1. LE QUESTIONI DEI
LETTORI
■ Shalôm, caro Nicola, […] ti chiederei gentilmente di darmi una tua opinione
sulla ostica parabola del fattore infedele di Luca 16,1-13. Ho sentito molte
versioni interpretative, ma finora nessuna mi ha convinto appieno. Io stesso non
riesco a comprenderla, particolarmente il versetto 9. {Luca Ciotta; 12 maggio
2008}
■
Caro Nicola, ti chiedo, cortesemente,
delucidazioni in merito all’Evangelo di Luca cap. 16, verso 8; perché il padrone
lodò il fattore disonesto (infedele)? Ed anche Gesù nel verso 9, perché ci
incoraggia a farci amici con le ricchezze ingiuste, i quali «amici», venendoci a
mancare le ricchezze ingiuste, ci riceveranno nelle dimore eterne? C’entra la
diversa cultura di quei tempi, che oggi non è facile capire, o può essere un
giusto insegnamento teologico in un contesto difficile e contorto?
Ringraziandoti in anticipo, ti invio un affettuoso saluto. {Eugenio P. Campo; 26
novembre 2009}
2. LE RISPOSTE
2.1. ANALISI DEL
BRANO:
È un brano alquanto ostico e difficile. A impedirci di comprenderlo c’è
probabilmente la nostra cultura occidentale e, in parte, il nostro senso morale;
ammetto che per noi è difficile la comprensione di elementi all’interno di uno
scenario culturale particolare, quale quello giudaico, del tempo di Gesù, nel
quale c’erano certe ovvietà che a noi sfuggono. Un ostacolo alla comprensione
sarebbero le manovre giustificatorie, spiritualistiche, accomodanti e
moraleggianti che, di fatto, darebbero al testo un altro significato. Bisogna
ammettere che Gesù portò in campo un esempio, che ci appare per molti aspetti
ambiguo ed enigmatico (così doveva esserlo per i Giudei, ad esempio, l’uso di un
Samaritano come figura positiva in Lc 10,30ss). Invece di addurlo a una «logica
addomesticata», si farebbe bene a comprenderlo così come sta. Qui di seguito
cerchiamo di fare un tale tentativo.
■ Il testo: Si trattava di una storia realmente accaduta o verosimile, da
cui Gesù trasse un insegnamento morale. Dalle storie o dalle parabole non conta
ogni particolare ma solo la «morale della storia». Il contesto è quello delle
«parabole del regno» (Lc 15 tre entità perdute vengono ritrovate). Poi seguì una
rivelazione sul destino di un certo ricco (Lc 16,19ss), a cui l’attuale storia
fa da ponte.
■ Il distinguo: Bisogna distinguere fra avvedutezza e giustizia. Gesù non
disse che le cose fatte da tale fattore fossero giuste, ma egli si comportò con
avvedutezza circa il buio futuro che lo attendeva.
■ I fatti precedenti: L’amministratore aveva tutto in mano e gestiva il
patrimonio del suo padrone (cfr. Giuseppe in Egitto). Egli conduceva uno stile
di vita tale da portarlo a dissipare i beni del suo datore di lavoro (v. 1). Il
padrone gli intimò di fare i bilanci finali e di rendere conto
dell’amministrazione in vista di un suo licenziamento (v. 2).
■
Provvedimenti: Trovandosi in difetto e in vista di un futuro buio, progettò
una strategia per sopravvivere e avere chi, grato dei favori, lo accogliesse a
casa propria (v. 3). Chiamò quindi uno a uno i debitori del suo padrone e sulla
nota di debito scalò quest’ultimo dal 20 al 50% (vv. 5-7).
■ Risultato: Ci si sarebbe aspettati che il datore di lavoro punisse
l’amministratore, ma essendo ambedue «gente di mondo» e sapendo come gira la
macina degli affari, «il padrone lodò il fattore infedele perché aveva
operato con avvedutezza» (v. 8a). Questo non significava che ciò che aveva
fatto l’amministratore fosse giusto, ma si mostrò comunque scaltro e
lungimirante. Egli usò il denaro ingiusto come un mezzo e non come un fine.
