1.
ENTRIAMO IN TEMA:
Alcuni affermano che Dio avrebbe fatto stipulare il «nuovo patto» al tempo
dell’AT. Vi è veramente traccia di ciò al tempo del vecchio patto? Il nuovo
patto è una mera ratifica o aggiornamento dell’antico patto? Questo e altro sono
ciò, che sostengono alcuni con singolari salti mortali teologici e senza la rete
protettiva di un’esegesi contestuale.
Non intendo scrivere un trattato teologico, ma solo stimolare alla riflessione
mediante le seguenti semplici osservazioni. Chi voglia approfondire i
patti e specialmente il «nuovo patto» secondo la teologia dell’AT, veda gli
articoli indicati alla fine; non intendo qui ripetere il loro contenuto.
2. L’INTERO POPOLO: Un nuovo patto avrebbe
richiesto la presenza dell’intero Israele, ossia della «casa di Giuda» e
della «casa d’Israele» (Efraim, Giuseppe). Infatti, Dio disse: «Io farò un
nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda» (Gr 31,31). Quando
Dio pronunciò tali parole, Israele era stato deportato già da più di 100 anni
dagli Assiri, e Giuda stava per essere deportato a Babilonia.
Al ritorno degli esuli con Zerubabele
ecco il numero dei presenti: «L’assemblea nel suo
insieme contava 42.360 persone, senza contare i loro servi e le loro serve, che
ammontavano a 7.337. Avevano anche 200 cantanti, maschi e femmine»
(Esd 2,64s). Quindi, non erano neppure 50.000 persone.
Esdra dovette riconoscere quanto segue in preghiera dinanzi all’Eterno: «Noi
siamo oggi ridotti ad un residuo di scampati» (Esd 9,15). La
stragrande maggioranza degli esuli rimase comoda nella diaspora, ossia nel
territorio dell’antica Assiria, Babilonia e Persia. Inoltre il grosso dei
rimpatriati erano i seguenti: «Allora i capi
famiglia di Giuda e di Beniamino, i sacerdoti e i leviti,
tutti quelli ai quali Dio aveva destato lo spirito, si levarono per andare a
ricostruire la casa dell’Eterno, che è a Gerusalemme» (Esd 1,5). Ciò
significa che la maggior parte dei reduci apparteneva all’antico regno di
Giuda (che comprendeva anche Beniamino; in esso c’era anche Simeone, che si
era disperso in Giuda; Gs 19,9), a cui si aggiungevano i leviti (non avevano
territorio tribale) e un certo numero minimo di Israeliti delle altre tribù.
Stipulare un «nuovo patto» con loro sarebbe stato solo una farsa e
avrebbe rappresentato il fallimento degli intenti e delle promesse di Dio.
3. L’OPERA INTERIORE: Inoltre tale patto
sarebbe stato differente dal patto mosaico (Gr 31,32), perché prevedeva un’opera
interiore tale, che tutti gli Israeliti avrebbero conosciuto l’Eterno (vv.
33s). Di tale azione interiore nel cuore degli Israeliti ci parlano specialmente
Geremia ed Ezechiele anche con varie illustrazioni (Ez 11,19; 36,26). I libri di Esdra e Nehemia ci
mostrano che nulla era successo nel cuore dei Giudei e delle altre tribù
frammiste fra loro; presero solennemente impegni, che non riuscirono a
mantenere. Il libro di Malachia ci mostra quant’era invece gretto e ingrato
il cuore dei Giudei a quel tempo, che invece di ravvedersi dinanzi a Dio,
proiettavano il loro malessere su Dio. Se questi erano i risultati del «nuovo
patto», esso era un grande fallimento. Dio stesso aveva fallito, e lo
Spirito rinnovatore, che Egli aveva promesso, non era stato incapace di
trasformare veramente i cuori.
4. L’UNITÀ NAZIONALE: Secondo la teologia
dell’AT, il nuovo patto avrebbe richiesto l’unità politica della casa d’Israele
e della casa di Giuda, quindi dell’intero popolo del patto, riunito nella
sua terra di proprietà e con a capo «Davide» (Ez 37,21s.24). Dal
ritorno dalla cattività in poi (6° sec. a.C.), la Giudea era solo una
provincia di un impero straniero e così sarebbe rimasta con alterne vicende
per secoli. Al tempo dei Maccabei ci fu un breve regno giudaico, ma non regnava
un figlio di Davide, ma una casta levitica, contro tutti i principi della legge
mosaica e delle proclamazioni profetiche. Alla nascita di Gesù, regnava un
Idumeo (Erode) sotto tutela romana! Quando Gesù fu processato, dovette
discolparsi dinanzi a un procuratore romano.
5. SUGGESTIONE FILOSOFICA O ESEGESI?: Chi
vuole proiettare il «nuovo patto» già nell’AT, tratta la storia e la teologia
dell’AT e del NT come fossero una filosofia religiosa, che si può
modellare come aggrada al proprio arbitrio. I fautori di tale tesi praticano
eisegesi (proiezione dottrinaria), invece che esegesi contestuale (testo
nel contesto letterario, culturale, religioso, storico, ecc.). Essi partono più
dal loro desiderio delle cose che dalla realtà dei fatti. Questo è il risultato
di quando si parte da un mirabile progetto filosofico, che volentieri si
proietta nella Bibbia, e non dall’esegesi contestuale. Vorrei fare ora un
excursus, che si applica a molti casi simili. Quando si viene
affascinati da un’intuizione ideologica o da una lettura
speculativa della Bibbia, qualunque essa sia, troviamo una costanza:
questa persona presenta tale filosofia religiosa come una «novità» o come
«l’autentica interpretazione» della Scrittura. In moltissimi casi del genere, è
singolare che tale «lampara» ideologica attiri molti «pesci», che fin lì
apparivano sopiti. Chiaramente non tutti coloro, che fanno scoperte mirabili,
intendono essere un demagoga, che persegue un obiettivo di politica religiosa e
manipola con abilità gli sprovveduti. Tuttavia, quando qualcuno presenta
un’ideologia come verità assoluta, qualunque essa sia, saranno spesso i
seguaci stessi a spingerlo nella veste di «maestro», per
indurlo a fare «crociate» a favore di tale progetto e contro le altre posizioni.
Poi, se costui non è accorto, ci saranno sempre persone astute, che vedono
arrivata la loro occasione per emergere, che perciò lo tireranno da una certa
parte ideologica e lo
strumentalizzeranno per i propri scopi e le proprie mire.
Infatti, da che mondo e mondo, ci saranno sempre ingenui «topolini» disposti a
seguire un «pifferaio magico». L’unica cosa di buono, che creano tali
«novità», è svegliare le coscienze sopite, portarle alla Scrittura e al
confronto, spingerle a essere «bereani». Tuttavia, non sempre i risultati
sono scontati.
6. ASPETTI CONCLUSIVI: Abbiamo visto che alcuni
intendono mettere, per usare il linguaggio di Gesù, il vino nuovo in otri
vecchi. Mi sono limitato a mostrare l’impossibilità storica, esegetica e
teologica di una realizzazione del nuovo patto come ratifica o rinnovamento del
vecchio patto all’interno della teologia dell’AT e dei fatti narrati
dall’avvento di Zerubabele in poi. Il vino nuovo si mette in otri nuovi, come
insegnò Gesù (Mt 9,17). Lascio questi aspetti neotestamentari del «nuovo patto»,
stipulato dall’Unto Gesù, ad altri scritti. Per gli approfondimenti
rimando in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), ai
seguenti articoli: ▪ I patti e gli altri approcci, pp.
31-53; ▪
Abramo (Patto con ~)
[berît], pp. 76s; ▪
Adamo (Patto con ~)
[berît], pp. 79s; ▪
Davide (Patto con ~) [berît], pp.
134s; ▪ Israele (Patto con ~) [berît],
pp. 195ss; ▪
Noè (Patto con ~)
[berît], pp. 238s; ▪
Nuovo patto con Israele
[berît], pp. 241ss; ▪ Patti (La Bibbia come libro dei ~), p. 254;
▪ Patti di Dio [berît], pp.
254-260; ▪ Patti nell’antichità [berît],
pp. 260s; ▪
Patti nell’AT in generale
[berît], pp. 261ss; ▪ sui vari tipi di patti in breve vedere
pure le pp. 263-266; ▪
Teologia del patto e l’AT, pp. 354ss.
►
Un nuovo patto stipulato nell’AT? 1: Mosè e i profeti {Fernando De Angelis -
Nicola Martella}: si veda qui lo schema con tutti gli articoli del confronto.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Nov_patt_AT_MT_AT.htm
27-01-2016; Aggiornamento: 07-03-2016 |