era abbastanza tempo per una gran festa di trionfo, poiché gli eventi
descritti, dopo la risurrezione, erano temporalmente tutti gli uni accanto agli
altri. Lo stesso giorno che Gesù risuscitò e incontrò Maria Maddalena (Lc
24,10), si trovò sulla via verso Emmaus (v. 13) e fu riconosciuto infine dai due
discepoli (vv. 30s). Essi tornarono immediatamente a Gerusalemme (v. 33) e
raccontarono l’accaduto (vv. 34s. Poi si legge: «Ora,
mentre essi parlavano di queste
cose, Gesù stesso comparve in mezzo a loro…» (v. 36). C'era un po’ troppo
poco tempo per ascendere in segreto al cielo, per ricevere una gloria che si
addiceva a un Vincitore e per essere lì festeggiato in modo degno per chi aveva
ricevuto un Nome al disopra di ogni altro nome (Ef 1,20s; Fil 2,9).
5. {Alberto Lotti} ▲
La risposta che lei
dà alla domanda alla seconda domanda del lettore (molto acuta devo dire), non mi
convince. Non è invece possibile che Gesù risorto avesse un aspetto differente
(«trasfigurato») rispetto al Gesù prima della crocifissione? Un aspetto fisico
differente, ma che non impediva a Maria, a Maddalena, ai discepoli d’essere
assolutamente certi che si trattasse di Gesù. Questa certezza si basava su tutta
una serie d’elementi (frasi, espressioni, manifestazioni, toni di voce, chi sa
che cos’altro) che non avrebbero avuto altra spiegazione possibile.
Analogamente, anche se non identicamente, accade ancora oggi quando la Presenza
di Cristo si manifesta per mezzo della sua Chiesa e dei santi: non c’è
spiegazione più ragionevole alla vita dei santi se non che è Gesù che opera in
loro e per mezzo di loro.
Anche la terza domanda del lettore è molto profonda ed è stata anche per me
motivo d’indagine. C’è qualche cosa di non chiarissimo nell’espressione, che
però diventa molto più comprensibile, se s’accetta l’ipotesi che il Vangelo che
conosciamo contenga errori di traduzione da una base di partenza in lingua
aramaica. Questa ipotesi, che ha numerosissime conferme, trattate per esempio
nel libro «Il protagonista della storia -Nascita e natura del cristianesimo» di
Josè Miguel Garcia, spiega molti passi del Vangelo altrimenti incomprensibili o
assurdi, non toglie niente di sostanziale all’essenza del messaggio evangelico,
è una prova che i Vangeli furono scritti a distanza temporale brevissima
rispetto ai fatti accaduti. Saluti… {29 giugno 2009}
6. {Nicola Martella} ▲
Come ho già
mostrato sopra, il problema non era nel corpo differente di Gesù, ma nei
sensi compromessi dalle circostanze e nelle menti indurite dei suoi
discepoli e di Maria (era la stessa Maddalena, ossia di Magdala, non due persone
differenti). Il cambiamento avvenne nei loro sensi di percezione, che erano
dapprima alterati dal lutto, dal pianto, dalla preoccupazione e dalla tristezza.
Inoltre i loro cuori erano induriti al punto da non percepire per fede nelle
promesse divine la nuova realtà, ossia la risurrezione del loro Signore
(Mc 16,14; Lc 24,25). Dei due discepoli di Emmaus fu scritto che, dopo
aver veduto Gesù spezzare il pane nel modo consueto, scattò la scintilla
interna: «E gli occhi loro furono aperti e lo riconobbero» (Lc 24,31).
Gli altri discepoli non vollero credere ai loro occhi neppure dopo averlo visto
ma, terrorizzati, optarono per la tesi di uno spirito (v. 36s). Il corpo
martirizzato ma vivente era lì, ma non bastò né la sua vista né l’invito di Gesù
a palparlo (vv. 39ss); solo la prova sperimentale del mangiare li persuase (vv.
41ss).
Non penso che si possa paragonare la «presenza di Cristo» in senso
spirituale fra i suoi seguaci fedeli d’oggi con quella situazione drammatica e
traumatica nella vita dei discepoli e dei seguaci di Gesù allora in Palestina.
