Quali sono i principi esegetici da tener presente, quando si affrontano
questioni non chiaramente trattate dalla Bibbia? (p.es. il «fumo», la
masturbazione, gli anticoncezionali).
■ La tentazione della versettologia: Per prima
cosa bisogna resistere alla facile tentazione di arrivare a conclusioni
affrettate, partendo da una lista di versetti tolti dal loro contesto. Tale
«versettologia» si usa spesso per accreditare le proprie convinzioni e per
dichiararle come «bibliche». In tal modo, però, si può «dimostrare» tutto e il
suo contrario; ad esempio, si affermerà che il sabato sia obbligatorio per i
cristiani del nuovo patto, oppure che lo sia la domenica; che la legge sia
ingiuntiva per i cristiani gentili, oppure che non abbia più nessun significato.
■ La tentazione della proiezione: L’esegesi
è l’analisi di un testo nel suo contesto naturale (storico, letterario,
culturale, teologico) per risalire a ciò che l’autore originario intendeva dire
veramente. È «l’effetto minatore». ● Al contrario, l’eisegesi è
«l’effetto discarica»: si proietta nel testo opinioni non evidenti in esso, ma
che si accreditano con la ripetizione e la convenzione. Così ad esempio, si
afferma che tra Gn 1,1 e Gn 1,2 sia avvenuta la fantomatica caduta di Satana (gap
theory o teoria restituzionista) [cfr. Nicola Martella, Esegesi delle origini,
Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 31ss.], che Is 14,4-20 e Ez 28,1-19 parlino di tale caduta di
«Lucifero» [cfr. ibid. pp. 35s], un personaggio inventato dalla Vulgata.
● Qui si potrebbero inserire le «grandiose» sovrastrutture dottrinali quali il dispensazionalismo (la storia
ingabbiata in «dispensazioni») e la «teologia del patto unico» (il patto
eterno di Dio si estrinsecherebbe nella storia di Dio con il suo popolo, Israele
nell’AT e la chiesa nel NT, esautorando poi di fatto l'Israele
storico). [Cfr. Nicola Martella, «I patti e gli altri approcci»,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 31-53.]
■ La tentazione dell’applicazione: Si passa dal
testo, estratto spesso dal suo contesto naturale, all’applicazione che si vuole,
pensando che essa sia parte del processo esegetico stesso. In tal modo, si
proiettano nel testo significati che diventano evidenti solo a chi ce li pone o
a chi si abitua a tale convenzione. Il metodo allegorico e quello deduttivo la
fanno qui da maestro. Si pensi qui alla malsana interpretazione allegorica del
Cantico dei Cantici, secondo cui Sulamita sarebbe, secondo i casi, la chiesa
(Salomone sapeva già il «mistero» nascosto ai profeti!?), l’anima del credente,
la monaca quale sposa di Cristo, eccetera. Ricordiamo che l’esegesi è una sola
(il pensiero dell’autore originario), le applicazioni (legittime, verosimili e
arbitrarie) possono essere molte e dipendono dalla situazione e dallo stato
d’animo dei lettori.
■ La tentazione della riduzione: È evidente che
gli scrittori del NT abbiano applicato in senso messianologico alcune parti dei
salmi 8 e 22. Sarebbe però una grande riduzione pensare che un’analisi
cristologica di questi testi esaurisca la loro portata. Infatti, tali salmi sono
stati cantati per secoli nel tempio e nelle sinagoghe, sono stati oggetto
d’investigazione prima e dopo Cristo. Esiste quindi l’esegesi normale di
questi testi e l’applicazione messianologica che fecero gli autori del NT
secondo i noti principi rabbinici «dal minore al maggiore» e «dal generale al
particolare». Certamente si può addurre qui anche la «dinamica predizionale» con
il «doppio riferimento», ma qui non è il posto per discutere questa possibilità.
[Cfr. N. Martella, «Dinamica predizionale»,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento, p. 138.]
