«Che cosa c’era di tanto abominevole nelle parole “calvo, calvo”, rivolte al profeta Eliseo?», mi chiedeva un lettore. Poi
estendeva la questione ai giudizi storici divini, presenti nell’AT. Ho cercato
di rispondere nell'articolo «Eliseo
e la maledizione dei fanciulli (2 Re 2,23-25)». Qui diamo occasione ai lettori di confrontarsi sul tema.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Pietro
Calenzo}
▲
■ Contributo:
La Parola di Dio, non deve mai essere
interpretata, ma assimilata per ciò che concettualmente asserisce. La nostra
mente deve essere sottoposta e sottomessa alla Scrittura (non trascurando
ovviamente i contributi che possano arricchirci), poiché la Parola di Dio si
spiega solamente con la Parola di Dio.
I
fanciulli stavano canzonando non tanto l’uomo Eliseo, quanto l’uomo di Dio
Eliseo. Dal contesto s’evince che tali fanciulli non temevano Dio, probabilmente
come i loro genitori, che altrimenti li avrebbero redarguiti o ripresi. A
Bethel, che pur vantava una scuola di profeti, i
genitori dei fanciulli, probabili idolatri, non avevano inculcato loro il
rispetto per le persone anziane (che pur la Legge ordinava). In primo luogo,
tali ragazzetti stavano offendendo l’onore di profeta, che l’Eterno aveva
concesso a Eliseo. (È poco rilevante, a mio avviso, come propendono alcuni
commentatori, disquisire se il capo d’Eliseo era coperto da un telo, come era
uso in quel tempo). Quel «sali calvo» era un chiaro indice di disonore
verso la scelta che Dio aveva compiuto, frutto d’una eredità spirituale
inesistente per loro. Stavano offendendo Dio stesso. Non tocca a noi valutare se
quest’azione di
giudicare il peccato comporti la morte (anche al tempo del N.T. molti
credenti morivano o erano ammalati, perché s’accostavamo alla Cena del Signore
in modo indegno). Quando Dio parla, la giustizia, la santità e l’amore sono
esaltati e sempre compiuti. Punto.
Sottolineerei anche il fatto, che questo giudizio di Dio avrà inculcato e
insegnato che l’Eterno è l’unico Dio vivente e non ci si può beffare
impunemente di Lui. Tale giudizio avrà favorito, per di più, un
risveglio, un ritorno alla fede in tutta la città, la regione e
probabilmente successivamente in tutta la nazione, rinnovando un santo timor di
Dio. Poiché Egli sa tramutare il male in bene. {1 marzo 2010}
▬
Osservazioni: La Bibbia dev’essere spiegata per quello che
asserisce veramente; è immancabile che debba essere interpretata,
specialmente laddove è oscura per i lettori; ciò può avvenire a proprio arbitrio
(aspetto negativo) o in modo legittimo e contestuale (aspetto positivo).
Correttamente interpretare significa tradurre fedelmente ciò che
intendeva l'autore originario — nel suo tempo e nel suo contesto sociale,
culturale e religioso — nel linguaggio dei lettori odierni, i quali sono spesso
distanti «anni luce» da ciò.
Quello di Eliseo era un tempo di decadenza morale, la Torà era disattesa,
la predicazione della Parola di Dio era disattesa e trascurata, la gente
praticava i culti dei ba`alîm (= protettori) locali, patrocinati dai re
di Efraim,e così via. In tempi di apostasia, il pesce puzza dalla testa, come si
dice, quindi sono i genitori i primi a essere esempi di disaffezione alla fede e
alla morale del patto. Tale esempio, in cui il profeta Eliseo fu disonorato, fu
messo lì dall’autore proprio per caratterizzare il clima religioso e morale e
per mostrare il cruccio divino verso un popolo ribelle.
Vogliamo sperare che tale giudizio abbia
favorito un
risveglio, almeno locale. In genere, però, i giudizi divini sugli empi fanno
indurire maggiormente questi ultimi. Certo, alcuni si mettono però a cercare il
Signore.