Bisogna essere onesti. Chi ha portato alla tomba una persona speciale, su cui
aveva puntato tutto, ed è in profondo lutto e costernazione, non si aspetta di
vederla di nuovo a pochi metri da sé, e i suoi sensi annebbiati e ubriachi di
dolore gli daranno altre interpretazioni.
Non c’è nessuna prova documentaria che i nostri quattro Evangeli, scritti
in greco, avessero quanto a opera letteraria un originale aramaico, di cui
sarebbero traduzioni imperfette. Ciò è equivoco e pericoloso. Nessuno che sia
uno studioso serio, mi ha convinto finora. Per la discussione rimando a Nicola
Martella,
Dall’avvento alla parusia,
Panorama del NT 1 (Fede controcorrente, Roma 2008), specialmente all’Evangelo di
Matteo, pp. 75.87.
Per dare credito a tale tesi, ci vogliono non enunciati, ma prove documentarie,
ad esempio un originale aramaico di uno degli Evangeli. È meglio non dare troppo
credito a coloro che cercano un «sottotesto aramaico», per avallare poi
le proprie convinzioni. Ne ho conosciuti alcuni che fanno così solo ideologia;
meglio diffidarne. Inoltre sorge una semplice domanda: in che cosa dovrebbe mai
spiegare un presunto testo aramaico al riguardo? Il lettore ha mancato di
dircelo. Quindi?
7. {Gianni Siena} ▲
■ 1.
Il loro cuore «ardeva» mentre Gesù spiegava le Scritture strada facendo
(Lc 24,32), il cuore loro aveva già riconosciuto Gesù ma, per la morte, avvenuta
pochi giorni prima, erano impediti, «razionalmente», dall’accettarne la
resurrezione. Le parole poco prima del riconoscimento sono significative
(rileggersi il brano): «O
insensati e lenti di cuore a credere
a tutte le cose che i profeti hanno dette!» (Lc 24,25). Erano rassegnati
alla sua morte e al fallimento delle loro attese e speranze (Lc 24,21)
■ 2)
La morte
dell’uomo fa perire in un istante tutti i suoi progetti: anche gli altri seguaci
condividevano questa impostazione della realtà. Perché, altrimenti, noi credenti
siamo scherniti oggi per l’attesa del ritorno del Signore?! (2 Pt 3,4).
■ 3)
Gesù non impedì a
Maria di «toccarlo» in un primo momento ma, successivamente, le disse: «Non
trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre…» (Gv 20,17). Ritrovare
viva una persona che credevi e sapevi irrimediabilmente morta, vorresti
abbracciarla e non farla andare via mai più. Gesù doveva però andarsene al
Padre, ma volle rassicurare quell’umile donna, compagna di tanti giorni di lotte
e servizio. Come a dirle: «Starò ancora qualche tempo con voi…». Il caso di
Tommaso è differente. Era subentrata la disperazione, diventata rapidamente
fredda e scettica delusione. «Se
non vedo… e non metto… io non crederò!»
(Gv 20,24s). Gesù che, umanamente non era presente, lo accontentò e gli rivelò
la sua Deità… i suoi compagni gli avevano comunicato: «Abbiamo visto il
Signore!» (Gv 20,25). Per questo Gesù gli disse qualcosa relativa alla «felicità
del credere senza vedere»: quando si testimonia di Lui alle genti, la gioia
della salvezza spunta sulla faccia di quelle che sono sulla via d’una simile
meta. Quando la
Parola di Dio è ascoltata da un infermo che, oltre alla salvezza e al perdono
dei peccati, aspetta con ansia la guarigione dal suo male… questo riceve «tutta»
la benedizione del Vangelo: Ha creduto in Cristo ed è beato! [N.d.R.: Come già
ricordato altre volte: Il Signore guarisce dalla malattia o nella malattia!] Gli
«altri» non capiscono, sono ostili e minacciano chi parla. Questa mattina stavo
leggendo (dopo la meditazione biblica e la preghiera) d’un servo del Signore
che, senza proferire parola, fu attaccato da sconosciuti ma dominati dalla
potenza delle tenebre.
I credenti
erano «induriti» dalla negativa realtà rispetto alla verità, che Dio
propose a dispetto delle circostanze: «Poi [Gesù] apparve agli undici mentre
erano a tavola e li rimproverò della incredulità e
durezza di cuore» (Mc 16,14 sclerocardia). Questi sono gli effetti
devastanti della delusione e dello scoraggiamento, oltre alla renitenza al
credere: «…uno spirito abbattuto chi lo può sostenere?» (Pr 18,14). Il Signore
ha il rimedio a questo abbattimento (Is 61,1-4), l’effetto è potente
oltre ogni aspettativa: «Essi
ricostruiranno
le antiche rovine, riedificheranno
i luoghi desolati del passato,
rinnoveranno le città devastate e i luoghi desolati delle età trascorse»
(Is 61,4). La Risurrezione di Gesù ha questo effetto nella vita di coloro che
sperano in Lui: meglio essere rimproverati da Cristo per le nostre debolezze ed
essere da Lui ristorati che essere abbandonati dal Signore alla perdizione.
Ho letto le
considerazioni anticipatorie del fr. Nicola e le ho trovate inappuntabili, ma
desideravo «erogare» un po’ di «teologia del cuore»: Il Signore m’ha edificato
grandemente questa mattina. {30 giugno 2009}
8. {Volto Di Gennaro} ▲
■
Contributo: Caro fratello Martella, il Signore ci benedica. Grazie per la
tua e-mail che mi hai passato. Non ho difficoltà a rispondere alle prime due
domande: Gesù fu riconosciuto nelle varie apparizioni per il semplice fatto che
il Gesù risorto è differente dal Gesù terreno. Come anche saremo noi al suo
ritorno.
La terza domanda, fatte salve le diverse osservazioni, è sinceramente più
complicata. Alcuni commentatori biblici lo spiegano col fatto che era urgente
per il Signore che Maria Maddalena andasse a dare l’annuncio della risurrezione,
anche per il fatto che in oriente il saluto è più «elaborato» e richiede tempo.
Ci sono persone anche oggi che per dare un semplice saluto impiegano molto
tempo... io ho capito così. Ti saluto in Cristo, il Signore e Salvatore. {2
luglio 2009}
▬
Osservazioni:
Di per sé ho già
risposto sopra a quanto affermato da questo lettore nella prima parte. No, il
«Gesù risorto» non era per nulla differente dal «Gesù terreno», visto che
fu il suo corpo a risuscitare, quello messo nella tomba e che portava ancora i
segni del martirio subito. Gesù sfidò i suoi discepoli a mettere il dito nel
segno dei chiodi e la mano nella ferita del costato.
La risposta alla terza domanda è interessante e degna di riflessione. L’urgenza
del messaggio agli apostoli rendeva necessario abbreviare i convenevoli.
{Nicola Martella}
9. {Benito Viapiana} ▲
Carissimo fratello
Nicola, Shalom! Tu sai benissimo che nella Parola di Dio vi sono tantissime
cose, dove non si può dare una chiara spiegazione. In questi casi ci dobbiamo
affidare allo Spirito di Dio, essendo che solo Lui ci può illuminare. In questi
casi dovremmo accettare quello che leggiamo, anche se non abbiamo una chiara
spiegazione. Sappiamo che tutta la Scrittura è divinamente ispirata da Dio (2
Timoteo 3,16). Sì, è vero che nel leggere la Scrittura, possono sorgere delle
domande, come ciò accadde al suo lettore, dove pone delle domande molto
interessanti. Vorrei contribuire dicendo innanzi tutto, che le cose dello
Spirito vanno comprese tramite lo Spirito di Dio (1 Corinzi 2,14).
■ Nella
prima domanda il suo lettore afferma: «Nella Parola di Dio troviamo che i
due discepoli d’Emmaus riconobbero Gesù solo “nello spezzare il pane”.
Non sono mai riuscito a capire il perché. Da cosa lo riconobbero?».