■
L’applicazione morale: Gesù partì proprio da tale riconoscimento del padrone
verso il fattore infedele, ma lungimirante e scaltro, per fare questa
constatazione: «I figli di questo
secolo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più
accorti dei
figli della luce» (v. 8b). Gli
increduli sono quindi, per certi aspetti, più avveduti, scaltri e oculati dei
credenti. Essi sono più capaci di perseguire degli obiettivi, sebbene con
strumenti ingiusti (alla ricchezza è sempre associata una buona dose
d’ingiustizia; a ciò si aggiunga che può anche diventare «mammona», v. 13). Gesù
aggiunse anche un’esortazione provocatoria: «Fatevi degli amici con le
ricchezze ingiuste; affinché, quando esse verranno meno, quelli vi ricevano
nelle tende perpetue» (v. 9). Probabilmente anche qui Gesù intendeva
insegnare che, premesso che le ricchezze hanno pur sempre un aspetto
d’ingiustizia, esse devono servire come mezzo per perseguire un fine («fatevi
degli amici») e non diventare esse stesse l’obiettivo. Una
nota al margine è la seguente: la cosa peggiore che qui si possa fare è
di applicare tale brano ai cristiani (cfr. sopra il secondo lettore con il
«noi / ci») e intendere subito «tende perpetue» con le «dimore eterne»
nei cieli. Questa è un falso sillogismo; i destinatari non erano i seguaci del
Messia, ma altri (vedi sotto).
■ Altri aspetti: Non volendo Gesù dare l’impressione che incoraggiasse
all’ingiustizia, precisò: «Chi è fedele nelle cose minime, è pur fedele nelle
grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è pure ingiusto nelle grandi. Se
dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere?
E se non siete stati fedeli nell’altrui, chi vi darà il vostro?» (vv. 10ss).
Quando le ricchezze diventano un fine («mammona», ossia la ricchezza resa
obiettivo a sé e idolatria), esse impediscono di servire Dio (v. 13).
■ I destinatari: È evidente che i destinatari della lezione morale erano
i «Farisei, che amavano il danaro» (v. 14). Gesù li riteneva
presumibilmente non solo infedeli riguardo alle «ricchezze ingiuste» e «all’altrui»,
ma anche poco avveduti. Alle loro beffe Gesù rispose con questa diagnosi: «Voi
siete quelli che vi proclamate giusti dinanzi agli uomini; ma Dio conosce i
vostri cuori; poiché quel che è eccelso fra gli uomini, è abominazione dinanzi a
Dio» (v. 15). È evidente il fatto che i Farisei non avevano capito la nuova
aria che tirava con l’annuncio della «buona novella del regno di Dio», da cui
restavano fuori (v. 16). Inoltre egli disse loro, che avevano messo fuori uso la
Parola di Dio con le loro tradizioni, che dinanzi a Dio ogni punto della Legge
rimaneva valido (v. 17). Infine, portò un eloquente esempio: qualunque fossero
le opinioni dei vari rabbini nelle questioni morali, chi mandava via la moglie
per sposarne un’altra (quindi senza giusta causa), commetteva adulterio (v. 18).
Spero di aver contribuito a illuminare un po’ il senso e il significato di tale
brano biblico che a noi occidentali risulta alquanto ostico e difficile.
2.2. ULTERIORI
APPROFONDIMENTI
■ Parallelo significativo: Che le ricchezze possano diventare un fine e
non solo un mezzo, fu ripreso anche altrove nel NT. L’avaro fu paragonato
all’idolatra (Ef 5,5). Paolo istruì così Timoteo circa i ricchi: «A quelli
che sono ricchi in questo mondo ordina che non siano
d’animo altero, che non ripongano la loro
speranza
nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, il quale ci somministra copiosamente
ogni cosa perché ne godiamo; che facciano del
bene, che siano ricchi in
buone opere, pronti a
dare, a
far parte dei loro averi, in modo
da farsi un tesoro ben fondato per l’avvenire, al fine di conseguire la vera
vita» (1 Tm 6,17ss).
