Caro Nicola, in Internet sono stato coinvolto
in un’accesa discussione su Matteo 1,23, su cui vengono affermate cose così
contrastanti. Potresti spiegarmi in modo più esegetico questo brano? {Giovanni
Mele, Canada; 17-04-2015} |
Cominciamo con la
traduzione letterale di Matteo 1,23 dal greco: «“Ecco, la vergine sarà
incinta e partorirà un figlio, ed essi chiameranno il suo nome Emanuele”,
che, tradotto, è: “Dio con noi”».
Si noti che Matteo
non citò il testo ebraico di Isaia 7,14, ma il testo greco dell’AT, ma con delle
differenze. Isaia 7,14 recita in greco kaléseis «chiamerà» (fut.
ind. att. 2a sing.); mentre Matteo
1,23 ha qui kalésūsin
«chiameranno». Ciò mostra che Matteo citò l’AT a senso, applicando tale
verso alla situazione di Giuseppe e di Maria. Infatti, a quel tempo spettava al
marito di dare il nome o, almeno, a entrambi. |
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L’angelo ingiunse a Giuseppe quanto segue: «Ella partorirà un
figlio, e tu gli porrai nome Gesù» (Mt 1,21). E inoltre è scritto che
Giuseppe «non ebbe
con lei rapporti coniugali, finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli
pose nome Gesù» (v. 25).
Una parthénos «vergine» era fanciulla pronta per il matrimonio,
che non aveva avuto alcun rapporto sessuale con un uomo. Rebecca era «vergine
e nessun uomo l’aveva [intimamente] conosciuta» (Gn 24,16). Maria era
«una vergine fidanzata a un uomo chiamato Giuseppe»
(Lc 1,27). Quando l’angelo le annunciò, che avrebbe partorito il Messia, ella
gli disse: «Come avverrà questo, poiché non conosco
[intimamente] un uomo?»
(v. 34). L’angelo le parlò dell’intervento dello Spirito Santo in lei (v. 35).
«Emanuele» (ebr. `immānû ’el «con noi [è] il Potente») non
è stato mai il nome personale del Messia, poiché in tutto il NT viene presentato
col nome di Gesù
(gr. Iēsūs; Mt 1,21.25; 2,1), di Gesù Unto (gr.
Iēsūs Christós; Mt 1,1.16.18), Gesù Nazareno (Mt 26,71; Mc 1,24; 10,47) e
Gesù da Nazareth (At 10,38; cfr. Mt 21,11; Gv 1,45). «Emanuele» era,
quindi, un titolo messianico (cfr. anche Is 9,5) o, come succedeva
nell’antichità, il «nome dell’intronizzazione», ossia quel nome che
avrebbe ricevuto, se Israele lo avesse riconosciuto come Messia e lo avrebbe
acclamato come proprio re.
Il nome «Emanuele» o «Dio con noi» si
riferiva a Dio Padre o proprio al Messia? Ciò è legato proprio all’atto
dell’intronizzazione; il nome doveva esprimere la natura e la funzione del re,
quindi qui di Gesù Messia. Ad esempio, quando il
faraone Neco sconfisse Giosia, il re di Giuda, che
morì in battaglia, prese ’Ëljāqîm
(= il mio Dio rialza), figlio di Giosia, lo fece re, dandogli questo nome
d’intronizzazione: Jehojāqîm
(= Jahwè rialza; 2 Re 23,34); in tal modo, il faraone intendeva ricordare al re
di Giuda, che quest’ultimo gli aveva giurato fedeltà e tributo nel nome
dell’Eterno. Che «Emanuele» si riferisse al Messia quale «Dio con
noi» e mostrato anche dall’introduzione del nome personale Gesù: «Tu
gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro
peccati» (Mt 1,21). Per cui, in ambedue i casi il
significato del nome si riferiva a chi lo avrebbe portato.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Matteo-1_23_OiG.htm
21-04-2015;
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