Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Matteo, l’evangelista dei giudei

 

Interpretazione biblica

 

 

 

 

Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

   Ecco le parti principali della parte di studio:
■ Introduzione all'Evangelo di Matteo
■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)
■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)
■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)
■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)
■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:
■ Dizionarietto
■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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FEDE IN DIO O FEDE DI DIO?

 

 di Nicola Martella

 

Ciao Nicola, […] avrei bisogno di un chiarimento su Marco 11,22, in particolare sull’espressione «Abbiate la fede di Dio»; soltanto il Diodati lo traduce in questo modo, tutte le altre traduzione riportano «Abbiate fede in Dio». Dato che ho sentito dei sermoni, che facevano uso della versione del Diodati e che mettevano l’accento sulla fede di Dio, vorrei sapere che cosa voleva dire in origine questa espressione. Grazie per la risposta. […] {Mimmo Longo; 21-03-2013}

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Faccio notare che ciò, che nelle versioni più antiche della traduzione di Giovanni Diodati fu riportato come «Abbiate la fede di Dio!», è rimasto nelle successive revisioni soltanto in quella, che oggi è accreditata come «Nuova Diodati».[1] Nessun altra traduzione della Bibbia italiana ed estera, da me consultata, traduce così. Già questo dovrebbe lasciar pensare.

     In una struttura con caso genitivo («A di B») il complemento di specificazione («di B») può essere rapportato a un soggetto o a un oggetto. Si noti, ad esempio, quanto segue:

     ■ Amor di mamma: amore, che la mamma dà; la mamma dà amore.

     ■ Amor di patria: amore, che uno ha nei confronti della patria; uno ama la patria.

     Ad esempio, la locuzione genitiva greca pístis alētheías significa «fede nella verità» (2 Ts 2,13); cfr. elpís tũ kyríū «speranza nel Signore» (1 Ts 1,13).

     Addirittura la struttura «A di B» può intendere «A = B», ad esempio nell’espressione «il dono (il simbolo) della fede» intende «il dono (il simbolo), che è la fede» = «la fede quale dono (simbolo)». Similmente «materia di fede» intende «materia, che attiene alla fede».

 

 

2.  ANALISI DELLE QUESTIONI: Quanto detto finora, mostra che le strutture col genitivo possono avere vari significati. In ebraico e in greco la «fede (= fiducia) di Dio» può intendere, secondo i casi, sia la «fede, che Dio dà», sia la «fede (= fiducia, fedeltà), che Dio esercita» in qualcuno (Rm 3,3), sia «fede, che qualcuno esercita in Dio» (▪ pístis Theũ Mc 11,22).

     In Mc 11,22 ricorre in greco Échete pístin Theũ, quindi «Abbiate fede di Dio». Il termine pístis significa «fede, fiducia, fedeltà», ed è il contesto a mostrarne il significato in italiano. Si tratta di una nuance letteraria per «Abbiate fede in Dio», come traducono la stragrande maggioranza delle traduzioni italiane ed estere. Non darei molta importanza a ciò. In Rm 3,3 ricorre la locuzione tḕn pístin tũ Theũ, ossia «la fede / la fedeltà di Dio». Inoltre, in Ap 14,12 «i comandamenti di Dio» e «la fede di Gesù» (tḕn pístin Iēsũ) si equivalgono, e qui «fede» intende il contenuto d’essa, ossia la dottrina di Gesù.

     Quanto detto per la connessione genitiva fra fede e Dio vale con altre persone: ▪ pístis Christũ Gal 2,16 (v. 26 pístis en Christõ = Col 1,4; 1 Tm 3,13; 2 Tm 3,15); Fil 3,9; ▪ pístis Iēsũ Rm 3,22.26; Gal 2,16; 3,22; Ap 14,12; ▪ pístis tũ kyríū Iēsũ Gcm 2,1; ▪ pístis tũ hyíũ Gal 2,20). Gesù parlò anche della pístis eis emé «fede in me» (At 26,18; cfr. Ef 3,12 pístis autũ «fede in lui»).

     Per cui non v’è nessuna differenza fra pístis Theũ e pístis en Theõ, visto che ambedue le locuzioni significano «fede in Dio». Lo stesso vale per pístis pròs tòn Theón «fede nei confronti di Dio» (1 Ts 1,8; cfr. Rm 5,1 presso Dio), pístis eis Theón «fede in Dio» (1 Pt 1,21) e pístis epì Theón «fede in riferimento a Dio» (Eb 6,1).

 

 

3.  ULTERIORI APPROFONDIMENTI: Come abbiamo visto, tale espressione in Mc 11,22 non si discosta da altre, come ad esempio: dià písteōs Iēsũ Chistũ, ossia «mediante la fede in [= di] Gesù Cristo» (Rm 3,22; cfr. v. 26 tòn ek písteōs Iēsũ); certo qui è possibile anche la traduzione «mediante la fedeltà di Gesù Cristo», ma il contesto parla della fede, ad esempio della «fede nel suo sangue» (v. 25), «giustificato per fede» (v. 28), «mediante la fede» (vv. 30s). Essa non si differenzia dalla locuzione dià tẽs písteōs en Chistõ Iēsũ, ossia «mediante la fede in Cristo Gesù» (Gal 3,26). Così in Fil 3,9 dià písteōs Chistũ, ossia «mediante la fede in [= di] Cristo».

     In Gv 14,1 Gesù disse ai suoi discepoli: pisteúete eis tòn Theón, quindi «credete [o abbiate fede] in Dio». Similmente Paolo affermò: pisteúō Theõ «credo a [o ho fede in] Dio» (At 27,25). In Eb 6,1 si parla addirittura di písteōs epì θεόν «della fede su [= riguardo a] Dio». Sono soltanto modi diversi di dire la stessa cosa, ossia «fede in Dio»; sono sfumature linguistiche spesso legate al linguaggio dell’autore nel suo contesto culturale.

 

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI: Tornando alle questioni iniziali, faccio presente che «amore del regno» (Lc 18,29) non è l’amore, che il regno possiede, ma è l’amore, che uno ha nei confronti del regno: uno ama il regno. Similmente «l’amore della verità» (2 Ts 2,10) intende «l’amore per la verità». La locuzione «speranza della vita eterna» (Tt 1,2; 3,7) intende «speranza [= attesa posta] nella (riguardo alla) vita eterna».

     Esistono certo anche casi controversi, per i quali si fa bene a guardare meglio il contesto. In Rm 15,16 si parla della «offerta dei Gentili». Alcuni intendono qui i Gentili quale offerta (p.es. NR; Cei); tuttavia si può intendere qui semplicemente la sovvenzione fatta dai cristiani gentili per i credenti giudei (vv. 25ss).

     Come si vede, oltre a tener sempre presente il contesto, bisogna tener conto che una lingua è ricca di modi di dire, di espressioni idiomatiche e di altre sfumature linguistiche legate alla formazione culturale dell’autore. Se si traduce letteralmente un testo da una lingua in un’altra e non si tiene conto di ciò, si rischierà di (far) capire fischi per fiaschi e di attribuire ad alcune cose dei significati, che esse non hanno. Ad esempio, in ebraico qualcuno «senza cuore» (’ên leb) non è una persona spietata, ma senza senno (Gr 5,21); al contrario «uomini di cuore» (’anašê leb) non intendeva un «uomini benigni», ma un «uomini di senno» (Gb 34,10).

     Faccio al riguardo un ultimo esempio. Noi diciamo «sul monte»; in greco leggiamo per questo: epì tũ hórũs (complemento di luogo; Mt 24,3) ed epì tò hóros (Ap 14,1). Troviamo però anche eis tò hóros «nel / al / verso il monte» (complemento di moto a luogo; Mt 5,1; 14,23; 15,29; Mt 28,16); e ricorre pure en tõ hórei «nel monte» (complemento di luogo; Lc 8,32; Gv 4,20s; At 7,38; Eb 8,5; 2 Pt 1,18). Sarebbe fatale tradurre quest’ultima locuzione «all’interno del monte» e trarre da ciò una dottrina particolare.

     Se si consulta la Settanta (= traduzione greca dell’AT), ci si accorgerà che en tõ hórei è molto ricorrente e che traduce in greco il modo usuale degli Ebrei per dire «sul monte» (eb. bāhār), quando si tratta di complemento di luogo. Chiaramente nella Settanta ricorrono pure tutte le altre locuzioni sopra menzionate.

     Tutto ciò mostra che in una lingua, analizzando le espressioni idiomatiche legate a una cultura, non è tanto importante ciò, che sta scritto, ma ciò che intende veramente, specialmente quando si deve riportare ciò in altre lingue.

 



[1]. Diodati stesso nella sua primissima versione del 1607 traduce: «E Iesu, rispondendo, disse loro, Habbiate la fede di Dio». Tuttavia, nella nota al margine aggiunge che è «la vera fede in Dio, la quale Iddio richiede e la quale anchora procede da Dio» (grassetto nostro).

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Fede_Dio_Mt.htm

22-04-2013; Aggiornamento:

 

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