Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

Interpretazione biblica

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LINGUE BIBLICHE E L’ERRORE DELL’ETIMOLOGIA

 

 di Nicola Martella - Francesco Grassi

 

 

1.  LE LINGUE BIBLICHE: CHANCE E COMPLICANZE (Nicola Martella): Quando insegnavo in una scuola biblica, sia nella scuola residenziale, sia in quelle locali, gli studenti mi chiedevano spesso il consiglio se fare o meno il corso di greco o di ebraico. Anche attualmente mi viene fatta una simile domanda. Sento anche di sedicenti «professori» che fanno corsi di lingue bibliche nelle chiese, spesso a persone che neppure masticano la lingua italiana.

     In rete vedo macedonie pseudo-teologiche basate su una supposta conoscenza delle lingue bibliche. Gli autori fanno salti mortali etimologici per dimostrare, con i loro sofismi speculativi, tutto e il contrario di tutto. Spesso scuoto solo la testa su tale dotta ignoranza.

     Che rispondo a chi mi chiede se studiare le lingue bibliche? Le lingue bibliche o le si studia seriamente e ciò rimane un esercizio vita natural durante, oppure ci si illude e si complica, inoltre, la vita a sé e agli altri. Le infarinature di lingue bibliche possono certo aiutare a leggere il testo greco per controllare se lì è contenuto un termine o un altro, oppure per controllare il variegato spettro di significati nei dizionari o in strumenti affini. Quando però si passa da un uso personale a pretendere d’insegnare dal pulpito, in articoli e sul Web cose perentorie, si rischia di fare solo confusione per se e per gli altri. Ciò è particolarmente evidente laddove la dotta ignoranza si serve proprio dell’etimologia per dimostrare una cosa o per contrastarne un’altra.

     Che rispondo, quindi, a chi mi chiede se gli consiglio di studiare le lingue bibliche? Che cosa significa «studiare»? Alcuni intendono semplicemente fare un corso di vari mesi o di un paio d’anni in una chiesa locale o in una scuola biblica. Alcuni corsi del genere sono seri, altri rappresentano una mera infarinatura; poi esistono anche persone che insegnano singolari commistioni di lingue bibliche, etimologia speculativa e numerologia nelle chiese, e i partecipanti si illudono di stare a studiare greco o ebraico!

     Tralasciando tali corsi pittoreschi e concentrandoci sui corsi seri, chiedo a tali credenti se veramente vogliono investire tanto tempo ed energie, sottraendoli ad altre importanti occupazioni (devozione, servizio, lavoro, chiesa, famiglia, ecc.). Spesso le loro attese sono romantiche e idealistiche, più che concrete e pragmatiche. Vale la pena imparare a memoria centinaia, se non addirittura migliaia di vocaboli (infatti a ciò si riduce il tutto in certi corsi di lingue), di cui poi, in pochi anni, si avrà dimenticato la maggior parte? Lo stesso vale le declinazioni e le coniugazioni, per le classi di regole e le loro eccezioni, per la grammatica e la sintassi.

     L’illusione, che spesso accompagna la ricerca di tali infarinature con le lingue bibliche, è che così si capirà meglio il testo biblico e si sarà in grado di insegnare meglio nella chiesa locale! In molti di tali casi, potrebbe succedere secondo tale motto: «Perché fare le cose facili, quando si possono fare difficili?». Infatti, le lingue bibliche servono a chi insegna per capire lui il testo, non per farne sfoggio dal pulpito!

     Vale la pena fare tale sacrificio nel capire delle lingue morte nell’intento di capire meglio la vita propria delle Scritture e di servire meglio i vivi d’oggi? La risposta è sì, se si vorrà rimanere a studiare le lingue bibliche per l’intera vita. La risposta è no, se si pretende che, dopo un corso di mesi o di uno o due anni, si capirà meglio la Bibbia; è una pia illusione. Nel secondo caso, di là dall’aspetto positivo di saper leggere l’alfabeto greco, consiglio in genere di risparmiarsi un investimento che non porterà molti risultati e ricavi né per sé né per altri (tacendo qui sui possibili danni che può recare la dotta ignoranza).

     Se si vuol rimanere a un’infarinatura delle lingue bibliche, in genere consiglio a tutto ciò una migliore alternativa. Ci si comperi una decina di traduzioni della Bibbia in italiano e in lingue estere, che si capisce, e si faccia sempre uno studio comparato. Ci si meraviglierà di come si possa avvicinare al pensiero di un autore biblico, senza sapere il greco o l’ebraico. L’esegesi contestuale è un atteggiamento soprattutto mentale (attitudine), mentre gli strumenti sono solo ausili. Inoltre, ci sono poi abbondanti commentari esegetici seri in varie lingue su ogni libro della Bibbia, scritti da persone che hanno studiato le lingue bibliche e il testo biblico per tutta la loro vita. Un corso di greco o d’ebraico non ci renderà esegeti.

