Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: l’Epoca Babilonese e l’Epoca Persiana. In appendice ci sono tre excursus:
■ I nomi ebraici di Dio
■ Il patto, i patti e i testamenti
■ La Bibbia fra criticismo e modernismo.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca babilonese («Libri storici e profetici III»):
■ L’epoca babilonese in generale
■ Sofonia
■ Habacuc
■ Geremia
■ Lamentazioni
■ Daniele
■ Ezechiele
■ Il tempo dell’esilio. 

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca persiana («Libri storici e profetici IV»):
■ L’epoca persiana in generale
■ Esdra-Nehemia
■ Ester
■ Aggeo
■ Zaccaria
■ Malachia
■ L’epoca intertestamentaria.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ELISEO E LA MALEDIZIONE DEI FANCIULLI. PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

«Che cosa c’era di tanto abominevole nelle parole “calvo, calvo”, rivolte al profeta Eliseo?», mi chiedeva un lettore. Poi estendeva la questione ai giudizi storici divini, presenti nell’AT. Ho cercato di rispondere nell'articolo «Eliseo e la maledizione dei fanciulli (2 Re 2,23-25)». Qui diamo occasione ai lettori di confrontarsi sul tema.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Pietro Calenzo

2. Tommaso Failla

3. Davide Giardini

4. Giovanni M. Caltana

5. Nicola Martella

6. Vincenzo Russillo

7. Nicola Martella

8.

9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: La Parola di Dio, non deve mai essere interpretata, ma assimilata per ciò che concettualmente asserisce. La nostra mente deve essere sottoposta e sottomessa alla Scrittura (non trascurando ovviamente i contributi che possano arricchirci), poiché la Parola di Dio si spiega solamente con la Parola di Dio.

     I fanciulli stavano canzonando non tanto l’uomo Eliseo, quanto l’uomo di Dio Eliseo. Dal contesto s’evince che tali fanciulli non temevano Dio, probabilmente come i loro genitori, che altrimenti li avrebbero redarguiti o ripresi. A Bethel, che pur vantava una scuola di profeti, i genitori dei fanciulli, probabili idolatri, non avevano inculcato loro il rispetto per le persone anziane (che pur la Legge ordinava). In primo luogo, tali ragazzetti stavano offendendo l’onore di profeta, che l’Eterno aveva concesso a Eliseo. (È poco rilevante, a mio avviso, come propendono alcuni commentatori, disquisire se il capo d’Eliseo era coperto da un telo, come era uso in quel tempo). Quel «sali calvo» era un chiaro indice di disonore verso la scelta che Dio aveva compiuto, frutto d’una eredità spirituale inesistente per loro. Stavano offendendo Dio stesso. Non tocca a noi valutare se quest’azione di giudicare il peccato comporti la morte (anche al tempo del N.T. molti credenti morivano o erano ammalati, perché s’accostavamo alla Cena del Signore in modo indegno). Quando Dio parla, la giustizia, la santità e l’amore sono esaltati e sempre compiuti. Punto.

     Sottolineerei anche il fatto, che questo giudizio di Dio avrà inculcato e insegnato che l’Eterno è l’unico Dio vivente e non ci si può beffare impunemente di Lui. Tale giudizio avrà favorito, per di più, un risveglio, un ritorno alla fede in tutta la città, la regione e probabilmente successivamente in tutta la nazione, rinnovando un santo timor di Dio. Poiché Egli sa tramutare il male in bene. {1 marzo 2010}

 

Osservazioni: La Bibbia dev’essere spiegata per quello che asserisce veramente; è immancabile che debba essere interpretata, specialmente laddove è oscura per i lettori; ciò può avvenire a proprio arbitrio (aspetto negativo) o in modo legittimo e contestuale (aspetto positivo). Correttamente interpretare significa tradurre fedelmente ciò che intendeva l'autore originario — nel suo tempo e nel suo contesto sociale, culturale e religioso — nel linguaggio dei lettori odierni, i quali sono spesso distanti «anni luce» da ciò.

     Quello di Eliseo era un tempo di decadenza morale, la Torà era disattesa, la predicazione della Parola di Dio era disattesa e trascurata, la gente praticava i culti dei ba`alîm (= protettori) locali, patrocinati dai re di Efraim,e così via. In tempi di apostasia, il pesce puzza dalla testa, come si dice, quindi sono i genitori i primi a essere esempi di disaffezione alla fede e alla morale del patto. Tale esempio, in cui il profeta Eliseo fu disonorato, fu messo lì dall’autore proprio per caratterizzare il clima religioso e morale e per mostrare il cruccio divino verso un popolo ribelle.

     Vogliamo sperare che tale giudizio abbia favorito un risveglio, almeno locale. In genere, però, i giudizi divini sugli empi fanno indurire maggiormente questi ultimi. Certo, alcuni si mettono però a cercare il Signore. {Nicola Martella}

 

 

2. {Tommaso Failla}

 

Contributo: La sintesi del racconto di 2 Re non permette di vedere al di la del fatto. Ma l’esperienza cristiana ci spinge a credere che il maligno si serve spesso di figure deboli. In questo caso si trattava di bambini, ai quali non era stato inculcato il rispetto del «sacro» e che quindi, anziché ricevere un profeta di Dio, danno voce al demone. Al riguardo vi sono paralleli con l’esperienza dei maiali e dell’indemoniato, come raccontato in Luca 8. In ambedue i casi ci sono le relative conseguenze. Anche qui, infatti, questi bambini non hanno storia. {1 marzo 2010}

 

Osservazioni: Sebbene in 2 Re 2,23ss non si parli di demoni, il parallelo con Luca 8 è perlomeno suggestivo. Esso suggerisce che dietro alla realtà immanente c’è uno sfondo trascendente e non neutrale. Certo, bisogna ammettere che l’autore di 1-2 Re si è attenuto solo ai fatti di primo piano, evidenziando così le responsabilità degli uomini. In ogni modo, la fine tragica dei bambini e dei porci fanno ambedue pensare. {Nicola Martella}

 

 

3. {Davide Giardini}

 

Contributo: Io credo che l’Antico Testamento fosse tutto simbolico [rivolto] al futuro e tante volte è difficile dare un interpretazione. Tante volte Dio ha permesso che venissero scritte delle cose, che a noi d’oggi sembrano molto assurde, ma in quel periodo dell’Antico Testamento si era sotto la legge. Consideriamo che oggi siamo sotto la grazia...

     Quanto a 2 Re 2,23-25, qui si parla d’uomini unti da Dio e nel Vecchio Testamento s’era sotto la legge; ciò significa chi sbagliava doveva pagare occhio per occhio e dente per dente, e non era come oggi, nessuno si poteva permettere di parlare male degli unti di Dio… {1 marzo 2010}

 

Osservazioni: Che l’AT fosse tutto simbolico e rivolto al futuro, è dubbio. Sono i libri poetici a fare uso di simboli, non quelli storici. I libri storici dell’AT volevano raccontare la storia passata, così com’essa era avvenuta. I fatti vengono scritti per «conservare la memoria» (cfr. Es 17,14); non a caso la narrazione dei fatti passati era chiamata «memorie» (2 Cr 13,22; 24,27; Esd 4,15; Est 6,1). Che poi la storia sia maestra di vita e contenga lezioni teologiche e morali per i timorati di Dio, ciò è un efflusso pedagogico dei fatti narrati (Rm 15,4; 1 Cor 10,11).

