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LEGARE E SCIOGLIERE

 

 di Argentino Quintavalle – Nicola Martella

 

«E io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19).

 

1. La tesi {Argentino Quintavalle}

2. Alcune osservazioni {Nicola Martella}

 

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Argentino Quintavalle formula qui di seguito una tesi interessante e cerca di dimostrarla. A essa risponde Nicola Martella con osservazioni e obiezioni, quindi con un’antitesi. Sia il lettore stesso ad approfondire ulteriormente le questioni e a trarre le sue eventuali conclusioni.

 

 

1. La tesi {Argentino Quintavalle}

 

Atti 15 è un esempio classico di come i conduttori del nuovo movimento cristiano hanno esercitato la loro autorità per legare e sciogliere.

     Le parole ebraiche per «legare» e «sciogliere», ’āsar e hittîr, ricorrono entrambe con più d’un significato nel Vecchio Testamento. La «legatura» può significare «legare» nel senso di «catturare» (Gd 15,12; 16,11); «imprigionare» (2 Re 17,4); «legare» nel senso di «attaccare» un carro (Gn 46,29); e «impastoiare» (Gn 49,11); mentre hittîr può essere l’esatto opposto di ’āsar in ognuno di questi significati.

     Ai tempi di Gesù, ’āsar aveva acquistato l’ulteriore significato di «proibire», e il suo opposto hittîr aveva acquistato il significato di «permettere». Questi sono i significati che molto spesso si trovano nella letteratura rabbinica.

     I rabbini erano costantemente chiamati dalla loro comunità a interpretare i comandamenti della Scrittura. La Bibbia impedisce di lavorare il sabato, per esempio, ma non definisce quello che costituisce opera lavorativa. Di conseguenza, i maestri erano chiamati a decidere quali attività erano permesse fare di sabato. Essi hanno «legato» o proibito, certe attività, e «sciolto» o permesso, altre.

     La Mishna contiene molte decisioni rabbiniche di quello che è «sciolto» e di quello che è «legato», come per esempio le seguenti: «Durante la guerra di Vespasiano, essi [i rabbini] hanno legato le ghirlande degli sposi e (il suono del) le campane (ai matrimoni). Durante la guerra di Quieto, essi hanno legato le ghirlande delle spose e l’insegnamento del greco. Durante la rivolta di Bar-Kochba essi hanno legato l’entrata della sposa in un villaggio su una cavalcatura (Mishnah Sotah 9,14).

     Se una persona ha fatto un voto d’astenersi dal latte, egli è sciolto dal mangiare il siero del latte. Rabbi Yose lo ha legato.... Se una persona ha fatto un voto d’astenersi dalla carne, egli è sciolto dal mangiare il brodo (cioè, l’acqua in cui la carne è stata cotta).... Rabbi Yehudah lo ha legato.... Se una persona ha fatto un voto d’astenersi dal vino, egli è sciolto dal mangiare un piatto cucinato con il vino (Mishnah Nedarim 6,5-7).

     Se una persona ha venduto dei prodotti in Siria e ha detto: «Questi vengono dalla Terra d’Israele», la decima deve essere pagata lo stesso. Se egli ha detto: «La decima è stata data», egli deve essere creduto, poiché è la bocca che lega ed è la bocca che scioglie (Demai 6,11)».

     Le parole nel testo greco di Mt 16,19 che sono tradotte con «legato» e «sciolto» sono forme dei verbi deîn e lyein. Nella Septuaginta deîn è l’usuale traduzione greca dell’’āsar ebraico, mentre lyein è la traduzione di hittîr. Nel greco koiné, la gamma di significati di deîn è simile a quella del precedente significato biblico di ’āsar (legare, imprigionare, impastoiare), e lyein a quello di hittîr (sciogliere, liberare da una prigione, slegare). Sembra proprio che nessuno di questi significati sia adatto al contesto delle parole di Gesù a Pietro.

     Gli Evangeli di Matteo, Marco e Luca discendono probabilmente da un testo ebraico o almeno da un racconto orale ebraico. In tal caso, sono stati utilizzati i verbi greci deîn e lyein per tradurre letteralmente ’āsar e hittîr, piuttosto che rendere in una traduzione libera i significati acquisiti più di recente da quelle parole ebraiche. Questo spiegherebbe la maniera strana in cui deîn e lyein sono utilizzati in questo contesto. La scelta delle parole greche concorda con la pratica abituale d’utilizzare degli equivalenti che erano stati fissati da generazioni di predecessori, invece d’utilizzare equivalenti dinamici. In altre parole, si è tradotto ’āsar e hittîr con i loro equivalenti greci usati nella Septuaginta, anche se in questo passo ’āsar e hittîr hanno il loro nuovo significato post-biblico di proibire e permettere.

 

Il movimento di Gesù

     Gesù ha predicato il «regno dei Cieli» e ha dato vita a un movimento che ben presto sarebbe stato chiamato «chiesa». Era un nuovo fenomeno nella storia giudaica. Ben presto si sarebbero presentate delle situazioni che nessuno dei membri di questo movimento aveva mai affrontato e sulle quali la Bibbia non dava alcuna specifica istruzione. Gesù, il loro maestro, se ne sarebbe andato e non avrebbe più preso in prima persona le decisioni, per dire cioè quello che era permesso e quello che era proibito. Altri avrebbero dovuto prendere le decisioni al posto di Gesù.

     A Pietro sono state date «le chiavi del regno dei cieli». Le chiavi simboleggiano l’autorità come indica Isaia: «In quel giorno avverrà che chiamerò il mio servo Eliakim… rimetterò la tua autorità nelle sue mani… Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide; così egli aprirà e nessuno potrà chiudere, chiuderà e nessuno potrà aprire» (Is 22,20-23). In maniera simile, Gesù ha autorizzato Pietro a trovare le soluzioni scritturali per i problemi che la Chiesa iniziale avrebbe incontrato dopo la sua morte. Pietro non doveva essere irresoluto, poiché Gesù gli aveva dato l’autorità di prendere delle decisioni vincolanti per il resto della comunità e aveva promesso che il «cielo» avrebbe confermato le sue decisioni: «Tutto ciò che avrai “legato” sulla terra, sarà “legato” nei “cieli”» (le decisioni prese avrebbero avuto autorità in cielo, in altre parole, sarebbero state approvate da Dio, poiché la parola «cieli» era un comune eufemismo per Dio).

 

Esempio classico

     I conduttori del nuovo movimento cristiano, come altri rabbini dei loro tempi, sono stati chiamati dalla loro comunità a interpretare le Scritture, decidere nelle dispute e trovare risposte in tempo di crisi. Essi, a volte, sono stati costretti a occuparsi di problemi relativamente secondari, come le lamentele dei Giudei ellenisti che ritenevano che le loro vedove venivano trascurate nel servizio d’assistenza quotidiana (Atti 6,1-6). Altre volte, invece, hanno dovuto decidere in dispute di natura teologica più grave.

     Atti 15 descrive una controversia riguardante il fatto se i Gentili dovevano essere ammessi nel nuovo movimento cristiano senza essere prima circoncisi e obbligati a osservare la Torà di Mosè. La decisione raggiunta è un classico esempio di come i conduttori della nuova comunità hanno esercitato la loro autorità di «legare» e «sciogliere».

     Gli apostoli e gli anziani si sono riuniti a Gerusalemme e dopo molta discussione, Pietro ha decretato che il giogo dei comandamenti era troppo pesante per i Gentili (At 15,10), e che essi dovevano essere «sciolti» dall’obbligo d’osservare la Torà di Mosè. Giacomo, il fratello di Gesù, era d’accordo, ma egli ha sia «sciolto» che «legato». Egli ha decretato che fosse necessario per i Gentili, che entravano a far parte del movimento messianico di Gesù, di prendere le distanze dall’idolatria, dall’immoralità sessuale, dalle cose soffocate e dal sangue (At 15,20), che agli occhi dei Giudei erano dei divieti biblici universali, l’osservanza minima della Torà richiesta ai Gentili.

 

 

2. Alcune osservazioni {Nicola Martella}

 

È chiaro che l’articolo contiene molti aspetti condivisibili. Mi limito a evidenziare solo alcuni aspetti controversi. Di per sé bisognerebbe rimandare, per certi aspetti, alla trattazione di Alfredo Terino «Il potere delle chiavi». Nel mio libro «Entrare nella breccia» tratto specialmente gli aspetti pastorali; rimando in esso particolarmente all’articolo «Le fasi dell’azione», pp. 237-254; nel dizionarietto si vedano anche i seguenti lemmi «Laccio del diavolo», pp. 391s; «Legato dal diavolo», p. 392.

     ■ L’ebraico ha molti termini per designare sciogliere (natar hif., pātach qal e hif.) e legare (’āsar, chābaš, `āqad, qāšar).

     ■ Nel NT è chiaro che i termini ’āsar «legare» e hittîr «sciogliere» non esistono, ma rispettivamente i termini deîn e lyein. Ho tradotto e discusso i brani di 2 Tm 2,9; Rm 7,2; 1 Cor 7,39 nel tema di discussione «Divorzio 1: Atto estremo per uscire da un labirinto?».

     ■ Il verbo «permettere» ricorre 17 volte del NT e riproduce il verbo greco epitrépein —Mt 8,21 (Lc 9,59.61); Mt 19,8 (Mc 10,4); Mc 5,13 (Lc 8,32); Gv 19,38; At 21,39s; 26,1; 27,3; 28,16; 1 Cor 14,34; 16,7; 1 Tm 2,12; Eb 6,3 — mai lyein. I verbi «sciogliere» e «concedere» in Mt 18,18s sono diversi; così pure in 1 Cor 7 (v. 6 concessione; v. 27 sciolto). Il verbo «proibire» non ricorre mai nel NT. Alla base del verbo «negare (qualcosa a qualcuno)» non vi è mai deîn «legare». In Mt 16,19s i verbi legare e vietare sono differenti; così pure in At 24,23,27 (non vietando; lasciò legato). Quindi l’asserzione che deîn «legare» e lyein «sciogliere» (o i loro corrispettivi ebraici ’āsar e hittîr) significassero al tempo di Gesù «proibire» e «permettere» non può essere confermato. Perciò, ciò che i rabbini hanno fatto nei secoli post-apostolici (medioevali) non è coercitivo per il tempo di Gesù e degli apostoli.

     ■ È verosimile che durante il Medioevo, quando fu scritta la Mishna, sia entrato nell’uso «sciogliere» e «legare» col significato di «permettere» e «proibire». Ma come detto, ciò non ricorre nel NT e non è vincolante perciò per la sua interpretazione.

     ■ Argentino parla della corrispondenza terminologica fra i termini ebraici (’āsar, hittîr) e quelli greci (deîn, lyein). Abbiamo visto sopra che i termini ebraici sono diversi per «sciogliere» e «legare». A ciò si aggiunga che egli non ha portato neppure un solo esempio in cui i termini dell’AT significhino effettivamente «proibire» e «permettere».

     ■ Sorvolo sul famoso presunto sottotesto ebraico alla base di quello greco, avendo dibattuto a sufficienza tale aspetto per me poco convincente. Non avendo egli mostrato nessun caso nell’AT in cui i verbi ebraici ’āsar e hittîr e i loro corrispondenti nella Settanta deîn e lyein significhino veramente «proibire» e «permettere», la sua argomentazione è, fino a questo punto, incongruente e dubbia. L’eventuale uso post-biblico (medioevale) di tali verbi ebraici, non è una prova sufficiente.

     ■ Sull’interpretazione di Mt 16,19 (non dimenticando Mt 18,18 per tutti i discepoli!) rimando all’articolo di Terino. Alcuni traducono «è stato sciolto / legato nei cieli», intendendo che Pietro e gli apostoli potevano solo sciogliere e legare ciò che era stato già deciso da Dio. Nei testi del NT prendiamo atto che non fu Pietro a decidere alcunché ma gli apostoli (At 6,2.6) e la chiesa (v. 5), ossia «gli apostoli e gli anziani» (At 15,6.22s) e la chiesa (vv. 22.25.28).

     ■ Pur condividendo quanto Argentino afferma per Atti 6 e 15, devo fargli notare che «legare» e «sciogliere» non ricorrono in tali brani. Il mio timore è che in questo modo si rischia di aprire le porte all’arbitrio, poiché ognuno si sentirà autorizzato di proiettare nei testi verbi o concetti a lui cari.

 

Concludendo, ritengo quindi che bisogna ragionare sempre su dati concreti e oggettivi, partendo da un’esegesi chiara, rigorosa e contestuale. Può essere un chiaro caso di falso sillogismo, quando per il NT si assume come «norma», «normale» e «normativo» ciò che hanno pensato, scritto e decretato i rabbini medioevali. Una tale chiave di lettura farebbe sviluppare verso i testi biblici un pre-giudizio programmatico, che vizia fin dall'inizio l'approccio alle Scritture e fa perciò rischiare di falsare l’esegesi del testo biblico. Se così fosse, le conseguenze di tale paradigma sono immaginabili sia per l’esegesi biblica, sia per le sue implicazioni derivanti. Lo stesso dicasi di chi pretende di fare, ad esempio, una lettura platonica, gnostica, cabalistica, esoterica, ufologica, marxista, eccetera delle sacre Scritture.

   Con tutto il rispetto per il giudaismo come cultura e religione, si tenga presente che nel NT i più grandi pericoli per la «sana dottrina» erano visti provenienti, oltre che dalla filosofia greca, specialmente proprio dal fronte giudaico: sia dal giudaismo religioso (Tt 1,9ss; At 13,50; 18,6), sia da quello imbevuto di gnosticismo speculativo (Tt 1,14; 1 Tm 1,3s; 4,6ss), sia da quello permeato dall'esoterismo (Ap 2,9.24; 3,9). Come si può pretendere di innalzare i rabbini medioevali ad autorità incontrovertibili per interpretare il NT mediante il Talmud o la Mishna, visto che proprio questi ultimi contengono numerose asserzioni contro Gesù di Nazareth, contro l'Evangelo, contro i cristiani e contro il NT? Facendo un parallelo, sebbene ineguale, sarebbe come pretendere di analizzare la Bibbia con gli scritti degli agnostici, che pretendono di dimostrare con Bibbia alla mano che Dio non esiste. Allo stesso modo, si pretende di assurgere ad autorità gli scritti di quei rabbini che hanno affermato che Gesù di Nazaret era solo un impostore! Laddove ci sono paralleli culturali, letterari e religiosi fra il NT e gli scritti giudaici del Medioevo, bisogna essere sobri e corretti, poiché centinaia di anni di sviluppi storici, culturali e linguistici non si possono semplicemente cancellare. Si deve certamente rispettare il giudaismo come fenomeno culturale e religioso, ma assumerlo ogni volta a incontrovertibile autorità per interpretare il NT mi pare troppo.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Legare_sciogliere_EnB.htm

10-10-2007; Aggiornamento: 30-06-2010

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