Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

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Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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QUANDO NELL’ERMENEUTICA L’ERRORE STA NEL «DETTALIO»! PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Quando nell’ermeneutica l’errore sta nel “dettalio”». Siamo partiti da un’immagine umoristica piena di così tanti errori (vedi l’immagine). Ecco, ora i due testi a confronto.

 

Versione errata

 

Versione corretta

■ Un carabiniere dice all’altro: Sono preoccupato Mi sono lavato i denti...

■ L’altro chiede: e qual’è il problema?

■ Il primo spiega (sebbene la nuvoletta sia errata!): Il dentrificio non era mio c’era scritto pasta del capitano ora mi faranno rappoto

 

■ Un carabiniere dice all’altro: «Sono preoccupato. Mi sono lavato i denti...».

■ L’altro chiede: «E qual è il problema?».

■ Il primo spiega: «Il dentifricio non era mio. Sopra c’era scritto “Pasta del Capitano”. Ora, mi faranno rapporto».

 

Lo scopo era quello di incoraggiare l’osservazione e l’analisi, per renderle feconde per l’ermeneutica biblica, ossia per l’interpretazione della Bibbia. Ed è specialmente di questa che vogliamo occuparci qui di seguito.

     È scritto che, quando «un certo dottor della legge si levò per metterlo alla prova», ponendogli una domanda insidiosa, Gesù rispose con una contro-domanda: «Nella legge che sta scritto? Come leggi?» (Lc 10,25s). Che cosa risponderebbero oggi coloro, che portano la Parola, se qualcuno gli ponesse la stessa domanda di Gesù su un qualsiasi argomento? Saprebbero subito quali sono i brani specifici, che trattano tale tema, e saprebbero spiegare tale testo nel suo contesto?

     Oppure, mettiamo il caso che tu veda qualcuno, che sta leggendo nella Bibbia. Avresti il coraggio, come Filippo, di andare da lui e chiedergli, se capisce quello, che sta leggendo? (At 1,30). E se costui, come l’Etiope, ti rispondesse: «E come potrei, se nessuno mi guida?» (v. 31), sapresti spiegargli in modo corretto proprio tale brano, che egli sta leggendo al momento?

     Alcuni fratelli, portando la Parola, non spiegano il testo, ma lo usano come «pretesto» per le loro idee, come «trampolino» per parlare di tutt’altro o come «specchio per le allodole», ossia per introdurre un tema, che nulla ha a che fare col testo o almeno non direttamente. In tali casi, essi non analizzano veramente ciò, che sta nel testo, per affermare ciò che l’autore intendeva veramente dire, ma dicono ciò essi vorrebbero che l’autore dicesse. Perciò passano dal testo alle applicazioni, come se niente fosse, usando spesso artifici discutibili: la versettologia indebita (cumuli di versi fuori contesto e senza pertinenza con testo in esame), falso sillogismo (conclusioni affrettate e solo apparentemente congrue), arbitrarie spiritualizzazioni mediante simbolismi, tipologie, allegorie fuori posto.

     Di alcuni, che vorrebbero essere maestri per altri, ma non sanno analizzare correttamente un testo, si può dire, citando fuori contesto (!), che «hanno occhi e non vedono» (Sal 115,5; 135,16 contesto: idolatria). Ciò significa che leggono un testo, ma non analizzandolo correttamente e in profondità, non intendono veramente ciò, che c’è scritto; per questo, poi, dicono tante cose interessanti, ma non spiegano proprio il testo in esame o lo interpretano proprio male. È il caso di dire con un miscuglio di detti popolari che il predicatore impreparato o incapace prende fischi per fiaschi, confondendo capre e cavoli, e assomiglia a uno zoppo, che fa poi zoppicare anche chi l’accompagna nella sua esposizione.

     Si può citare con pertinenza la seguente predizione, ricordata da Gesù per i suoi contemporanei: «Guarderete con i vostri occhi e non vedrete» (Mt 13,14; cfr. At 28,25s; Rm 11,8). A ciò premise questo dato di fatto: «Per questo parlo loro in parabole, perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono né comprendono» (v. 13). Malauguratamente anche i discepoli del Signore si trovarono, a volte, nella stessa situazione, non facendo una giusta interpretazione delle parole di Gesù (Mc 8,17s).

     Purtroppo sul piano dell’interpretazione del testo biblico, si può dire qualcosa del genere anche per coloro, che non tagliano rettamente la Parola della Verità (2 Tm 2,15): essi guardano il testo, ma non vedono ciò, che esso dice veramente.