Per i ricchi del mondo la ricchezza è «mammona», un fine a se stesso («animo
altero»); quando si ravvedono per conseguire una ricchezza maggiore nel
regno di futuro del Messia, essi considereranno le ricchezze come un dono di Dio
(«perché ne godiamo») e come uno strumento per fare il bene. Essi, al
pari del fattore infedele ma avveduto nella storia raccontata da Gesù, possono
alleviare il carico debitorio degli altri, i debitori del loro Signore, ossia di
Dio (tutto appartiene a Dio e gli uomini sono solo amministratori!). I ricchi
che scelgono Cristo «al fine di conseguire la vera vita», diventano
coscienti che il lauto premio futuro («un tesoro ben fondato per l’avvenire»)
relativizza il possesso attuale («incertezza delle ricchezze»), e perciò
questo li rende fautori di liberalità verso i più svantaggiati. Si veda al
riguardo anche Giacomo 2.
■ Punti da ponderare
● Quando le ricchezze smettono d’essere uno strumento, ma diventano il fine da
perseguire, espongono l’anima loro a compromessi morali e a gravi
pericoli. «Quelli che vogliono arricchire cadono in tentazione, in
laccio, e in molte insensate e funeste concupiscenze, che affondano gli uomini
nella distruzione e nella perdizione» (1 Tm 6,9).
● Quando le ricchezze diventano un obiettivo a sé stante, tale atteggiamento
avido diventa la radice d’ogni altro male. «L’amore del denaro è
radice d’ogni specie di mali» (1 Tm 6,10a).
● L’amore del denaro è una trappola per la fede ed è causa di grandi
dolori. «E alcuni che vi si sono dati [= all’amore del denaro], si sono
sviati dalla fede e si sono trafitti di molti dolori» (1 Tm 6,10b).
● Le ricchezze come fine a sé stante, invece di liberare l’uomo lo rendono
dipendente. Inoltre gli impediscono l’accesso nel regno di Dio, al
pari del palo di traverso per chi viole entrare attraverso una porta. «E
Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto malagevolmente coloro
che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!”. […] Figliuoli, quant’è
malagevole a coloro che si confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio! È
più facile a un cammello [o a una gomena] passare per la cruna d’un ago, che a
un ricco entrare nel regno di Dio» (Mc 10,23ss).
● Sono gli iniqui che «confidano nei loro grandi averi e si gloriano
della grandezza delle loro ricchezze» (Sal 49,6s).
● Chi pone la sua fiducia nei beni che possiede, rimarrà disperato,
quando essi verranno meno. I beni non possono assicurare la vita né preservare
dal giudizio divino (Sal 52,5ss). I sapienti affermavano: «Chi confida nelle
sue ricchezze, cadrà» (Pr 11,28).
● Il credente, avendo i propri obiettivi nel Signore, sarà grato delle
cose che avrà e troverà nella devozione verso di lui il motivo d’appagamento
principale, ciò che lo arricchisce. «Ora la devozione con animo contento del
proprio stato, è un grande guadagno; poiché non abbiamo portato nulla nel mondo,
perché non ne possiamo neanche portare via nulla; ma avendo di che nutrirci e di
che coprirci, saremo di questo contenti» (1 Tm 6,6ss).
● Il consiglio degli uomini di Dio era questo: «Se le ricchezze
abbondano, non vi mettete il cuore» (Sal 62,10). I credenti devono essere «buoni
amministratori» di ciò che Dio affida loro (1 Cor 4,2; 1 Pt 4,10).
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E il padrone lodò il fattore infedele? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Fattore_infedele_Avv.htm
29-05-2008; Aggiornamento: 08-12-2009
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