Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

NT: Testo biblico

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LA RESTAURAZIONE DELLA TENDA DI DAVIDE

 

 di Nicola Martella

 

1. La richiesta

2. Una tesi affascinante ma problematica

3. Alcune osservazioni e obiezioni

4. Approfondiamo la terminologia

 

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1.  LA RICHIESTA: Un cristiano mi ha mandato dalla Svizzera un articolo, chiedendomi che cosa ne pensassi. Ecco la richiesta completa: «…ti mando in allegato CCPVNEWS dove c’è un articolo di Eric Pechin che commenta il brano di Atti 15,15-17. Mi sembra che faccia un po’ di confusione tra Israele e la Chiesa, tu che ne pensi? Ho sentito altri dare la stessa “interpretazione” nell’ambiente che ho lasciato. Trattasi di ambiente carismatico dove danno appunto questa interpretazione “profetica” che la restaurazione della tenda di Davide sia appunto il restauro della lode nella chiesa e questa benedetta “unzione”» (G.F.).

   

2.  UNA TESI AFFASCINANTE MA PROBLEMATICA: Si tratta quindi di un articolo di Eric Pechin (leader di lode e adorazione nella Francofonia svizzera) dal titolo «La restaurazione della tenda di Davide» pubblicato nel marzo del 2006 su CCPVNEWS.

     Tra altre cose (p.es. un’attuale «eccezionale effusione dello Spirito»), l’autore afferma: «Atti 15:15-17 ci parla della restaurazione del tabernacolo, e di ciò che Dio fa oggi. E’ l’immagine del culto di lode fondato sulla fede e sulla grazia. Tanto il tempio di Salomone quanto il tabernacolo di Mosè erano fondati sull’alleanza della legge e delle opere. Questo testo è importante, poiché ci spiega come Dio sta per toccare le nazioni attraverso la restaurazione del tabernacolo. Allora tutta la Terra conoscerà la sua Gloria, tutte le lingue, tutte le nazioni, ogni bocca confesserà che Egli è il Signore».

     Sono belle parole. Poi l’autore prosegue: «Cosa c’entra il tabernacolo di Davide con la nostra posizione davanti a Dio? Noi andiamo avanti oggi a motivo della fede e della grazia, come pure grazie alla nostra alleanza con Dio, proprio come avveniva nel tabernacolo di Davide. Ora il tabernacolo riguarda la nostra qualità di sacerdoti, quando offriamo dei sacrifici spirituali».

     Dove sta il problema? L’autore identifica la «tenda di Davide» con un presunto «tabernacolo di Davide».Infatti afferma: «Il tabernacolo di Davide comprendeva un solo spazio, in cui si trovava l’arca dell’alleanza e dove avevano accesso i sacerdoti che adempivano i loro compiti e offrivano a Dio dei sacrifici spirituali. I sacrifici offerti nel tabernacolo di Davide erano di tipo spirituale, sacrifici di gioia, di lode e di adorazione». Poi parla dell’attività che svolgevano i cantori dinanzi al santuario, del culto della lode, degli strumenti musicali, degli autori di nuovi canti, di alcuni elementi coreografici come alzare le mani, danzare, battere le mani. Egli riassume tutto ciò nell’espressione «culto di lode secondo il modello davidico».

     Poi l’autore passa all’applicazione per l’oggi, affermando: «Dio sta restituendo alla Chiesa, nel luogo della Sua presenza, la Sua unzione, tramite nuovi canti, danze, suoni, come al tempo di Davide. Egli restaura il Suo tabernacolo oggi. […] Quando Dio parla della restaurazione del tabernacolo di Davide, non si tratta di una tenda piantata su una collina di Gerusalemme, bensì della potenza e dell’autorità che appartiene alla Chiesa, quando essa loda e serve il Signore secondo il Suo modello… Facendo questo, ci accorgeremo come Israele che ci verrà il desiderio di gioire, di danzare, di gridare, di cantare».

   

3.  ALCUNE OSSERVAZIONI E OBIEZIONI: Come abbiamo visto, l’autore presenta i suoi pensieri in modo affascinante. Anche qui constatiamo, dal punto di vista ermeneutico (o interpretativo) che si possono dire cose anche giuste, ma usando brani biblici sbagliati; oppure si proietta in brani biblici un’interpretazione «forzata», la quale non solo non spiega correttamente il vero tenore storico, letterario e teologico del brano in esame (esegesi), ma proietta in esso convinzioni e applicazioni (eisegesi) che snaturano il senso originale del testo e propagano una falsa convenzione sul vero significato delle espressioni originali. Così non solo non si taglia rettamente la Parola di verità, ma la si snatura a proprio uso e consumo.

     Come abbiamo visto, l’autore identifica la «tenda di Davide» con un presunto «tabernacolo di Davide», affermando che Davide avrebbe costruito il tabernacolo, ossia il santuario — ma ciò è chiaramente falso: Dio glielo aveva proibito e fu Salomone a farlo (1 Cr 28,3-6). Quest’ultimo ricorda «la promessa che l’Eterno fece a Davide mio padre, quando gli disse: “Il tuo figlio che io metterò sul tuo trono in luogo di te, sarà quello che edificherà una casa al mio nome”» (1 Re 5,5; 8,19).

     Andiamo ad analizzare ora Atti 15,16: «Dopo queste cose io tornerò e edificherò di nuovo la tenda di Davide, che è caduta; e restaurerò le sue rovine, e la rimetterò in piè». Ci troviamo nella cosiddetta conferenza di Gerusalemme, in cui si dovette decidere del rapporto dei cristiani, provenienti dalle nazione, verso le leggi e le tradizioni giudaiche. Giacomo prese la parola (vv. 13-21), mostrando che Dio aveva preveduto che i Gentili cercassero il Signore alla fine dei tempi.

     Al riguardo l’espressione «la tenda di Davide» non poteva riferirsi al tempio e al suo culto di lode, visto che la conferenza interecclesiale di Gerusalemme avvenne negli anni quaranta del primo secolo, mentre il tempio fu distrutto solo nell’anno settanta. Si noti poi che tale compito non era previsto per Israele (tempio materiale) o per la chiesa (culto di lode), ma Dio stesso lo avrebbe fatto: «Io tornerò e edificherò di nuovo». Si noti pure che ciò sarebbe avvenuto «dopo queste cose». Nel contesto originario di Am 9,7ss si parla della distruzione del regno d’Israele (avvenuto nel 722 a.C. per mano assira) e della dispersione degli Israeliti su tutta la faccia della terra (v. 9). Poi Dio passò a descrivere ciò che avrebbe fatto «in quel giorno», ossia alla fine dei tempi (v. 11): Egli rialzerà la «capanna di Davide» così com’era nei giorni antichi. Di che cosa si trattava? Nel 586 a.C. i Babilonesi misero fine al regno di Giuda e inficiarono il diritto dei figli di Davide a regnare su Israele. Dio promise che, alla fine dei tempi, avrebbe ripristinato nuovamente il diritto dei Daviditi di regnare sopra Israele. Ciò coinciderà con la restaurazione dell’antico regno di Davide («i giorni antichi») e Dio darà a esso non solo la supremazia sugli altri regni, ma un ampliamento territoriale straordinario (Edom e tutte le nazioni; v. 12). Tutto ciò coinciderà col grande ritorno escatologico d’Israele nella sua terra, con la ricostruzione, la prosperità e la stabilità perpetua (vv. 13ss): «Io li pianterò sul loro suolo, e non saranno mai più divelti dal suolo che io ho dato loro» (v. 15). Tutto ciò si accorda con «l’impianto predizionale» di Dt 30), su cui i profeti legittimi basavano le loro proclamazioni.

   

4.  APPROFONDIAMO LA TERMINOLOGIA: Che cos’era quindi nel contesto storico, culturale, letterario e teologico dell’AT e del NT la «tenda di Davide» o la «capanna di Davide»? Era un’espressione che designava — al pari della più comune «casa di Davide» (presente in 27 versi) — quello che noi chiamiamo «casato, dinastia, lignaggio» e indicava il diritto della stirpe davidica a regnare sopra Israele. L’espressione «casa di Davide» indicava il casato di Davide, a cui Dio aveva affidato il trono e il regno in Israele (cfr. 1 Re 12,26; 14,8).

     L’espressione «tenda di Davide» ricorre solo ancora in Is 16,5, dove Isaia parla della situazione escatologica, dopo la fine degli invasori: «Il trono è stabilito fermamente sulla clemenza, e sul trono sta assiso fedelmente, nella tenda di Davide, un giudice amico del diritto, e pronto a far giustizia». Si noti come la «tenda di Davide» avesse a che fare col trono e con l’esercizio del governo (non con il santuario e la lode!).

     In tutta la Bibbia la tenda o la capanna intendeva, oltre al casato (Sal 52,5; Lm 2,4s Israele) e al santuario (Lm 2,6), la fragilità della struttura e della dimora (Is 1,8; 24,20; 38,12), se raffrontata alla casa murata; e in senso metaforico designava il corpo attuale quale dimora provvisoria, se raffrontato con quello della risurrezione (2 Cor 5,2.4; 2 Pt 1,14). Gli autori intendevano esprimere l’incapacità antropologica (di Davide, della sua progenie e d’Israele) a ricostruire politicamente ciò che era finito, e per evidenziare l’aspetto teologico dell’evento escatologico: Dio farà ciò! (Am 9,11). Ciò esprimeva pure la dipendenza del casato di Davide dall’Eterno.

     Come si vede ancora una volta, per troppo zelo spiritualista si possono dire cose più o meno giuste ma al posto sbagliato; oltre a ciò, si manca di cogliere la verità storica, culturale, letteraria e teologica di un brano. Al contrario, si isolano singole espressioni (qui «tenda di Davide»), le si svuota del loro significato originario (snaturamento), si crea un nuovo aggancio con altri contenuti (qui con un presunto «tabernacolo di Davide», ossia il santuario) sulla base di una falsa analogia («versettologia») e si presenta come ovvia un’interpretazione soggettiva e arbitraria. Poi, una volta che tale proiezione verrà assunta e diverrà «convenzione» mediante la ripetizione e la prassi, sarà difficile sradicarla. Può addirittura succedere che chi si esprimerà in modo critico verso tale «consenso», sarà tacciato di mancanza di «spiritualità» o di aver addirittura «peccato contro lo Spirito Santo». L’esperienza insegna.

 

Per l'approfondimento di alcuni concetti, ricorrenti nel testo, si vedano i seguenti articoli in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002): «Davide (Patto con ~)», pp. 134s; «Ermeneutica», p. 155; «Impianto predizionale», pp. 184s; «Interpretazione deduttiva», p. 193; «Versettologia», pp. 378s.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Tenda_di_Davide_MT_AT.htm

24-04-2007; Aggiornamento:  06-04-2009

 

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