     Non essere solo uno che guarda, ma uno che vede intendendo. Altrimenti compra del collirio! Gesù disse al conduttore della chiesa di Laodicea: «Io ti consiglio di comprare da me... del collirio per ungertene gli occhi, affinché tu veda» (Ap 3,18).

I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Note sull’immagine

2. Salvatore Paone

3. Rita Fabi

4. Luca Sini

5. Sandro Carini

6. Michele Attruia

7. Edoardo Piacentini

8. Sergio D’Ascenzo

9.

10.

11. Vari e medi

12. Vari e brevi

 

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1. {Note sull’immagine}

 

Salvatore Paone: L’errore? Forse il carabiniere, che era preoccupato, credeva che il dentifricio fosse realmente del capitano di grado, e non come marca del dentifricio. Ma la risposta, ossia la nuvoletta, indica l’altro, per cui non ha senso, la nuvoletta avrebbe dovuto indicare quello, che ha posto il problema iniziale. {07-09-2012}

Nicola Martella: Giusta osservazione. Che cosa ha ciò a che fare col tema dell’ermeneutica biblica?

 

Eliseo Paterniti: L’ultima nuvoletta doveva essere rivolta a chi ha espresso la sua preoccupazione e non a chi ha posto la domanda. È così evidente! {07-09-2012}

Nicola Martella: Bravo, buona osservazione. Che cosa ha a che fare tale tua scoperta (e altre) col tema dell’interpretazione biblica!

 

 

2. {Salvatore Paone}

 

Contributo: Sull’ermeneutica biblica credo che possiamo imparare che, a volte, un versetto sembra indicare apparentemente qualcosa, ma in sostanza non è quella, ma tutt’altro; ciò assomiglia un po’ come all’immagine nell’articolo, che non è chiara o, per meglio dire, la nuvoletta indica un’altra persona, mentre ci aspettiamo tale risposta dall’altra persona. Così potrebbe essere in alcuni casi nella Bibbia, ma credo che sia più un problema di «collirio spirituale», che manca, che magari di chiarezza della Parola di Dio. {07-09-2012}

 

Nicola Martella: Ecco un esempio di falsa attribuzione: «E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire e l’anima e il corpo nella geenna» (Mt 10,28). Tutto il discorso cambia, se «colui, che può far perire», non è Dio, ma il diavolo, come alcuni falsamente affermano. Non è qui di questo, che volgiamo discutere; è solo un esempio.

     Un altro esempio di falsa attribuzione è il seguente: alcuni affermano che l’Elia di Malachia 4,5 sia W.M. Branham; essi snaturano i testi biblici per motivi ideologici. Egli aveva affermato di essere tale profeta escatologico, che avrebbe preparato l’avvento di Cristo in terra, cosa che sarebbe avvenuta durante la sua vita; egli è morto da decenni, ma Cristo non è ancora tornato, per cui Branham è un falso profeta. [► Branham, profeta maggiore ed Elia?]

     Una falsa attribuzione è similmente mettere «ella», invece che «egli» in Genesi 3,15, per accreditare Maria come colei, che schiaccerebbe il capo al serpente (similmente si veda anche Ap 12,1).

     Quali altre false attribuzioni conoscete? Quali sono le conseguenze di quanto si prendono «fischi per fiaschi»?

 

Salvatore Paone: Sono buoni esempi. Giusto per rimanere in tema di esempi: quanti fiumi d’ideologia si sono fatti, per accreditare la perdita della salvezza! {07-09-2012}

 

 

3. {Rita Fabi}

 

Contributo: Beh, tutto è utile per imparare. Ad esempio, il mio «due» come risposta, che hai riportato nell’articolo, era sicuramente superficiale e dettato solo dall’apparenza dei due errori più evidenti e insiti nel fumetto in primo piano, sbagliato sia come direzione, in quanto avrebbe dovuto essere riferito al primo poliziotto, che per la parola «rappoto», senza analizzare il dettaglio delle altre cose, come invece hai fatto tu. Questo dimostra di certo che molto spesso siamo attratti da ciò, che ci viene posto in primo piano, e non guardiamo oltre, sia nelle piccole cose, come in questa immagine. Da quest’ultima, certo, non ricaviamo danni, ma molto spesso accade nelle cose più importanti, come ad esempio, degli insegnamenti biblici, che purtroppo invece di danni ne possono procurare molti, se non andiamo a scrutare tutto ciò, che ci viene messo davanti, verificandone l’esattezza nella Parola di Dio. Ti ringrazio, Nicola, per questo esempio; comunque la prossima volta, eviterò di prendere alla leggera anche una barzelletta, con te non si sa mai. ☺ {07-09-2012}

 

Nicola Martella: Chiaramente non era un «poliziotto», ma un «carabiniere»! Allo stesso modo, si erra nell’esposizione della Bibbia scambiando farisei e sadducei, scribi e zeloti o pubblicani ed erodiani. Hai ragione a dire che, concentrandoci sulle cose più evidenti e di primo piano, a volte trascuriamo gli altri particolari di un testo, dando poi un’interpretazione di parte, se non errata. E questo tanto più se si toglie un brano dal suo contesto naturale, per generalizzarlo o assolutizzarlo, trascurando a chi è stato detto che cosa. I danni dottrinali sono allora programmati.