■ Un esempio pertinente: Altrove abbiamo portato
l’esempio del «figlio prodigo» (Lc 15,11ss), che qui riproduciamo. Questo testo
faceva parte delle parabole del regno. L’esegesi corretta di questo brano
ci porterà a concludere che Gesù intendeva Israele quale figlio (Es 4,22; Os
11,1) e Dio quale padre (Is 63,16; 64,8; cfr. Mt 6,9). Gesù invitava i Giudei di
credere che Egli era il Messia promesso e ingiungeva loro di tornare per mezzo
di Lui a Dio. I Giudei però rifiutarono Gesù quale Messia, quando venne e si
presentò come il Re promesso. ● Se si vuole fare un’applicazione legittima
di questa parabola, si converrà che essa può solo riguardare un credente che si
è sviato dal Padre (Dio è Padre solo dei credenti!) e che è esortato a tornare a
Lui. ● Certamente esistono anche applicazioni improprie di questa
parabola, quando la si usa per predicare l’Evangelo ai non credenti. In tal
caso, però, dov’è la coerenza teologica, secondo cui Dio è Padre solo di coloro
che hanno già accettato Gesù quale Messia? Da un’errata applicazione del genere
può nascere poi — come già succede — la falsa dottrina di una paternità
universale di Dio (siamo tutti figli di Dio!?).
■ La ricerca di criteri biblici: Laddove gli
scrittori della Bibbia non trattano per nulla un argomento (perché moderno;
p.es. il «fumo») o lo fanno in modo oscuro per noi (perché distanti per storia,
cultura dai destinatari primordiali; Gesù sceso negli inferi dopo la morte) o
solo indirettamente (cfr. masturbazione, anticoncezionali), allora bisogna
trovare «principi». A ciò aiutano l’analogia, risalire dal minore al maggiore o
dal generale al particolare, eccetera. Si noti, però, che tali «criteri dedotti»
rimangono principi orientativi e non sono pari all’esegesi. Tali principi e
criteri sono spesso condizionati da chi li cerca (personalità, formazione
culturale, appartenenza religiosa, ecc.).
■ Quando si pratica l’esegesi: Oltre a quanto
detto sopra a proposito dell’esegesi, si fa bene a tener presente i seguenti
aspetti. ● 1) La rivelazione è progressiva; ● 2) Ciò che è ordinato nell’AT non
deve valere per forza nel NT e per i credenti delle nazioni (p.es. la
circoncisione); ● 3) Nel NT vale non la Legge di Mosè, ma la «legge di Cristo»
(1 Cor 9,21; Gal 6,2); ● 4) Non ci si può richiamare alla Legge di Mosè solo per
ciò che ci aggrada: o si ubbidisce a essa in tutto (diventando cristiani giudei)
o si diventa trasgressore della legge (Gal 5,3); ● 5) La decisione di At 15 per
i credenti gentili è storica e fondamentale; ● 6) Per i cristiani gentili la
legge mosaica non è ingiuntiva (altrimenti essi dovrebbero essere messi a morte
per ogni trasgressione, per la quale essa prevede la pena capitale, ad esempio:
la non circoncisione, la disattenzione dei sabati, le norme rituali, igieniche e
alimentari), ma rimane orientativa del pensiero di Dio; ● 7) L’etica del nuovo
patto si differenzia per principio
da quella dell’antico patto (Rm 7,6; 2 Cor 3,6); ● 8) Che qualcosa venga
comandato nel NT, non significa che valga automaticamente per tutti, ma può
interessare solo singole categorie, esonerando altre: padri o madri, mariti o
mogli, genitori o figli, padroni o servi, conduttori o membri di chiesa,
eccetera. ● 9) E così via.
