Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Escatologia 1

 

Interpretazione biblica

 

 

 

 

Questa opera contiene senz’altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:
■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?
■ I morti nell’aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?
■ I bimbi morti dove vanno?
■ Se nessuno sa il giorno e l’ora dell’avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?
■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?
■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?
■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?
■ Quando risusciteranno i credenti dell’AT?
■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?
■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?
■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?
■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?
■ I morti si riconoscono nell’aldilà?
■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?
■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?
■ Eccetera...

 

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Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’ESEGESI DI GESÙ

 

 di Argentino Quintavalle

 

Se non si prende in considerazione l’antica esegesi giudaica, si può facilmente perdere il significato pieno delle parole di Gesù, «spelonca di ladroni». Gesù s’indirizzava soltanto ai venditori, o mirava a qualcosa di più grande?

 

Un passaggio affascinante per avere una visione di come Gesù trattava i testi biblici per comunicare in maniera efficace con le persone del suo tempo, è quello della Purificazione del Tempio. L’episodio è registrato in tutti e quattro gli Evangeli (Mt 21,12s; Mc 11,15-18; Lc 19,,45s; Gv 2,13-17). Quello di Luca è il più conciso. La sua descrizione è caratteristica della prosa ebraica: molto succinta.

 

Citazione da Isaia

     Avvicinandosi al cortile esterno del tempio, Gesù si è voltato verso i venditori per sgridarli (probabilmente dietro la parola greca ekballein «cacciare fuori, espellere» c’è l’ebraico lehoṣî «far uscire, portare fuori»). I venditori stavano facendo dei grossi affari con le folle di pellegrini che erano venute a Gerusalemme per la Pasqua. Gesù stava parlando a gente che conosceva a memoria molti brani del testo sacro. Inoltre, alcuni erano particolarmente familiari, come del resto lui stesso, con le Scritture. Quindi, ci si dovrebbe aspettare un certo grado di sofisticazione nella maniera di parlare di Gesù.

     Citando una frase da un meraviglioso passaggio d’Isaia, Gesù ha comunicato con forza quello che il tempio avrebbe dovuto idealmente essere. Il passaggio legge: «I figli degli stranieri che si sono uniti all’Eterno per servirlo, per amare il nome dell’Eterno e per essere suoi servi, tutti quelli che osservano il sabato senza profanarlo e s’attengono fermamente al mio patto, li condurrò sul mio monte santo e li riempirò di gioia nella mia casa d’orazione; i loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa sarà chiamata una casa d’orazione per tutti i popoli» (Is 56,6s).

     Quando Gesù disse tre parole, bêtî bêt tepillāh «la mia casa è una casa di preghiera», citando Is 56,7, molti di quelli che lo ascoltavano, in particolare scribi e sacerdoti, sono andati con la mente al contesto originario d’Isaia. La gente è stata ricordata in maniera pungente del nobile scopo che Dio aveva destinato al suo tempio.

 

Citazione da Geremia

     Subito dopo aver citato Isaia, Gesù disse: «Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladroni»! La frase «spelonca di ladroni», me’ārat pāriṣîm, viene da Gr 7,11 (nella Riveduta Gr 7,10), dove il profeta chiede: «Questo tempio… è forse divenuto ai vostri occhi un covo di ladroni?». Gesù ha cambiato la domanda retorica di Geremia in un’accusa diretta. Il tempio, che era stato ideato per essere un luogo dove tutti potevano rendere il culto, era degenerato in un luogo d’affari e speculazioni. Il messaggio è evidente. Ma era questo tutto ciò che Gesù diceva? S’indirizzava soltanto ai venditori e a nessun’altra parte colpevole?

     Leggendo il contesto più ampio di Gr 7,11 incontriamo quanto segue: «Così dice l’Eterno degli eserciti, il Dio d’Israele: “Emendate le vostre vie e le vostre opere e io vi farò abitare in questo luogo… Così voi rubate, uccidete, commettete adulteri, giurate il falso, bruciate incenso a Baal e andate dietro ad altri dèi che prima non conoscevate, e poi venite a presentarvi davanti a me in questo tempio su cui è invocato il mio nome e dite: Siamo salvi! per poi compiere tutte queste abominazioni. Questo tempio su cui è invocato il mio nome è forse divenuto ai vostri occhi un covo di ladroni? Ecco, io ho visto questo”, dice l’Eterno… Ma andate ora al mio luogo che era a Šiloh, dove avevo inizialmente posto il mio nome e vedete che cosa ne ho fatto a motivo della malvagità del mio popolo Israele… io farò con questo tempio su cui è invocato il mio nome e in cui riponete la vostra fiducia, con questo luogo che ho dato a voi e ai vostri padri, come ho fatto a Šiloh» (Gr 7,3.9-12.14).

     La frase «covo di ladroni» avrebbe scosso le menti degli scribi e dei sacerdoti e fatti andare al contesto della profezia di Geremia. Infatti, essi erano sorpresi. Con le due parole me’ārat pāriṣîm «covo di ladroni» Gesù non solo si è indirizzato a coloro che commerciavano, il cui interesse era unicamente il profitto, ma egli ha censurato anche l’aristocrazia religiosa degli scribi e dei sacerdoti. Essi erano la radice del problema. I venditori erano solo i sintomi del male. Con la profezia di Geremia che contiene due versi dove è citato Šiloh, Gesù ha dato a intendere che il tempio di Gerusalemme sarebbe stato distrutto come lo era stato Šiloh.

     A Šiloh, i due figli d’Eli, Hofni e Finehas, hanno abusato dei loro privilegi sacerdotali. La collera di Dio si è accesa contro i sacerdoti della casa d’Eli, con il risultato che Eli e i suoi figli sono morti nel giorno che Israele è stato sconfitto dai Filistei a Afek (1 Sm 4). Inoltre, le registrazioni bibliche indicano che i Filistei hanno continuato la loro campagna militare fino a Šiloh (cfr. Gr 26,9; Sal 78,60). Dunque, un’allusione alla distruzione del tempio è ravvisabile dietro le due parole me’ārat pāriṣîm «covo di ladroni», che Gesù disse in quel giorno fatale. Così, più di qualunque altro evento registrato negli Evangeli sinottici, questo fatto avvenuto appena fuori il cortile del tempio, ha contribuito alla morte di Gesù a Gerusalemme. Le autorità del tempio non hanno potuto sopportare d’essere denunciati pubblicamente da un maestro Galileo che si comportava come un profeta. I loro mezzi di sostentamento e la loro potenza derivano dal tempio ed erano pronti a cospirare contro chiunque proclamasse la sua rovina. Sono stati loro infatti a convincere i Romani a uccidere Gesù (Lc 24,20).

 

Il collegamento

     Di tutti i versi che Gesù avrebbe potuto scegliere, perché ha affiancato Is 56,7 con Gr 7,11? Altri passaggi parlano riguardo alla gloria del tempio o di come il popolo l’aveva profanato. Tali espressioni non mancano sulla bocca dei profeti. La chiave per capire è probabilmente l’espressione bêtî «la mia casa». I maestri giudei ai tempi di Gesù erano propensi ad affiancare passi che avevano in comune una parola o una frase. Per esempio, in Lc 10,27 un dottore della legge ha combinato insieme Dt 6,5 con Lv 19,18. Entrambi questi versi contengono la frase we’āhab «e amerai». Il fatto che questa parola ricorre in entrambi i versi, benché non sia l’unica ragione, certamente ha aiutato il dottore della legge a fonderli insieme per rispondere alla domanda di Gesù: «Che cosa sta scritto nella Torah?».

     Lo stesso fenomeno si verifica in Lc 19,46 con l’espressione «la mia casa» (bêtî). Questa espressione si trova in Is 56,7. Ma ricorre in Gr 7,11? Il testo ebraico Masoretico legge, «questa casa» habajit hazzeh; tuttavia la Septuaginta, l’antica traduzione greca della Bibbia ebraica, ha qui «la mia casa» (ho oikòs mou = bêtî). Questo viene riportato in nota anche dalla Stuttgartensia. Ciò suggerisce che Gesù intendeva Gr 7,11 secondo la tradizione preservata nella Septuaginta — l’espressione in comune «la mia casa» poteva essere stata una ragione perché Gesù combinasse i due versi.

 

Conclusione

     Questo articolo presenta due modi d’interpretazione scritturale che Gesù impiegava quando insegnava. A Gesù piaceva accennare a un brano della Scrittura prendendo un vocabolo da esso. Facendo questo, egli era in grado di far capire con forza l’intero contesto del verso solo con una o due parole (cfr. Lc 11,20 con Es 8,19: utilizzando l’espressione il «dito di Dio», Gesù ha intelligentemente raggiunto quelli che lo opponevano. I maghi pagani alla corte di Faraone hanno riconosciuto la potenza di Dio, ma gli avversari di Gesù no). Dire «spelonca di ladroni» equivaleva a dire che il tempio sarebbe stato giudicato come il luogo santo di Šiloh. Questo metodo d’insegnamento presuppone un alto livello d’istruzione scritturale tra gli ascoltatori.

     Una seconda tecnica che Gesù ha impiegato per dar forza a un verso delle Scritture è stata quella della condivisione della stessa parola o frase. Questo dava un nuovo significato a entrambi i versi, dato che ognuno veniva nuovamente capito alla luce dell’altro. In Lc 19,46 la parola in comune ha dato coesione a un contrasto stridente: «La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto un covo di ladroni»!

     Vivendo quasi venti secoli dopo Gesù, i cristiani del moderno occidente possono facilmente perdere le sottigliezze del suo insegnamento. Ci sono separazioni culturali, religiose e temporali tra il mondo d’oggi e quello di Gesù. Tuttavia, con un ritorno al linguaggio biblico e allo studio della letteratura e cultura giudaica, queste separazioni possono essere colmate, e la freschezza, il genio, e, a volte, l’impatto di molte parole di Gesù possono essere recuperati.

 

*°*°*°*°*°

 

Nota: Dove stavano i venditori?

     Quasi tutti i commentari del Nuovo Testamento identificano il cortile esterno del tempio, a volte chiamato Cortile dei Gentili, come il luogo dove stavano i «venditori del Tempio». Sembra strano, però, che a quei commerci fosse permesso stare in quel posto, anzi, era impensabile che una qualsiasi attività commerciale potesse avere luogo nei cortili del tempio, tra cui il Cortile dei Gentili. Non era permesso salire sul monte del tempio neanche con una borsa (Mishnah, Berachot 9,5). I posti più probabili per i «venditori» erano il Portico Reale o i negozi nelle vicinanze della scala meridionale.

     Ci si sarebbe aspettato che chi s’avvicinava al tempio per adorare, passasse prima dai venditori, quindi procedeva verso le mikvaot pubbliche per le abluzioni rituali, saliva l’imponente scala meridionale, entrava nella Porta Huldah (cfr. Mishnah, Middot 1,3) e saliva per una rampa sotterranea da cui usciva nel Cortile dei Gentili. Dei negozi formati da volte sono stati trovati negli scavi archeologici nella parte meridionale del muro, sia nell’angolo occidentale che in quell’orientale. La scala meridionale saliva da questo passaggio pedonale di fronte alla Porta Huldah. I venditori citati in Lc 19,45 potevano svolgere i loro affari nei negozi incorporati nelle volte adiacenti alla scala (The New Enciclopedia and Archaeological Excavation in the Holy Land, 2, pp. 739s).

     Due altri posti entro il recinto del tempio dove si svolgevano degli affari commerciali erano le stanze del Portico Reale e i negozi intorno alla base dell’Arco di Robinson (The Ophel Archaeological Garden, pp. 13s).

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Gesu_esegesi_Esc.htm

05-04-2007; Aggiornamento: 24-04-2007

 

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