Ogni tanto mi viene
sotto gli occhi uno scritto che idealizza la chiesa di Gerusalemme, ch viene
presa come sedicente luminoso modello per un cristianesimo autentico. Che
in tale assemblea non tutto era rose e fiori, sfugge a parecchi. L’occasione di
questo articolo mi è fornito da uno
scritto di Alessio Pancani, in cui non si comprende se riporta le sue
convinzioni o quelle di F.E. Marsh, che egli appoggia. Lo riporto così com’è. Le
mie osservazioni, che seguono, vanno oltre a questo scritto.
1.
CRISTIANESIMO A CONFRONTO (Alessio Pancani): Mettendo a confronto
la chiesa primitiva con l’odierno
cristianesimo, F.E. Marsh propone un quadro piuttosto amaro, ma disgraziatamente
troppo spesso esatto, del parallelo che esiste fra queste due realtà.
«La moltitudine di quelli che avevano creduto era d’un
sol cuore e di un’anima sola; non vi era chi
dicesse sua alcuna delle cose che possedeva ma tutto era in comune tra di loro.
Gli apostoli, con grande potenza, rendevano testimonianza della risurrezione del
Signore Gesù; e grande grazia era sopra tutti loro. Infatti non c’era
nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che possedevano poderi o case
li vendevano, portavano l’importo delle cose
vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi, veniva distribuito a
ciascuno, secondo il bisogno» (Atti 4,32-35).
Seguendo il cristianesimo moderno, questo passo, oggi, potremmo leggerlo
così: «E la moltitudine di quelli che avevano
creduto era di cuore piccolo e di molteplici sentimenti; ognuno dichiarava che
tutte le cose, che possedeva, erano sue e non avevano niente in comune fra di
loro. Rendevano testimonianza con debolezza e poche erano le benedizioni, che
giungevano su di loro. Grande era l’egoismo di
tutti, mancavano d’amore: perché tutti quelli,
che possedevano poderi ne acquistavano altri e a volte ne portavano una piccola
parte per il bene comune, così i loro nomi erano scritti sui giornali ed erano
pubblicamente encomiati, secondo i loro desideri». {20-08-2015; formattazione
nostra}
2.
OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Chiaramente anche in tale
confronto fra la chiesa di Gerusalemme e il cristianesimo attuale c’è
qualcosa di vero. Tuttavia, pensare che
l’esperienza
gerosolimitana fosse quella nonplusultra, che bisogna assolutamente
raggiungere, per essere veramente «biblici», è un abbaglio
e un errore. Esperienze storiche non si possono ripetere, mancando le medesime
circostanze di partenza. Inoltre, con tale tesi si fa impallidire e si svaluta
ogni iniziativa veramente praticabile oggigiorno. A ciò si aggiunga che
in qualche modo si suggerisce che i problemi delle chiese odierne siamo
soprattutto di carattere economico e che, se se si realizzasse nuovamente tale
«cassa comune», tutti i problemi ecclesiali si risolverebbero.
L’assemblea messianica non si può ridurre alle
esperienze temporanee dei credenti giudaici di Gerusalemme. Essi agirono
così non per idealismo collettivistico della proprietà, ma perché pensavano che
il Messia dovesse arrivare nel giro di mesi, o almeno di |
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pochi anni. Che
sarebbe successo, quando le ultime case e gli ultimi poderi fossero stati
venduti e il ricavato fosse stato «distribuito a ciascuno, secondo il bisogno»?
Tardando il Messia, in effetti tale sistema portò in breve tempo all’impoverimento
dell’intera chiesa; appena arrivò la carestia,
tali credenti giudei ebbero bisogno del sostegno dei credenti gentili (At
11,29s). Paolo e la sua squadra misero in moto una grande organizzazione,
che coordinasse la raccolta dei fondi; alcune epistole di Paolo ci parlano di
tale impresa e della sua opera di persuasione (Rm 15,25ss.31;
2 Cor 8,1-8; 9,1-15). L’esperimento storico,
quantunque nobile, poiché motivato dalla vicina parusia del Signore, divenne
fallimentare a tutti gli effetti. Ciò che restò, fu un ideale, che si
può realizzare in altro modo.
Infatti, nelle epistole troviamo altri modelli, che rispettavano la
proprietà privata dei credenti (Fil 2,4) e, allo stesso tempo, promuovevano la
loro responsabilità verso l’opera del Signore,
sostenendo i servitori del Signore (Fil 4,10.15s). Ad esempio, al tempo del NT
c’era una grande ospitalità pratica tra i credenti, che permetteva ai
servitori itineranti di spostarsi di comunità in comunità, per portare
l’insegnamento del Signore (Tt 3,12ss; 3 Gv 1,5-8), oppure permetteva ai
missionari di farvi tappa per raggiungere altre zone senza Evangelo (Rm
15,18-24.28).
La storia della chiesa è piena di modelli allora attuali e confacenti,
per vivere una vita santa insieme come corpo di Cristo in un certo luogo. I
missionari e le chiese hanno creato scuole, ospedali, infrastrutture
economiche e sociali e quant’altro. Il problema non è che le chiese non
assomiglino a quella di Gerusalemme (anch’essa aveva enormi problemi), ma che i
credenti odierni si siano impantanati nel materialismo e abbiano smesso di
vivere nella «tensione escatologica», ossia di aspettare veramente e
concretamente il Signore, che viene, e di assoggettare il resto a tale
obiettivo.
L’importante non è realizzare il «collettivismo dei beni» della chiesa di
Gerusalemme, ma combattere in se stesso il
materialismo, cercando prima il regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33).
Poi, ogni assemblea locale cercherà le forme di sociologia ecclesiologica
più conformi al suo tempo, ai suoi bisogni, alla sua cultura e al suo contesto.
Mi fermo qui e
lascio ai lettori ulteriori approfondimenti riguardo ai vari e seri
problemi, che affliggevano l’assemblea di Gerusalemme. Essa esprime un certo
ideale, ma non bisogna farne un paradigma di chiesa biblicamente
idealizzato e irrinunciabile.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Idealiz-Gerus_Avv.htm
25-08-2015;
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