{Nicola Martella}
2.
{ Tommaso Failla}
▲
■ Contributo:
La sintesi del racconto di 2 Re non permette
di vedere al di la del fatto. Ma l’esperienza cristiana ci spinge a credere che
il maligno si serve spesso di figure deboli. In questo caso si trattava
di bambini, ai quali non era stato inculcato il rispetto del «sacro» e che
quindi, anziché ricevere un profeta di Dio, danno voce al demone. Al riguardo vi
sono paralleli con l’esperienza dei maiali e dell’indemoniato, come raccontato
in Luca 8. In ambedue i casi ci sono le relative conseguenze. Anche qui,
infatti, questi bambini non hanno storia. {1 marzo 2010}
▬
Osservazioni:
Sebbene in 2 Re 2,23ss non si parli di demoni,
il parallelo con Luca 8 è perlomeno suggestivo. Esso suggerisce che dietro alla
realtà immanente c’è uno sfondo trascendente e non neutrale. Certo, bisogna
ammettere che l’autore di 1-2 Re si è attenuto solo ai fatti di primo piano,
evidenziando così le responsabilità degli uomini. In ogni modo, la fine tragica
dei bambini e dei porci fanno ambedue pensare. {Nicola Martella}
3. {Davide
Giardini}
▲
■ Contributo:
Io credo che l’Antico Testamento fosse
tutto simbolico [rivolto] al futuro e tante volte è difficile dare
un interpretazione. Tante volte Dio ha permesso che venissero scritte delle
cose, che a noi d’oggi sembrano molto assurde, ma in quel periodo
dell’Antico Testamento si era sotto la legge. Consideriamo che oggi siamo sotto
la grazia...
Quanto a
2 Re 2,23-25, qui si parla d’uomini unti da Dio e nel Vecchio Testamento
s’era sotto la legge; ciò significa chi sbagliava doveva pagare occhio per
occhio e dente per dente, e non era come oggi, nessuno si poteva permettere di
parlare male degli unti di Dio… {1 marzo 2010}
▬
Osservazioni: Che l’AT fosse tutto simbolico e rivolto al
futuro, è dubbio. Sono i libri poetici a fare uso di simboli, non quelli
storici. I libri storici dell’AT volevano raccontare la storia passata,
così com’essa era avvenuta. I fatti vengono scritti per «conservare la memoria»
(cfr. Es 17,14); non a caso la narrazione dei fatti passati era chiamata
«memorie» (2 Cr 13,22; 24,27; Esd 4,15; Est 6,1). Che poi la storia sia maestra
di vita e contenga lezioni teologiche e morali per i timorati di Dio, ciò è un
efflusso pedagogico dei fatti narrati (Rm 15,4; 1 Cor 10,11).
Non entro in
merito agli «unti» e all’«occhio per occhio», poiché ciò ci porterebbe fuori
tema e molto lontano. Faccio notare, però, che anche nel NT ci sono giudizi
divini e cose che possono sembrare
assurde al lettore d’oggi. Rimando ciò che è stato ricordato sopra da Pietro
Calenzo relativamente a chi banalizzava in Corinto la Cena del Signore. «Chiunque
mangerà il pane o berrà del calice del Signore indegnamente,
sarà colpevole
verso il corpo ed il sangue del Signore… chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore.
Per questa cagione molti fra voi sono
infermi e malati, e parecchi muoiono»
(1 Cor 11,27.29s). Aggiungerei il giudizio verso Anania e Saffira, che volevano
fare bella figura, pur simulando una falsa realtà (At 6); si noti come essi
furono seppelliti senza alcun funerale. Quindi, la questione principale non mi
sembra che stia proprio nelle cose enunciate da questo lettore. {Nicola
Martella}
4. {Giovanni M.