 

 

4. {Luca Sini}

 

Contributo: Immagino che questa barzelletta, 200 anni fa, non avesse avuto nessun senso. Invece, fra 500 anni, dovranno sforzarsi degli storici per capirla. {07-09-2012}

 

Nicola Martella: Non hai tutti i torti. Probabilmente fra 500 anni bisognerà prima spiegare che cosa sia un «carabiniere», perché qualcuno possa comprendere tale dialogo riguardo al «capitano» e alla sua «pasta», che non è quella al sugo. Ad esempio, riguardo al NT bisogna sapere che cosa sia un fariseo (giudeo appartenente alla fazione massimalista e laica), un sadduceo (giudeo illuminato della fazione dei sacerdoti), un pubblicano (che non è uno che pubblica, ma un «gabelliere» o esattore delle tasse) e così via, per poter capire le cose a lui riferite. Anche ciò ha a che fare con una corretta interpretazione del testo biblico.

 

Luca Sini: ‎«Avverrà che, di novilunio in novilunio e di sabato in sabato, ogni carne verrà a prostrarsi davanti a me», dice il Signore» [Is 66,23, N.d.R.]. Questo versetto nella chiesa avventista, che frequentavo a suo tempo, veniva spiegato in maniere stranissime. C’erano due spiegazioni particolari. Una diceva che, alla fine dei tempi, la chiesa si renderà conto dell’avvertimento avventista di osservare il sabato e, tranne la falsa chiesa, tutti i credenti osserveranno il sabato (una volta chiesi perché i noviluni non li osservavano, mandando sulle furie un anziano).

     L’altra diceva che sarà nella nuova creazione, che avremo osservato il sabato (ma non i noviluni stranamente).

     Con questo esempio volevo dire come sia importante riuscire a capire di che epoca parla un brano, a chi sia rivolto, eccetera. {07-09-2012}

 

Nicola Martella: Bravo, Luca Sini. La stessa cosa è capire contestualmente a chi si riferiscono, ad esempio, le seguenti parole: «Ma chi avrà perseverato sino alla fine, sarà salvato» (Mt 24,13; cfr. già Mt 10,22). Una cosa è se Gesù parlò ai dodici apostoli soltanto, o ai credenti giudei durante il futuro «giorno del Signore» o ai credenti della chiesa. Quest’ultimo caso sarebbe veramente strano, visto che allora la grazia non sarebbe grazia (Rm 11,6), visto che in fin dei conti sarebbe l’uomo a determinare la sua salvezza. Contrariamente a ciò è scritto per i membri della chiesa: «Ora a chi opera, il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito; mentre a chi non opera, ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in conto come giustizia» (Rm 4,4s; cfr. v. 16; Ef 2,8; 2 Tm 1,9).

 

 

5. {Sandro Carini}

 

Contributo: Non è un «poliziotto», ma un «carabiniere»! È questo l’errore madornale, di cui parlavi? {07-09-2012}

 

Nicola Martella: Sì, è questo l’errore madornale. Che cosa significa ciò, quando si prendono fischi per fiaschi, quando tale «svista» avviene nell’interpretazione della sacra Scrittura? Che succede a confondere farisei con sadducei, scribi con zeloti, erodiani con pubblicani, e così via?

 

Sandro Carini: Quindi, bisogna saper guardare, vedere, discernere e osservare con gli occhi del nostro Signore. {08-09-2012}

 

Nicola Martella: Oltre a guardare con gli occhi del Signore, bisogna allenarsi anche ad analizzare i testi biblici (testo nel contesto storico, letterario, culturale, religioso) con i propri occhi e possibilmente con quelli dell’autore del singolo testo! Infatti, ci sono predicatori improvvisati, che si sentono talmente «ispirati» dall’alto che si ritengono spesso «infallibili» nelle loro analisi e, affidandosi alle loro intuizioni, pensano di aver interpretato il testo in modo giusto; perciò, difficilmente si fanno correggere.

