Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Radici 1-2

 

Antico Testamento

 

 

 

 

Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: il «Pentateuco» e i «Libri Didattici».

 

◘ Ecco le parti principali del Pentateuco:
■ Il Pentateuco in generale
■ Genesi
■ Esodo
■ Levitico
■ Numeri
■ Deuteronomio.

 

◘ Ecco le parti principali dei Libri Didattici:
■ I Libri Didattici in generale
■ Giobbe
■ Salmi
■ Proverbi
■ Ecclesiaste
■ Cantico dei Cantici

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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FIGLI E GENERAZIONI NEL LIBRO DI GIOBBE

 

di Nicola Martella

 

Perché l’autore del libro di Giobbe ricordò solo i particolari nomi delle sue tre figlie di secondo parto e non i nomi dei figli maschi e di tutti i figli di primo parto? Che cosa significano veramente tali nomi? Come ha fatto Giobbe a vedere i suoi discendenti fino alla quarta generazione? Queste sono alcune domande che scaturiscono confrontando Giobbe 1 col capitolo 42.

     Il seguente non è uno studio facile per tutti i lettori, trattando di ebraico e greco. Tuttavia, può essere un arricchimento per chi arriverà fino alla fine, traendovi ammaestramento.

 

 Un Lettore mi ha scritto quanto segue.

     [...] L’altra sera, in chiesa, si è letto come brano i capitoli 1-2 e 42 di Giobbe. In essi sono state considerate molte cose. Ovviamente, mentre leggevo i testi con le mie solite versioni, lo Spirito Santo mi ha portato su dei versetti interessanti. E qui come sempre desidero un tuo chiaro e stimabile chiarimento. Dunque eccomi ai testi e ai versetti.

     In Giobbe 1,2 si afferma che Egli aveva 7 figli e 3 figlie; fino alla fine del capitolo, l’autore non rivela il loro nome; il capitolo 2 non accenna ai figli. Anche successivamente, in tutti gli altri capitoli, non c’è più traccia di figli e figlie (almeno io non ho trovato nulla). Dopo, il ristabilimento di Giobbe, è scritto che Dio gli diede il doppio di ciò, che aveva prima (Gb 42,12); e questo è vero, perché le pecore al capitolo 1 erano 7, e qui sono 14, e così via. Ora, al capitolo 42,13-14 si afferma che Giobbe ebbe pure 7 figli e 3 figlie (cioè nuovamente 10 figli).

     La mia domanda è questa: Come mai qui rivela il nome di figli e figlie e non lo fa al capitolo 1? E poi il testo non dice che Giobbe riebbe, ma che ebbe, come se quelle persone fossero scampate alla sciagura del padre, mentre Satana si divertiva a distruggere tutto ciò, che aveva di materiale; tuttavia i messaggeri annunciarono la morte dei 10 figli. Quindi nel capitolo 42,13 Dio gli ha ridato altri 10 figli? (7 maschi e 3 femmine).

     Ecco ancora un’altra questione. Oggigiorno, si dice, e si sa per insegnamento scolastico, che una generazione è di 100 anni, vero? Lo confermi? Allora, mentre leggevo, il verso finale (Gb 42,16), un’altra curiosità mi è venuta spontanea e, vorrei chiederti in merito: se io facessi un calcolo delle generazioni sulla base del calcolo centennale (cioè se una generazione è 100 anni), come è possibile che Giobbe abbia vissuto 140 anni e abbia visto i suoi figli e i figli dei suoi figli crescere per 4 generazioni? Anche perché la Scrittura dice che l’uomo normalmente vive 70 anni e il più forte fino a 80. Come è possibile e come dobbiamo capire questi testi, che parlano di generazioni? Oppure possono essere concepiti e compresi diversamente? [...]  {Massimo Abbate; 16-06-2016}

 

Mi fa sempre piacere, quando i credenti sviscerano la Scrittura per cercare di approfondire le cose e per trovare una ragione plausibile alle cose. Chiaramente per arrivare a delle conclusioni giuste, bisogna partire da delle premesse corrette, come nel caso dell’estensione di una generazione.

 

1.  FIGLI E FIGLIE

     ■ Due differenti generazioni: Effettivamente l’autore parlò relativamente a Giobbe e alla sua prima moglie di «sette figli e tre figlie» (Gb 1,2) e affermò che essi erano poi tutti morti a causa di una tromba d’aria (vv. 18s).

     E Giobbe stesso parlò con nostalgia di loro: «Oh, fossi com’ero ai giorni della mia maturità... quando l’Onnipotente stava ancora con me e avevo i miei figli intorno a me» (29,5).

    Alla fine del libro, dopo che Dio aveva ristabilito Giobbe, egli si prese probabilmente una seconda moglie ed ebbe da lei nuovamente «sette figli e tre figlie» (42,13); infatti, si parla di fratelli, delle sorelle e delle sue conoscenze di prima di Giobbe (v. 11), ma non della prima moglie, che era alquanto empia e che lo fece tanto penare (Gb 2,8s). È scritto: «Ed ebbe quattordicimila pecore, mille paia di buoi e mille asine.

 

Ed ebbe pure sette figli e tre figlie» (Gb 42,12s). Come gli animali non erano gli stessi di prima (i primi erano stati rubati), così vale per i figli (i primi erano morti).

 

     ■ Il nome delle figlie: L’autore riportò i nomi delle figlie, che in italiano sono stati tradotti così: Colomba, Cassia e Cornustibia (o Fiala di stibio; v. 14). Oltre a evidenziare la bellezza, l’autore affermò come cosa fuori del comune allora (solo i maschi ereditavano), che esse furono nominate coeredi con i loro fratelli (v. 15). Perché l’autore riportò il nome delle tre figlie (ebr. Jemîmāh, Qeîāh e Kërën-Happûk), derivate dal probabile secondo matrimonio, e non quello dei maschi e neppure quello dei figli oramai morti? Non lo sappiamo con certezza. Forse solo perché i nomi di queste tre figlie erano reputati allora così particolari, erano generalmente conosciuti nelle narrazioni e furono tramandati nel tempo (la storia del tramandamento è alquanto bizzarra!).

     Infatti, si veda come il nome di tante mamme di un personaggio importante non fu ricordato, mentre quello di altre sì (1 Re 14,21.31; 15,2.10; 22,42; 23,31.36; ecc.). Non sempre troveremo una logica in tutto ciò, sebbene possiamo fare delle congetture (p.es., una madre del genere s’immischiò nella politica, intessendo trame di corte e condizionando il re, suo figlio). A volte, il re pose il trono della madre accanto al suo (cfr. 1 Re 2,19); altre volte, una tale madre era così condizionante, che il re la depose da tale sua posizione e la relegò alla sfera privata (1 Re 15,13). In tutto ciò è la vita che scrive le cose, ed è già un miracolo che certi nomi abbiano superato la macina del tempo e siano arrivati fino a noi.

     Certo resta un mistero come i traduttori abbiano reso Jemîmāh con «Colomba», visto che in ebraico tale nome ricorre soltanto qui. La Settanta (traduzione greca dell’AT) l’ha reso con Hēméra «Giorno, Giornata», pensando che si trattasse di un’estensione del termine ebraico jôm «giorno» (dalla radice jamam), che a volte fa poeticamente jāmîmāh (così in 1 Sm 2,19 lett. «il giorno [scaturito] dagli anni» per il compleanno); si veda appunto al riguardo la variazione di «giorno», che fa «giornata». Inoltre, «colomba» si dice diversamente in ebraico (jônāh, gozāl). Che una donna potesse chiamarsi «Giornata» non deve sorprenderci, visto che abbiamo da noi Alba, Lucia, Lucilla, Luna, Venere, e così via.

     Qeîāh corrisponde alla pianta «Laurus Cassia», conosciuto anche come «Cassia» (Sal 45,9; la Settanta l’ha reso con Kasía).

     Kërën-Happûk è stato reso con Cornustibia (o Fiala di stibio; la Settanta l’ha reso con Amaltheía kéra «corno di Amaltea» [= capra che allattò Giove, simbolo di prosperità], perciò «corno dell’abbondanza», come lat. cornucopia). In ebraico kërën significa «corno» (1 Sm 16,13), e Happûk (da pûk) significa il «belletto (per gli occhi)» (lat. stibium; 2 Re 9,30; Gr 4,30). Kërën-Happûk significa quindi «corno del belletto» (il corno era usato come astuccio per l’antimonio, sostanza di colore nero, che era usato come belletto per gli occhi). Nei nomi personali, presenti in altre culture, non dobbiamo cercare una logica nostrana, visto che anche da noi ci sono nomi simili (p.es. Perla, Argentino, Agata) e quelli, di cui pochi sanno il significato (Claudio da claudicante; Mara, Maria, Miriam e simili, che significano «amara»).

     Data la difficoltà dei traduttori di intendere tali nomi, varie traduzioni italiane ed estere hanno soltanto traslitterato e adattato i nomi.

 

     ■ Ricordati per qualcosa: I nomi di queste tre figlie di Giobbe furono ricordati dall’autore per la loro rara bellezza (Gb 42,15). La singolarità dei nomi, scaturita dalla fantasia dei genitori (v. 14), ha certamente contribuito nel ricordarle. E allora perché i figli maschi no? È difficile che i maschi vengano ricordati per la bellezza, ma solo per la loro forza o per i loro gesti eroici (cfr. Gdc 15,15 Sansone; 1 Cr 11,10-25 valorosi guerrieri di Davide); si vede che i figli maschi di Giobbe non avevano tali qualità, ma vivevano di rendita come «figli di papà». Anche riguardo alla Bibbia i nomi fuori del comune (p.es. Rut, Ester) si ricordano meglio di quelli ricorrenti (Maria, Anna); nel secondo caso bisogna, infatti, sempre chiedere: «Quale Maria?». Quando nominiamo personaggi storici come Cleopatra, Pirro, Damocle o Napoleone, molti di noi sanno subito chi sono, almeno per un modo di dire (cfr. «vittoria di Pirro», «spada di Damocle») o per una particolare storia connessa. Lo stesso vale nella Bibbia per nomi poco frequenti come Noè, Giona, Esdra, Nehemia, Tommaso, Pietro, Barnaba, Timoteo, Tito...

 

2.  GENERAZIONI: Per la scienza e nella Bibbia una generazione è di circa 25 anni, ed essa va dalla nascita di un individuo a quando egli probabilmente procreerà la prossima generazione. Per questo è plausibile che Giobbe, essendo vissuto altri 140 anni dopo il ristabilimento (Gb 42,16), possa aver visto i suoi discendenti fino alla quarta generazione. Infatti, «Giobbe morì vecchio e sazio di giorni» (Gb 42,17). Avendo dovuto aspettare che i suoi figli diventassero adulti e in età di riproduzione (1a generazione), anche le altre quattro staffette generazionali ci stanno dentro ai 140 anni (della 4a generazione si afferma solo l’esistenza, non che fosse arrivata anch’essa all’età riproduttiva).

     Per un maggiore approfondimento si veda l’articolo «Una generazione nella Bibbia».

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Figli_Gb_R12.htm

12-07-2015; Aggiornamento:

 

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