Caltana}
▲
Estrapolando il
succo del discorso mi sembra che il problema sia uno e che purtroppo accade
sempre più spesso; ci sono anche molti evangelici che, se è ancora giusto
definirli tali, hanno apostatato ormai dalla verità e per intere denominazioni
anche in Italia il cristianesimo si è trasformato in uno sdilinquito
sentimentalismo ecumenico e buonista.
Il problema è diventato quello di non fare apparire Dio troppo cattivo,
troppo ingiusto per i nostri canoni d’occidentali del 21° secolo, altrimenti in
questo modo nessuno si convertirà più. Allora bisogna dire che la Bibbia è stata
scritta in un certo contesto socio-culturale (maschilista, tradizionalista,
conservatore, reazionario) e con una mentalità in certi casi arretrata e affetta
da pregiudizi, che noi possiamo più accettare in quanto non politically
correct
e che quindi è da considerarsi superata in certi aspetti.
Un solo ma eclatante esempio è quello di Uzza in Cronache 13,9 (ma anche
la famiglia d’Acan in Giosuè), che dovrebbe far riflettere ed evidenziare sempre
la sovranità di Dio, davanti a cui i semplici «vasi» dovrebbero chinare
umilmente il capo e non mettersi a giudicare. Il dilemma (falso) è sempre
lo stesso, ossia pensare che quello che Dio fa è giusto oppure che la giustizia
(?) è il criterio, a cui s’ispira l’azione di Dio. Chi viene prima, chi comanda,
su che base si può giudicare? Forse esagero, se dico che il serpente agì così
instillando il dubbio in Eva?
Uno dei miei libri preferiti è Numeri, in quante occasioni il Signore
disciplinò il popolo d’Israele, quanti ne morirono? E l’Apocalisse, in essa
Gesù sarà un killer spietato? Se Dio è cattivo, un tiranno, non ha forse diritto
d’agire così? Oppure se è un Dio tre volte santo, un fuoco consumante, non
dovremmo sentirci come Isaia? (Isaia 6). {1 marzo 2010}
▬
Aggiunta: Essa è avvenuta dopo la mia risposta nel
contributo successivo. La mettiamo qui per completamento. Diamo a lui la parola.
Mi sono accorto solo ora che
per la fretta mi sono espresso piuttosto male nelle ultime 4 righe del mio
intervento. L’immagine (volutamente esagerata) di Gesù come killer l’ho usata
perché potrebbe apparire così nel momento del suo ritorno per tutti quelli che
non credono. Inoltre nella frase successiva il «forse» va spostato al principio.
In questo modo credo che l’intervento è meglio comprensibile e rispondente al
mio pensiero. {Giovanni M. Caltana; 2 marzo 2010}
5. {Nicola
Martella}
▲
Qui rispondo al
contributo precedente. Vedo che il corrente e diffuso «sentimentalismo
ecumenico e buonista» fa alquanto ardere d’impeto Giovanni. La «teodicea»,
ossia il tentativo di giustificare Dio in alcuni suoi aspetti singolari e non
razionalizzabili, non è cosa nuova. Gli amici di Giobbe, sebbene
partissero da ideologie differenti, erano pronti a «crocifiggere» Giobbe, pur di
giustificare Dio. Giobbe parlò con impeto di Dio (e della realtà del mondo),
liberando la sua immagine dai lacci ideologici e devozionali dei suoi
interlocutori. Alla fine, l’Onnipotente giustificò Giobbe, per aver parlato
secondo verità, e rimproverò gli altri.
La questione della corretta immagine di Dio è un tema complesso e
importante, non solo per la dottrina, ma anche per la salute morale e mentale
dei credenti. Una falsa immagine di Dio fa ammalare. [Per l’approfondimento si
veda Nicola Martella, «Chi è Dio?»,
Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996), pp. 103-111.]