     Non entro in merito agli «unti» e all’«occhio per occhio», poiché ciò ci porterebbe fuori tema e molto lontano. Faccio notare, però, che anche nel NT ci sono giudizi divini e cose che possono sembrare assurde al lettore d’oggi. Rimando ciò che è stato ricordato sopra da Pietro Calenzo relativamente a chi banalizzava in Corinto la Cena del Signore. «Chiunque mangerà il pane o berrà del calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo ed il sangue del Signore… chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore. Per questa cagione molti fra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono» (1 Cor 11,27.29s). Aggiungerei il giudizio verso Anania e Saffira, che volevano fare bella figura, pur simulando una falsa realtà (At 6); si noti come essi furono seppelliti senza alcun funerale. Quindi, la questione principale non mi sembra che stia proprio nelle cose enunciate da questo lettore. {Nicola Martella}

 

 

4. {Giovanni M. Caltana}

 

Estrapolando il succo del discorso mi sembra che il problema sia uno e che purtroppo accade sempre più spesso; ci sono anche molti evangelici che, se è ancora giusto definirli tali, hanno apostatato ormai dalla verità e per intere denominazioni anche in Italia il cristianesimo si è trasformato in uno sdilinquito sentimentalismo ecumenico e buonista.

     Il problema è diventato quello di non fare apparire Dio troppo cattivo, troppo ingiusto per i nostri canoni d’occidentali del 21° secolo, altrimenti in questo modo nessuno si convertirà più. Allora bisogna dire che la Bibbia è stata scritta in un certo contesto socio-culturale (maschilista, tradizionalista, conservatore, reazionario) e con una mentalità in certi casi arretrata e affetta da pregiudizi, che noi possiamo più accettare in quanto non politically correct e che quindi è da considerarsi superata in certi aspetti.

     Un solo ma eclatante esempio è quello di Uzza in Cronache 13,9 (ma anche la famiglia d’Acan in Giosuè), che dovrebbe far riflettere ed evidenziare sempre la sovranità di Dio, davanti a cui i semplici «vasi» dovrebbero chinare umilmente il capo e non mettersi a giudicare. Il dilemma (falso) è sempre lo stesso, ossia pensare che quello che Dio fa è giusto oppure che la giustizia (?) è il criterio, a cui s’ispira l’azione di Dio. Chi viene prima, chi comanda, su che base si può giudicare? Forse esagero, se dico che il serpente agì così instillando il dubbio in Eva?

     Uno dei miei libri preferiti è Numeri, in quante occasioni il Signore disciplinò il popolo d’Israele, quanti ne morirono? E l’Apocalisse, in essa Gesù sarà un killer spietato? Se Dio è cattivo, un tiranno, non ha forse diritto d’agire così? Oppure se è un Dio tre volte santo, un fuoco consumante, non dovremmo sentirci come Isaia? (Isaia 6). {1 marzo 2010}

 

Aggiunta: Essa è avvenuta dopo la mia risposta nel contributo successivo. La mettiamo qui per completamento. Diamo a lui la parola.

    Mi sono accorto solo ora che per la fretta mi sono espresso piuttosto male nelle ultime 4 righe del mio intervento. L’immagine (volutamente esagerata) di Gesù come killer l’ho usata perché potrebbe apparire così nel momento del suo ritorno per tutti quelli che non credono. Inoltre nella frase successiva il «forse» va spostato al principio. In questo modo credo che l’intervento è meglio comprensibile e rispondente al mio pensiero. {Giovanni M. Caltana; 2 marzo 2010}

 

 

5. {Nicola Martella}

 

Qui rispondo al contributo precedente. Vedo che il corrente e diffuso «sentimentalismo ecumenico e buonista» fa alquanto ardere d’impeto Giovanni. La «teodicea», ossia il tentativo di giustificare Dio in alcuni suoi aspetti singolari e non razionalizzabili, non è cosa nuova. Gli amici di Giobbe, sebbene partissero da ideologie differenti, erano pronti a «crocifiggere» Giobbe, pur di giustificare Dio. Giobbe parlò con impeto di Dio (e della realtà del mondo), liberando la sua immagine dai lacci ideologici e devozionali dei suoi interlocutori. Alla fine, l’Onnipotente giustificò Giobbe, per aver parlato secondo verità, e rimproverò gli altri.

     La questione della corretta immagine di Dio è un tema complesso e importante, non solo per la dottrina, ma anche per la salute morale e mentale dei credenti. Una falsa immagine di Dio fa ammalare. [Per l’approfondimento si veda Nicola Martella, «Chi è Dio?», Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996), pp. 103-111.]

     Il «buonismo» dottrinale e devozionale, che presenta un Dio di solo amore e come lo «zio buono», è un gran problema, che produce un cristianesimo sentimentalista, eticamente debole. Sono un gran problema, però, anche le sole immagini solo austere di Dio, che producono un cristianesimo rigido, penitenziale, eticamente legalista.

     Le immagini sane e terapeutiche di Dio sono quelle corrette. Di Dio non si può che parlare per combinazioni antinomiche, ad esempio: Dio è giusto e giustificante il credente (Rm 3,26). «L’Eterno è lento all’ira e grande in benignità; egli perdona l’iniquità e il peccato, ma non lascia impunito il colpevole» (Nu 14,18; Es 34,6s ma non terrà il colpevole per innocente; Na 1,3). Non a caso, il NT insiste sulla figura del Padre celeste: egli unisce in sé l’amore del «babbo» («Abba, Padre»; Rm 8,15; Gal 4,6) e la severità del genitore. «È a scopo di disciplina che avete a sopportare queste cose. Dio vi tratta come figli; poiché qual è il figlio che il padre non corregga? Che se siete senza quella disciplina, della quale tutti hanno avuto la loro parte, siete dunque bastardi, e non figli… Ora, è vero, ogni disciplina non ci sembra essere per il presente [causa di] allegrezza, ma [di] tristezza; poi però dà a quelli, che sono esercitati per mezzo di essa, il pacifico frutto della giustizia» (Eb 12,7s.11).

     Non è, quindi, tracciando il contrario delle immagini «buoniste» di Dio, che presentiamo quelle valide. Dio è santo e parimenti misericordioso verso coloro che entrano nel patto; è pieno di amore, ma anche giusto; e così via. Di Dio possiamo (e dobbiamo) parlare, quindi, sempre in modo olistico e per antinomie, se vogliamo capirlo e farlo intendere. Egli è come un diamante dalle molte facce: per scoprirlo bisogna farlo girare, ma in ogni momento ne contempleremo solo una parte.

     Quanto al tempo della gran tribolazione, faccio presente che sarà un periodo di grandi giudizi divini sul mondo impenitente; non si dimentichi però che sarà anche il tempo dei grandi e innumerevoli martiri della fede. Dei martiri di tutta la storia si afferma quanto segue: Era «una gran folla che nessun uomo poteva annoverare… Essi sono quelli che vengono dalla gran tribolazione» (Ap 7,9.14). Sono essi stessi, che chiederanno a Dio: «Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudizio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?» (Ap 6,10s; 18,24; 20,4). Si fa bene a parlare di Gesù come un «killer spietato», sebbene sia un’esagerazione retorica? Penso di no. Nell’Apocalisse si parla della «ira dell’Agnello» (Ap 6,16); i giudizi vengono decretati dal Giudice supremo, che è stato longanime per millenni, hanno come oggetto gli impenitenti coalizzati contro di lui e i suoi santi e sono eseguiti dai suoi servitori. Un «killer spietato» è altra cosa.

     Dio ha il diritto di agire come vuole. Nessuno può sindacare il suo fare, sia in bene, sia in male. In ogni modo, facciamo bene a parlare di Lui secondo giustizia e verità, quindi in modo olistico e antinomico. Altrimenti non lo capiremo per nulla e ne faremo solo un nostro idolo: un «Dio di solo amore», un «Dio solo santo» o addirittura un «Dio solo cattivo e tiranno».

 

 

6. {Vincenzo Russillo}

 

Eliseo e la giustizia di Dio

 

Nel Vecchio Testamento i vari scrittori, ci raccontano dettagliatamente dei fatti per come sono andati, senza fare sconti a nessuno; vedi i peccati di Davide ad esempio. Proprio per questo motivo bisogna analizzare il testo prendendolo nel giusto contesto.

     Innanzitutto bisogna chiedersi se in questo resoconto si parla realmente di fanciulli, in realtà come riportato anche da Nicola. Facendo il parallelo con un altro versetto (1 Re 3,7) viene usato il vocabolo giovane: «Ora, o Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare me, tuo servo, al posto di Davide mio padre, e io sono giovane, e non so come comportarmi». Stesso riferimento lo si potrà trovare in Esodo 33,11; Genesi 41,12.40.46. Quindi le giuste conclusione da trarre, sono le seguenti: molto probabilmente erano dei giovani ragazzi.

     Si commette un errore se s’interpreta tale testo come una semplice punizione di Dio a dei bambini, solo per aver schernito un uomo. Anzitutto Eliseo era un uomo di Dio, questi giovani avevano deriso non solo un profeta ma il santo nome di Dio. Bisogna considerare altresì che in Israele cresceva sempre più la perversione spirituale, non si trattava di una semplice scherzo, ma di una ribellione verso l’Onnipotente (2 Cr 36,16).

     Questo non è l’unico questo caso, in cui il Signore fa uso del suo potere sul regno animale per fare giustizia; infatti uccide il profeta ribelle (1 Re 13,24) o gli Israeliti infedeli (Nu 21,6). La Bibbia ci insegna che chi si ribellava al santo nome di Dio e rifiutava la sua benevolenza, veniva punito.

     Molto probabilmente questi giovani uomini erano degli idolatri. Lo stesso Gesù fa riferimento ai tanti profeti uccisi dagli Israeliti (Mt 23,37). Un caso simile a questo, in cui si oltraggia la Parola di Dio, lo ritroviamo con Anania e Safira, che si beffarono dei loro fratelli e del Signore.

     A ben vedere, Eliseo non reagì oltremodo agli insulti, ma si rimise alla giustizia divina. Così fece anche Gesù: «Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente» (1 Pt 2,23). Questo resoconto della vita di Eliseo mi fa pensare che anche oggi siamo ostacolati da Satana nel diffondere la Parola di Dio (2 Tm 3,12) e, come il profeta, dobbiamo affidarci a Dio per la riuscita dei nostri progetti. {2 marzo 2010}

 

 

7. {Nicola Martella}

 

Faccio alcune osservazioni sul contributo precedente. Quanto al termine na`ar, ho ribadito nell’articolo che esso corrisponde un po’ all’uso italiano di «ragazzo», che si usa un po’ per tutte le età, sebbene sia giusto usarlo soltanto per gli adolescenti in contrapposizione con gli adulti. Che lo usasse Salomone per sé dinanzi a Dio, era una forma di umiltà, visto che aveva a quel tempo probabilmente ben 40 anni. Ho mostrato pure che l’autore distinse tali fanciulli col l’aggettivo qeṭannim «piccoli».

     Ciò significa che il problema non si può risolvere sul piano antropologico, nel senso che le cose erano peggio, se non erano giovinastri e non bambini. Si noti soprattutto l’enfasi sulla quantità: dovevano essere una grande quantità di ragazzotti, se le orse «sbranarono quarantadue di quei ragazzi» (2 Re 2,24). Le cronache da tutto il mondo ci mostrano come possano essere crudeli bande di ragazzi, che seguono la legge del branco e della giungla.

     Penso che sia meglio ricondurre la questione al piano teologico: era un tempo di decadenza morale e di apostasia spirituale e l’affronto verso il profeta di Dio era uno di tali sintomi preoccupanti. È stato giustamente evidenziato che fu Dio ad agire, servendosi degli animali; la gravità del giudizio mostrava anche la gravità dell’affronto subito da Dio e dal suo portavoce. La gravità del giudizio mostrò la sovranità di Dio anche in quel tempo di decadenza.

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Eliseo_maled_fanc_R56.htm

01-03-2010; Aggiornamento: 03-03-2010

 

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