Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
  Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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CORRETTEZZA VERSO LA SACRA SCRITTURA

 

Gianluca Colucci - Nicola Martella

 

1.  LA QUESTIONE: Gianluca Colucci ha pubblicato uno scritto dal titolo «Falsi cristiani in mezzo a noi». Invece di riportare un testo biblico, per poi commentarlo, ha semplicemente riportato la «parabola delle zizzanie», interpolando il testo con le sue spiegazioni.

     Ecco dapprima il suo testo: «Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: il regno dei cieli è simile ad un uomo [Gesù] che ha seminato buona semenza [veri Cristiani] nel suo campo [mondo]. 25 Ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico [Satana] e seminò delle zizzanie [falsi Cristiani] in mezzo al grano [veri Cristiani] e se ne andò. 26 E quando l’erba fu nata ed ebbe fatto frutto [veri Cristiani], allora apparvero anche le zizzanie [falsi Cristiani]. 27 E i servitori [gli angeli] del padron di casa vennero a dirgli: Signore [Gesù], non hai tu seminato buona semenza [veri Cristiani] nel tuo campo [mondo]? Come mai, dunque, c’è della zizzania [falsi Cristiani]? 28 Ed egli disse loro: Un nemico [Satana] ha fatto questo. E i servitori [gli angeli] gli dissero: Vuoi tu che l’andiamo a cogliere? 29 Ma egli rispose: No, che talora, cogliendo le zizzanie [falsi Cristiani], non sradichiate insieme con esse il grano [veri Cristiani]. 30 Lasciate che ambedue [falsi e veri Cristiani] crescano assieme fino alla mietitura [fine del mondo]; e al tempo della mietitura [ritorno di Gesù], io dirò ai mietitori [gli angeli]: Cogliete prima le zizzanie [falsi Cristiani], e legatele in fasci per bruciarle [all’inferno]; ma il grano [veri Cristiani], raccoglietelo nel mio granaio [in paradiso]» (Matteo 13,24-30). {12-10-2016; formattazione redazionale}

     Uso l’occasione per suggerire ai cristiani un giusto approccio verso il sacro Testo e una corretta ermeneutica del testo biblico.

 

 

2.  UNA MIA PRIMA RISPOSTA: A Gianluca Colucci volevo fare presente quanto segue. Non si fa bene a interpolare la sovrana Parola di Dio con le proprie interpretazioni. Questo modo di fare può portare ad adulterare la Scrittura e può rappresentare una colpa di lesa maestà. Oltre a ciò, può aprire porte e portoni all’arbitrio, ossia al cattivo vezzo, con cui ognuno può far dire alla Parola di Dio ciò, che vuole, semplicemente aggiungendo le proprie spiegazioni all’interno del testo.

     Le interpolazioni nella Scrittura devono essere limitate a quando si fa una traduzione dalle lingue originali, e allora si aggiunge qualcosa tra parentesi quadre, per rendere meglio il senso del testo ebraico o greco in italiano. Ad esempio, traducendo Efesini 1,3 dal greco, coniugo precisione e leggibilità come segue: «Egli ci benedì mediante ogni benedizione spirituale nei [luoghi] sopraccelesti ne[ll’]Unto»; «luoghi» non c’è in greco e alla fine si trova solo en Christõ «in Unto». Tuttavia, non bisogna mai farlo, aggiungendo al testo le proprie interpretazioni. Quest’ultime devono essere messe dopo il testo, ben separate da esso. La Scrittura rimane sovrana, le nostre interpretazioni d’essa possono essere corrette o discutibili. Se contestiamo questo ad altri, ritenendoli scorretti o manipolatori della Parola, noi stessi dobbiamo dare l’esempio.

