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NON VI METTETE CON GLI INFEDELI

 

 di Nicola Martella

 

La questione del lettore

La risposta

 

Prima di porre una domanda, il lettore si accerti che non ci sia già una risposta all'interno del sito «Fede controcorrente». È anche possibile che l'autore abbia già trattato l'argomento in uno di suoi libri; in tal caso verrà inviato al lettore il riferimento all'opera e alle pagine. In alcuni casi il gestore del sito si avvarrà dell'ausilio di un competente collaboratore perché venga data una risposta alla domanda del lettore.

 

 

La questione del lettore  

 

Caro fratello Nicola, mi piacerebbe sentire una tua opinione sul famoso passo di 2 Corinzi 6,14-18 (non vi mettete con gli infedeli...). Dico «famoso» perché viene quasi sempre usato per scoraggiare fidanzamenti ed eventuali matrimoni con non credenti.

     Fermo restando che il sottoscritto è pienamente d’accordo che il credente debba fidanzarsi e sposarsi con un’altra credente e viceversa (credente donna con credente uomo), per varie ragioni dottrinali (vedi in particolare 1 Corinzi 9,5, dove Paolo sembra in qualche modo esaltarne l’ovvietà: la moglie doveva essere una sorella in fede per ogni discepolo che si rispettasse, apostoli in prima linea) e di «buon senso», ritengo che forse il brano di 2 Corinzi 6 non sia proprio direttamente rivolto a questo argomento.

     In effetti, mi pare — correggimi se sbaglio — che il contesto di 2 Corinzi 6 sia piuttosto la connivenza e l’unione dei Corinzi con i «superapostoli», nei confronti dei quali il tono dell’apostolo nel corso della sua lettera si fa sempre più acceso. Il problema dei Corinzi è che avevano fatto posto nei loro cuori ai «superapostoli», togliendo dal loro cuore i veri apostoli, cioè Paolo e i suoi collaboratori. D’altronde 2 Corinzi 6,14-18 credo si leghi bene a 2 Corinzi 11 dove Paolo parla di «serpente che sedusse Eva con la sua astuzia» (v. 3) di «sommi apostoli» che sono falsi, operai fraudolenti che si travestono da apostoli di Cristo. E li considera servitori di satana (vv. 13-15).

     A mio avviso, la complicità che Paolo denunciava in 2 Corinzi 6 non si riferiva — perlomeno in prima istanza — ai «matrimoni misti», tanto più che nella sua prima epistola — in particolare al capitolo 7 — l’apostolo aveva già affrontato l’argomento del matrimonio e del celibato.

     Il fatto che 2 Corinzi 6,14-18 oggi venga quasi sempre usato soltanto per scoraggiare le unioni sentimentali «miste», mi fa riflettere. Che si tratti di promuovere un concetto giusto (no alle unioni sentimentali «miste»), usando un passo che tuttavia non ha, a mio avviso, questo immediato significato?

     Io applicherei 2 Corinzi 6,14-18 ai tanti credenti succubi di «superapostoli» odierni, sul modello Benny Hinn...

     Che te ne pare? Grazie della tua gentilezza e disponibilità. Ti abbraccio con molto affetto nel Signore Gesù. {Luca Ciotta; 18 novembre 2008}

 

 

La risposta ▲

 

     ■ Non limitare: Limitare 2 Corinzi 6 solo a fidanzamenti e matrimoni, è evidentemente fuori luogo. Chiaramente un credente deve sposarsi «nel Signore» (1 Cor 7,39). Restringere però tale brano solo al giogo matrimoniale, è chiaramente limitativo e fuori luogo.

 

     ■ Il contesto: Di primo acchito si può affermare che il brano parla in senso generale di qualunque attività umana che porta i credenti a compromessi e al sincretismo religioso. Nel contesto Paolo parlò del fatto che l’opera di Cristo abbia permesso di riconciliarsi con Dio e di essere una «nuova creazione», lasciandosi dietro il vecchio modo di vivere (2 Cor 5,13-21). Egli cominciò il capitolo esortando i Corinzi a non aver «ricevuta la grazia di Dio invano» (2 Cor 6,1). Poi, dando se stessi come modello (vv. 3-10), l’apostolo affermò: «Noi non diamo motivo di scandalo in cosa alcuna, affinché il ministero non sia denigrato» (v. 3). Nei versi 14-16 l’apostolo richiese una coerenza morale, in accordo con l’Evangelo e il nuovo patto, anche dai Corinzi. A riprova della santità dei membri del patto («sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo»), citò brani dell’AT, in cui Dio richiedeva una separazione dagli impuri (vv. 16b-18). Non a caso, subito dopo, Paolo esortò: «purifichiamoci di ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timor di Dio» (2 Cor 7,1).

     Il brano ha quindi a che fare con l’etica generale, ossia con tutti quei casi in cui un credente si mette sotto uno stesso giogo con gli infedeli, ad esempio negli affari. Detto questo, però, non si può non vedere che «l’ambito vitale» proprio del brano è quello strettamente religioso (Beliar [Bel = Baal], infedele, idoli, impuro). Il problema principale è qui il sincretismo religioso.

 

     ■ Superapostoli?: Connettere tale brano ai «sommi apostoli» giudaici, che introdussero nella chiesa di Corinto il sincretismo religioso di stampo gnostico, è indubbiamente interessante. Certamente essi avevano accreditato se stessi, vantandosi di ciò che non avevano fatto in realtà e screditando l’apostolo e la sua squadra, sebbene essi avessero fatto tanti sacrifici per l’opera. Sì, Paolo considerò i Corinzi come ammaliati e sedotti da tali superapostoli, come essi si definivano. Sebbene i Corinzi si vantassero di conoscenza (gnosi) e di carismi di discernimento, egli li accusò di ingenuità e di aver accettato contenuti dottrinali estranei alla predicazione apostolica: «Se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno Spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un Evangelo diverso da quello che avete accettato, voi ben lo sopportate!» (2 Cor 11,4). Paolo non usò mezzi termini verso tali imbonitori e imbroglioni di allora (vv. 12ss). Essi erano, come già detto, propugnatori dello gnosticismo giudaico (sincretismo fra contenuti biblici, esoterismo e «religioni dei misteri»). Il parallelo con certi «unti carismaticisti» odierni non è fuori luogo, visto che propagano una spiritualità esoterica cristianamente mimetizzata, mischiando tecniche mesmeristiche (ipnosi lucida di massa), suggestione di massa, contenuti religiosi gnostici biblicizzati (teologia della prosperità, guerriglia territoriale, miracolismo fine a se stesso, esperienze mistiche interpretate con contenuti biblici, ecc.), desiderio di dominio sulle chiese, devozione cristiana quale fonte di arricchimento personale e così via.

     Dovremmo però restringere 2 Corinzi 6,14-18 a questo significato? Se i «sommi apostoli» c’entrano, come è possibile? Lo vedremo nei seguenti punti.

 

     ■ Le correnti in Corinto: La corrente gnostica, alimentata dai superapostoli giudaici, univa in sé aspetti sincretistici (esoterismo cristianizzato), manifestazioni mistiche (visioni, glossolalia) e di potenza (miracolismo) e il dualismo fra corpo e spirito. L’aspetto sincretistico, dualistico e materialistico era questo: poiché lo spirito del cristiano è stato salvato da Cristo, egli può usare il corpo come meglio crede, visto che è destinato alla tomba; può quindi partecipare ai banchetti in onore degli dèi, visto che gli idoli sono dei niente; può altresì partecipare ai riti orgiastici dei culti pagani o recarsi lì da prostitute e prostituti sacri, senza che allo spirito del cristiano accada nulla di particolare.

     Per contrappasso, alcuni Corinzi scioccati da tale libertinismo, si rifugiarono in una spiritualità ascetica, secondo cui qualsiasi contatto col mondo era peccato, qualsiasi espressione sessuale contaminava (anche col proprio coniuge) e qualsiasi cosa o alimento, non preventivamente accertato, rendeva impuri. Paolo rispose a questi ultimi che non si potevano interrompere tutti i contatti con la gente del mondo, ma che bisognava separarsi dai falsi fratelli soltanto (1 Cor 5,9-12). Per evitare la fornicazione, è bene che ognuno abbia il proprio coniuge e faccia il proprio dovere coniugale (1 Cor 7,1ss). Bisogna mangiare di ciò che è venduto al macello o offerto da chi ospita un credente, senza farsi troppi scrupoli di natura religiosa, poiché gli alimenti sono doni di Dio (1 Cor 10,25ss); l’unica eccezione è quando uno è avvertito preventivamente che qualcosa è sacrificata agli idoli, ma ciò solo per non alimentare la superstizione religiosa negli altri e per non essere d’intoppo a qualcuno (vv. 28-33).

 

     ■ L’imbroglio dello gnosticismo: Esso crea spesso un abisso fra pratiche religiose misticheggianti e l’etica quotidiana. È venuto a galla che predicatori alla moda del cosiddetto «Evangelo di potenza» tradivano regolarmente le proprie mogli e in certi casi avevano rapporti omosessuali (cfr. Paul Cain). Non molto tempo fa, mi telefonò un credente pentecostale da Torino e costernato mi disse che lì da loro conosce donne che di domenica in sala fanno sfoggio della loro devozione, recitando stupende preghiere e parlando in lingue mirabili discorsi divini, ma durante la settimana vanno a letto con vari maschi.

     A Corinto la prostituzione sacra era parte integrante dei cosiddetti culti di fertilità (come già in Canaan nei culti di Baal e Astarte). Il sincretismo religioso che si respirava a Corinto, alimentato nella chiesa dai superapostoli giudaici, faceva sì che anche i cristiani partecipassero ai banchetti in onore degli dèi e andassero dalle prostitute e dai prostituti sacri. Tanto, affermavano nel loro dualismo, lo spirito è oramai salvo e il corpo deve disfarsi prima o poi.

     Paolo trattò la questione delle «carni sacrificate agli idoli» in 1 Corinzi 8. Allora pressoché tutto ciò che si vendeva al macello, poteva provenire dai culti idolatrici e ciò rappresentava un problema per coloro, la cui «coscienza, essendo debole», pensavano così di contaminarsi (v. 7), magari con un demone. In Corinto i «forti», ossia coloro che sapevano che gli idoli sono dei nulla, rappresentavano un pericolo per i «deboli», che attribuivano a tali carni un significato particolare (v. 9). Infatti, i primi si sedevano «a tavola in un tempio d’idoli» (v. 10), rappresentando così una trappola per i secondi (v. 11). Ciò fu considerato da Paolo un peccato contro il fratello, che è stato scandalizzato, e contro Cristo stesso (vv. 12s).

     Sul piano dell’etica sessuale, i Corinzi non solo tolleravano fra di loro la fornicazione (1 Cor 5), ma ritenevano che da cristiani tutto era loro concesso (1 Cor 6,12). Paolo parlò invece del cambiamento spirituale e morale (v. 11) e li avvertì, togliendo loro eventuali illusioni, che «gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio» (vv. 9s). Un problema rilevante era fra i Corinzi proprio l’esercizio della fornicazione (lussuria, lascivia, connubi illeciti) e nella fattispecie di andare dalle prostitute (vv. 13-16); come già detto, ciò avveniva specialmente come prostituzione sacra presso i templi di divinità della prosperità. Paolo invece, parlando del corpo come «tempio dello Spirito Santo», ingiunse in conclusione: «Fuggite la fornicazione. Ogni altro peccato che l’uomo commetta è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo» (v. 18). Tale discorso fu ripreso anche verso la fine della sua seconda epistola, quando espresse il timore che «al mio arrivo… io abbia a piangere molti di quelli che hanno precedentemente peccato, e non si sono ravveduti della impurità, della fornicazione e della dissolutezza, a cui si erano dati» (2 Cor 12,21).

 

     ■ Conclusione: Il brano di 2 Corinzi 6,14-18 è da inserire in tale ampio contesto di sincretismo religioso e morale che vigeva nella chiesa di Corinto. Una buona parte dei Corinzi, da una parte portavano in processo i fratelli (1 Cor 6,6ss), dall’altra si univano alle prostitute (vv. 13ss) e, pur chiamandosi cristiani, si comportavano come pagani (1 Cor 5,11). In tutto ciò avevano chiaramente una grande responsabilità tali giudei cristiani che, introdottisi nella chiesa di Corinto, seminarono il loro infausto lievito dottrinale, il loro sincretismo gnostico, il loro dualismo morale e il loro libertinismo.

     Nel brano in questione Paolo denunciò tutta una serie di commistioni religiose e morali dei cristiani di Corinto, affermando l’incompatibilità di un giogo comune fra cristiani e infedeli, portando come esempio coppie di cose incompatibili fra loro per definizione (vv. 14ss): giustizia e iniquità (rapporti, p.es. affari, unioni affettive, imprese), Cristo e Beliar (fede e culto), fedele e infedele (moralità, mentalità), tempio del Dio vivente e idoli morti (culto, prassi religiosa). Il patto col Signore e le sue promesse richiedono un cambiamento di mentalità e di stile di vita (vv. 16ss) e una purificazione da ogni tipo contaminazione, ossia di carne e di spirito (niente dualismi!), compiendo così la propria santificazione nel timor di Dio (2 Cor 7,1).

 

Sulla chiesa di Corinto e le relative problematiche si rimanda per l’approfondimento in Nicola Martella, Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996), all’articolo: «Discernimento degli spiriti II», pp. 59-62 (Alcune problematiche in Corinto). Per certi aspetti si veda pure in Nicola Martella, Generi e ruoli 2 (Punto°A°Croce, Roma 1996), gli articoli: «La donna in 1 Corinzi 11», pp. 9-27; «La donna in 1 Corinzi 14», pp. 28-41.

 

Giogo in 2 Corinzi 6,14 e società con increduli {Nicola Martella} (D)

Il giogo diseguale fra credenti e increduli {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Non_con_infedeli_Car.htm

19-11-2008; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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