     Al contrario, la Scrittura stessa ci parla della capacità d’intendere ciò che si legge (At 8,30s; Sal 119,29), di conoscere i sacri Scritti (2 Tm 3,15), di tagliare rettamente la Parola della Verità (2 Tm 2,15), di usare la Scrittura per ammaestrare, riprendere, correggere, educare alla giustizia (2 Tm 3,16), di applicarsi alla lettura, all’esortazione, all’insegnamento (1 Tm 4,3), e così via. Tutto ciò implica olio di gomito, applicazione costante, spirito di osservazione e onestà verso la sacra Scrittura.

 

 

6. {Michele Attruia}

 

Contributo: Tempo fa, vidi un mio amico credente, che si dava abbastanza da fare nella protesta davanti alla sua ditta, dove lavora. Gli chiesi il motivo. Mi rispose che è scritto che, come credenti, dobbiamo lottare contro i principali e le podestà!

     È vero che si deve sempre riflettere sulle sviste e sul «dettalio». Riflettiamoci anche con un sorriso... {09-09-2012}

 

Nicola Martella: Ciò mi ricorda un caro, ma semplice, fratello, andato col Signore diversi decenni or sono. Una volta, parlò dal pulpito sulla presa di Gerico. Per tutto il tempo parlò dei «bestioni di Gerico», che infine crollarono. S’era sbagliato a leggere e prese fischi per fiaschi, ossia «bastioni» per «bestioni»!

     L’errore sta nel «dettalio», è sempre in agguato, appena dopo la prima curva a destra. Attenti al «bestione» della falsa interpretazione!

 

 

7. {Edoardo Piacentini}

 

Ricordo anni fa, in una comunità delle ADI in un paese della Basilicata, nel sostituire il pastore locale, che era quel giorno assente, feci uno studio biblico, dove commentai alcune frasi dette da Gesù ai suoi discepoli. Una sorella anziana mi disse che erano molti anni che aveva un dubbio, che l’affliggeva. Se Gesù aveva detto: «La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse che spinga degli operai nella sua mèsse», perché noi evangelici celebriamo il culto al Signore e non la messa, come fanno i cattolici? La sorella, molto anziana, sapeva a stento leggere e non aveva compreso che la mèsse è il grano maturo, mentre la messa è il sacrificio di Cristo, che si rinnova in modo incruento attraverso l’eucaristia, secondo la dottrina cattolica della transustanziazione. Quando spiegai il significato di quella frase di Gesù, la sorella mi ringraziò tantissimo e mi disse che l’avevo liberata da un peso, che portava nel suo cuore da una vita e che non aveva mai avuto il coraggio di domandarlo al suo pastore, per paura di essere giudicata male da lui e dalla fratellanza. {19-09-2012}

 

 

8. {Sergio D’Ascenzo}

 

Contributo: Nicola, in linea di principio condivido quanto hai espresso sull’ermeneutica; i pulpiti sono davvero di troppo facile accesso a persone impreparate, che fondano le proprie espressioni sulla propria «preconoscenza» o preconcetto, ma più o meno coscientemente li camuffano come predicazione della Parola di Dio! Triste e grave! Seppure un libro non è la Bibbia, specie per chi non accede ad altre lingue con maggiore disponibilità di letteratura, mi permetto di suggerire il libro di Stuart & Fee sull’ermeneutica tradotto e diffuso da Patmos edizioni. Il titolo in italiano lo ritengo inadeguato («Come aprire le porte a una lettura informata della Bibbia»), ma il contenuto è notevole per i bisogni in questo ambito. Fraterni saluti. {20-09-2012}

 

Nicola Martella: Un problema è la «pulpitite», ossia l’uso (e l’abuso) del pulpito. Ciò significa che uno (conduttore monarca) o pochi (conduzione oligarchica) parlino continuamente a tutti, mentre questi ultimi ascoltano passivamente, come si fa al teatro. Non che non ci debba essere l’insegnamento autorevole e competente, cosa che abbiamo anche nella nostra comunità, ma noi preferiamo una «chiesa partecipata», dove tutti siano dinanzi a tutti e chi porta la Parola (dopo essersi preparato a dovere) coinvolga tutti nell’analisi del testo biblico o del tema e permetta l’arricchimento con osservazioni testuali, testimonianze, domande, obiezioni e così via. Ciò corrisponde al modello usato da Gesù e dagli apostoli nel loro insegnamento.

     Paolo insegnò quanto segue ai Corinzi, tra i quali c’era molto disordine e prevaricazione da parte di arroganti e fuorvianti «super apostoli» giudaici di stampo esoterico: «Parlino due o tre proclamatori, e gli altri giudichino; e se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente si taccia. Poiché tutti, uno a uno, potete proclamare; affinché tutti imparino e tutti siano consolati; e gli spiriti dei proclamatori sono sottoposti ai proclamatori, perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace» (1 Cor 14,29-33). Qui nel testo greco ci sono i termini profemi «proclamare» (falsamente interpretato da alcuni come «predire») e profetes «proclamatore» (falsamente interpretato da alcuni come vaticinante). Chiaramente per fare ciò, bisogna avere persone autorevoli, che presenziano e che conoscono profondamente la Parola di Dio. Il contenuto di tale «proclamazione» si trova nel v. 3: «Chi proclama, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione». Si tratta qui di un parlare ispirato dalla Parola scritta e da quella proclamata dagli altri fratelli durante la riunione; in tale partecipazione della Parola, Dio dà «rivelazione» sul testo o tema in esame.

     Un «proclamazione partecipata» farebbe bene proprio a quelle chiese, in cui c’è scarsità di doni della Parola. Così si eviterebbe di dire dal pulpito fischi per fiaschi e di confondere capre e cavoli. Chiaramente ciò deve avvenire con decoro e ordine e in un clima di «pace» (= armonia) e non di contrapposizione e litigio. Allora sì che c’è l’edificazione.

     Da anni abbiamo introdotto tale «proclamazione partecipata» nella nostra comunità con tanto profitto e arricchimento per tutti. I collaboratori hanno inizialmente fatto fatica a entrare nella logica, ma poi anch’essi hanno visto che il contributo altrui, durante la loro esposizione, porta un arricchimento anche a loro, una maturazione di tutti e un’attenzione della chiesa dall’inizio alla fine. I neofiti, in tal modo, fanno passi da giganti nella crescita. Questo controllo partecipativo dei tanti impedisce che si dicano cose giuste (figuriamoci poi quelle sbagliate), ma al posto sbagliato, facendo sì che sia il testo nel suo contesto a regnare, non le idee speculative di un singolo. Provare per credere.

 

 

9. {}

 

 

10. {}

 

 

11. {Vari e medi}

 

Stefano Frascaro: Ho letto l’articolo, apprezzato le puntualizzazioni e riflettuto sul fatto che troppe volte si leggono le cose senza analizzarle in tutte le loro sfaccettature. Si evince, quindi, che anche nello studio della Parola di Dio non ci si deve fermare alla prima apparenza, ma bisogna analizzare il brano, inserirlo nel giusto contesto e cercare il vero messaggio. {07-09-2012}

 

Fortuna Fico: Erme... che? Ci sono fratelli, che predicano che, quando sentono parole come «ermeneutica» o «esegesi», se ne vengono con i soliti versetti estrapolati dal loro contesto. Essi affermano: «Gesù si rivela ai semplici», come se per semplici Gesù si riferisse solo agli «ignoranti». Oppure citano a senso: «Io renderò follia la sapienza umana», per cui solo agli ignoranti è dato di conoscere la verità, e non alle cosiddette persone «normali» o «intelligenti». E ti potrei fare una marea di esempi del genere. {07-09-2012}

 

Stefano Meola: Al di la degli errori grammaticali e della sequenza dei fumetti, secondo me, il più grave è che si attribuisce il dentifricio al capitano (dei carabinieri in questo caso). Riportando il tutto al tema biblico, molte volte si attribuiscono a Dio cose che le Scritture non dicono, semplicemente perché non si prende in considerazione tutto un capitolo, ma se ne legge solo uno stralcio o si usano solo pezzi della Parola, creando addirittura false dottrine. {13-09-2012}

 

Francesco Giordano: In realtà in questo articolo non dici nulla. Pensavo che facessi almeno un esempio di giusta interpretazione. {20-09-2012}

Nicola Martella: Ciò mi meraviglia, rispondendo ai lettori sul sito, di esempi ne ho fatti parecchi su come l’errore di valutazione nel dettaglio porti a gravi interpretazioni dottrinali. Si vede che ti sei fermato solo all’introduzione, che ho messo all’infuori del sito. Passa il «Giordano» e leggi l’intero tema. Poi, intervieni nel merito, superando tali preliminari pretestuosi. Il senso dello scritto non è mostrare giuste interpretazioni, ma di far aprire gli occhi sul fatto che non osservando attentamente il testo in esame nel suo contesto, lo si può usare, volenti o nolenti, come pretesto per altro, abusandone.

 

 

12. {Vari e brevi}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Ermeneut_errore_MT_AT.htm

18-09-2012; Aggiornamento: 22-09-2012

 

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