Questo è quando posso dedurre dalla Parola di Dio: I due discepoli erano
tristemente addolorati per la morte del loro Maestro, in più erano stanchi del
viaggio, e forse avevano anche fame. Fu in questa circostanza che Gesù s’unì a
loro durante il viaggio. Sappiamo che era sera quando Gesù s’unì a loro, ma non
sappiamo se era una giornata piovigginosa, dove magari Gesù aveva il capo
coperto per proteggersi dalla pioggia. Sono delle ipotesi che io faccio. Se le
cose fossero andate così, era molto facile a confonderlo per un altro, lì per
lì. La Scrittura ci dice che «i loro occhi erano impediti dal riconoscerlo»
(Luca 24,16). Era Gesù che si doveva fare riconoscere. Gesù non aveva più lo
stesso corpo, ma un corpo spirituale, cosa difficile da discernere con gli occhi
coperti d’umanità.
Ma Gesù si fece riconoscere quando spezzò il pane. Perché lo riconobbero
quando spezzò il pane? Io sono sicuro che fino a quel giorno nessuno aveva
spezzato il pane, tranne Gesù. Ora i due discepoli anche se non erano stati
presenti a tavola con Gesù durante l’ultima cena, avevano sentito parlare gli
altri discepoli, come Gesù aveva spezzato il pane prima della sua morte. Ora
essi sono testimoni oculari di qualcosa che richiama alle loro menti ciò che
avevano sentito parlare o visto. E nel costatare ciò che stava accadendo
dinnanzi a loro, i loro occhi s’aprirono e riconobbero il loro tanto amato
Maestro.
■ Nella
seconda domanda il suo lettore afferma: «Poi non capisco perché dopo la
resurrezione i «suoi» non lo hanno riconosciuto: Maria, i discepoli...».
Certamente non è cosa facile da spiegare! Anche se la maggior parte di loro
avevano assistito a tantissimi miracoli di guarigione, che Gesù aveva compiuto.
Anche se avevano assistito a come Gesù aveva risuscitato Lazzaro, la figlia di
Iairo e altri, la perdita del loro Maestro, era un segno di paura, d’incertezza,
di dubbi per tutti loro. E poiché non v’era il loro Maestro per guidarli, erano
in un tempo di incognite. Secondo loro, essi avevano perso tutto. Ecco perché
Pietro disse: «Vado a pescare»; e tutti gli altri dissero: «Veniamo
anche noi con te» ( Giovanni 21,3). Non sapevano più cosa fare. Ogni cosa
che Gesù aveva insegnato loro, l’avevano dimenticato; eppure Gesù li aveva
avvisati che, dopo tre giorni, Egli sarebbe risuscitato dai morti.
Ma la domanda rimane: «Perché non l’anno riconosciuto?». Non l’hanno
riconosciuto, perché il corpo di Gesù era un corpo diverso di quello di prima.
Il corpo di Gesù non era lo stesso di quello che aveva prima della sua morte. Un
corpo che doveva morire, un corpo che doveva servire per espiare i nostri
peccati. Ora Gesù ha un corpo incorruttibile. Un corpo che nessuno può
distruggere, perciò un corpo diverso. Un corpo dove l’occhio umano non riesce a
discernere facilmente, solo attraverso gli occhi dello spirito questo è stato
possibile. Solo quando gli occhi dei discepoli furono aperti, essi poterono
riconoscere il loro Maestro. Gesù è colui che aprì i loro occhi, ed essi lo
riconobbero.
■ Sulla terza domanda il suo lettore afferma: «Un’ultima cosa, scusa
ancora, perché
non si fece toccare da Maria, ma dopo chiese a Tommaso di farlo».
Qui vediamo chiaramente che è Gesù che si fa conoscere da Maria. Quando Gesù la
chiamò di nome, i suoi occhi furono aperti! E lei poté riconoscere, il suo
Maestro, e voltatasi alle parole di Gesù disse: «Rabbuni» (Giovanni
20,16) È Gesù che si è fatto conoscere allora, ed è Gesù che si fa conoscere
anche oggi, a tutti quelli che lo vogliono conoscere.
Perché Gesù disse a Maria: non toccarmi? (Giovanni 20,17). Secondo la
Scrittura Maria fu la prima persona a vedere Gesù, dopo la sua risurrezione.
Gesù disse: «Non toccarmi, perché non sono ancora salito al Padre mio»
(Giovanni 20,17). Per ragioni a noi sconosciute, si vede che era necessario che
Gesù salisse prima da suo Padre. Il suo lettore forse dimentica che quando si ha
un corpo spirituale, non esistono più distanze! Perciò Gesù sarebbe potuto
incontrarsi con suo Padre durante il tempo che Maria andò a informare i
discepoli di Gesù della sua risurrezione, e poi restare ancora il tempo
stabilito sulla terra prima d’ascendere definitivamente in cielo. Perciò poteva
benissimo dire a Tommaso di toccarlo. {Canada; 2 luglio 2009}
10. {Nicola Martella} ▲
Faccio solo alcune
osservazioni sulle questioni aperte nel contributo precedente.
■ Prima domanda: Sembra un luogo comune molto diffuso che il corpo di
Gesù
dopo la risurrezione non fosse più il corpo della crocifissione; ma è
semplicemente errato, come ho già risposto sopra. La risurrezione riguarda
sempre e solo il corpo personale di ogni singola persona; quello resuscitato di
Gesù era esattamente lo stesso della crocifissione ed era in grado addirittura
di mangiare.
■ Seconda domanda: Spezzare il pane era un’attività comune, che i
due discepoli di Emmaus videro continuamente, significando semplicemente
prendere un boccone insieme, frangere il pane durante la benedizione che precede
il pasto; anche di questo ho parlato nell’articolo. Gesù non celebrò la «cena
pasquale» o «cena del Signore» con i due sconosciuti. Anche qui si ritorna alla
questione del corpo di Gesù! Non ci sono prove di sorta che il corpo di
dopo la risurrezione (quello che il lettore chiama incorruttibile) fosse
differente da quello della crocifissione. Ribadisco ancora una volta che fu
proprio il corpo seppellito, quello personale di Gesù per 33 anni e con i segni
del martirio, a essere resuscitato. Quel corpo, di cui si potevano ispezionare
le ferite, è quello che Gesù ha attualmente e per sempre come segno e
testimonianza del riscatto. Giovanni vide Gesù in cielo come «un Agnello… che
pareva essere stato immolato» (Ap 5,6.12; cfr. 13,8). Che il corpo sia
incorruttibile o glorificato, non significa che perda i tratti somatici
personali.
■ Terza domanda: Alche qui si ritorna alla questione del corpo e
si parla di «corpo spirituale», per il quale non ci sarebbero distanze. Sono
tutte costruzioni ipotetiche senza prove esegetiche. Di tale glorificazione
durante un così breve intermezzo (lo stesso giorno) fra l’apparizione a Maria e
poi a tutti gli apostoli, il NT tace. Ammetto che la tesi è interessante e
suggestiva e spiegherebbe alcune cose, ma non appaga chi è abituato a basare
tutto non sulle ipotesi, ma sulle prove esegetiche certe. Come ho già mostrato
sopra, come si fa a voler consumare il più grande trionfo cosmico e universale,
quello dell’Agnello, in così poche ore? L’elaborato cerimoniale di Apocalisse
4-5 non legittima ciò. Non si può neppure dire che in cielo non ci sia tempo o
il tempo sia diverso, poiché si parla del fatto che «nel cielo si fece
silenzio per circa lo spazio di mezz’ora» (Ap 8,1). Approfondisco tale
questione particolare e altre simili nella sezione «Il
cielo è diverso», Escatologia biblica essenziale. (Escatologia
1), pp. 350-372.
Ho avuto la sensazione che questo lettore non abbia letto l’intero mio articolo
e si sia limitato all’invito alla lettura! Così però si scopre l’acqua calda,
ripetendo cose già affermate, si
pongono questioni già risolte oppure si affermano cose già confutate.
Esorto tutti i lettori a leggere prima l’intero articolo e poi a partecipare
alla discussione, leggendo anche prima i contributi degli altri lettori.