Il «buonismo» dottrinale e devozionale, che presenta un Dio di solo amore
e come lo «zio buono», è un gran problema, che produce un cristianesimo
sentimentalista, eticamente debole. Sono un gran problema, però, anche le sole
immagini solo austere di Dio, che producono un cristianesimo rigido,
penitenziale, eticamente legalista.
Le immagini sane e terapeutiche di Dio sono quelle corrette. Di Dio non
si può che parlare per combinazioni antinomiche, ad esempio: Dio è giusto e
giustificante il credente (Rm 3,26). «L’Eterno è lento all’ira e grande in
benignità; egli perdona l’iniquità e il peccato, ma non lascia impunito il colpevole» (Nu 14,18; Es 34,6s
ma non terrà il colpevole per innocente; Na 1,3). Non a caso, il NT insiste
sulla figura del Padre celeste: egli unisce in sé l’amore del «babbo» («Abba,
Padre»; Rm 8,15; Gal 4,6) e la severità del genitore. «È a scopo di
disciplina che avete a sopportare
queste cose. Dio vi tratta come figli; poiché qual è il figlio che il padre non
corregga? Che se siete senza quella
disciplina, della quale tutti hanno
avuto la loro parte, siete dunque bastardi, e non figli… Ora, è vero, ogni
disciplina non ci sembra essere per
il presente [causa di] allegrezza, ma [di] tristezza; poi però dà a quelli, che
sono esercitati per mezzo di essa, il
pacifico frutto della giustizia» (Eb 12,7s.11).
Non è, quindi, tracciando il contrario delle immagini «buoniste» di Dio, che
presentiamo quelle valide. Dio è santo e parimenti misericordioso verso
coloro che entrano nel patto; è pieno di amore, ma anche giusto; e così via. Di
Dio possiamo (e dobbiamo) parlare, quindi, sempre in modo olistico e per
antinomie, se vogliamo capirlo e farlo intendere. Egli è come un diamante
dalle molte facce: per scoprirlo bisogna farlo girare, ma in ogni momento ne
contempleremo solo una parte.
Quanto al tempo della gran tribolazione, faccio presente che sarà un
periodo di grandi giudizi divini sul mondo impenitente; non si dimentichi però
che sarà anche il tempo dei grandi e innumerevoli martiri della fede. Dei
martiri di
tutta la storia si afferma quanto segue: Era «una gran folla che nessun
uomo poteva annoverare… Essi sono quelli che vengono dalla gran tribolazione»
(Ap 7,9.14). Sono essi stessi, che chiederanno a Dio: «Fino a quando, o
nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudizio e non vendichi il
nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?» (Ap 6,10s; 18,24;
20,4). Si fa bene a parlare di Gesù come un «killer spietato», sebbene sia
un’esagerazione retorica? Penso di no. Nell’Apocalisse si parla della «ira
dell’Agnello» (Ap 6,16); i giudizi vengono decretati dal Giudice supremo, che è
stato longanime per millenni, hanno come oggetto gli impenitenti coalizzati
contro di lui e i suoi santi e sono eseguiti dai suoi servitori. Un «killer
spietato» è altra cosa.
Dio ha il
diritto di agire come vuole. Nessuno può sindacare il suo fare, sia in bene,
sia in male. In ogni modo, facciamo bene a parlare di Lui secondo giustizia e
verità, quindi in modo olistico e antinomico. Altrimenti non lo capiremo per
nulla e ne faremo solo un nostro idolo: un «Dio di solo amore», un «Dio
solo santo» o addirittura un «Dio solo cattivo e tiranno».
6. {Vincenzo
Russillo}
▲
Eliseo e la
giustizia di Dio
Nel Vecchio
Testamento i vari scrittori, ci raccontano dettagliatamente dei fatti per come
sono andati, senza fare sconti a nessuno; vedi i peccati di Davide ad esempio.
Proprio per questo motivo bisogna analizzare il testo prendendolo nel giusto
contesto.
