Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

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FIGLI EBRAICI: DEL PADRE O DEL NONNO?

 

 a cura di Nicola Martella

 

In Gn 10,23 Uz, ûl, Gheter e Maš (Mešek) sono chiamati figli di Aram, mentre in 1 Cr 1,17 compaiono direttamente come figli di Sem. Come bisogna intendere questo fatto? Come possono i nipoti essere figli del nonno? Per un caso speciale vedi p.es. Gn 48,5.16.

     Per l’approfondimento cfr. Nicola Martella, «Figlio», Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 163s.

 

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I contributi sul tema

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I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Argentino Quintavalle

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1. {Argentino Quintavalle} ▲

 

Nella Bibbia la parola «figlio» ha un significato più ampio di quello che siamo abituati a dargli nella nostra cultura: significa «discendente».

     Giacobbe fa una cosa molto strana: arriva Giuseppe con i suoi due figli e il nonno li benedice, anzi li eleva dal grado di nipoti a quello di figli. È come se tra i figli di Giacobbe ci fossero due Giuseppe. La loro elevazione a figli rappresenta la doppia parte di eredità che spetta a Giuseppe.

     Giacobbe è cieco, Giuseppe lo sa e avvicina i figli al padre in maniera che il primogenito sia sotto la mano destra e il secondogenito sotto la sinistra. Giacobbe (cieco) senza dire una parola, incrocia le mani e pone la destra sul secondo (elevandolo a primogenito) e la sinistra sul primogenito biologico. Giuseppe gli dice: «Non così, padre mio». La risposta di Giacobbe può riguardare anche le nostre tante domande: «Lo so figlio mio, lo so». Parafrasando: «Ci sono tante cose che io so e tu non sai!».

     Da ciò impariamo che molto spesso le cose vanno oltre ciò che «sembra». Dio sa quello che noi non sappiamo e vede quello che noi non vediamo. Ecco così che i nipoti possono essere considerati figli del nonno. Ecco che i figli di Aram (1 Cr 1,17) possono benissimo essere chiamati figli di Sem, oppure il profeta Zaccaria può essere chiamato figlio di Berekia in Zac 1,1.7, ma anche figlio di suo nonno Iddo in Esd 5,1; 6,14.

     Dio sa il perché, a noi il privilegio d’indagare: «È gloria di Dio nascondere una cosa, ma è gloria dei re investigarla» (Pr 25,2). In genere il motivo è teologico (ma non sempre). Nel caso di Zaccaria, per esempio, Esdra, che scrisse per la comunità del dopo esilio, associò il nome di Zaccaria a suo nonno, che era un sacerdote famoso. Inoltre, il Midraš sostiene che anche Iddo era profeta, e questo sarebbe un ulteriore motivo per cui Esdra associò Zaccaria al nonno, ambedue profeti e sacerdoti.

     In Zac 1,1.7, invece, oltre al nonno viene nominato anche il padre Berekia. Ci sono delle profonde motivazioni teologiche anche per questo, sulle quali non mi dilungherò.

     Ogni caso va analizzato singolarmente. Per quanto riguarda 1 Cr 1,17, va notato che nel testo ebraico, sotto la parola Aram c’è quello che si chiama ’atnah, un accento che ha lo scopo di dividere il versetto in due parti equivalenti, essendo un accento disgiuntivo, cioè corrisponde al nostro punto e virgola. Quindi dopo di esso si deve fare una pausa, ma le nostre traduzioni non riportano questa particolarità. Il Testo Masoretico, citando la Versione Arabica, riporta al margine: «benê ’arām ’ûz» (figli di Aram Uz…).

     Un altro caso particolare di cui poco si parla è che la parola figlio viene associata anche al «genero». Giuseppe (il marito di Maria) è figlio di Giacobbe per nascita (Mt 1,16) e figlio di Eli per matrimonio con Maria (Lc 3,23). Questo è comprovato dalla giusta lettura di Luca 3,23, il quale, secondo Lachmann, Tischendorf, Tregelles, Alford, Westcott e Hort, dovrebbe leggersi, «E Gesù, quando cominciò a insegnare, aveva circa trent’anni ed era figliolo, come credevasi, di Giuseppe, figlio di Eli». Il verbo nomizw (nomizo) significa «assegnare, mettere a disposizione, considerare, ritenere qualcuno come…». Qui non si riferisce a qualche supposizione su Gesù come figlio di Giuseppe, ma alla autorizzazione legale e pratica abituale di considerare Giuseppe come figlio di Eli attraverso il matrimonio con Maria. Vedere Rut 1,11ss, dove Rut a seguito del matrimonio con il figlio di Naomi fu chiamata sua figlia; Ne 7,63, dove Koz, dopo il matrimonio con la figlia Barzillai fu «chiamato con il loro nome»; e Nu 36,11s dove le figlie di Zelofehad, per volontà divina, «si maritarono con i figli dei loro zii… e la loro eredità rimase nella tribù della famiglia di loro padre». Questo fu esattamente quello che era avvenuto con Maria che, secondo il Talmud di Gerusalemme (Chagghigà 77,4), era chiamata la figlia di Eli: il suo matrimonio con Giuseppe, che era in realtà figlio di Giacobbe, fece sì che quest’ultimo fosse chiamato, secondo l’usanza (nomizw), figlio, o piuttosto genero, di Eli.

     Questo significa che, Giuseppe, che era il vero figlio di Giacobbe (poiché è scritto «Giacobbe generò Giuseppe», Mt 1,16), era potuto diventare il figlio legale di Eli solo per il suo matrimonio con la figlia di Eli, Maria. Per questo non fu detto, in Luca 3,23, che Eli generò Giuseppe, ma che era «figlio di Eli». La parola «figlio», essendo un’espressione più ampia, denotava che egli era legalmente il genero di Eli, per il suo matrimonio con Maria, la vera figlia di Eli.

     Mentre Gesù, quindi, era il vero figlio di Maria, poteva essere considerato il figlio legale di Giuseppe, e discendeva da Natan attraverso Eli, come pure da Salomone attraverso Giacobbe.

     Molto spesso le cose vanno oltre ciò che «sembra».

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Figli_ebraici_MT_AT.htm

2007; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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