     Quanto alla «proiezione testuale» riguardo a «veri Cristiani» e «falsi Cristiani», gli faccio presente che essa è anacronistica. Infatti, nel momento in cui Gesù insegnò tale parabola (Matteo 13,24ss) e il significato annesso (Matteo 13,36ss), di «cristiani» non ce n’erano in terra. Perciò, Gesù non poteva intendere e insegnare ciò, di cui i discepoli neppure sognavano l’esistenza. Fin lì essi erano giudei, che seguivano il Messia, e tali volevano rimanere, non immaginando neppure che dovessero diventare «cristiani».

 

3.  LA REPLICA ALTRUI: Gianluca Colucci mi ha risposto pubblicamente come segue. Veramente io non ho interpretato proprio un bel niente, tanto meno mi sono permesso di adulterare la Parola di Dio. Leggi la spiegazione che Gesù ha dato della parabola e vedrai tu stesso che coincide con quella che ho dato io: «Ed egli, rispondendo, disse loro: Colui che semina la buona semenza, è il Figlio dell’uomo; il campo è il mondo, la buona semenza sono i figli del Regno; le zizzanie sono i figli del maligno; il nemico che le ha seminate, è il diavolo; la mietitura è la fine dell’età presente; i mietitori sono angeli. Come dunque si raccolgono le zizzanie e si bruciano col fuoco, così avverrà alla fine dell’età presente» (Matteo 13,37-40).

     Inoltre, è vero che il termine Cristiani fu dato per la prima volta ad Antiochia (cfr. Atti 11,26), ma allora significa che i discepoli di Gesù prima di allora non erano Cristiani, ma Giudei? Se erano Giudei di religione, perché furono perseguitati dal Sinedrio e dagli altri Giudei? Evidentemente perché non erano come loro. E se volevano rimanere Giudei, perché hanno seguito Gesù, che insegnava una dottrina del tutto diversa da quella degli scribi e Farisei?

     Poi sulle parentesi anche qui mi sembra che ci attacchiamo sul nulla e il tuo intervento, oltre ad essere fastidioso, è pure immotivato non si sa da cosa, ma posso immaginare io il motivo del tuo livore. Ho usato le parentesi quadrate, perché sono quelle che bisogna usare, quando si fa un aggiunta del testo: «Le parentesi quadre si usano ogni volta che si introduce nel testo un’aggiunta, una spiegazione, un riferimento, una traduzione. Vengono inoltre utilizzate per segnalare un taglio o una lacuna nel testo, inserendo tra parentesi il simbolo dei puntini di sospensione […]» (fonte). {13-10-2016; formattazione redazionale}

 

4.  MIE OSSERVAZIONI E OBIEZIONI: La citazione da te fatta sulle parentesi quadre in un testo altrui mostra proprio che tu abbia sbagliato, poiché tu non hai introdotto una variante testuale del greco, ma hai interpretato il testo a modo tuo. Comunque, ti mostrerò tutto punto per punto.

     Nel momento, in cui Gesù parlò ai suoi discepoli, erano tutti «Israeliti», tanto Gesù quanto i discepoli (dagli altri popoli detti anche «Giudei», chiamandosi tale territorio ora «regno di Giuda», ora la provincia romana «Giudea»). Anche nella notte, in cui Gesù fu tradito, i Giudei di Gerusalemme riconobbero dalla parlata che Pietro era «galileo» (ossia un Israelita o «Giudeo», che abitava in Galilea). Gesù fu condannato non perché «cristiano», ma perché pretendeva d’essere il «Figlio di Dio». Gli apostoli e la chiesa di Gerusalemme non erano perseguitati perché «cristiani», ma perché seguaci di quel Gesù di Nazareth, che essi ritenevano essere il Messia (cfr. At 4-5). Inoltre, il Sinedrio perseguitava tutti i Giudei, che non seguivano le loro direttive. Scribi e farisei buttavano fuori delle sinagoghe tutti coloro, che facevano obiezioni al loro ruolo e ai loro insegnamenti; perciò valeva anche per chi riteneva che Gesù fosse il Messia (Gv 9,22s; 12,42).