■ Quando una questione non è evidente: Dinanzi a
un qualsiasi problema bisogna chiedersi, ad esempio, quanto segue: ● 1) È
rivelato chiaramente nell’AT? ● 2) È rivelato chiaramente anche nel NT? ●
3) Se non è rivelato chiaramente, esiste un chiaro principio di analogia su cui
basarsi? ● 4) Se non esiste un chiaro principio di analogia su cui basarsi,
esistono altri criteri che si possono addurre? Sono essi universalmente
riconosciuti validi dai cristiani? ● 5) Rientra ciò nella libertà cristiana
individuale? (cfr. Rm 14,4; Gcm 4,12; cfr. 1 Ts 4,11). ● 6) Ha ciò a che fare
con «l’etica della libertà e della responsabilità»? Si veda qui 1 Cor 6,12, dove
Paolo mette le basi all’etica del nuovo patto: non tutto ciò che è lecito, è
veramente utile, anzi potrebbe creare in me non una libertà maggiore ma una
dipendenza («Ogni cosa m’è
lecita, ma non ogni cosa è
utile. Ogni cosa m’è lecita, ma io non mi lascerò
dominare da cosa alcuna»). Lo
stesso accade in 1 Cor 10,23s: non tutto ciò, che è lecito, è veramente utile né
risulta positivo per la crescita (personale, di gruppo), anzi il mio vantaggio
potrebbe significare il danno altrui («Ogni cosa è
lecita
ma non ogni cosa è
utile; ogni cosa è lecita ma non ogni cosa edifica. Nessuno cerchi il
proprio
vantaggio, ma ciascuno cerchi l’altrui»).
● 7) E così via.
Inoltre, quando si affronta un certo problema di etica,
si fa bene a non mischiare insieme aspetti del tutto diversi. Bisogna
distinguere gli aspetti chiari della questione, risultanti da una corretta
esegesi, dagli eventuali principi evinti mediante considerazioni generali,
tratte dalla Bibbia. I primi hanno forza ingiuntiva, i secondi no, ma possono
solo orientare il pensiero nella ricerca della volontà di Dio in una determinata
questione. L’esegesi è chiara, se corretta, i principi evinti indirettamente
possono basarsi su vari fattori posti a monte: sensibilità religiosa e
culturale, collocazione geografica (p.es. Europa o Asia), consenso dottrinale e
denominazionale, livello culturale, conoscenza biblica, conoscenza degli usi e
costumi dei cristiani altrove, eccetera. Non bisogna negare tutto ciò; perciò
c’è bisogno del confronto fra varie posizioni! Inoltre bisogna ribadire che una
lista di versetti, tolti dal loro contesto, non ha forza probatoria.
■ L’onestà intellettuale: In certi casi è più
onesto affermare: la Bibbia non tratta direttamente questo problema
(masturbazione, «fumo», ecc.), ma questi potrebbero essere alcuni principi di
analogia: 1); 2; 3)… ● È altresì onesto affermare: tali principi sono condivisi
da certi (alcuni, molti, parecchi) credenti; altri dissentono per questi motivi:
1); 2; 3)…; ma la mia opinione è la seguente. Infatti, certi problemi
etici si possono illuminare sufficientemente solo presentando tutta la gamma
delle opinioni, altrimenti si inganna il lettore, che penserà che l’opinione
dell’autore sia l’unica e incontrovertibile, anzi quella «biblica».
■ Attenzione agli argomenti scientifici: Non si
fa mai bene a mischiare argomenti biblici e scientifici insieme, specialmente
laddove la Bibbia non dice nulla di preciso al riguardo e dove le opinioni sono
varie sulla questione. In tali casi è più onesto affermare: la Bibbia non tratta
direttamente questo problema, ma i seguenti sono i risultati dell’indagine
scientifica, medica, eccetera: 1); 2; 3)… Si tenga però presente che ciò che si
afferma dev’essere basato su chiare investigazioni scientifiche, ossia su studi
ampi e sufficientemente lunghi. In giro ci sono molte «bufale» e «leggende
metropolitane» che si ritengono come scientificamente accertate, ma non lo sono.
Ci si sinceri che quanto si afferma di «scientifico» non venga smentito da altri
proprio con argomenti e prove scientifici.
Seguendo questa «onestà intellettuale» ci guadagnano
tutti: la verità, chi parla e chi ascolta.
►
La ragione delle cose {Nicola Martella} (A)
►
Sovrastrutture dogmatiche e calvinismo {Nicola Martella} (D)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Interpretazione_biblica_Lv.htm
24-04-2007; Aggiornamento: 05-03-2010
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