     Come ho accennato sopra, le infarinature di greco e di ebraico, se si pretende di usarle in un discorso teologico come strumento probatorio e risolutivo, possono risultare addirittura a danno della comprensione reale del testo. La poca conoscenza concreta fa proiettare nei termini dei significati generali. Ogni termine però ha uno spettro di significati e il senso concreto del determinato termine dipende sempre dal nesso logico, in cui è inserito in una certa frase. Poi, il danno maggiore lo fanno coloro che partono dall’etimologia e che si aiutano, inoltre, con l’allegoria, le spiritualizzazioni, l’indebita versettologia, il falso sillogismo e quant’altro.

 

 

2.  QUANDO L’ETIMOLOGIA NON AIUTA LA VERITÀ (Francesco Grassi): Ricostruire lo sfondo di un brano biblico, è buono. Tuttavia, volersi rifare al «principio etimologico» d’un termine, crea in realtà più problemi di quanto non ne risolva. Questo fatto ha portato ormai gli studiosi a parlare piuttosto di «errore etimologico» (vedi James Barr, Biblical Semantics; cfr. D.A. Carson, Exegetical Fallacies, Moisès Silva, Biblical words and their meaning). In sostanza, ciò che conta non è l’uso diacronico del termine, ma quello sincronico, ossia non è importante il significato che il termine ha avuto lungo il corso della storia, ma quello che aveva, quando è stato usato da un certo autore.

     Riconoscere questa problematica è indispensabile per non caricare un certo un termine, che si sta analizzando, con tutto il significato che ha avuto nella storia, nel bene e nel male, o perfino con il significato che esso ha assunto oggi. Ad esempio, non è inusuale sentire che «l’Evangelo è la dynamis di Dio», cioè «potenza, forza»; fin qui non ci sarebbe ancora nulla di male, a parte lo snobismo, se non si aggiungesse quanto segue: «Infatti, questo è ciò che fa la dinamite». Peccato che tale associazione d’idee, oltre a rappresentare un errore anacronistico clamoroso su base «diacronica» (la dinamite è un termine moderno!), l’Evangelo viene fatto diventare così una forza distruttiva e non costruttiva e rigeneratrice.

     Studiare, quindi, lo sfondo di un brano, non significa importare nel linguaggio di un autore biblico tutto ciò, che un termine o una frase può aver detto o vuol dire oggi (vedi anche l’errore del «trasferimento totale» negli autori sopra citati). Ad esempio, in 2 Pietro 1,3-4 molti non vogliono accettare le parole di Pietro in modo semplice e secondo una «normale esegesi», perché importano nella locuzione «partecipi della natura di Dio», tutto il bagaglio filosofico, che è possibile connettere a essa. Tuttavia questo non è assolutamente corretto.

 

Nota redazionale: Questo punto era in origine una nota a piè di pagina dell’articolo «Natura divina e incorruttibilità in 2 Pietro 1,3-4», a cui era stato tolto per essere affrontato qui a sé. A tale articolo ha risposto Tonino Mele qui: «2 Pietro 1,3-4 tra storia ed escatologia»; l'intera discussione si trova qui di seguito: «Natura divina fra caparra e adempimento finale».

 

 

3.  ASPETTI CONCLUSIVI (Nicola Martella): Come l’etimologia di un termine possa essere usata impropriamente come una clava per difendere le proprie posizioni dottrinarie contro quelle altrui, rimandiamo ai termini «augurio, augurare; auspicio, auspicare; fortuna, fortunato; propizio, propiziare». [► Auguri tra incertezze e ideologia] In quest’ultimo articolo si noti pure la distinzione fra etimologia e uso di un termine. Abbiamo anche mostrato come alcuni, a causa di reminescenze etimologiche, evitano di usare termini come «cazzuola», «cazzotto» e simili.

     Inoltre, per approfondire l’intera questione rimandiamo ai seguenti articoli:

Gli scrittori del NT usarono il metodo allegorico per interpretare l’AT?

L’interpretazione biblica

La ragione delle cose

 

► Per approfondire ulteriormente le questioni, nell’opera di Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), rimandiamo ai seguenti articoli: «Ermeneutica», p. 155; «Interpretazione allegorica», pp. 192s; «Interpretazione deduttiva», p. 193; «Sistemi teologici», pp. 332ss; «Teologia biblica e dogmatica: confronti», pp. 352s; «Versettologia», pp. 378s.

 

Lingue bibliche e l’errore dell’etimologia? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Lingue-BB_error_etimol_MT_AT.htm

05-03-2010; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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