Oggigiorno fra quelli che vogliono essere
discepoli di Gesù Cristo, ce ne sono molti «all’acqua di rose», discepoli senza
pretese e senza obblighi particolari verso il loro maestro. Essere discepoli
sembra essere più un’adesione mentale che una pratica concreta di vita dietro al
proprio Signore e Salvatore. Per questo essi sono spesso discepoli che al loro
cammino non lasciano tracce delle loro orme né che spandono il «buon odore di
Cristo» (2 Cor 2,15), ossia il «profumo della sua conoscenza» (v.
14). Che cosa rivendicava invece il Signor Gesù dai suoi seguaci? Che cosa
rispose a coloro che volevano essere «discepoli da tempo libero»?
L’autore affronta queste questioni, riportando alle rivendicazioni
primigenie di Gesù di Nazareth. {Nicola Martella} |
La chiamata a essere discepolo d’un maestro, ai tempi di Gesù, significava
spesso lasciare famigliari e amici e percorrere il paese in condizioni
austere. Voleva anche dire impegno totale. Un futuro discepolo doveva prima
di tutto essere sicuro quali fossero le sue priorità.
Consideriamo le parole dell’uomo che disse a Gesù:
«Signore, io ti seguirò, ma permettimi prima di congedarmi da quelli di
casa mia» (Lc 9,61). La risposta di Gesù mostrava che solo quelli che
erano preparati ad affidarsi completamente a lui sarebbero stati i
benvenuti: «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro,
è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,62).
Questo è sottolineato nella risposta di Gesù a un
altro uomo che si è offerto di seguirlo, ma solo dopo aver «seppellito il
padre»: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti», gli rispose
Gesù (Lc 9,60; Mt 8,22).
Le risposte di Gesù erano dirette a persone
invitate a lasciare la loro casa per servire in una sorta d’apprendistato a
tempo pieno con lui. Questa forma di discepolato era una caratteristica
dell’antica società ebraica e Gesù non era l’unico maestro dei suoi tempi.
Sacrificio
Per l’uomo ricco citato in Lc 18, la chiamata a
seguire Gesù significava rinunciare a tutta la sua ricchezza. Il prezzo era
troppo alto per lui e non divenne un discepolo di Gesù. Pietro, con
l’occasione, ha ricordato a Gesù che lui e gli altri avevano accettato la
sua chiamata: «Noi abbiamo lasciato ogni cosa e t’abbiamo seguito». «Amen!», disse Gesù con altre parole, «Sì, voi
avete fatto ciò che è lodevole». Gesù ha continuato dicendo che chi avesse
fatto il sacrificio d’impegnarsi totalmente per la causa del regno di Dio,
avrebbe ricevuto qualcosa dal valore molto più grande di quella a cui aveva
rinunciato, e la vita eterna nel mondo a venire (Lc 18,28-30).
Impegno
Gesù non voleva che i suoi eventuali discepoli
andassero incontro a false aspettative e ha spesso sottolineato la necessità
di calcolare bene il costo prima di prendere un impegno con lui: «Chi di
voi infatti, volendo edificare una torre, non si siede prima a calcolarne il
costo, per vedere se ha abbastanza per portarla a termine?... Così dunque,
ognuno di voi che non rinunzia a tutto ciò che ha, non può essere mio
discepolo» (Lc 14,28.33).
Gesù era molto chiaro riguardo al grado d’impegno
richiesto al suo discepolo: «Se uno viene a me e non odia suo padre e sua
madre, moglie e figli, fratelli e sorelle e perfino la propria vita, non può
essere mio discepolo. E chiunque non porta la sua croce e mi segue, non può
essere mio discepolo» (Lc 14,26s).
In questo contesto la parola «odio» non ha il
significato che normalmente ha in italiano, ma è utilizzato in senso
ebraico. In ebraico «odio» può anche voler dire «amare di meno» o «mettere
al secondo posto». Ad esempio, Gn 29,31 dichiara che Lea era «odiata» (vedi
Riveduta), ma il contesto indica non che Lea era odiata, ma che era amata
meno dell’altra moglie di Giacobbe, Rachele. Notiamo che nel verso
precedente viene detto specificatamente che Giacobbe ha amato Rachele più di
Lea.
In Dt 21,15 troviamo un secondo esempio di questo
significato particolare della parola «odio»: «Se un uomo ha due mogli,
l’una amata e l’altra odiata…». Anche qui, il contesto mostra che la
moglie «odiata» è seconda nell’affetto e non realmente odiata nel nostro
senso della parola. Così è nella dichiarazione di Gesù, egli diceva che
chiunque non l’avesse amato più della propria famiglia o anche più della
propria vita, non poteva essere suo discepolo.
Gesù ha anche fatto riferimento al tipo di vita
rigoroso che lui conduceva quando ha detto: «Le volpi hanno delle tane e
gli uccelli del cielo dei nidi; ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il
capo» (Lc 9,58). Il peso che i discepoli di Gesù dovevano portare era
pesante, ma era più o meno simile a quello di tanti altri maestri, e non
veniva considerato una cosa estrema dalla società ebraica di quei tempi. Era
molto più rigoroso lo stile di vita che facevano gli Esseni.
Un’altra privazione che un discepolo poteva
affrontare era l’allontanamento dalla propria moglie. I discepoli stavano
generalmente da soli, ma siccome il matrimonio avveniva in età abbastanza
giovanile (a partire da diciotto anni secondo la Mišnah) molti discepoli
avevano moglie e figli. Ad esempio, la suocera d’uno dei discepoli di Gesù è
menzionata in Lc 4,38. Se sposato, un uomo doveva avere necessariamente
l’autorizzazione di sua moglie per lasciare la casa per più di trenta giorni
per poter studiare con un maestro (Mišnah, Ketubot 5,6).
Come un padre
Malgrado le privazioni, c’era molta gioia nel
seguire e imparare da un grande maestro e far parte dei suoi discepoli. Un
rapporto speciale si sviluppava tra maestro e discepolo, nel quale il
maestro diventava come un padre. Infatti egli era più che un padre e doveva
essere onorato più che il proprio padre. Se sembra sconvolgente che si potesse onorare il
proprio insegnante più del proprio padre, è solo perché non si riesce a
comprendere il grande amore e il rispetto che i discepoli, e la comunità in
generale, avevano per i loro maestri.
Allo stesso modo, può sembrare crudele che Gesù non
permettesse a un eventuale discepolo di dire addio alla sua famiglia prima
di seguirlo. Tuttavia, sarebbe stato abbastanza ragionevole e normale per i
contemporanei di Gesù. Sarebbe stato perfettamente chiaro per loro quello
che Gesù voleva dire quando disse, «Se uno viene a me e non odia suo
padre e sua madre, moglie e figli, fratelli e sorelle e perfino la propria
vita, non può essere mio discepolo».
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Discepolato_qualita_R56.htm
13-01-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |