Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Radici 3-4

 

Bibbia (generale)

 

 

 

 

Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: l’Epoca nazionale e l’Epoca Assira.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca nazionale («Libri storici e profetici I»: dalla conquista all’esilio):
■ I Libri Storici in generale
■ L’epoca Premonarchica
■ Giosuè
■ Giudici
■ Rut
■ L’epoca Monarchica
■ Samuele
■ Re
■ Cronache
■ I Libri Profetici in generale.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca assira («Libri storici e profetici II»):
■ L’epoca assira in generale
■ Abdia
■ Gioele
■ Giona
■ Osea
■ Amos
■ Isaia
■ Michea
■ Nahum.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BOZRA, LA CITTÀ DI RIFUGIO PER IL RESTO D’ISRAELE?

 

 di Argentino Quintavalle - Nicola Martella

 

1. Le tesi (1) {Argentino Quintavalle}

2. Osservazioni e obiezioni (1) {Nicola Martella}

3. Le tesi (2) {Argentino Quintavalle}

4. Osservazioni e obiezioni (2) {Nicola Martella}

 

Il mio caro amico Argentino Quintavalle mi ha mandato il link al suo articolo «La città di rifugio», aggiungendo: «Gradirei sapere cosa ne pensi, se cioè secondo te l’interpretazione ci può stare».

     Esprimendosi così, fa capire che è un tentativo di capire e nulla di definitivo, un soggetto da mettere in discussione per arrivare a un’eventuale conferma o smentita. È certamente un atteggiamento saggio.

     Stando così le cose mi accingo ad analizzare il suo scritto per verificarne la consistenza esegetica e per poi fare le mie osservazioni e obiezioni.

 

 

1. Le tesi (1) {Argentino Quintavalle}

 

Quella presentata da Argentino Quintavalle è certamente una tesi affascinante e il suo ragionamento sembra che gli dia ragione, almeno a una prima osservazione. Secondo il suo ragionamento, Bozra, una città dell’antica Edom, sarà la città di rifugio dell’Israele escatologico al tempo della gran tribolazione.

     Egli cita dapprima Mt 24,16 (fuggano ai monti) e poi Ap 12,6 (fuggì nel deserto). Poi passa a Is 33,13-16 (le rocce fortificate saranno il suo rifugio), quindi a Mi 2,12 (pecore di Bozra) e a Dn 11,40-45 (Edom, Moab e la parte principale dei figli di Ammon scamperanno a un empio dominatore). Per far quadrare il cerchio, termina con Is 63,1 (Chi è questi che giunge da Edom, da Bozra, in vestimenti splendidi?).

 

 

2. Osservazioni e obiezioni (1) {Nicola Martella}

 

Il ragionamento è accattivante. È però anche vero e realistico? Verifichiamolo dal punto di vista esegetico, alla luce delle premesse fatte sopra e senza sconti per l’amico.

     ■ Is 33,13-16 si riferisce alla situazione del resto fedele durante l’assedio assiro. Gli aspetti futuri sono legati a Sion (v. 20; città di Dio, v. 21), da cui dipende il v. 16. Quindi non c’entra nulla col discorso della tribolazione, visto cha parla del regno.

     ■ Mi 2,12 esprime una qualità particolare di pecore non il luogo in sé; è come dire per noi le «pecore del Kashmir». Meraviglia che su un’interpretazione discutibile di questo brano (pecore di Bozra = pecore in Bozra) si costruisca tutto un ragionamento. È come dire che Davide si trovasse in Basan, quando affermò: «Grandi tori m’hanno circondato; potenti tori di Basan m’hanno attorniato» (Sal 22,12).

     ■ Dn 11,40-45 può riferirsi, storicamente parlando, solo a un tempo in cui Edom, Moab e i figli di Ammon esistevano ancora. Tale tempo è nel contesto storico quello di Antioco IV Epifane (174-164 a.C.), il re della Siria che mise le mani sopra tali territori e dissacrò anche il tempio di Gerusalemme. Al più tardi dai tempi dei Romani in poi, tali luoghi non esistono più come regni autonomi. Idumei, Moabiti e Ammoniti vennero a scomparire anche come popolazioni chiaramente identificabili.

     Ai tempi di Amos, su tali luoghi era stato espresso un interdetto divino, che si sarebbe realizzato in un tempo relativamente breve (Am 1,11-15); poteva Dio mandare il suo resto fedele proprio in un luogo definito, tra altre cose, di obbrobrio e maledizione? (Gr 49,13.22). Un dittatore escatologico farà cose simili per il tempio futuro; ma una cosa è l’adempimento storico concreto (al tempo di Antioco Epifane IV), altra cosa è l’analogia escatologica, che non necessita più del panorama storico e geografico originale.

     ■ In Is 63,1 Jahwè viene da Edom e precisamente da Bozra, quindi non si reca a questi luoghi, ma a Sion per regnare (Is 62,10ss). Prima di ciò ha fatto un giudizio in tali luoghi nel giorno della sua vendetta contro tutti i popoli, che hanno rifiutato di associarsi a Lui (vv. 2-6). Nessuno lo ha aiutato, quindi neppure tra gli israeliti (v. 5).

 

Facciamo ora alcune ulteriori considerazioni. Sebbene sia legittimo porre in relazioni le cose per trovarne una ragione, bisogna sempre guardarsi da una dotta versettologia e dal un falso sillogismo risultante. Alla fine si rischia di trovare ciò che si desidera trovare e si «dimostra», ciò che si premette a priori. Comunque, come detto, si tratta di un tentativo che Argentino (mi) ha posto a verifica.

     Per mostrare come la versettologia indebita porti a un falso sillogismo, racconto questo aneddoto. Una volta a Milano un predicatore di mia conoscenza insegnava che il cavaliere di Ap 6,2 era probabilmente l’anticristo stesso. Un uomo si alzò improvvisamente durante l’insegnamento per rinfacciargli di stare bestemmiando: egli affermò l’evidenza secondo cui in Ap 6,2 il cavaliere vestito di bianco e che cavalca un cavallo bianco, fosse necessariamente Cristo, poiché la «letterina» di riferimento nell’apparato sottostante portava ad Ap 19,11 (cfr. v. 14), dove si parlava chiaramente del Messia. Un altro esempio di chiaro falso sillogismo è rappresentato dalla tesi secondo cui il lievito nella Bibbia sia sempre negativo, dimenticando la dinamica del regno: «Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre staia di farina, finché la pasta sia tutta lievitata» (Mt 13,33).

     Quindi anche l’argomentazione che si basa essenzialmente sulle «pecore di Bozra» (per altro non uniforme in tutti gli antichi manoscritti), e cioè non quale riferimento alla qualità delle pecore, ma al luogo reale in quel momento, ha i connotati di una falso sillogismo. Si noti come l’espressione «le vacche di Basan, che state sul monte di Samaria» (Am 4,1) parli della qualità delle mucche che Amos usò come paragone per i pasciuti e arroganti beoni e ubriaconi della capitale di Efraim (cfr. similmente in Sal 22,12s). Si noti similmente come l’espressione «navi di Tarsis» definiva spesso una qualità di imbarcazioni, costruita dapprima in tale città (1 Re 22,49 Giosafat le costruì per sé). Oggi nessuno pensa di stare a Firenze, ad Amburgo o a Bologna, per fare qualche esempio, quando mangia rispettivamente una di queste specialità: fiorentina, hamburger, bolognese. Non bisogna essere oggigiorno a Edimburgo per poter cucire col «filo di Scozia», né a Damasco per vestirsi con una stoffa damascata o sedersi su un tappeto damascato. E così via

     L’alternativa al falso sillogismo è un’esegesi contestuale corretta e rigorosa che appuri fino in fondo come stanno veramente e chiaramente le cose. Chi la esegue al riguardo, constaterà che un tale ragionamento, basato sulle «pecore di Bozra», sebbene dotto, ha qui i piedi d’argilla.

     Mi era stato chiesto di verificare la consistenza esegetica della mirabile tesi. Dirò come quel certo chirurgo: «Operazione riuscita, ma il paziente è morto», ossia l’esperimento è riuscito, ma intanto le pecore di Bozra si sono estinte al pari degli Edomiti.

