Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

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Dall’avvento alla parusia

 

NT: Testo biblico

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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E IL PADRONE LODÒ IL FATTORE INFEDELE

(Luca 16,1-13)

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  LE QUESTIONI DEI LETTORI

     ■ Shalôm, caro Nicola, […] ti chiederei gentilmente di darmi una tua opinione sulla ostica parabola del fattore infedele di Luca 16,1-13. Ho sentito molte versioni interpretative, ma finora nessuna mi ha convinto appieno. Io stesso non riesco a comprenderla, particolarmente il versetto 9. {Luca Ciotta; 12 maggio 2008}

 

     ■ Caro Nicola, ti chiedo, cortesemente, delucidazioni in merito all’Evangelo di Luca cap. 16, verso 8; perché il padrone lodò il fattore disonesto (infedele)? Ed anche Gesù nel verso 9, perché ci incoraggia a farci amici con le ricchezze ingiuste, i quali «amici», venendoci a mancare le ricchezze ingiuste, ci riceveranno nelle dimore eterne? C’entra la diversa cultura di quei tempi, che oggi non è facile capire, o può essere un giusto insegnamento teologico in un contesto difficile e contorto? Ringraziandoti in anticipo, ti invio un affettuoso saluto. {Eugenio P. Campo; 26 novembre 2009}

 

 

2.  LE RISPOSTE

 

2.1.  ANALISI DEL BRANO: È un brano alquanto ostico e difficile. A impedirci di comprenderlo c’è probabilmente la nostra cultura occidentale e, in parte, il nostro senso morale; ammetto che per noi è difficile la comprensione di elementi all’interno di uno scenario culturale particolare, quale quello giudaico, del tempo di Gesù, nel quale c’erano certe ovvietà che a noi sfuggono. Un ostacolo alla comprensione sarebbero le manovre giustificatorie, spiritualistiche, accomodanti e moraleggianti che, di fatto, darebbero al testo un altro significato. Bisogna ammettere che Gesù portò in campo un esempio, che ci appare per molti aspetti ambiguo ed enigmatico (così doveva esserlo per i Giudei, ad esempio, l’uso di un Samaritano come figura positiva in Lc 10,30ss). Invece di addurlo a una «logica addomesticata», si farebbe bene a comprenderlo così come sta. Qui di seguito cerchiamo di fare un tale tentativo.

 

     ■ Il testo: Si trattava di una storia realmente accaduta o verosimile, da cui Gesù trasse un insegnamento morale. Dalle storie o dalle parabole non conta ogni particolare ma solo la «morale della storia». Il contesto è quello delle «parabole del regno» (Lc 15 tre entità perdute vengono ritrovate). Poi seguì una rivelazione sul destino di un certo ricco (Lc 16,19ss), a cui l’attuale storia fa da ponte.

 

     ■ Il distinguo: Bisogna distinguere fra avvedutezza e giustizia. Gesù non disse che le cose fatte da tale fattore fossero giuste, ma egli si comportò con avvedutezza circa il buio futuro che lo attendeva.

 

     ■ I fatti precedenti: L’amministratore aveva tutto in mano e gestiva il patrimonio del suo padrone (cfr. Giuseppe in Egitto). Egli conduceva uno stile di vita tale da portarlo a dissipare i beni del suo datore di lavoro (v. 1). Il padrone gli intimò di fare i bilanci finali e di rendere conto dell’amministrazione in vista di un suo licenziamento (v. 2).

 

     ■ Provvedimenti: Trovandosi in difetto e in vista di un futuro buio, progettò una strategia per sopravvivere e avere chi, grato dei favori, lo accogliesse a casa propria (v. 3). Chiamò quindi uno a uno i debitori del suo padrone e sulla nota di debito scalò quest’ultimo dal 20 al 50% (vv. 5-7).

 

     ■ Risultato: Ci si sarebbe aspettati che il datore di lavoro punisse l’amministratore, ma essendo ambedue «gente di mondo» e sapendo come gira la macina degli affari, «il padrone lodò il fattore infedele perché aveva operato con avvedutezza» (v. 8a). Questo non significava che ciò che aveva fatto l’amministratore fosse giusto, ma si mostrò comunque scaltro e lungimirante. Egli usò il denaro ingiusto come un mezzo e non come un fine.

 

     ■ L’applicazione morale: Gesù partì proprio da tale riconoscimento del padrone verso il fattore infedele, ma lungimirante e scaltro, per fare questa constatazione: «I figli di questo secolo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più accorti dei figli della luce» (v. 8b). Gli increduli sono quindi, per certi aspetti, più avveduti, scaltri e oculati dei credenti. Essi sono più capaci di perseguire degli obiettivi, sebbene con strumenti ingiusti (alla ricchezza è sempre associata una buona dose d’ingiustizia; a ciò si aggiunga che può anche diventare «mammona», v. 13). Gesù aggiunse anche un’esortazione provocatoria: «Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; affinché, quando esse verranno meno, quelli vi ricevano nelle tende perpetue» (v. 9). Probabilmente anche qui Gesù intendeva insegnare che, premesso che le ricchezze hanno pur sempre un aspetto d’ingiustizia, esse devono servire come mezzo per perseguire un fine («fatevi degli amici») e non diventare esse stesse l’obiettivo. Una nota al margine è la seguente: la cosa peggiore che qui si possa fare è di applicare tale brano ai cristiani (cfr. sopra il secondo lettore con il  «noi / ci») e intendere subito «tende perpetue» con le «dimore eterne» nei cieli. Questa è un falso sillogismo; i destinatari non erano i seguaci del Messia, ma altri (vedi sotto).

 

     ■ Altri aspetti: Non volendo Gesù dare l’impressione che incoraggiasse all’ingiustizia, precisò: «Chi è fedele nelle cose minime, è pur fedele nelle grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è pure ingiusto nelle grandi. Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere? E se non siete stati fedeli nell’altrui, chi vi darà il vostro?» (vv. 10ss). Quando le ricchezze diventano un fine («mammona», ossia la ricchezza resa obiettivo a sé  e idolatria), esse impediscono di servire Dio (v. 13).

 

     ■ I destinatari: È evidente che i destinatari della lezione morale erano i «Farisei, che amavano il danaro» (v. 14). Gesù li riteneva presumibilmente non solo infedeli riguardo alle «ricchezze ingiuste» e «all’altrui», ma anche poco avveduti. Alle loro beffe Gesù rispose con questa diagnosi: «Voi siete quelli che vi proclamate giusti dinanzi agli uomini; ma Dio conosce i vostri cuori; poiché quel che è eccelso fra gli uomini, è abominazione dinanzi a Dio» (v. 15). È evidente il fatto che i Farisei non avevano capito la nuova aria che tirava con l’annuncio della «buona novella del regno di Dio», da cui restavano fuori (v. 16). Inoltre egli disse loro, che avevano messo fuori uso la Parola di Dio con le loro tradizioni, che dinanzi a Dio ogni punto della Legge rimaneva valido (v. 17). Infine, portò un eloquente esempio: qualunque fossero le opinioni dei vari rabbini nelle questioni morali, chi mandava via la moglie per sposarne un’altra (quindi senza giusta causa), commetteva adulterio (v. 18).

 

Spero di aver contribuito a illuminare un po’ il senso e il significato di tale brano biblico che a noi occidentali risulta alquanto ostico e difficile.

 

2.2.  ULTERIORI APPROFONDIMENTI

     ■ Parallelo significativo: Che le ricchezze possano diventare un fine e non solo un mezzo, fu ripreso anche altrove nel NT. L’avaro fu paragonato all’idolatra (Ef 5,5). Paolo istruì così Timoteo circa i ricchi: «A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina che non siano d’animo altero, che non ripongano la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, il quale ci somministra copiosamente ogni cosa perché ne godiamo; che facciano del bene, che siano ricchi in buone opere, pronti a dare, a far parte dei loro averi, in modo da farsi un tesoro ben fondato per l’avvenire, al fine di conseguire la vera vita» (1 Tm 6,17ss).

     Per i ricchi del mondo la ricchezza è «mammona», un fine a se stesso («animo altero»); quando si ravvedono per conseguire una ricchezza maggiore nel regno di futuro del Messia, essi considereranno le ricchezze come un dono di Dio («perché ne godiamo») e come uno strumento per fare il bene. Essi, al pari del fattore infedele ma avveduto nella storia raccontata da Gesù, possono alleviare il carico debitorio degli altri, i debitori del loro Signore, ossia di Dio (tutto appartiene a Dio e gli uomini sono solo amministratori!). I ricchi che scelgono Cristo «al fine di conseguire la vera vita», diventano coscienti che il lauto premio futuro («un tesoro ben fondato per l’avvenire») relativizza il possesso attuale («incertezza delle ricchezze»), e perciò questo li rende fautori di liberalità verso i più svantaggiati. Si veda al riguardo anche Giacomo 2.

 

     ■ Punti da ponderare

            ● Quando le ricchezze smettono d’essere uno strumento, ma diventano il fine da perseguire, espongono l’anima loro a compromessi morali e a gravi pericoli. «Quelli che vogliono arricchire cadono in tentazione, in laccio, e in molte insensate e funeste concupiscenze, che affondano gli uomini nella distruzione e nella perdizione» (1 Tm 6,9).

            ● Quando le ricchezze diventano un obiettivo a sé stante, tale atteggiamento avido diventa la radice d’ogni altro male. «L’amore del denaro è radice d’ogni specie di mali» (1 Tm 6,10a).

            ● L’amore del denaro è una trappola per la fede ed è causa di grandi dolori. «E alcuni che vi si sono dati [= all’amore del denaro], si sono sviati dalla fede e si sono trafitti di molti dolori» (1 Tm 6,10b).

            ● Le ricchezze come fine a sé stante, invece di liberare l’uomo lo rendono dipendente. Inoltre gli impediscono l’accesso nel regno di Dio, al pari del palo di traverso per chi viole entrare attraverso una porta. «E Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto malagevolmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!”. […] Figliuoli, quant’è malagevole a coloro che si confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio! È più facile a un cammello [o a una gomena] passare per la cruna d’un ago, che a un ricco entrare nel regno di Dio» (Mc 10,23ss).

            ● Sono gli iniqui che «confidano nei loro grandi averi e si gloriano della grandezza delle loro ricchezze» (Sal 49,6s).

            ● Chi pone la sua fiducia nei beni che possiede, rimarrà disperato, quando essi verranno meno. I beni non possono assicurare la vita né preservare dal giudizio divino (Sal 52,5ss). I sapienti affermavano: «Chi confida nelle sue ricchezze, cadrà» (Pr 11,28).

            ● Il credente, avendo i propri obiettivi nel Signore, sarà grato delle cose che avrà e troverà nella devozione verso di lui il motivo d’appagamento principale, ciò che lo arricchisce. «Ora la devozione con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno; poiché non abbiamo portato nulla nel mondo, perché non ne possiamo neanche portare via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti» (1 Tm 6,6ss).

            ● Il consiglio degli uomini di Dio era questo: «Se le ricchezze abbondano, non vi mettete il cuore» (Sal 62,10). I credenti devono essere «buoni amministratori» di ciò che Dio affida loro (1 Cor 4,2; 1 Pt 4,10).

 

E il padrone lodò il fattore infedele? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Fattore_infedele_Avv.htm

29-05-2008; Aggiornamento: 08-12-2009

 

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