11. {Antonio Capasso} ▲
■
Contributo: Pace fratello Nicola. Mi spieghi meglio questa frase nel tuo
articolo: «Infatti nessun credente, quando muore, può andare alla presenza di
Dio (i morti sono impuri)». Perché i morti sono impuri? {12 luglio 2009}
▬
Risposta: La confusione fra Cielo e Paradiso, fra il luogo dove
sta il trono e il santuario di Dio e il luogo dove vanno i redenti, fa fatto
sorgere varie e strane dottrine. Per gli uni la risurrezione è quasi inutile,
essendo i redenti già alla presenza di Dio; sotto l'influenza del platonismo e
dello spiritualismo mistico, il corpo viene visto come un fastidio, sì una
prigione. Per gli altri tale sedicente presenza dei redenti presso il trono di
Dio ha portato a trasformare il politeismo pagano in un «polisantismo»
cristiano, attribuendo a santi e beati un ruolo particolare di intercessori in
questioni di loro competenza. Tutto ciò è un grave imbroglio dottrinale con
conseguenze pesanti e triste. Nessun credente, quando muore, può andare alla
presenza di Dio, poiché i morti sono ritenuti impuri. Che i morti siano impuri, è una convinzione presente in tutta
la sacra Scrittura. Per questo viene anche minacciato di morte chi ha contatto
con loro (Lv 20,27; per ’ob si veda sotto). La morte era vista come un
taglio netto fra Dio e gli uomini, anche quelli devoti (Is 38,18), chiaramente
fino alla risurrezione (Os 13,14).
Ciò valeva per i resti materiali di un morto. Un sacerdote non si doveva
esporre a divenire impuro per il contatto con un morto, essendo ciò una
profanazione, a meno che non fosse un parente diretto (Lv 21,1-4); un sommo
sacerdote non doveva farlo mai e per nessuna ragione (vv. 11s; cfr. Ez 44,25).
L’impurità escludeva dai privilegi e dalla presenza del Signore, fintantoché non
avveniva la purificazione (Nu 9,6ss; 19,13-22; Ag 2,13). Un santuario o un
altare veniva contaminato mediante il contatto con le ossa di morti (1 Re 13,2;
2 Re 23,16.20; Ez 6,5).
Ciò che aveva una valenza fisica, lo aveva anche in campo spirituale. Ad
esempio, Isaia 8,19 recita letteralmente: «Quando vi dicono: “Interpellate
gli spiriti di morti e i medium, che sussurrano e bisbigliano” — allora dite:
“Un popolo non deve interpellare il suo Dio? Si rivolgerà ai morti per i vivi?”»;
qui l’ebraico ha ’ob un termine specifico al riguardo, che ricorre anche
altrove nell’AT. [Si veda al riguardo Nicola Martella, «Spiritismo e Bibbia»,
La lieve danza delle tenebre
(Veritas, Roma 1992), pp. 347s; per l’impurità dei morti si veda qui pp. 352s.]
La presenza di un morto in un luogo chiuso (tenda, casa) o aperto
(campo), lo rendeva impuro e contaminante per tutti coloro che vi accedevano (Nu
19,14-22). La non purificazione di un’impurità contaminava il santuario
dell’Eterno (Nu 19,20; Ez 9,7). Allo stesso modo, nessun morto può avere
contatto col santuario celeste; ciò lo contaminerebbe. Solo dopo la
risurrezione i redenti avranno il privilegio di accedere al santuario
celeste, dove sta il trono di Dio. Infatti la risurrezione è il riscatto finale,
di cui oggi si ha solo la caparra (Rm 8,23s). Solo da risorti incontreremo Gesù
nell’aria e andremo alla casa del Padre (1 Ts 4,16s); si noti in questo brano
che Gesù «scenderà dal cielo» (gr. katabaino «discendere,
venire giù»), mentre i «morti in Cristo risusciteranno» (gr.
anístamai «sollevarsi, rizzarsi in piedi, alzarsi, ergersi, tirarsi su»). È
evidente che i morti non erano già con Cristo e, se non scenderanno dal cielo
con Lui, erano altrove, ossia in Paradiso, e nel momento della risurrezione si
rialzeranno dalla polvere (Is 26,19), dove i loro corpi erano finiti (Sal 90,3;
Ec 12,9).
Per approfondire tale questione, rimando alla sezione «Lo
stato intermedio» nell’opera da me curata «Escatologia biblica
essenziale» (Escatologia
1), pp. 182-212; cfr. particolarmente pp. 185. 198. 211. Lì parlo di
tali questioni. {Nicola Martella}
12. {} ▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Gesu_post-risurrez_parla_OiG.htm
30-06-2009; Aggiornamento: 15-07-2009
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