Quanto segue è l'efflusso di un tema di discussione dal titolo
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Parlando di traduzioni, lingue bibliche e mentalità ebraica.
In esso Argentino Quintavalle ha fatto continuamente riferimento a un
«sottotesto ebraico», al quale bisognerebbe risalire, per capire quello greco.
La sua tesi ricorrente e conclusiva è questa:
«E quindi riaffermo che i greci non avrebbero potuto capire gran parte delle
Scritture se non c’era qualche ebreo che gliele spiegava». In tale contributo mi
ha lanciato anche una sfida personale riguardo a Mt 6,22s: «Nicola ha detto che
le mie sono delle mere supposizioni, ebbene io ripeto l’invito a provare a
spiegare, tanto per cominciare, il brano sopra citato, e poi vedremo se sono
mere supposizioni». Non mi resta altro da fare che assecondare le sue
argomentazioni e rispondere a esse.
Come il lettore potrà constatare, si tratta di un'importante lezione di
ermeneutica, ossia d'interpretazione corretta del testo biblico. |
1. La tesi (1)
{Argentino Quintavalle}
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Mt 6,22s legge: «La lampada del corpo è l’occhio; se dunque l’occhio tuo è
puro, tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma se l’occhio tuo è viziato, tutto il
tuo corpo sarà tenebroso».
«Se l’occhio tuo è puro» è un detto ebraico che significa «se tu sei
generoso», ma i nostri traduttori non hanno riconosciuto quest’idioma ebraico.
La Bibbia di Gerusalemme traduce «occhio chiaro»; la Ricciotti «occhio
semplice»; la Riveduta «occhio sano»; la Nuova Riveduta «occhio
limpido»; la Nuova Diodati «occhio puro». Ma nessuno di questi
significati ha molto senso in questo particolare contesto.
Chiediamoci anche: cos’è un «occhio
viziato»? In ebraico, avere un «occhio viziato»,
significa essere avaro — proprio come avere un «occhio puro» significa
essere generosi. Gesù sta mettendo in guardia contro la mancanza di generosità.
Questo s’adatta perfettamente al contesto:
«Perché dov’è il vostro tesoro,
là sarà anche il vostro cuore»
(Mt 6,21).
«Voi non potete servire a Dio e a mammona»
(Mt 6,24).
Questo è solo un piccolo esempio, ma spero ora d’aver chiarito cosa volevo dire
con gli articoli precedenti. Ci sono molte altre espressioni, nei testi greci
degli Evangeli sinottici, che derivano da idiomi ebraici la cui interpretazione
è andata persa man mano che ci si è allontanati dalle radici.
2. Obiezioni e osservazioni (1)
{Nicola Martella}
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1. ENTRIAMO IN TEMA: Partiamo dalla traduzione riportata
sopra dal mio interlocutore. L’espressione al singolare «occhio puro» non
esiste in ebraico. Ricorre comunque quella al plurale. Qui «puro» non significa
mai «generoso».
Secondo Elifaz di Teman per Dio i «suoi santi, i
cieli non sono puri agli occhi suoi» (Gb 15,15); similmente si parla
della luna, delle stelle e dell’uomo (Gb 25,5s). Ai suoi occhi sono pure le
parole benevole (Pr 15,26).
Il verso più importante, in cui ricorre direttamente
l’espressione deputata è Hb 1,13: «Tu, che hai gli occhi troppo
puri per sopportare la vista del male, e che non puoi tollerar lo spettacolo
dell’iniquità, perché guardi i perfidi, e taci quando il malvagio divora l’uomo
ch’è più giusto di lui?». È chiaro che qui sarebbe ridicolo intendere «occhi
troppo generosi».
L’unico luogo in cui tale espressione ricorre nella
Bibbia — se viste anche alla luce delle altre — non ha nulla a che fare col tema
generosità e avarizia! Perché dovrebbe avere un altro significato in Mt 6,22s.
Qui l’espressione «se l’occhio tuo è puro» può benissimo significare
semplicemente «se l’occhio tuo non è contaminato dal male». L’avarizia è
solo uno di tali mali o vizi.
2. APPROFONDIAMO LA QUESTIONE
I termini greci
■ Il primo termine greco (tradotto sopra con
«puro») è in effetti
haplous e significa sempre «integro, sano, normale» se applicato a occhio.
La Vulgata tradusse con simplex «semplice». I significati di base sono
«semplice, singolo, schietto, ingenuo, franco, sincero, onesto, naturale». Il
termine ricorre nel NT solo in Mt 6,22 e Lc 11,34. L’avverbio corrispondente
haplōs «semplicemente, schiettamente, sinceramente», ricorre solo in Gcm
1,5.
■ Il secondo termine greco (tradotto sopra con
«viziato») è in effetti ponēròs e significa sempre «malvagio,
cattivo»; la Vulgata tradusse con nequam «iniquo». I significati di base
sono «sofferente, sfortunato, grave, penoso, cattivo, inutile, abbietto, di
bassa lega, malvagio, perverso, triste». Come aggettivo sostantivato viene a
designare o un uomo malvagio o addirittura il diavolo (il maligno). Il termine
ricorre nel NT in modo così spesso che la lista sarebbe lunga, ma mai come
sinonimo di avaro e derivati.
Verifica biblica
■ Generoso e avaro?: I termini «occhio / occhi»
e «generoso» e derivati non ricorrono mai insieme. L’unico luogo in cui nelle
traduzioni ricorre il termine «generoso» in italiano non ha a che fare con gli
occhi e in ogni modo in greco c’è eughenēs «nobile [d’animo]». I termini
«occhio / occhi» e «avaro» e derivati non ricorrono mai insieme.
■ L’occhio innocente: Si tratta dell’occhio
esercitato al bene, alla sincerità e all’onestà. Denota una persona semplice,
schietta, franca e sincera che conserva una buona coscienza.
■ L’occhio maligno: Si tratta dell’occhio
esercitato al male e alla malignità. Denota una persona cattiva e malvagia che
ha pervertito la sua coscienza. Si parla di «occhi alteri» (Pr 6,17) e di «chi
chiude gli occhi per macchinare cose perverse» (Pr 16,30).
Una corretta traduzione
Traduciamo quindi correttamente Mt 6,22-23a: «La
lampada del corpo è l’occhio. Se dunque l’occhio tuo è integro, tutto il tuo
corpo sarà luminoso, ma se l’occhio tuo è malvagio, tutto il tuo corpo sarà
tenebroso».
Si noti che il termine greco fōteinòs significa
«luminoso, lucente, raggiante». In effetti una coscienza buona e schietta rende
la persona raggiante, appagata e felice. Il termine greco skoteinòs
significa «tenebroso, cupo, oscuro». In effetti una coscienza cattiva e perversa
rende la persona cupa, dura, tenebrosa.
Luce e tenebra
Nella seconda parte del verso 23 Gesù disse: «Se
dunque la luce che è in te è tenebra, quanto [sarà] grande la tenebra!».
Questa è la spiegazione di ciò che era forse un’espressione proverbiale. Il
contrasto è qui tra «luce» e «tenebra», come in numerosi altri brani biblici, e
non tra «generosità» e «avarizia».
Il termine «luce» è spesso associato a Dio e alla vita
in comunione con lui, mentre «tenebre» è una delle illustrazioni per il diavolo,
della vita lontana da Dio e del destino dopo il giudizio.
3. ALCUNE CONCLUSIONI
Il mio interlocutore afferma che «se l’occhio tuo è
puro» e «se l’occhio tuo è viziato» sono detti ebraici che
significano rispettivamente «se tu sei generoso» e «se tu sei avaro». Nel
dizionario d’ebraico e aramaico biblici che possiedo non c’è nulla di simile. Mt
6,22s può stare benissimo tra il v. 21 e il v. 24, senza dover significare ciò
che si sostiene. L’occhio è lo specchio del cuore e della coscienza: dove essi
sono schietti e semplici, serviranno Dio (v. 24a) e confideranno nella
provvidenza di Dio (vv. 25ss); dove essi sono malvagi, cercheranno di
assicurarsi la propria vita arricchendosi (vv. 19-21) e faranno della ricchezza
(mammona) il loro obiettivo primario (v. 24b), a qualunque costo.
Sembra come se Paolo, scrivendo a Timoteo, facesse una
specie di commento a queste parole di Gesù, intrecciando le intenzioni del cuore
alle scelte di vita e contrapponendo la «via della devozione» a quella
dell’arricchimento: «Or la pietà con animo contento del proprio stato, è un
grande guadagno; 7poiché non abbiamo portato nulla nel mondo, perché
non ne possiamo neanche portar via nulla; 8ma avendo di che nutrirci
e di che coprirci, saremo di questo contenti. 9Ma quelli che vogliono
arricchire cadono in tentazione, in laccio, e in molte insensate e funeste
concupiscenze, che affondano gli uomini nella distruzione e nella perdizione.
10Poiché l’amore del danaro è radice d’ogni sorta di mali; e alcuni che vi
si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono trafitti di molti dolori.
11 Ma tu, o uomo di Dio, fuggi queste cose, e procaccia giustizia, pietà,
fede, amore, costanza, dolcezza» (1 Tm 6,6-11).
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Due tesi a confronto su Matteo 6,22-23 (2)