Come cristiani, che amano la sacra Scrittura e temono Dio, come dobbiamo
interpretare la realtà intorno a noi, i fatti che accadono, le diverse posizioni
dottrinali e quant'altro?
Quante volte ci siamo chiesti in una cosa specifica (un diverbio, un dibattito,
un thriller, un processo): «Da quale parte sta la verità?». Magari siamo
partiti con un’idea fissa, un pregiudizio programmatico, ascoltando il nostro
intuito o partendo dalla nostra personale esperienza, e abbiamo preso partito
per una delle parti. Può darsi che poi il nostro giudizio abbia pendolato in
modo incerto tra una posizione e l’altra. Alla fine, il nostro «fiuto» iniziale
è stato confermato o del tutto sconfessato, oppure è subentrato un elemento del
tutto inaspettato che ha dato tutto un altro corso alla questione.
Giorni fa, Argentino Quintavalle mi ha spedito la seguente storia che presenta
due ragioni contrapposte: «Un giorno un poveruomo ebbe la fortuna di trovare
una borsa con 5000 euro: che pacchia per un povero! Però questo povero aveva
sentito dire nella chiesa che l’uomo più ricco della città aveva perso la borsa
e che offriva la somma per lui stupefacente di 500 euro come ricompensa a chi
gliel’avesse riportata! Il poveruomo si affrettò ad andare dal ricco per
ridargli la borsa. Il ricco ne verificò il contenuto e poi, sgarbatamente, disse
al povero: “Vedo che hai già preso la ricompensa! Nella borsa c’erano 5500
euro!”. Indignato, il povero pretese, che lui e il ricco andassero dal pastore
della chiesa per sbrogliare la faccenda. Dopo averli ascoltati attentamente, il
pastore si voltò verso il ricco e gli disse: “Sono certo che voi direte la
verità, un uomo come voi non può mentire”. Questa dichiarazione provocò lo
stupore del pover’uomo. Ma di colpo il pastore diede la borsa a quest’ultimo.
Questa volta fu il ricco a stupirsi. Spiegò il pastore: “Voi che siete il ricco
notabile di questa città, non avete mentito. Lui, il povero, nemmeno. Tuttavia,
se egli fosse stato disonesto, si sarebbe tenuto tutto il contenuto della borsa.
Ora, secondo le vostre parole, la vostra borse conteneva 5500 euro: questa, ho
inteso dire, ne conteneva 5000. Non è dunque la vostra borsa che è stata
ritrovata, ma quella di un altro. Secondo me, se la deve tenere il povero, in
attesa che il suo proprietario la reclami!”» {spedita da }
Qual è la morale di questa storia? Che tutti e due dicono la verità!
(Certo tutti e due avrebbero potuto dire anche una menzogna!). Tempo fa ascoltai
una massima politica che recitava all’incirca così: «Dove due diritti si
contrappongono, deve intervenire un terzo per sbloccare la situazione». In tali
casi c’è bisogno, come nella storia, di una terza istanza che possa mediare tra
due convinzioni. «Se non t’ascolta, prendi con te ancora una o due persone,
affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni» (Mt
18,16).
Prima di giudicare, si fa bene ad
ascoltare anche l’altra campana. Il fatto di essere cristiani non significa essere
sempre dalla parte del giusto in ciò che si dice e in ciò che si fa. La verità è
stata biblicamente rivelata, ma non tutti hanno la stessa luce sulla verità. Ci
sono questioni dove tutto è nettamente chiaro alla luce della Scrittura (bianco
e nero), ad esempio: l’Evangelo, la persona e l’opera di Cristo, la salvezza
per grazia mediante la fede. Altre cose si trovano in una
zona grigia: o perché Dio non ha rivelato una netta risposta al riguardo
(p.es. momento del rapimento della chiesa; anticoncezionali) o perché possono
convivere due convinzioni culturali e dottrinali differenti (Rm 14 cristianesimo
giudaico e non). Al riguardo rimandiamo al seguente libro: Nicola Martella (a
cura di),
Uniti nella verità, come affrontare le diversità (Punto°A°Croce, Roma 2001), e particolarmente agli articoli:
«Quando nessuno ha ragione» (M. Oxenham), pp. 77-81; «Il bianco, il nero e il
grigio» (N. Martella sulla questione «Che cos’è “biblico”?», pp. 82-91; «Verità
che ci uniscono, questioni che ci differenziano» (R. Diprose), pp. 92-94.
Ecco qui di seguito alcuni vizi di logica e di
teologia: Si possono dire cose giuste al posto sbagliato (p.es. parlare di
cristologia nel Cantico dei Cantici). Si possono accostare insieme
impropriamente dei versetti e convincersi di qualcosa (p.es. che il sabato sia
comandato ai cristiani delle nazioni; che sia una mancanza di fede andare dal
medico). Si può trattare solo una parte della questione, tralasciando
negligentemente o colpevolmente altre problematiche connesse, ad esempio: la
sottomissione della donna senza la responsabilità dell’uomo; la fede senza le
opere; la sovranità di Dio senza la responsabilità dell’uomo. Nel tentativo di
combattere una sovrastruttura ideologica o dottrinale ingiusta, se ne erge
un’altra contrapposta alla prima e che usa argomentazioni nettamente
antitetiche, assomigliano pericolosamente alla prima. Si proietta la propria
prassi devozionale ed ecclesiale nella Bibbia, ritenendo poi che quest’ultima
confermi la prima. Si filtra l’interpretazione della sacra Scrittura con le
convenzioni e tradizioni della propria denominazione o del proprio movimento,
rimuovendo e ignorando tutto ciò che nella Bibbia non s’accorda col proprio
convincimento («era per quei tempi»; «era l'opinione personale di Paolo»).
Per approfondire la questione, nell’opera di Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), rimandiamo ai seguenti articoli: «Ermeneutica»,
p. 155; «Interpretazione allegorica», pp. 192s; «Interpretazione deduttiva», p.
193; «Sistemi teologici», pp. 332ss; «Teologia biblica e dogmatica: confronti»,
pp. 352s; «Versettologia», pp. 378s.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Ragion_cose_MT_AT.htm
24-04-2007; Aggiornamento: 05-03-2010
|