Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

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Uniti nella verità

 

NT: Testo biblico

 

 

 

 

Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LA PREGHIERA DEL SIGNORE 3

«VENGA IL TUO REGNO»

 

 di Argentino Quintavalle

 

Indice delle parti

1. «Padre nostro che sei nei cieli»

5. «Dacci oggi il nostro pane»

2. «Sia santificato il tuo nome»

6. «Rimetti a noi i debiti»

3. «Venga il tuo regno»

7. «Non ci esporre alla tentazione»

4. «Sia fatta la tua volontà»

 

 

 

Probabilmente nessun altro aspetto dell’insegnamento di Gesù è stato frainteso così tanto come quello del «regno dei cieli». Molti cristiani vedono erroneamente il regno soltanto in funzione escatologica, ma questa interpretazione è abbastanza lontana dal pensiero di Gesù, dato che il contesto della preghiera riguarda «l’oggi» e non il mondo futuro.

 

Definizione del regno

     Le parole di Gesù in «venga il tuo regno» esprimono un desiderio, la realizzazione di qualcosa. Comunque, quando ci occupiamo delle parole di Gesù bisogna sempre domandarsi, quale era il significato del detto in ebraico? In questo speciale caso, il significato ebraico delle parole di Gesù diventa cruciale.

     In ebraico, uno normalmente non parlerebbe riguardo la «venuta» di un regno (è un’espressione alquanto rara). Probabilmente si sarebbe utilizzato il verbo lehamlîk con il sostantivo malkût, (autorità regale, regno). Quest’ultima è la parola utilizzata per Salomone quando è stato fatto re sopra tutto Israele e questa parola è connessa all’idea del regno davidico perpetuo (1 Cr 28,4s). Come verbo significa in particolare «fare re qualcuno» o «stabilire un regno».

     La frase della preghiera del Signore può dunque essere ricostruita come lehamlîk malkûtekā, «possa tu continuare a stabilire la tua autorità regale…». È parallelo alla petizione che segue: «sia fatta la tua volontà». Gli elementi finali della frase successiva, «anche in terra come è fatta nel cielo», delineano l’ambito del governo di Dio: la sua autorità regale è illimitata. Dio stabilisce il suo regno in cielo e in terra. L’ebraico biblico sottolinea il tipo di azione e non il tempo dell’azione. Nell’ebraico moderno il fattore tempo è diventato più importante, ma l’enfasi di questa petizione non è temporale. L’enfasi è sulla forza dinamica dell’autorità regale e perpetua di Dio che fa realizzare la sua volontà in cielo e in terra.

 

Redenzione miracolosa

     Il concetto di Gesù del regno deve essere visto alla luce del suo intero messaggio. Gesù e i suoi discepoli hanno attribuito un significato specifico al termine «regno». Quando fu accusato di cacciare i demoni per mezzo della potenza di Beelzebub, per esempio, Gesù spiegò: «Ma se è per il dito di Dio che io caccio i demoni, è dunque pervenuto fino a voi il regno di Dio» (Lc 11,20). Come potrebbe, il regno, essere un evento futuro se Gesù ha parlato di esso come già arrivato?

     L’idioma «dito di Dio» è un’allusione alla redenzione d’Israele. Questa espressione è rara nelle Scritture, ricorre solo due volte nel V.T. Quando i maghi egiziani, che si sono confrontati con i potenti miracoli di Mosè, sono rimasti impotenti davanti a Faraone, essi hanno dichiarato: «Questo è il dito di Dio» (Es 8,19). Si può leggere anche in Es 31,18 che Dio ha dato a Mosè le due tavole della legge, le tavole di pietra, scritte col «dito di Dio». Utilizzando questa espressione in connessione con il «regno dei cieli» e con la cacciata dei demoni, Gesù ha collegato la miracolosa redenzione dall’Egitto con i suoi miracoli.

 

Il Signore regna

     La prima volta che il concetto di regno appare nelle Scritture è nel canto di vittoria innalzato dagli Israeliti dopo aver attraversato il mare e aver visto la sconfitta dell’esercito di Faraone. Essi hanno proclamato in trionfo, «L’Eterno regnerà per sempre, in perpetuo» (Es 15,18).

     La CEI traduce: «Il Signore regna in eterno e per sempre». I traduttori greci della Septuaginta si sono presi la cura di trasformare il verbo nel tempo presente, impiegando il participio presente greco basileuon (regnando). La traduzione riflette il significato che Dio sta ora regnando eternamente. Questo è anche il contesto del verso nel testo biblico. Il Signore ha stabilito il suo regno compiendo la redenzione del suo popolo. Es 15,18 è un riferimento all’autorità regale eterna di Dio, dimostrata nella liberazione miracolosa del suo popolo dai suoi nemici.

     Gesù ha visto la realizzazione del «regno di Dio» nel suo insegnamento e nelle sue opere miracolose. I discepoli lo hanno visto anche loro, e a essi fu detto di proclamare, mentre insegnavano e guarivano, che il regno era arrivato (Mt 10,7). La Riveduta traduce: «E andando, predicate e dite: “Il regno dei cieli è vicino”». Comunque, la parola greca per «è vicino», ēggiken, è nell’indicativo perfetto, che indica un’azione completata. Una traduzione migliore sarebbe: «Il regno dei cieli è qui».

 

Concetto ebraico di regno

     Come Gesù, anche i rabbini facevano di frequente riferimento al ««regno dei cieli»». La benedizione ebraica che compare abbastanza spesso nella letteratura rabbinica può aiutarci a capire ciò che Gesù intendeva quando parlava di regno. Nella sua confessione nel Giorno dell’Espiazione, il sommo sacerdote pronunciava il nome sacro di Dio. Quando lo faceva, il popolo si prostrava con la faccia a terra e gridava, «Sia benedetto il suo nome e il suo regno ora e per sempre» (Joma 6,2). Dio regna quando il suo popolo riconosce la sua autorità regale.

     Rabbi Joshua ben Korha ha insegnato che chiunque recita lo Shema ha accettato il «regno dei cieli» (Berachot 2,2). Con la recitazione dello Shema, una persona riconosce l’unico e vero Dio, e nell’opinione di ben Korha questo è il primo passo per l’accettazione dell’autorità di Dio ed entrare nel suo regno.

     La parola malkut (regno), è un sostantivo verbale che si basa sul verbo ebraico malak, (governo, regno). La parola ebraica per «re», melek, è derivata dalla stessa radice. Il termine «cieli» nell’espressione «regno dei cieli» si riferisce a Dio stesso ed è stato usato al posto della parola «Dio» a motivo della speciale santità riservata al suo nome. Questa sostituzione era già praticata quando fu scritto il libro di Daniele (Dn 4,26) ed era comune ai giorni di Gesù.

     Nella letteratura giudaica, il «regno dei cieli» è spesso in relazione con il ricevimento della Torah o con la redenzione d’Israele dall’Egitto. Ai piedi del monte Sinai, gli Israeliti hanno ricevuto il regno con gioia. Rabbi Jehudah haNasi ha detto: «Quando essi sono stati in piedi del monte Sinai per ricevere la Torah, hanno tutti deciso nei loro cuori di accettare il regno dei cieli con gioia» (Mechilta, Bahodesh 5; su Esodo 20,2). Dio dimostra di essere Re per i suoi atti potenti di redenzione e liberazione. Il suo popolo dimostra l’accettazione del suo governo con l’ubbidienza gioiosa alla Torah.

 

Realizzazione del regno

     La chiamata e sfida di Gesù al pentimento era un aspetto essenziale della sua proclamazione del regno. Ma il suo potente ministero d’opere miracolose e il suo insegnamento accattivante era la realizzazione del regno.

     Naturalmente, il regno deve anch’essere collegato con le attività dei discepoli di Gesù. Tutti i suoi discepoli erano membri attivi del «regno di Dio». Questo è il significato delle parole di Gesù in Mt 5,3, «Beati i poveri in ispirito, perché di loro è il regno dei cieli».

     «Poveri in ispirito» si riferisce ai seguaci di Gesù. La frase «…perché di loro è il regno dei cieli» è una traduzione povera, perché implica la proprietà. Come può uno possedere il regno? È impossibile. Le parole greche autōn estin dovrebbero essere capite nel senso che il «regno dei cieli è composto di gente simile a questa», e non «è di loro».

     Il verso sarebbe meglio tradotto: «Beati sono i poveri in ispirito, perché essi fanno parte del regno dei cieli». Essi sono cittadini del regno. Essi hanno accettato il governo del Re. I «poveri in ispirito» sono i discepoli di Gesù che hanno accettato l’autorità di Dio nelle loro vite.

     È ovvio comunque che rimane anche una aspettazione escatologica del regno.

 

Sull’espressione «regno dei cieli» e sul concetto «regno» cfr. in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Cielo e Dio», pp. 109-112; «Jahwè è re», pp. 203s; «Jahwè: azione verso i re delle nazioni», pp. 207ss; «Jahwè: azione verso i re d’Israele e di Giuda», pp. 204-207; «Jahwè: regno universale», pp. 209s; «Re (ambito ministeriale)», pp. 292s; «Regno escatologico», pp. 298s. 

   Sul «Padre nostro» vedi le domande di controllo in Nicola Martella, Matteo, l’evangelista dei giudei (Punto°A°Croce, Roma 1999), pp. 17s. Vedi qui nel Dizionarietto finale i termini: 1) «Regno [dei cieli]», p. 100; 2) «Regno [violenza al]», p. 100. /span>

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Padre_nostro3_UnV.htm

04-02-2007; Aggiornamento: 26-05-2010

 

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