■ 1.
Introduzione
■ 2.
Verso un nuovo concetto di metodo
■ 3.
I nuovi sviluppi della linguistica |
Prima parte |
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4.
Nuovi sviluppi dell’esegesi: Aspetti teologici
▼
5.
Nuovi sviluppi dell’esegesi: Aspetti metodologici
▼
6.
Conclusione |
Seconda parte |
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Questa è la seconda parte dell'articolo di Tonino Mele. Qui di seguito si fa uso
dei termini «sincronico» e «diacronico». Con «sincronico»
s’intende il significato di un termine in un certo momento della storia, ad
esempio al tempo del NT; mentre «diacronico» intende l’uso e lo sviluppo
di un dato termine nel tempo, ad esempio durante il periodo di storia che va da
Abramo a Malachia. Nella precedente parte è stato mostrata l'importanza di una
complementarietà fra studio sincronico e diacronico, invece che una loro
contrapposizione. Qui di seguito vengono mostrati i nuovi sviluppi teologici e
metodologici dell’esegesi, che corroborano tale sinergia, invece che una dicotomia.
Anche qui spetterà poi ai lettori verificare l'intera materia presentata, per
considerarne la validità di tutti gli aspetti presentati e la loro utilità per
lo studio della sacra Scrittura, affinché si «tagli rettamente la Parola
della verità» (2 Tm 2,15). {Nicola Martella} |
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5.
NUOVI SVILUPPI
DELL’ESEGESI: ASPETTI METODOLOGICI:
Se sotto il profilo teologico si è «ripensato» il rapporto tra
linguistica ed esegesi, facendo degli opportuni distinguo tra principio e
metodo, sotto il profilo metodologico il rapporto è continuato pressoché
ininterrotto. L’esegesi infatti, ha continuato a servirsi delle nuove
acquisizioni della linguistica con importanti risultati soprattutto nel campo
delle traduzioni della Bibbia. Anche qui si può notare quanto abbiamo già visto
per gli sviluppi della linguistica, ossia il graduale abbandono d’una visione
dicotomica della coppia diacronia-sincronia, a favore d’un uso più complementare
dei metodi di studio. Valdo Bertalot, nel suo libro «Tradurre la Bibbia»
afferma: «Nel passato la linguistica ha avuto anche limiti ristretti; essa ha
ricercato più l’oggettività dei metodi d’analisi che la comprensione dell’evento
linguistico, soprattutto nel suo aspetto culturale, ricco invece di particolare
valore. Al contrario,
oggi la stessa scienza linguistica ritiene l’interdisciplinarità un
requisito importante della sua ricerca… Si definisce oggi un messaggio come
l’insieme dei significati dell’enunciato che si fondano essenzialmente su una
ricerca extralinguistica, che è più vasto della semplice somma dei segni
linguistici che lo compongono… Inoltre la lingua non è una realtà omogenea. Si
presenta come un insieme di varietà diverse tra loro (linguaggio comune,
specializzato, intimo, formale, ecc.)».[12]
Abbiamo già accennato al ruolo che ha avuto la ritrovata libertà metodologica
per le ricerche portate avanti da Jakobson sul valore
connotativo d’una lingua. Questo è uno sviluppo che riguarda molto da
vicino l’esegesi della Bibbia perché ci aiuta ad apprezzare meglio le sue
sfumature. Bertalot distingue tra sfumature «al livello della parola», che
chiama connotazioni, e sfumature «al livello dell’enunciato e del
paragrafo», che chiama funzioni del linguaggio. Le connotazioni sono «la
parte soggettiva del significato d’una parola… e include tutti gli altri tratti
distintivi del significato, che possono essere o non essere aggiunti alla
denotazione[13]
e che sono percepiti dall’ascoltatore. Nella frase: “Io mangio una mela”, il
termine “mela” si riferisce, per denotazione al frutto d’un certo tipo d’albero,
mentre per connotazione, riguarda la realtà contadina che produce quel frutto o
la tentazione biblica di Adamo ed Eva o altro ancora».[14]
Il linguaggio della Bibbia, in particolare l’Antico Testamento è molto
connotativo come afferma ancora Bertalot: «La Bibbia ebraica… è senz’altro
un’opera letteraria, ma non in maniera esclusiva; ha una forte incidenza di
connotazione, ha una pluralità di generi e di stili dalle importanti
caratteristiche».[15]
Importanti sono anche le funzioni del linguaggio. Jakobson né
indicava sei. «La funzione “emotiva”
sottolinea l’atteggiamento del parlante nella comunicazione. La funzione “referenziale”
o informativa si riferisce al contesto della comunicazione. La funzione “poetica”
indica il modo in cui il messaggio si struttura formalmente, comprendendo
anche le caratteristiche strutturali della poesia. La funzione “fàtica”
del linguaggio è costituita da quegli enunciati che stabiliscono un contatto
tra il parlante e l’ascoltatore. La funzione “metalinguistica”
si ha quando il linguaggio adopera se stesso per descrivere la sua
struttura. La funzione “conativa”
del linguaggio sottolinea il ruolo dell’ascoltatore, quando si vuole per
esempio influenzare il comportamento dell’ascoltatore con un ordine».[16]
Ricerche di linguistica più recenti hanno «superato le posizioni acquisite da
Jakobson», talché «il numero delle funzioni non è più limitato a sei», ma viene
considerato «in base agli usi effettivi».
Come la connotazione, anche le funzioni del linguaggio sono molto utili ai fini
d’una miglior comprensione delle Scritture, soprattutto dei Salmi e della poesia
biblica in genere.
Bertalot afferma: «Ora nella traduzione biblica, si cerca di recuperare le varie
funzioni nel testo, specie nei Salmi». Ma non solo i Salmi possono essere
interessati da questi studi linguistici, anche gran parte dell’Antico
Testamento. Bertalot infatti aggiunge: «L’A.T. esprime in poesia la sua storia,
le sue leggi, la sua morale, la sua fede. Certamente in italiano una sentenza di
condanna non è strutturata in termini di poesia, come invece leggiamo nel libro
d’Amos».[17]
Questi aspetti soggettivi del linguaggio (connotazione e funzioni) all’inizio
sono stati percepiti come un ostacolo insormontabile ai fini della traduzione.
Si pensava di poter tradurre solo l’elemento denotativo del linguaggio, colto
anzitutto nella sua dimensione sincronica, nelle connessioni del testo. Poi c’è
stata una svolta, quando si è iniziato a concepire il linguaggio in termini meno
oggettivi e statici, ma soggettivi e dinamici. Si è iniziato a considerare la
dimensione «sociale» del linguaggio. Al riguardo Bertalot scrive: «La
descrizione del linguaggio in funzione d’una situazione in cui vi sono il
parlante, il messaggio e l’ascoltatore, pone esattamente il problema linguistico
in termini sociali. Il linguaggio non vuole riprodurre la stessa esperienza del
parlante nei confronti dell’ascoltatore, ma comunicare quegli elementi
invariabili che permettono all’ascoltatore d’individuare l’esperienza del
parlante… In seguito a questa precisazione la linguistica valuta i vari aspetti
d’una situazione in rapporto alla loro socialità… l’ostacolo quasi
insormontabile delle connotazioni risulta superabile. La connotazione ha
anch’essa un grado di socialità più o meno elevato, la descrizione
etnografica o filologica indica il grado di socialità della
connotazione d’una parola».[18]
Si ricuperano così gli aspetti extralinguisti ed extratestuali del discorso,
come la socialità e l’etnografia e s’usano metodi diacronici come la filologia
per studiare l’elemento connotativo del testo biblico.
E dobbiamo essere grati a questa svolta metodologica verso la complementarietà,
se oggi possiamo recuperare importanti sfumature e funzioni del linguaggio
biblico.
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6.
CONCLUSIONE: Dio ha
parlato nella storia, e le Scritture ne sono la trasposizione fedele. Questo è
il presupposto fondante d’ogni metodo di studio della Bibbia «adeguato al suo
oggetto». Tale metodo sarà «adeguato» se saprà cogliere l’elemento
unificante
di questa Parola, che attraversa il tempo e la storia, in quanto espressione
della trascendenza e dell’eternità del parlante, che è l’eterno Dio. La
semantica di questa Parola non può essere riferita al singolo testo, al singolo
momento, alla singola parola, per cui non può essere colta in modo sincronico.
In altre parole, l’approccio sincronico
non ci da la dimensione definitiva e assoluta di questa Parola. Tuttavia, questa
Parola è stata pronunciata in parole, in momenti precisi e in testi
circostanziati, per venire incontro alla natura immanente e storicamente
determinata del destinatario di questa Parola, cioè l’uomo. Qui l’approccio non
può che essere sincronico e la finalità di questo approccio è quella di definire
la semantica della singola parola, del singolo testo, del singolo momento. Ma
anche nel singolo momento e nel singolo testo, noi ritroviamo l’elemento
teologico, trascendente ed eterno. Anche lì
troviamo la Parola eterna, che non può essere colta solo in modo linguistico, o
in modo rigidamente sincronico. Anche nella singola parte troviamo una forte eco
e un forte richiamo al tutto.
A scanso d’equivoci e
per evitare altre fughe in avanti, ribadisco che qui non si è discusso ne posto
in discussione la validità del metodo sincronico, ma una sua
sopravvalutazione. Esso è una importante
acquisizione dell’esegesi moderna, seppur mutuata dalla linguistica. Ma rimane
un metodo, da usare con discrezione e non come una camicia di forza
metodologica. Esso dev’essere considerato un’ancella al servizio dell’esegesi e
non una sovrastruttura ideologica dell’esegesi. L’esegeta deve essere lasciato
libero di scoprire il suo percorso esegetico, in base all’evidenza del suo
oggetto di studio. È stato detto: «Nessun oggetto di ricerca può essere ben
compreso, se non da un modo di conoscere adeguato al suo oggetto». E questa
considerazione viene prima anche del metodo sincronico.
«È ovvio che la Bibbia... è un patrimonio culturale per tutta l’umanità.
Possono... vagliare le singole espressioni scritte: lo storico...
l’archeologo... il filologo... il linguista. Ed ognuno può offrire le
riflessioni pertinenti a seconda del metodo d’approccio... Non si può a priori
scongiurare il rischio che il singolo studioso, dal proprio punto di vista
sconfini; e alla risposta richiesta dia un valore così globale e così
totalizzante, da pretendere da un angolo parziale e ben delimitato di dire ciò
che la Bibbia può dare nella sua totalità d’essere e di senso. È una conclusione
non preventiva e non corretta; certamente impertinente e disorientante».[19]
Che sulla scia di Saussure, Barr abbia «sconfinato» esagerando l’elemento
arbitrario della lingua, ce lo mostra lo stesso Silva, il quale ha
contestato la posizione di Barr, affermando che l’autonomia della lingua non è
assoluta ed esistono connessioni universali tra le lingue che rendono possibili
le traduzioni.[20]
Inoltre, si è contestato il fatto che certi termini tecnici
presenti nella Bibbia s’apprezzano meglio con uno studio diacronico piuttosto
che sincronico. Lo stesso dicasi dei
brani rievocativi (citazioni e allusioni all’AT): essi richiedono uno
studio diacronico. Lo stesso dicasi degli Evangeli, dove l’autore scrive anni
dopo i fatti narrati: qui bisogna tornare indietro nel tempo, a quando i fatti
son accaduti. Martella parla anche d’uno «sviluppo terminologico», talché «il
linguaggio usato dai profeti più antichi influenzò quelli più recenti. Anzi, in
certi casi, le immagini dell’uno, divennero in seguito dei veri e propri termini
tecnici».[21]
A proposito della
complementarietà tra approccio diacronico e sincronico, l’esegeta cattolico
Giuseppe Barbaglio ha scritto: «Possiamo applicare il metodo diacronico e quello
sincronico a un unico testo. Per esempio ai capitoli 10 e 11 degli Atti. La
lettura diacronica illustra storicamente il problema dei pagani e dei giudei. La
lettura sincronica individua la struttura della entrata-uscita, cioè che la
chiesa deve uscire dal ghetto e aprirsi al mondo. Le due letture pervengono allo
stesso risultato. Naturalmente questa convergenza ci dà una garanzia in più che
la lettura è fatta bene. Il limite della lettura sincronica è che non si situa
il testo nella storia».[22]
Anche Giuseppe Segalla pare seguire una prospettiva complementarista nello
studio dei sinottici: «La critica redazionale usa un metodo
diacronico, l’analisi strutturale quello sincronico, l’analisi
socio-culturale quello funzionale. È dall’uso concertato e critico di
questi metodi, senza che l’uno escluda l’altro che si può arrivare a delle
conclusioni plausibili sul ruolo e la teologia degli evangelisti nella
composizione del loro vangelo».[23]
Personalmente studio la
Bibbia per libri dello stesso autore, studiandoli in modo consecutivo. Prima
faccio lo
studio panoramico del singolo libro, cercando di capire la dinamica del
libro, in base all’autore, ai destinatari, alla situazione d’entrambi, allo
scopo, al messaggio e al tema del libro. In questa sede mi ricostruisco il
linguaggio e la struttura del libro in base alle parole che più si ripetono e
che più sono connesse allo scopo del libro. Finito questo studio introduttivo al
libro nel suo insieme, passo a studiare i singoli brani della struttura,
precisando il senso delle parole in base al contesto immediato, in cui
compaiono, o in base al contesto di tutto il libro o d’altri scritti dello
stesso autore. Raramente m’allargo fino a includere uno studio più diacronico
delle singole parole, ma non per ragioni metodologiche, quanto per mancanza di
tempo. Quando però trovo il tempo di farlo, lo trovo interessante, arricchente e
talvolta risolutivo. Non vedo dunque perché dovrei trattare questo metodo in
modo dicotomico e non complementare a quello sincronico. Non solo questi metodi
non s’escludono, ma si possono completare, e comunque non sarà mai l’elevazione
aprioristica d’un metodo e l’abbassamento pregiudiziale d’un altro, che mi
priveranno della libertà di valutare e scegliere di volta in volta, il metodo
più appropriato al mio oggetto di studio.
Mi trovo dinanzi a un testo
letterario? Un testo poetico? Un testo con un alto grado di connotazione? Qui
non è solo la convenzione linguistica che conta, ma anche l’abilità creativa
dell’autore, che in modo originale, soggettivo e dinamico combina parole e
sfumature diverse. Qui l’analisi non può essere solo linguistica, ma anche
stilistica, non solo sincronica, ma anche diacronica, perché il linguaggio non è
solo denotativo, ma anche connotativo ed evocativo.
Mi trovo dinanzi a un testo
degli Evangeli? Esso è un resoconto attuale d’un fatto passato. Il fatto
riguarda un tempo, situazioni e protagonisti diversi dal tempo, situazioni e
protagonisti coinvolti dal resoconto. Da dove devo trarre la struttura, in cui
inserire l’arco semantico delle parole? Può l’analisi lessicale da sola
rispondere a questa domanda? Non si deve fare a monte una «critica
redazionale» che è diacronica?
Inoltre, l’elemento
arbitrario d’una lingua, scoperto da Saussure e rilanciato da Barr, ma in parte
mitigato dalla linguistica successiva, con la scoperta degli «universali
linguistici», non trascura anche l’elemento di continuità del linguaggio
biblico, dovuto alla tradizione orale, alla trasmissione orale e scritta,
all’insegnamento e alla ripetizione degli stessi concetti, che alla fine si
possono chiamare «tecnici»? Se l’elemento fondante della concettualità biblica è
la Parola eterna di Dio, attorno alla quale sono nate scuole e istituzioni come
la sinagoga con lo scopo dichiarato di tramandare e perpetuare questa Parola nel
tempo, quale può essere il grado d’arbitrarietà della lingua della Bibbia? Siamo
d’accordo che bisogna fare i conti col contesto in cui viene usata, perché è
soprattutto quello che ci deve indicare l’uso che se ne fa. Ma chi può escludere
che il retaggio teologico d’una parola «tecnica» non sia presupposto,
anche se non espressamente esplicitato nel testo? Lo può escludere a priori un
metodo che parte dal preconcetto che la lingua è arbitraria, cioè quello
sincronico, oppure lo deve escludere un metodo che tiene conto della
continuità e dell’alta tecnicità delle parole? Non è meglio verificare
questo fatto con tutti e due i metodi? E non è più giusto che l’esegeta, sia
libero d’usarli entrambi?
Limitare la libertà
dell’esegeta con camicie di forza metodologiche non significa anche, in qualche
modo
limitare la guida dello Spirito Santo che vuol illuminare l’esegeta? Su cosa
cade questa illuminazione? Sul metodo o sull’esegeta? Qualcuno direbbe sul
testo. Ma forse è più giusto dire sull’esegeta, e questo spiegherebbe perché Dio
ha preservato la sua chiesa nella verità anche prima dei moderni metodi di
studio della Bibbia.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Sincron_diacro_complement2_Ori.htm
08-06-2010; Aggiornamento: 29-06-2010 |