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«OCCHIO PER OCCHIO» O «PORGI L’ALTRA GUANCIA»?

 

 di Nicola Martella

 

1. La domanda

2. La teocrazia e la legge

3. Il contesto storico-culturale

4. Un diritto giusto

5. Porgere l’altra guancia?

6. Aspetti conclusivi

 

 

1. LA DOMANDA: «Ho una domanda che mi assilla la mente e richiedo una risposta. Nell’Esodo, nel Levitico e in Numeri vengono citate la legge del taglione e la lapidazione. La mia domanda è questa: Ma queste leggi sono valide anche per i cristiani o solamente per il popolo ebraico? Si può prendere come vero esempio il "porgi l’altra guancia"? Non é forse possibile che dopo la nascita di Cristo le cose siano cambiate? La mia anima non mi consente di uccidere un uomo, anche se ha un omicidio sulle spalle, e neppure una donna, se la sua verginità fosse stata infranta prima del matrimonio. Questo é un impedimento per la mia fede?» (Valerio).

    Per rispondere correttamente a una domanda è bene contestualizzare la questione nell’ambito storico, etnico, geografico, culturale e teologico al tempo in cui essa è stata formulata.

 

 

2. LA TEOCRAZIA E LA LEGGE: Difficilmente si potrà suddividere la legge di Mosè in vari codici, differenti fra loro, ad esempio: codice civile, penale, cerimoniale e morale. Basta leggere il Levitico per rendersi conto che è un tutt’uno. Infatti, la legge di Mosè fu posta alla base della teocrazia, per così dire di un «popolo-chiesa»: la religione, la politica, la morale, la giurisprudenza e quant’altro erano assoggettati all’unica legge. I milioni di cristiani oggi sono assoggettati tutti alla «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2), che è di natura spirituale e morale; riguardo alla legge civile e penale, invece, essi sono assoggettati alle specifiche leggi dei loro vari paesi. Può succedere quindi che lo stesso atto in un paese si può essere considerato irrilevante, mentre in un altro vale come un grave reato (p. es. lavorare senza essere in regola). Può anche succedere che ciò che la legge del singolo Stato permette (p. es. coppie omosessuali), può essere un abominio secondo la legge morale della Bibbia. Nella teocrazia ciò non poteva succedere: v’era un’unica legge. [Sul valore della legge di Mosè per noi cristiani rimandiamo a: Nicola Martella, «La questione della legge», Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999).]

    Ma guai a voler introdurre oggi una teocrazia fatta dagli uomini! Ciò porterà sempre a una clericalizzazione della società, come mostrano gli «esperimenti storici» fatti sia nel cristianesimo, sia nell’Islam, sia in altre religioni. La teocrazia (let. «governo di Dio») è rimandata all’avvento del Re giusto, il Messia, col suo regno.

 

 

3. IL CONTESTO STORICO-CULTURALE: Che cosa dice veramente il testo della legge mosaica? Non potrai richiedere un’ammenda o una pena superiore al danno fisico subito (Es 21,22ss; Lv 24,19ss; Dt 19,16-21). Per capire questo, bisogna andare al contesto storico del tempo. Nei popoli pagani se chi provocava il danno era un povero o uno del popolo e chi subiva il danno era di ceto più elevato, quest’ultimo si sentiva in diritto di uccidere l’altro. Anche fra gente dello stesso ceto tutto ciò alimentava la rappresaglia ingiusta e la faida. Un altro problema era il fatto che sulla base della deposizione di 2-3 testimoni nella giurisprudenza d’allora si poteva essere messi a morte nei casi estremi; la Bibbia descrive diversi casi del genere (1 Re 21,13; Mt 26,60; At 6,13). Non a caso nella costituzione d’Israele (il decalogo) è comandato: «Non deporrai il falso contro il tuo prossimo» (Es 20,16; Lv 19,16); chi lo faceva, mettendo a repentaglio la vita altrui, era a sua volta degno di morte (Dt 19,16-21).

    È veramente strano che ciò che si intendeva allora con «occhio per occhio», ossia la limitazione della rappresaglia, oggi venga inteso nel suo contrario, ossia che la legge di Mosè avesse incoraggiato la vendetta! Ciò che allora era norma per l’esplicazione della funzione giuridica, oggi viene estesa impropriamente ai rapporti interpersonali.

 

 

4. UN DIRITTO GIUSTO: Le due tendenze del cuore umano sono, da una parte, l’arbitrio nella (richiesta di) rappresaglia e nella sanzione verso gli altri e, dall’altra, l’indulgenza verso noi stessi, coloro che ci appartengono o coloro che ci sono simpatici. Ambedue queste tendenze rappresentano la fine della giustizia, sia nello Stato, sia nelle chiese, sia nelle famiglie. Ciò porta con sé lo sfaldamento delle basi della vita civile e, quindi, della pace sociale. L’arbitrio chiamerà altro arbitrio, l’ingiustizia creerà altre ingiustizie. Si finisce con la «legge del far west», ossia che ognuno si faccia «giustizia» da sé. Ma dovunque uomini sono chiamati per ufficio a giudicare su altri uomini, ci si aspetta che essi giudichino con giustizia, senza crudeltà e senza indulgenza, secondo quello che veramente spetta a ognuno e indipendentemente dal suo ceto sociale.

    Lo stesso può avvenire anche nelle chiese, dove i responsabili sono chiamati a giudicare una questione ufficiale, laddove due fazioni abbiano un contenzioso aperto (1 Cor 6,1-6; cfr. Mt 18,15ss).

 

 

5. PORGERE L’ALTRA GUANCIA?: Gesù, riferendosi alla regola della legge: «Occhio per occhio e dente per dente» (Mt 7,38), aggiunse: «Ma io vi dico: "Non contrastate al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra…"» (vv. 39ss). In effetti, già i Giudei del tempo avevano esteso la norma da usare nei tribunali ai rapporti interpersonali. In tutta la «predicazione sulla montagna» Gesù diede il senso originario della legge, prescindendo dalle interpretazioni della tradizione. In tal modo Gesù mostrò che nei rapporti interpersonali non bisogna cercare di avere l’ultima parola e a ogni costo la soddisfazione della rappresaglia. Già l’Ecclesiaste consigliò così: «Non esser troppo giusto, e non ti far saggio oltremisura; perché ti distruggeresti? Non esser troppo empio, né essere stolto; perché morresti tu prima del tempo?» (Ec 7,16s). Si badi che qui Gesù non parlò dell’«occhio» o del «dente», ma della «guancia», intendendo che prevenire è meglio che curare, sopportare il piccolo male può evitare quello più grande. In una società giusta, si può reclamare il principio «occhio per occhio» verso il reo, ma non in una permeata dalla malvagità. Gesù consigliò del tutto di non contrastare il malvagio, poiché da una scintilla può scoppiare improvvisamente un incendio. Bisogna considerare che vi è una scala di valori: la vita, il cibo, il vestiario e il resto (Mt 6,25). Gesù stesso ha insegnato il pericolo che può derivare dal mettere le perle dinanzi ai porci (Mt 7,6). Alcuni commentatori hanno ipotizzato che nel passo in cui Gesù ingiunse di porre l’altra guancia, si riferisse al diritto militare dei Romani, che avevano la potestà di prendere dai popoli vinti ciò che necessitavano e che potevano costringere chiunque ad aiutarli. Chi si opponeva rischiava la sua vita. Confronta «se uno ti vuole costringere a fare con sé un miglio» (Mt 7,41) con «[i soldati] costrinsero [un Cireneo chiamato Simone] a portar la croce di Gesù» (Mt 27,32).

    Una cosa è la prudenza che il Signore chiede di avere nei rapporti interpersonali verso i pagani. Altra cosa è quando un’autorità ingiunge di abiurare il nome del Signore o di smettere di annunciare l’Evangelo; in questo caso, il cristiano fedele deve attestare, costi quel che costi: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini» (At 5,29).

 

 

6. ASPETTI CONCLUSIVI: Non è bene confondere la norma giuridica con l’etica interpersonale. Un giudice che commina una giusta pena secondo il principio «occhio per occhio», non solo non è malvagio, ma è da lodare. La certezza di pena rafforza la giustizia e la legge. Guai quando un giudice condanna o assolve, ma non in base alla verità e in modo corrispondente ai fatti! Guai quando si chiede al giudice, durante la sua funzione, di amare il suo prossimo come se stesso, intendendo il colpevole! Guai quando si chiede allo Stato di porgere l’altra guancia!

    Anche i responsabili di una chiesa o un’intera assemblea possono essere chiamati a giudicare un caso specifico di uno o più membri per un caso grave (falsa dottrina, immoralità, comportamento peccaminoso eccetera) e a dover prendere una decisione dolorosa ma necessaria. Per questo Paolo comandò alla chiesa di Corinto che tollerava un fornicatore: «Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi» (1 Cor 5,12).

    Al contrario, nei rapporti interpersonali sarebbe una tragedia sociale se ognuno arrogasse a sé il diritto di comminare la pena («occhio per occhio») che spetta solo al giudice. Riguardo ai rapporti interpersonali Gesù ribadì per i discepoli il principio della legge mosaica di amare il proprio prossimo come se stesso (Mt 19,19; Lv 19,18). Ai credenti fu ingiunto di non fare le proprie vendette (Rm 12,19). Quando si ha a che fare col malvagio, è bene agire con prudenza. Questo insegnamento ricorre spesso nella bibbia, specialmente nel libro dei Proverbi (10,19; 15,21, 17,27; 18,2).

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-OcchioXocchio-Sh.htm

06-04-2007; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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