1.
ENTRIAMO IN TEMA: Il barese dice a una persona di un’altra zona:
«Lei ha capito “mele” (= male) e poi fa come le “pere” (= pare)». Ricordo quel
caro e semplice fratello, che nella mia infanzia, si sbagliò a leggere nel brano
della presa di Gerico e, predicando, parlò degli enormi «bestioni»,
invece che dei bastioni. Di là da errori del genere, facilmente correggibili, ce
ne sono altri, che minano sottilmente la sostanza scritturale, facendo
dire a un brano altri contenuti dottrinali.
L’esegesi è l’arte di spiegare un brano, per quello che è veramente,
all’interno del suo contesto, così come l’autore lo intendeva. L’eisegesi
è, invece, la pessima abitudine di proiettare in un brano, isolato dal suo
contesto, tutto ciò che il proprio arbitrio detta o che si è accreditato col
consenso religioso. Si possono dire, paradossalmente, cose giuste, ma nel posto
sbagliato. Oppure si proietta un brano su un altro, snaturando quest’ultimo.
Alcuni confondono mele con pere o capre con cavoli. Altri confondono,
proverbialmente, fischi per fiaschi. Poi, per far tornare i conti, devono
necessariamente «aggiustare» le cose con un po’ di allegoria, un pizzico
di speculazione, una presa di falso sillogismo e una manciata di indebita
versettologia. A ciò si aggiungono, in certi ambienti, anche sedicenti
«rivelazioni» private e la cattiva abitudine di parlare, dicendo: «Il Signore mi
ha detto (o rivelato)» e cose simili.
2. UN
CASO ESEMPLARE: Ciao, Nicola. Ho sentito in uno studio biblico che
Ezechiele 36,26 parla della nuova nascita, riferendosi a quando Gesù parla con
Nicodemo in Giovanni 3. Mi sembra che Ezechiele parla al popolo d’Israele e che
si tratta di una profezia non ancora realizzata. E corretto interpretarlo con il
concetto della nuova nascita? Grazie del tuo aiuto. {Liliane Vitanza Hoffer;
28-08-2014}
3. LE
RISPOSTE: Per capire il contesto storico, letterario e teologico di
Ezechiele 36,26, basta andare al verso 22 per rendersi conto che Ezechiele
doveva parlare alla «casa d’Israele» nella dispersione, e che gli Ebrei
«fra le nazioni» avevano dato una cattiva testimonianza dell’Eterno (vv. 22s).
Dio voleva ricondurli in patria come collettività (v. 23) e fare in loro
come collettività un’opera di
rinnovamento spirituale (v. 24). Anche i versi 26s sono intesi a livello
globale dell’intero popolo. Poi, seguirà la dimora sicura in connessione
con il patto (v. 28). La purificazione collettiva porterà benedizione,
moltiplicazione, abbondanza e riscatto dall’infamia dinanzi a tutte le nazioni
(vv. 29s). Tutto ciò avverrà in connessione con un grande ritorno in patria e
con la ricostruzione della nazione (vv. 33ss). Questi aspetti erano già
contemplati in quello che io chiamo «l’impianto predizionale» dell’AT (Dt 30;
cfr. Dr 28).
Al ritorno degli Israeliti con Zerubabele tale predizione divina poteva
ben realizzarsi, sennonché ritornò solo una minima parte; quindi fu solo una
caparra di un evento ancora futuro. Tale predizione ha a che fare con l’intera
collettività d’Israele e con una rinascita storica; quindi non ha nulla a che
vedere con Giovanni 3 e con il dialogo di Gesù con
Nicodemo, dove gli aspetti sono solo personali e spirituali.
La nostalgia introiettata negli Israeliti da brani come quello di Ezechiele 36,
si trova in vari personaggi al tempo di Gesù. Questo fu l’anelito del
sacerdote Zaccaria,
che guardava al Messia come «un potente salvatore nella casa di Davide suo
servitore — come aveva promesso dall’antichità per bocca dei suoi profeti — uno
che ci salverà dai nostri nemici e dalle mani di tutti quelli, che ci odiano…
alfine di concederci che, liberati dalla mano dei nostri nemici, gli servissimo
senza paura» (Lc 1,69ss.74). Similmente Simeone palesò tale nostalgia
messianica verso un riscatto storico d’Israele: «Ora, o mio Signore, tu lasci
andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; poiché gli occhi miei hanno
veduto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli, per esser
luce da illuminare le genti, e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,29-32).
Anche la proclamatrice Anna «parlava del bambino a tutti quelli, che
aspettavano il riscatto di Gerusalemme» (v. 37). Appena prima
dell’ascensione di Gesù, i suoi apostoli gli chiesero: «Signore, è in
questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?» (At 1,6).
L’adempimento finale della predizione di Ezechiele è futura e coinciderà con il
secondo avvento del Messia e l’inizio del suo regno terreno. Il «giorno
del Signore» sarà il crogiolo, in cui Israele sarà purificato; in tale
periodo, gli Israeliti guarderanno a Colui, che essi hanno trafitto (Zc 12,10;
Ap 1,7), e lo accetteranno come Messia, ossia come Signore e Salvatore. Allora,
tutto l’Israele purificato sarà salvato (Rm 11,26).
4.
ASPETTI CONCLUSIVI: Come abbiamo visto, è facile snaturare un
brano, proiettandoci dentro il significato di un altro brano, che sta in un
contesto storico e teologico del tutto differente. Come detto sopra, quando non
si fa esegesi contestuale, ma eisegesi, si può far dire al testo ciò, che
si vuole; oppure si possono dire cose giuste, ma al posto sbagliato.
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Ecco alcuni
approcci alla Scrittura:
■ L’esegesi rispetta il testo nel suo
contesto naturale e lo spiega secondo l’intendimento dell’autore.
■ Chi spiritualizza
un testo, trae da esso, per uso personale, ciò, che lo colpisce,
indipendentemente da chi parla e da chi sia il destinatario di quanto riportato.
■ L’eisegesi
proietta in un testo altri contenuti, snaturando tale brano. Spesso ciò
accade o per ignoranza e leggerezza o in modo strumentale e per fini ideologici. |
Chi interpreta con
leggerezza o arbitrariamente la Scrittura, torce, magari senza volerlo,
ciò che è scritto. Allora ciò che era inteso come collettivo, viene fatto
apparire individuale. Ciò che era inteso come azione storica di Dio per Israele,
viene reso come atto interiore del singolo. L’atto politico di Dio nella storia
viene snaturato ad atto religioso, se non mistico.
In tal modo si snatura ciò, che Dio intendeva dire in un certo brano e,
proiettandoci dentro altro, si diventa un operaio confuso, che non sa
tagliare rettamente la «Parola della verità» (2 Tm 2,15) e che immancabilmente
creerà confusione anche in coloro, che ascoltano.
Ecco un’altra raccomandazione da prendere a cuore, per chi è maestro di altri: «Bada
a te stesso e all’insegnamento;
persevera in queste cose, perché, facendo così, salvaguarderai te
stesso e quelli che ti ascoltano» (1 Tm 4,16).
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Eisegesi_MT_AT.htm
30-08-2014;
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