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1.
Gli amuleti di Ketef Hinnom |
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5.
La stele di basalto di Dan |
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2.
Il papiro di John Rylands |
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6.
L’epopea di Gilgamesh |
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3.
I rotoli del mar Morto |
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7.
La piscina di Gabaon |
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4.
Il dipinto di Beni Hasan |
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8.
Il sigillo di Baruk |
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È difficile ridurre diverse centinaia di scoperte archeologiche significative a
un semplice elenco delle 15 più importanti. Le seguenti saranno qui elencate
sulla base di come ciascuna ha influenzato l’interpretazione delle Scritture.
Elencherò le seguenti scoperte in ordine di significatività, aggiungendo giusto
qualche commento per spiegarne l’importanza.
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1.
GLI AMULETI DI KETEF HINNOM:
L’onore del primo posto senza dubbio appartiene al testo dell’Antico Testamento
e a quello del Nuovo Testamento più antichi, noti fino a questo momento.
L’antichità del testo dell’Antico Testamento è attestata dai due amuleti
scoperti al di sotto di una scarpata rocciosa, sulla quale si trova la chiesa di
S. Andrea della Scozia, sull’altro lato della valle di Hinnom rispetto alle mura
occidentali della città antica di Gerusalemme. Sono conosciuti come gli
amuleti
di
Ketef
Hinnom, scoperti nel 1979 da Gabriel Barkay nella caverna 25.
Queste piastre d’argento datate tra il settimo e il
sesto secolo a.C., arrotolate così da formare due amuleti (il più grande di
10x2,5 centimetri, e il più piccolo di 4x1,2 centimetri), riportano incise le
parole di Numeri 6,24-26 sull’una, e di Deuteronomio 7,9 sull’altra. Entrambe
corrispondono alle parole ebraiche trovate nel Pentateuco e mostrano una
straordinaria similitudine con le parole e l’ortografia di queste Scritture.
Tutto ciò sfida coloro, che datano il Pentateuco nel periodo post-esilico, a
spiegare come due testi dalla Legge di Mosè appaiano molto prima rispetto alla
data che la critica accademica ha attribuito loro.
Sul «criticismo storico» cfr. l’omonimo articolo in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 127-130. Cfr. pure Nicola Martella, «La Bibbia
fra criticismo e modernismo»,
Radici 5-6 (Punto°A°Croce, Roma 1995), pp. 187-195. |
▲
2.
IL PAPIRO DI JOHN RYLANDS:
In un modo simile, il papiro di John Rylands, scoperto nel 1920 da
Grenfeld in Fayum, Egitto, risultò essere il più antico frammento di un
manoscritto del Nuovo Testamento finora conosciuto. Fu datato dagli esperti di
papirologia nel 125 d.C. Poiché però era in circolazione a tale distanza nel sud
dell’Egitto, questo pezzettino di papiro con dei versetti dell’Evangelo di
Giovanni (Gv 18,31-33; 37-38), mise fine con successo ai tentativi dell’epoca di
attribuire all’Evangelo di Giovanni una data molto più tardiva, posteriore al
discepolo Giovanni, e di porlo quindi verso la fine del secondo secolo d.C. Alla
luce dell’evidenza archeologica, non fu più possibile un tale spostamento.
▲
3.
I ROTOLI DEL MAR MORTO:
Probabilmente i più sensazionali manoscritti scoperto ai nostri tempi sono i
rotoli
del
mar
Morto. Furono trovati nel 1948 nelle caverne vicino alle rovine di
Qumran, una comunità degli Esseni del primo secolo a.C., collocata vicino alla
costa nord-occidentale del Mar Morto. [N.d.R.: Nuovi studi affermano che Qumran
era solo un centro artigianale e commerciale e che i rotoli furono portati nelle
caverne nei pressi di Qumran dai sacerdoti di Gerusalemme, prima della
distruzione del tempio (70 d.C.).] Questi 1.100 documenti antichi e 100.000
frammenti, più vari rotoli completi e intatti, rappresentano porzioni di testo o
il testo intero di ogni libro dell’Antico Testamento in ebraico con l’eccezione
del libro di Ester. Circa 230 tra i manoscritti ritrovati sono copie di libri
dell’Antico Testamento. Prima della loro scoperta, i manoscritti più antichi
ancora esistenti della Bibbia ebraica risalivano al 920 d.C. Alcune copie della
traduzione greca della Septuaginta risalivano al terzo secolo a.C., ma fino alla
scoperta dei rotoli del mar Morto nessun manoscritto ebraico era così
antico.