Innanzitutto bisogna chiedersi se in questo resoconto si parla realmente di
fanciulli, in realtà come riportato anche da Nicola. Facendo il parallelo con un
altro versetto (1 Re 3,7) viene usato il vocabolo giovane: «Ora, o
Signore, mio Dio, tu hai fatto
regnare me, tuo servo, al posto di Davide mio padre, e io sono giovane, e
non so come comportarmi». Stesso riferimento lo si potrà trovare in Esodo
33,11; Genesi 41,12.40.46. Quindi le giuste conclusione da trarre, sono le
seguenti: molto probabilmente erano dei giovani ragazzi.
Si commette un errore se s’interpreta tale testo come una semplice punizione di
Dio a dei bambini, solo per aver schernito un uomo. Anzitutto Eliseo era un
uomo di Dio, questi giovani avevano deriso non solo un profeta ma il santo
nome di Dio. Bisogna considerare altresì che in Israele cresceva sempre più la
perversione spirituale, non si trattava di una semplice scherzo, ma di una
ribellione
verso l’Onnipotente (2 Cr 36,16).
Questo non è l’unico questo caso, in cui il Signore fa uso del suo potere sul
regno animale per fare giustizia; infatti uccide il profeta ribelle (1 Re
13,24) o gli Israeliti infedeli (Nu 21,6). La Bibbia ci insegna che chi si
ribellava al santo nome di Dio e rifiutava la sua benevolenza, veniva punito.
Molto probabilmente questi giovani uomini erano degli idolatri. Lo stesso Gesù
fa riferimento ai tanti profeti uccisi dagli Israeliti (Mt 23,37). Un
caso simile a questo, in cui si oltraggia la Parola di Dio, lo ritroviamo con
Anania e Safira, che si beffarono dei loro fratelli e del Signore.
A ben vedere, Eliseo non reagì oltremodo agli insulti, ma si rimise alla
giustizia divina. Così fece anche Gesù: «Oltraggiato, non rendeva gli
oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica
giustamente» (1 Pt 2,23). Questo resoconto della vita di Eliseo mi fa
pensare che anche oggi siamo ostacolati da Satana nel diffondere la Parola di
Dio (2 Tm 3,12) e, come il profeta, dobbiamo affidarci a Dio per la riuscita dei
nostri progetti. {2 marzo 2010}
7. {Nicola
Martella}
▲
Faccio alcune
osservazioni sul contributo precedente. Quanto al termine na`ar,
ho ribadito nell’articolo che esso corrisponde un po’ all’uso italiano di
«ragazzo», che si usa un po’ per tutte le età, sebbene sia giusto usarlo
soltanto per gli adolescenti in contrapposizione con gli adulti. Che lo usasse
Salomone per sé dinanzi a Dio, era una forma di umiltà, visto che aveva a quel
tempo probabilmente ben 40 anni. Ho mostrato pure che l’autore distinse tali
fanciulli col l’aggettivo qeṭannim «piccoli».
Ciò significa che il problema non si può risolvere sul piano antropologico,
nel senso che le cose erano peggio, se non erano giovinastri e non bambini. Si
noti soprattutto l’enfasi sulla quantità: dovevano essere una grande quantità di
ragazzotti, se le orse «sbranarono
quarantadue di quei ragazzi» (2 Re 2,24). Le cronache da tutto il
mondo ci mostrano come possano essere crudeli bande di ragazzi, che seguono la
legge del branco e della giungla.
Penso che sia meglio ricondurre la questione al piano teologico: era un
tempo di decadenza morale e di apostasia spirituale e l’affronto verso il
profeta di Dio era uno di tali sintomi preoccupanti. È stato giustamente
evidenziato che fu Dio ad agire, servendosi degli animali; la gravità del
giudizio mostrava anche la
gravità dell’affronto subito da Dio e dal suo portavoce. La gravità del
giudizio mostrò la sovranità di Dio anche in quel tempo di decadenza.
8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Eliseo_maled_fanc_R56.htm
01-03-2010; Aggiornamento: 03-03-2010 |