     Gesù insegnava veramente una dottrina del tutto diversa da quella degli scribi e farisei? Se fosse stato così, Gesù non avrebbe detto: «Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno» (Mt 23,2s). Se avessero insegnato nella sostanza una dottrina differente, Gesù non avrebbe detto così. Il problema di scribi e farisei, come affermò Gesù, non stava sostanzialmente nella dottrina di base, ma nel loro comportamento massimalista, secondo cui si ritenevano «giusti» mediante i loro atti devozionali (Lc 18,11s; cfr. Mt 9,12s; Lc 15,7); e nella loro incoerenza di integralisti, poiché mettevano «pesi difficili da portare» sugli altri, senza toccarli personalmente neppure con un dito (Lc 11,46). A ciò si deve la condanna pubblica di Gesù verso questi integralisti, ritenuti da Lui ciechi, ipocriti e stolti (Mt 23).

     Il punto focale del dissenso fra Gesù di Nazareth e i dottori della legge era che questi ultimi lo rifiutarono come Messia, e per questo lo osteggiavano, cercavano di ucciderlo e, infine lo portarono alla condanna capitale. Addirittura, scribi e farisei avevano, a differenza dei sadducei, la stessa dottrina escatologica dei seguaci di Gesù Messia; Paolo, sapendolo, cercò così di spaccare il fronte dei suoi accusatori, riuscendoci (At 23,6-9).

     Pietro, entrando a casa del centurione Cornelio, buttò subito le mai avanti, spiegando la prassi normale dei Giudei messianici valida fin lì: «Voi sapete come non sia lecito a un Giudeo di avere relazioni con uno straniero o di entrare da lui» (At 10,28a); era così che Pietro e gli altri credenti giudaici si consideravano, e fu Dio a comandargli di andare (v. 28b). Quando Pietro rientrò a Gerusalemme, fu tacciato malamente: «Tu sei entrato da uomini incirconcisi, e hai mangiato con loro» (At 11,2s); ciò mostra il clima giudaico ed esclusivista interno a tale chiesa.

     Ancora in Atti 21 Giacomo e gli altri anziani furono orgogliosi di dire a Paolo che la chiesa di Gerusalemme era composta di «Giudei, che credono», ossia in Gesù Messia, tutti zelanti per la legge (v. 20). Essi non pensavano mai di chiamarsi differentemente, tanto che si parlava di loro solo come quelli della «(nuova) via» (cfr. At 9,2; 19,9.23), ossia un nuovo movimento fra i tanti altri all’interno del giudaismo (farisei, sadducei, zeloti, esseni, terapeuti, seguaci del Battista, ecc.).

     Fu il Signore che fece sviluppare, col tempo, le cose diversamente, specialmente quando l’Evangelo arrivò (nonostante tutto) anche ai Gentili, cosicché si formarono assemblee a maggioranza gentile. Dapprima furono gli altri ad additare i credenti gentili come «cristiani» (At 11,26), per poi diventare una designazione generale (At 28,26), che si accreditò col tempo anche tra le chiese (1 Pt 4,6).

     Da tutto ciò consegue che parlare di «cristiani» nel momento della parabola della zizzania, è un anacronismo e un’interpretazione arbitraria.

 

5.  LA MIA ANALISI NEL MERITO: Passiamo all’analisi del testo biblico interpolato da Gianluca Colucci. La spiegazione della parabola la diede Gesù stesso in Matteo 13,36-43. Qui Gesù non parlò «veri Cristiani», ma di «figli del regno»; e non menzionò i «falsi Cristiani», ma i «figli del maligno» (v. 38). Chiaramente queste due categorie, menzionate da Gesù, non nacquero col cristianesimo (da Pentecoste in poi), ma c’erano già. Infatti, Gesù parlò dei Giudei, che lo rifiutavano come Messia, così: «Voi siete dal padre [vostro], dal diavolo» (Gv 8,44 gr. diábolos «calunniatore»).

     A ciò si aggiunga che, a voler essere corretti, Gesù non parlò del nemico come il «Satana» (ebr. šāṭān«avversario», gr. satanãs), come fa Gianluca Colucci, ma come il «maligno» (v. 38) e il «calunniatore» (gr. diábolos; v. 39).

     Inoltre, Gesù non parlò della «fine del mondo», che implica già la sua distruzione, ma di syntéleia tũ aiõnos «compimento dell’era» (v. 39), ossia dell’epoca attuale, che precede il regno del Messia e che arriva alla sua conclusione. La Nuova Diodati ha tradotto qui con «mondo» sia kósmos (v. 38) che aiôn (v. 39), fornendo così una traduzione interpretativa, che trae in inganno.

     Infine, Gesù non parlò esplicitamente di un «inferno» (per altro termine inesistente in greco; l’Ades è un’altra cosa), ma della «fornace del fuoco» (v. 42); non parlò di «Paradiso», ossia di un luogo trascendentale, ma del «regno del Padre loro» (cfr. Mt 6,10 «venga il tuo regno»; Mt 26,29 «regno del Padre mio»), ossia del regno messianico (cfr. Mt 20,21 «tuo regno»; Lc 23,42 «venuto nel tuo regno»; Eb 1,8). Gesù ne parlò anche come «mio regno», indicando il suo regno terrestre (Lc 22,29s).

     Durante il «giorno del Signore» si udrà nel cielo questo grido: «Metti mano alla tua falce e mieti; poiché l’ora di mietere è giunta, perché la mèsse della terra è ben matura» (Ap 14,15). Al ritorno di Gesù, ci sarà la risurrezione, allora il Paradiso verrà svuotato, non riempito, come afferma Gianluca Colucci; poi, mentre gli increduli saranno distrutti sulla terra e attenderanno il giudizio universale (Ap 20,11ss), i credenti ancora viventi, usciti dal «giorno del Signore», saranno raccolti da ogni luogo e saranno uniti al Signore e ai risorti nel regno messianico.

 

6.  ASPETTI CONCLUSIVI: Tutto ciò mostra che le interpolazioni nel testo biblico, fatte da Gianluca Colucci, non sono solo sbagliate per principio, ma diverse di esse anche nell’interpretazione, che per molti aspetti non corrisponde alla spiegazione di Gesù, ma alle proprie congetture. Tutte queste approssimazioni in un testo così breve meraviglia, visto che in genere Gianluca Colucci vuole apparire come un difensore dell’ortodossia, come uno che pesa pure le virgole al suo prossimo nei suoi dibattiti con gli altri.

     In ogni modo, non si può che concordare con una sua aggiunta posta successivamente in calce a tale suo scritto: «Ricordiamo inoltre che Paolo è stato “in pericoli tra falsi fratelli” (2 Corinzi 11,26), “introdottisi di soppiatto, [...] per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù” (Galati 2,6). Ecco perché non dobbiamo mischiarci con chi si dice fratello, ma poi non dimostra i segni di una vita cambiata radicalmente dalla potenza dello Spirito Santo (cfr. 1 Corinzi 5,11). Frequentando persone di questo genere rischiamo solo di contaminarci: “Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi” (1 Corinzi 15,33). Chi ha orecchi per intendere, intenda» (formattazione redazionale). Tuttavia, tutto ciò non ha nulla a che fare con l’interpretazione della parabola delle zizzanie.

     E poi egli termina molti dei suoi scritti con la massima ripresa da Gesù, ma molto amata da una certa persona, a lui abbastanza cara: «Chi ha orecchi per intendere, intenda». Spero che questa volta intenda anche Gianluca Colucci e cambi metodo e approccio al testo biblico.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Corret_Scritt_UnV.htm

17-10-2016; Aggiornamento:

 

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