A quel punto possedevamo Scritture ebraiche che
potevano essere datate al primo o anche al secondo secolo a.C. Ancora più
incredibile, questi rotoli del mar Morto
dimostravano che la nostra Bibbia fu preservata con ammirevole esattezza per
oltre due millenni. L’esempio migliore è una copia di Isaia la quale rivelò che,
dopo un periodo di 1.000 anni di tradizione di ricopiatura testuale riguardo a
una parte della nostra Bibbia corrente che ammonta a più di 100 pagine, soltanto
tre parole in tutto il libro di Isaia presentano alcune differenze — e queste
differenze sono solo delle variazioni di ortografia paragonabili, ad esempio, a
una differenza tra l’italiano e il romanesco in
«buono»
e
«bono».
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4.
IL DIPINTO DI BENI HASAN:
In un villaggio chiamato Beni Hasan, circa 240 chilometri a sud del Cairo, sulla
costa est del fiume Nilo, in una caverna fu trovato un dipinto lungo 2,5 metri e
alto 45 centimetri, risalente alla prima parte del diciannovesimo secolo a.C.
Conosciuto come il dipinto di Beni Hasan mostra degli
«Asiatici»
(ma più precisamente, otto uomini, quattro donne e tre bambini, guidati da
due ufficiali egiziani) che entrano in Egitto per vendere del trucco per gli
occhi. Gli uomini portano lunghi kilt variopinti che coprono il loro petto e una
spalla, e hanno sandali ai piedi. Ciascun uomo ha una folta capigliatura, una
barba corta, ma niente baffi.
Similmente, le donne hanno vestiti variopinti, ma
questi vestiti sono molto più lunghi e non hanno frange in fondo. Le donne
portano ai piedi anche una sorta di calzette che formano un tutt’uno con le
suole e sul capo un cerchietto per tenere insieme i loro lunghi cappelli. Due
asini, accompagnati da uno stambecco e da una gazzella, trasportano ciò che
sembra un mantice sulle loro schiene. Gli uomini sono equipaggiati con ciò che
sembrano otri di pelle per l’acqua, uno strumento musicale (la lira), e lance,
archi e frecce. I kilt di tanti colori ci ricordano la tunica di tanti colori di
Giuseppe (Genesi 37,3; vedi anche 2 Sam 13,18), e ci danno un’idea della cultura
dei patriarchi e di come i loro contatti economici e politici con l’Egitto
potevano apparire. È un’immagine affascinante della vita al tempo dei
patriarchi.
▲
5.
LA STELE DI BASALTO DI DAN:
La stele di basalto di Dan, trovata nel 1993-1994, con su scritte le parole
«casa di Davide», ci ha fornito la prima evidenza extra-biblica della
reale esistenza del re Davide. Prima di ciò, era di moda scartare nella Bibbia
le narrazioni su Davide, considerandole propaganda sacerdotale che, durante la
cattività babilonese, tentava di dare a Israele una storia passata rispettabile.
Avraham Biran, dello «Hebrew Union College», scavando un sito nel nord d’Israele
conosciuto come Dan, in un muro esterno, fatto di pietre, trovò un frammento di
basalto di circa 30 centimetri d’altezza. Nello stesso muro un anno dopo, furono
scoperti altri due pezzi più piccoli, anch’essi parte dell’iscrizione
originaria. Quando le parole aramaiche furono tradotte dalla scrittura
paleo-ebraica, ci si è trovati di fronte al primo riferimento extra-biblico
relativo a re Davide. Quest’annuncio ha spinto gli studiosi a dare un’altra
occhiata alla pietra basaltica conosciuta come la Stele di Mesha, dal nome del
re moabita Mesha, che fu trovata un secolo prima. Questo testo si lagnava di
«Omri, re d’Israele», il quale aveva oppresso il regno di Moab, una terra
a est del mar Morto e del fiume Giordano (1 Re 16,21-27). In una frase in parte
frammentaria dell’Iscrizione di Mesha, uno studioso francese di nome Andre
LeMaire aggiunse due lettere mancanti nelle originali 5 lettere ebraiche, in
modo da poter leggere la
«casa di Davide». La stele raccontava quindi la storia di come Mesha
rimosse il giogo che la casa di Davide aveva imposto su Moab anni prima
[LeMaire,
«The House of David...», BAR (1994), pp. 30-37]. A quel punto c’erano
due riferimenti a un Davide che qualcuno affermava non fosse mai esistito.
▲
6.
L’EPOPEA DI GILGAMESH: La
tavoletta numero 11 della storia contenuta in 12 tavolette e conosciuta come
l’epopea di Gilgamesh, è un altro racconto del diluvio, intitolato con il
nome del personaggio principale, il re Gilgamesh, il quale si presume abbia
regnato sulla città babilonese di Uruk nel 2600 a.C. circa. Quest’epopea,
scritta con lettere semitiche a forma di cuneo, conosciute come accadico
cuneiforme, ha tante impressionanti similitudini con la storia biblica di Noè di
Genesi 6-9, come pure altrettante differenze sostanziali. Sebbene fosse stato
Austen Henry Layard a scoprire letteralmente decine di migliaia di tavolette a
Ninive, che spedì in Inghilterra fino al 1851, fu George Smith, un assistente
del dipartimento assiro del «British Museum», che scoprì nel 1872 la tavoletta
numero 11 che parlava di un diluvio. Siccome la tavoletta era rotta, Smith tornò
a Ninive
ed entro cinque giorni, il 14 maggio 1873, trovò un’altra tavoletta con le
parti mancanti.
Nell’epopea accadica, Gilgamesh viene a conoscenza del
diluvio grazie a un uomo di nome Utnapishtim. Egli sopravvisse al diluvio perché
un dio creatore di nome Ea lo aveva avvertito che sarebbe venuto un diluvio e
gli aveva detto di costruire una nave (come anche il Noè della Bibbia, Genesi
6,2.13-17). La tempesta, che spazzò via il resto dell’umanità, si concluse il
settimo giorno e tutti scesero dalla nave il dodicesimo giorno (a differenza di
Genesi 7,24). Dopo che l'imbarcarcazione di Utnapishtim si fermò sul monte
Nisirin Kurdistan (anziché sul Monte Ararat in Turchia), Utnapishtim mandò una
colomba, un passero e, infine, un corvo imperiale (vedi Genesi 8,3-11). Quando
il corvo imperiale non tornò, tutti abbandonarono la nave babilonese e offrirono
un sacrificio agli dèi (vedi Genesi 8,12-22). I due racconti sembrano
rappresentare eventi simili, ma l’epopea di Gilgamesh ha numerose aggiunte
mitiche e usa un tono completamente diverso dal racconto biblico.
Sulle epopea mitologiche di Babilonia cfr. Nicola Martella, «La Genesi e l’antico Medio Oriente»,
Temi delle origini,
Le Origini 1 (Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 169-180. Cfr. anche Alfredo Terino,
Le origini: Bibbia e mitologia. Confronto fra Genesi e mitologia
mesopotamica (Gribaudi, Milano 2003). |
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7. LA PISCINA DI GABAON: Il
sito della piscina di Gabaon, menzionato in 2 Samuele 2,13 e Geremia
41,12, fu identificato per la prima volta nel 1833 da parte di Edward Robinson
nel villaggio palestinese di el-Jib. Nel 1956-1960 James B. Pritchard condusse
qui i suoi scavi e confermò questa scoperta con 31 maniglie di giare, su cui è
scritta la parola ebraica equivalente a
«Gabaon». Sembra che Gabaon fosse un produttore
ed esportatore di vini, cosa che richiedeva provviste speciali di acqua,
perché i mesi estivi non producevano pioggia. Pritchard trovò due sistemi idrici
separati: (1) una piscina o cisterna che misura 11,3 metri in diametro, e (2)
una galleria che scende giù dall’interno delle mura della città fino a
raggiungere una cisterna appena fuori della città, alla base della collina. La piscina di Gabaon fu scavata nella roccia
calcare a una profondità di 25 metri, per così raggiungere il livello della
falda idrica, con annessi una scala e un corrimano tagliati nel calcare che
percorrono a chiocciola 11,3 metri in profondità, fino a raggiungere un livello
pianeggiante a circa la metà della profondità complessiva. Da questo punto in
poi, la scala scende giù in linea retta altri 14 metri fino al livello
dell’acqua. Fu nei pressi di questa piscina che 12 degli uomini del re Davide,
sotto il comando di Joab, affrontarono 12 degli uomini del re Saul, sotto il
comando di Abner, in un incontro di lotta libera, in cui tutti e 24 morirono,
reciprocamente afferrandosi per i capelli e trapassandosi con la spada.
▲
8.
IL SIGILLO DI BARUK:
Il sigillo di Baruk fu uno delle 250 bolli con iscrizione, o piccoli
sigilli di terracotta, che sono stati rinvenuti nel 1975 per mezzo di un
commerciante arabo di antichità di Gerusalemme est. Sebbene derivino senz’altro
da uno scavo illecito in Gerusalemme, sono importanti perché furono
originalmente concepiti per sigillare documenti o contenitori per prevenirne la
manomissione. Una piccola quantità di argilla morbida, attaccata a uno spago,
veniva bollata con un sigillo e lasciata poi indurire. La maggior parte dei
documenti e contenitori, ai quali furono attaccati tanti di questi sigilli, fu
distrutta in un incendio, ma i bolli sopravvissero e furono preservati ancora
meglio grazie al fuoco. Fra gli altri c’era un sigillo che riportava il nome,
«Berekhajahu [Baruk] figlio di Nerijahu [Neriah] lo scriba»
(Geremia 36,4.8.14; 45,1). Il suffisso su tutti e due i nomi, -jahu, è una
forma troncata di Jahweh [N.d.R.: Jahwè è riportato nelle nostre Bibbie come
«l’Eterno» o «il
Signore»]. Questo Baruk non fu altro che il fiduciario e scriba personale
del profeta Geremia dell’Antico Testamento, il quale scrisse sotto dettatura del
profeta e si nascose insieme a Geremia mentre il re Joachim cercò di arrestarli
tutti e due (Geremia 36,26). Un altro bollo in questo stesso gruppo contiene il nome
di Ismaele, il quale assassinò Ghedalia (Geremia 40,7), il governatore che fu
insediato dai Babilonesi dopo la caduta di Gerusalemme nel 587 a.C. Altri 51
bolli furono trovati sul pavimento della Casa dei Bolli. Fra i nomi registrati
c’era un bollo di
«Gemarjahu [Ghemaria] il figlio di Šafan», uno scriba che servì alla
corte di re Jehojakim e che avvisò il re di non bruciare il rotolo che Geremia
aveva scritto (Geremia 36,10-12.25-26). Sono stati ritrovati quasi 400 di questi
bolli e appartengono al periodo dall’ottavo al sesto secolo a.C.
°*°*°*°*°*°*°*
Indice della seconda parte
9. Re Sargon II di Assiria |
13. La Piscina di Siloe |
10. L’obelisco nero di Salmaneser III |
14. L’altare a corni di Beer-šeba |
11. L’Ossario di Caiafa |
15. Il cilindro di Ciro |
12. L’iscrizione col nome di Ponzio Pilato |
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Le 15 scoperte più importanti dell’Archeologia Biblica 2
Il dottor Walter C. Kaiser Jr. è titolare di Antico Testamento presso il
Seminario Teologico Gordon-Conwell. Egli è riconosciuto a livello internazionale
come studioso di Antico Testamento. Ha pubblicato più di 30 libri.
Quest’articolo è stato ripreso con permesso da: Walter C. Kaiser, «Top
fifteen finds from biblical archaeology», Contact (Seminario Teologico
Gordon-Conwell, edizione invernale 2006).
Traduzione di Michele Carlson, correzione di Emanuele Tosi, revisione e adattamento di Nicola Martella.
Copyright per l’Italia ©
Missioneperte e © Punto°A°Croce 2007. Proprietà letteraria riservata dell’originale e della traduzione.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Archeologia_biblica_MT_AT.htm
16-02-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |