Leggendo i brani aramaici in alcuni libri post-esilici (Daniele,
Esdra-Nehemia) si può nutrire la convinzione che gli Ebrei, dall’esilio in poi,
abbiano effettivamente parlato solo aramaico. È scritto: «Essi [i Leviti]
leggevano nel libro della legge di Dio distintamente; e ne davano il senso, per
far capire ai popolo quel che s’andava leggendo» (Ne 8,8). Qui accadeva un
po’ come quand’ero bambino: la messa era in latino, ma poi il prete indirizzava
l’omelia in italiano; solo che allora il testo biblico veniva letto in ebraico e
i Leviti ne davano la spiegazione in aramaico. Molti studiosi hanno perciò
affermato che anche al tempo del NT gli Ebrei parlassero aramaico, anche quando
è scritto che lo facessero in ebraico (anche noi chiamiamo «italiano» da secoli
ciò che si parla in Italia, sebbene Dante Alighieri avrebbe oggigiorno molta
difficoltà a capire la nostra «lingua volgare»). Sorprende però che i libri
profetici post-esilici dell’Antico Testamento fossero stati scritti in ebraico.
Sorprende che l’Antico Testamento non sia stato interamente tradotto in
aramaico (cfr. però i Targumim), per affiancare o sostituire quello ebraico, ma
che ciò sia accaduto nel 3° secolo a.C. solo in greco (Settanta). Sorprende pure
che la letteratura del movimento degli Esseni, rinvenuta a Qumran, fosse in
ebraico. Sorprende altresì la lingua del Talmud, sorto nel Medioevo. L’autore,
citando vari studiosi, ritiene che almeno in Palestina lentamente si sia passato
di nuovo dall’aramaico all’ebraico e che al tempo del Nuovo Testamento i Giudei
parlassero in Palestina solo ebraico. È un articolo interessante che segue a uno
precedente sullo stesso tema (►
La lingua degli Ebrei 1: Al tempo di Gesù).
{Nicola Martella} |
Non può essere mai abbastanza sottolineato il fatto che la chiave per la
comprensione del Nuovo Testamento è una buona dimestichezza dell’ebraico e
una buona conoscenza della storia, della cultura e della letteratura
giudaica e rabbinica.
Con la rinascita d’Israele nel 1947/1948 è arrivata
l’eccezionale scoperta del Rotoli del Mar Morto. Questi importantissimi e
antichi manoscritti, seguiti a distanza di pochi anni dalla scoperta delle
lettere di Bar-Kochba, costituiscono un ausilio straordinario per
comprendere meglio il Nuovo Testamento.
La maggior parte degli studiosi, in Israele, sono
oramai convinti che la lingua parlata e scritta dei Giudei, nell’Israele dei
tempi di Gesù, era l’ebraico, e che gli Evangeli Sinottici derivano da
originali fonti ebraiche.
Jehoshua M. Grintz scrisse un articolo intitolato «Hebrew
as the spoken and written language in the last days of the Second Temple»
(1960). Sulla base dei suoi studi dell’Evangelo di Matteo e d’altra
letteratura contemporanea agli Evangeli, Grintz ha affermato che «l’ebraico
era l’unica lingua letteraria di quei tempi; e solo per questo noi possiamo
attribuire il fatto che la nuova setta di «uomini illetterati e senza
istruzione» (Atti 4,13) hanno scritto, per i loro primi destinatari
giudei, in questa lingua» (Grintz, p. 46). Grintz più avanti sottolinea:
«Inoltre, l’ebraico era dunque la principale lingua usata nel discorso, per
i giudei di Palestina, o almeno in Gerusalemme e Giudea». Egli dà le prove
di quest’affermazione con una notevole storia, narrata nel Talmud (Nedarim
66b) riguardo alle difficoltà che aveva un giudeo di Babilonia, che parlava
aramaico, a comunicare con sua moglie gerusalemitana (Grintz, pp. 46-47).
Il Professor David Flusser dell’Università Ebraica
di Gerusalemme, e leader indiscusso a livello mondiale sul Nuovo Testamento
e sul Cristianesimo dei primi tempi, sostiene con forza che la vita di
Gesù è stata originariamente composta in ebraico. Egli afferma che ci
sono centinaia di semitismi negli Evangeli Sinottici che possono essere
soltanto ebraici, ma non c’è alcun semitismo che può essere solo aramaico
senza essere anche ebraico.
Il Dott. Moshe Bar-Asher, che ha ereditato la
cattedra del Professor Yehezkiel Kutscher il più famoso studioso d’aramaico
all’Università Ebraica di Gerusalemme, dice di credere che gli Evangeli
Sinottici provengono da una traduzione greca d’un originario documento
ebraico (non aramaico)!
Il Dott. Pinhas Lapide, Direttore della Scuola per
Traduttori e Interpreti all’Università di Bar-Ilan di Tel Aviv, ha scritto
un articolo intitolato «The Missing Hebrew Gospel» (1974). In
quest’articolo egli discute le origini ebraiche degli Evangeli. Il Dott.
Lapide, uno studioso che conosce più d’una dozzina di lingue, dichiara: «Non
meno significativo è il fatto, confermato dal successivo ritrovamento a
Murabba’at, Nahal Heber, e a Masada, che durante tutto il primo secolo (e
dopo), gli argomenti religiosi cristiani erano principalmente registrati in
ebraico» (Lapide p.169)
Il Dott. Lapide conclude: «L’ultimo secolo è stato
testimone dell’inaspettata scoperta di tesori letterari come quelli della
Geniza di Cairo e nelle grotte di Qumran e Murabba’at. Non è impossibile che
ulteriori scavi possano disseppellire dei frammenti d’un Evangelo ebraico»
(Lapide p. 170).
Eminenti studiosi al di fuori d’Israele sono
anch’essi arrivati alla conclusione che la lingua di Gesù era ebraica. Uno
di questi è Harris Birkeland, un norvegese. Nel suo articolo intitolato «The
language of Jesus», Birkeland sfida l’opinione corrente che la lingua di
Gesù era l’aramaico. La sua conclusione è: «la lingua della gente comune
nella Palestina dei tempi di Gesù era l’ebraico». Egli continua: «La mia
ulteriore conclusione… che Gesù abbia realmente usato l’ebraico, sembra
anche essere inevitabile» (Birkeland pag.39).
William Sanford LaSor, professore emerito al Fuller
Theological Seminary di Pasadena, California, è un eminente studioso di
lingue Semitiche. In una conferenza tenuta a Gerusalemme il 24 aprile 1982,
egli dichiarò: «Con la scoperta dei Rotoli del Mar Morto, ora è molto
probabile che la lingua che Gesù parlava era l’ebraico e non l’aramaico. Gli
appartenenti alla setta di Qumran non solo hanno scritto i loro commentari
sui libri della Bibbia in ebraico, ma anche il manuale per i nuovi adepti
(il Manuale di Disciplina) e i libri che regolavano la vita della
comunità, così come il Patto di Damasco».
Il Professore Frank Cross, dell’Università di
Harvard, è forse la maggiore autorità calligrafica dei Rotoli del Mar Morto.
Egli ha dichiarato che dall’osservazione della calligrafia dei diversi
scrittori che hanno copiato i rotoli durante i secoli, a Qumran, può essere
stabilito che la lingua dominante della Palestina a partire dal 130 a.C.,
era l’ebraico. Da quella data in poi, gli scrittori di Qumran non hanno più
fatto errori quando copiavano testi ebraici. Cross ha dedotto che la loro
lingua principale era l’ebraico e che essi avevano una minore conoscenza
della grammatica e sintassi aramaiche.
Un altro famosissimo studioso è Abbé J.T. Milik.
Milik, un prete Polacco, è ben conosciuto nell’ambiente scientifico e
archeologico. Egli fu uno degli scavatori di Qumran e uno dei più attivi
membri del gruppo internazionale che ha allestito i rotoli della Cava IV per
la pubblicazione. Dopo un’analisi attenta di tutti i materiali testuali del
Deserto della Giudea, Milik concluse: «I rotoli e i documenti della Seconda
Rivolta provano oltre ogni ragionevole dubbio che il Mishnaico [ebraico]
fosse la lingua normale della popolazione Giudea nel periodo Romano» (Milik
pag. 130).
Le conclusioni dei suddetti studiosi hanno un
enorme peso, soprattutto quanto ciò viene confermato dalle fonti
extra-bibliche e dagli Evangeli stessi.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Aramaico_ebraico2_Mt.htm
16-02-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |