Ciao Nicola, […]
avrei bisogno di un chiarimento su Marco 11,22, in particolare sull’espressione
«Abbiate la fede di Dio»; soltanto il Diodati lo traduce in questo
modo, tutte le altre traduzione riportano «Abbiate fede in Dio».
Dato che ho sentito dei sermoni, che facevano uso della versione del Diodati e
che mettevano l’accento sulla
fede di Dio, vorrei sapere che cosa voleva dire in origine questa
espressione. Grazie per la risposta. […] {Mimmo Longo; 21-03-2013} |
1. ENTRIAMO IN TEMA: Faccio notare che ciò, che nelle
versioni più antiche della traduzione di Giovanni Diodati fu riportato
come «Abbiate la fede di Dio!», è rimasto nelle successive revisioni soltanto in
quella, che oggi è accreditata come «Nuova Diodati».
Nessun altra traduzione della Bibbia italiana ed estera, da me consultata,
traduce così. Già questo dovrebbe lasciar pensare.
In una struttura con caso genitivo («A di B») il complemento di specificazione
(«di B») può essere rapportato a un soggetto o a un oggetto. Si noti, ad
esempio, quanto segue:
■ Amor di mamma: amore, che la mamma dà; la mamma dà amore.
■ Amor di patria: amore, che uno ha nei confronti della patria; uno ama
la patria.
Ad esempio, la locuzione genitiva greca pístis alētheías
significa «fede nella verità» (2 Ts 2,13); cfr. elpís
tũ kyríū «speranza nel Signore»
(1 Ts 1,13).
Addirittura la struttura «A di B» può intendere «A = B», ad esempio
nell’espressione «il dono (il simbolo) della fede» intende «il dono (il
simbolo), che è la fede» = «la fede quale dono (simbolo)». Similmente «materia
di fede» intende «materia, che attiene alla fede».
2. ANALISI DELLE QUESTIONI: Quanto detto finora, mostra che
le strutture col genitivo possono avere vari significati. In ebraico e in
greco la «fede (= fiducia) di Dio» può intendere, secondo i casi, sia la «fede,
che Dio dà», sia la «fede (= fiducia, fedeltà), che Dio esercita» in qualcuno
(Rm 3,3), sia «fede, che qualcuno esercita in Dio» (▪
pístis Theũ
Mc 11,22).
In Mc 11,22 ricorre in greco Échete pístin Theũ, quindi «Abbiate fede di
Dio». Il termine pístis significa «fede, fiducia, fedeltà», ed è il
contesto a mostrarne il significato in italiano. Si tratta di una nuance
letteraria per «Abbiate fede in Dio», come traducono la stragrande maggioranza
delle traduzioni italiane ed estere. Non darei molta importanza a ciò. In Rm 3,3
ricorre la locuzione tḕn pístin tũ Theũ, ossia «la fede / la fedeltà di
Dio». Inoltre, in Ap 14,12 «i comandamenti di Dio» e
«la fede di Gesù» (tḕn pístin Iēsũ) si
equivalgono, e qui «fede» intende il contenuto d’essa, ossia la dottrina di
Gesù.
Quanto detto per la connessione genitiva fra fede e Dio vale con altre persone:
▪ pístis Christũ
Gal 2,16 (v. 26 pístis en Christõ
= Col 1,4; 1 Tm 3,13; 2 Tm 3,15); Fil 3,9; ▪ pístis
Iēsũ Rm 3,22.26; Gal
2,16; 3,22; Ap 14,12; ▪ pístis tũ kyríū
Iēsũ Gcm
2,1; ▪ pístis tũ hyíũ
Gal 2,20). Gesù parlò anche della pístis eis
emé
«fede in me» (At 26,18; cfr. Ef 3,12 pístis autũ
«fede in lui»).
Per cui non v’è nessuna differenza fra
pístis Theũ e
pístis en Theõ, visto che ambedue le
locuzioni significano «fede in Dio». Lo stesso vale per
pístis pròs tòn Theón
«fede nei confronti di Dio» (1 Ts 1,8; cfr. Rm 5,1 presso Dio), pístis eis
Theón «fede in Dio» (1 Pt 1,21) e pístis epì Theón «fede in
riferimento a Dio» (Eb 6,1).
3. ULTERIORI APPROFONDIMENTI: Come abbiamo visto, tale
espressione in Mc 11,22 non si discosta da altre, come ad esempio: dià písteōs
Iēsũ
Chistũ, ossia «mediante la fede in [= di] Gesù Cristo» (Rm 3,22; cfr. v. 26
tòn ek písteōs Iēsũ); certo qui è possibile anche la traduzione «mediante
la fedeltà di Gesù Cristo», ma il contesto parla della fede, ad esempio della
«fede nel suo sangue» (v. 25), «giustificato per fede» (v. 28), «mediante la
fede» (vv. 30s). Essa non si differenzia dalla locuzione dià tẽs písteōs
en Chistõ Iēsũ, ossia «mediante la fede in
Cristo Gesù» (Gal 3,26). Così in Fil 3,9 dià písteōs
Chistũ, ossia «mediante la fede in [= di] Cristo».
In Gv 14,1 Gesù disse ai suoi discepoli: pisteúete
eis tòn Theón, quindi «credete [o abbiate fede] in Dio». Similmente
Paolo affermò: pisteúō tõ Theõ «credo a [o ho fede in] Dio» (At
27,25). In Eb 6,1 si parla addirittura di písteōs epì
θεόν «della fede su [= riguardo a] Dio». Sono soltanto modi diversi
di dire la stessa cosa, ossia «fede in Dio»; sono sfumature linguistiche spesso
legate al linguaggio dell’autore nel suo contesto culturale.
4. ASPETTI CONCLUSIVI: Tornando alle questioni iniziali,
faccio presente che «amore del regno»
(Lc 18,29) non è l’amore, che il regno possiede, ma è l’amore, che uno ha
nei confronti del regno: uno ama il regno. Similmente «l’amore della verità»
(2 Ts 2,10) intende «l’amore per la verità». La locuzione «speranza della
vita eterna» (Tt 1,2; 3,7) intende
«speranza [= attesa posta] nella (riguardo alla) vita eterna».
Esistono certo anche casi controversi, per i quali si fa bene a guardare
meglio il contesto. In Rm 15,16 si parla della «offerta
dei Gentili». Alcuni intendono qui i
Gentili quale offerta (p.es. NR; Cei); tuttavia si può intendere qui
semplicemente la sovvenzione fatta dai cristiani gentili per i credenti giudei
(vv. 25ss).
Come si vede, oltre a tener sempre presente il contesto, bisogna tener conto che
una lingua è ricca di modi di dire, di espressioni idiomatiche e di altre
sfumature linguistiche legate alla formazione culturale dell’autore. Se si
traduce letteralmente un testo da una lingua in un’altra e non si tiene conto di
ciò, si rischierà di (far) capire fischi per fiaschi e di attribuire ad alcune
cose dei significati, che esse non hanno. Ad esempio, in ebraico qualcuno «senza
cuore» (’ên leb) non è una persona spietata, ma senza senno (Gr
5,21); al contrario «uomini di cuore» (’anašê leb) non
intendeva un «uomini benigni», ma un «uomini di senno» (Gb 34,10).
Faccio al riguardo un ultimo esempio. Noi diciamo «sul monte»; in greco
leggiamo per questo: epì tũ hórũs
(complemento di luogo; Mt 24,3) ed epì tò hóros (Ap 14,1).
Troviamo però anche eis tò hóros «nel / al / verso il
monte» (complemento di moto a luogo; Mt 5,1; 14,23; 15,29; Mt 28,16); e ricorre
pure
en tõ hórei «nel monte» (complemento di luogo;
Lc 8,32; Gv 4,20s; At 7,38; Eb 8,5; 2 Pt 1,18). Sarebbe fatale tradurre
quest’ultima locuzione «all’interno del monte» e trarre da ciò una dottrina
particolare.
Se si consulta la Settanta (= traduzione greca dell’AT), ci si accorgerà che
en tõ hórei è molto ricorrente e che traduce in greco il modo usuale degli
Ebrei per dire «sul monte» (eb. bāhār), quando si tratta di complemento
di luogo. Chiaramente nella Settanta ricorrono pure tutte le altre locuzioni
sopra menzionate.
Tutto ciò mostra che in una lingua, analizzando le espressioni idiomatiche
legate a una cultura, non è tanto importante ciò, che sta scritto, ma ciò che
intende veramente, specialmente quando si deve riportare ciò in altre lingue.
[1]. Diodati stesso nella sua primissima versione del 1607 traduce: «E
Iesu, rispondendo, disse loro, Habbiate la fede di Dio». Tuttavia,
nella nota al margine aggiunge che è «la vera fede in Dio, la quale Iddio
richiede e la quale anchora procede da Dio» (grassetto nostro).
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Fede_Dio_Mt.htm
22-04-2013;
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