 

 

3. Le tesi (2) {Argentino Quintavalle}

 

La mia richiesta di partenza è stata: «Secondo te, ci può stare come interpretazione»? Cioè, «secondo te è una interpretazione possibile»? In mancanza d’altre interpretazioni sull’argomento, ne ho presentata una, che naturalmente rimane una possibilità e non un dogma.

     Mi sta bene l’accusa di versettologia indebita ed esegesi non contestuale, ma a patto che venga rivolta anche a Gesù in quanto in Luca 19,46 egli ha preso due versi dal contesto completamente differente, uno da Isaia (56,7) e l’altro da Geremia (7,10) e li ha fusi insieme per applicarli ai suoi tempi. Quindi se è «legittimo porre in relazione le cose per trovarne una ragione», e se anche Gesù l’ha fatto, mi è legittimo accostare versetti biblici per investigare le cose che Dio ha nascoste (Pr 25,2). Che poi io riesca nell’intento o meno questo è un altro discorso. Quando si studia la Bibbia bisogna essere pronti non soltanto a imparare, ma anche a disimparare.

     Dunque vediamo e ragioniamo ad alta voce.

 

     ■ Is 63,1: Il Messia viene da (moto da luogo) Edom, da Botsra, [per andare a Sion a regnare]. Giusto, ma che c’è stato a fare a Botsra prima d’andare a Sion? Se gli Edomiti sono scomparsi che senso ha parlare del giudizio verso tutti i popoli compiuto in Edom? Dove tra l’altro troviamo un gioco di parole tra Edom (rosso) e il rosso del mantello del Messia? Se faccio un’interpretazione letterale, mi chiedo: «è plausibile pensare che il Messia passa per Botsra perché lì vi sono i credenti rifugiati che aspettano il suo ritorno nella speranza di non essere uccisi dai nemici»? Sono semplici domande fatte con l’intento di capire.

     Se non faccio una interpretazione letterale allora, devo ammettere, mi potrebbe cadere il ragionamento poiché devo intendere Edom (e Botsra la sua capitale) come il nemico di sempre, il nemico perpetuo (Am 1,11), il nemico escatologico, finale (Is 34,5; Ab 1,17-21). Come il Servo è Davide (Is 55,3), così il Messia arriva come Davide a vincere Edom. Ma questa interpretazione non necessariamente esclude la precedente, la quale rimane «possibile».

 

     ■ Dn 11,40-45: L’analogia escatologica, che non necessita più del panorama storico e geografico originale? Su questi versi i commentatori si sono sbizzarriti a dire tutto e di più. D’una cosa sono certo: non si riferiscono a Antioco Epifane poiché gli eventi ivi descritti non si sono verificati nella sua epoca. Anzi, l’abominazione della desolazione di cui si parla al v. 31 si trovava ancora nel futuro ai tempi di Gesù (Mt 24,15s) e quindi non trova il suo adempimento con Antioco. Il «piccolo corno» di Dn 7, il «piccolo corno» di Dn 8, e il «re superbo e arrogante» di Dn 11 sembrano proprio descrivere la stessa persona, l’anticristo della fine dei tempi, ma il quale, per motivi che non sappiamo non riuscirà a conquistare i territori che una volta appartenevano a Edom, Moab e Ammon, cioè l’attuale Giordania.

     Una profezia per poter dire che si è avverata deve avere il supporto della storia, altrimenti è pura fantasia. Io sono il primo a dire che su questo terreno dobbiamo muoverci con prudenza e prender posizione con cautela. È sempre incauto azzardare interpretazioni appoggiate al panorama internazionale del momento, la conferma della profezia viene dalla storia, non dalla cronaca, ma appunto per questo mi faccio forza di quanto ho detto.

     Chi vede ancora la figura storica d’Antioco IV Epifane in Dn 11,40-45 non può dare una giustificazione storica di siffatta interpretazione perché la storia non conosce questa terza campagna dell’Epifane contro l’Egitto dopo le due già ricordate da Daniele. Queste sono parole che possono riferirsi solo «al tempo della fine» (v. 40). Non c’è nulla nel contesto di Dn 11 che sminuisce la forza di questa parola «fine», ovvero la fine di tutte le cose a cui si fa qui riferimento. Alla fine dei tempi delle forze muoveranno simultaneamente dal nord e dal sud contro l’Anticristo, così come nell’antichità mossero l’uno contro l’altro i personaggi storici designati come «il re del nord» e «il re del sud», ma l’Anticristo, che disporrà di forze formidabili, contrattaccherà invadendo e devastando le terre di quelli che si saranno ribellati.

     Il fatto che Edom scamperà dalle mani dell’Anticristo mi sembra più che plausibile pensare che i credenti cercheranno scampo sui monti (di Botzra).

 

     ■ Mi 2,12: È vero che questo brano può indicare la qualità delle pecore e non il luogo in sé. Ma appunto, può indicare la qualità, ma può anche indicare il luogo. Le parole bibliche possono avere dei significati molto profondi. Il fatto che può indicare la qualità non confuta l’idea che può indicare anche il luogo. Anche in questo caso la mia interpretazione rimane «possibile».

 

     ■ Is 33,13-16: Sono stato il primo a dire che questo brano non è probante, ma solo indicativo. Chi vuole confutarmi qui può trovare vita facile. Ma siccome Isaia nei vv.13-24 parla della nuova Sion, l’Assiro rappresenta il nemico escatologico dal quale soltanto chi «cammina per le vie della giustizia» troverà scampo sui monti.

 

Se il mio ragionamento, oltre a essere «accattivante» è anche vero e realistico, lo dirà la storia. Sicuramente è possibile, anche se non certo. Finora le obiezioni non mi convincono del contrario.

 

 

4. Osservazioni e obiezioni (2) {Nicola Martella}

 

Avevo evidenziato che si trattava di un’interpretazione da studio tutta da verificare. Apprezzo sempre lo studioso Argentino e questo indipendentemente dal fatto se le nostre opinioni coincidono o meno.

     Quanto alla versettologia voglio spiegare che esiste un accostamento organico fra versi biblici, quando sono della stessa natura e non sono snaturati rispetto al contesto d’origine. Altra cosa è una versettologia indebita, ossia quando i versi sono cercati e accostati per rendere più «biblicamente» plausibile una concezione già decisa a priori. Nessuno di noi può inoltre paragonarsi a Gesù; inoltre egli citava qui a senso, non letteralmente, e le sue parti sono comunque congruenti al tema «casa del Signore», ossia il tempio, indicando ciò che quest’ultimo dovrebbe essere (Is 56,7) e ciò che è diventato (Gr 7,10). Il suo può essere quindi considerato un accostamento organico.

     Noi però, per evitare abusi, facciamo sempre bene ad usare un’esegesi contestuale. Inoltre ho capito che il tuo tentativo voleva essere una traccia di studio da verificare; per questo me l’hai posta ad analisi. In tale confronto non devono mica esserci vincitore e vinti; è solo un approfondimento.

 

     ■ Is 63,1: Di per sé tutto il contesto parla di Jahwè e del suo giorno di vendetta. Dio aveva minacciato più volte la distruzione di Edom, a causa della slealtà degli Edomiti verso gli Israeliti, quando nella crisi storica si associarono ai nemici d’Israele per depredare il popolo fratello. Qui Dio gli dà il contraccambio da lungo annunciato(Am 1,11s; Ab 1,10). Isaia come Amos e Abdia parlano del giudizio storico avvenuto prima per mano dei Babilonesi, suoi alleati, e poi mediante i Romani (Erode era un idumeo; in appresso però la ribellione dei Giudei e degli Idumei fece usare la mano pesante ai Romani su tutta la Palestina. Mentre i Giudei sopravvissero, essendo forti nella diaspora, non così fu per gli Idumei che erano lì concentrati).

     Quindi la domanda riguardo a credenti lì rifugiati non è storicamente plausibile, poiché la vendetta avviene fuori di Sion, mentre la redenzione dentro. L’applicazione al Messia e all’escatologia non è pertinente, poiché Edom e gli Idumei sono finiti storicamente, politicamente ed etnicamente. Nel 3° secolo d.C. Origene affermava che Edom era scomparso come popolo e non si era neppure conservata la lingua idumea. Si fa quindi bene a non dare a tale brano una valenza escatologica precisa. Per l’approfondimento su Edom e Idumei si veda Nicola Martella, «Abdia», Radici 3-4 (Punto°A°Croce, Roma 1994), pp. 136s.

 

     ■ Dn 11,40-45: Per l’escatologia veterotestamentaria, la fine dei tempi doveva coincidere con l’avvento di Jahwè stesso o di Davide (Messia). Al giudizio storico sui nemici d’Israele doveva seguire il regno davidico. Se si interpretano le predizioni dell’AT dall’ottica del NT, si dovranno rivoltare e snaturare per darle «senso» neotestamentario. Il problema della rimodulazione della fine dei tempi è nata dal fatto che, avendo i Giudei rifiutato Gesù come loro re, il regno fu loro tolto fino a quando avrebbero invocato Gesù come loro Messia (Mt 21,43; 23,37ss). Questo fece si che si potesse distinguere una venuta di Gesù in umiliazione e una in gloria, alla fine dei tempi (At 1,11). Per l’approfondimento rimando in Nicola Martella (a cura di), Escatologia biblica essenziale. Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), agli articoli: «Le grandi linee dell’escatologia dell’AT», pp. 122-128; «Divario fra predizioni e adempimenti messianici», pp. 129-132.

     Quanto l’abominazione della desolazione (Mt 24,15s), essa avvenne nel 70 d.C. con gli Zeloti che dissacrarono il tempio facendovi la loro base operativa; questo doveva essere il segnale per i credenti della Giudea per scappare, cosa che avvenne; poi Tito fece il resto. L’aspetto escatologico avverrà dopo la costruzione del tempio. Per capire come una cosa annunciata (qui da Daniele) possa avvenire diverse volte in modo simile (Antioco Epifane, Zeloti / Tito e dittatore escatologico), rimando alla «dinamica predizionale», in cui articolo si trova in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), p. 138.

     Edom, Moab e Ammon come popoli sono finiti per sempre. L’adempimento storico particolare è una cosa, quello escatologico è un’altra cosa, essendo solo il riflesso applicativo e la sublimazione degli eventi precedenti (cfr. in Apocalisse «Babilonia la grande»).

     Ricordo ancora una volta che il «tempo della fine» (Dn 1,40) era, dalla prospettiva dell’AT, l’epoca messianica. Se non si tiene presente questo punto, si sballerà sempre, perché tutto si sfaserà. Solo la menzionata «dinamica predizionale» ci aiuta a capire, dopo che abbiamo afferrato il fatto che il giudizio storico del 70 d.C. era diventato una caparra di quello escatologico e che il regno (con l’avvento del Messia in gloria) era stato rimandato a migliori condizioni (il riconoscimento di massa di Gesù quale Messia da parte d’Israele).

     Gli eventi storici si consumarono al più tardi con i Romani. Alla fine dei tempi non ci saranno Idumei, Moabibi e Ammoniti, poiché questi popoli si sono persi per sempre come entità etniche precise e chiaramente individuabili. L’espressione Dio «farà una totale distruzione del luogo dov’è Ninive» (Na 1,8s), cosa che avvenne nella storia (612 a.C.) è simile a quella usata per Gerusalemme (Sf 1,18), cosa che avvenne nel 586 a.C. Anche riguardo a Teman, capitale di Edom, Dio parlò di sterminio per sempre (Ab 1,9s); tutto ciò avvenne, sempre per mano dei Babilonesi, appena cinque anni dopo la caduta di Gerusalemme.

 

     ■ Mi 2,12: Vale quanto già detto in precedenza, ossia che si tratta di una qualità di pecore.

 

     ■ Is 33,13-16: L’Assiro rappresenta se stesso e la situazione è quella accertata dalla storia. La sublimazione dei brani storici nell’escatologia è solo un riflesso di una dinamica ricorrente. Una cosa è la storia circostanziata, altra cosa è l’applicazione escatologica, poiché segue un canone tipologico.

 

Il mio compito era di verificare un’ipotesi di lavoro. Esso è ora concluso. Tale ipotesi, sebbene dotta, mi convince ancora di meno. Il bello del confronto è che alla fine di una verifica di una idea, non debbano esseri vincitori e vinti; approfondendo la Parola di Dio, tutti traiamo vantaggio.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Bozra_rifugio_resto_R34.htm

03-07-2008; Aggiornamento: 04-07-2008

 

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