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Crociata del Libro Cristiano:
«Il libro non è destinato a persone
impressionabili, ma a chi si rende già conto della realtà del Maligno e vuole
trovare un rimedio a situazioni incresciose. Vuole essere anche una denuncia e
un tentativo di sensibilizzazione contro le potenze dell'occulto. D'altronde
ogni cristiano è chiamato a questo, per lo meno colui che non è fossilizzato in
un cristianesimo secolarizzato, ingannato, bigotto, ottuso e mondano, ma cerca
di vivere seguendo la Bibbia e gli insegnamenti in essa contenuti».
«Lo scopo di questo libro è quello di far prendere coscienza del problema,
per denunciarne, con grande senso di responsabilità, la sua malefica potenza».
{Dalla pubblicità;
CLC}
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Luigi Dettori:
Mentre guardo una colomba volteggiare nel cielo, una bianca piuma se ne
stacca; e questa sembra galleggiare nel vuoto. Chi è più leggero? L’uccello o la
piuma? L’uccello è più leggero, perché
danza nell’aria vincendo la forza di gravità. L’uccello, nella sua
danza, compie un autentico sforzo, proprio come una danzatrice spende
energie per slanciarsi leggera, seguendo il suo ritmo. La piuma, invece, è
costretta a scendere in basso attratta dalla forza di gravità.
Nel dialogo l’âme et la danse («L’anima e la danza»)
di Paul Valery, Fedro ammette che si vive di menzogna. Questa è un
espediente per poter affrontare gli altri individui, i quali non sono in grado
di sopportare l’asprezza della realtà. La menzogna viene somministrata al malato
insieme con le pillole. La vita dell’individuo è costruita con abitudini
particolari che danno un certo tipo di stabilità
psicologica. Se si introduce la verità, l’abitudine si interrompe
bruscamente. Due coniugi sono convinti del loro amore, ma può succedere che
l’affetto di uno dei due possa diminuire. Allora si ricorre alla menzogna per
evitare di provocare un infarto. L’esistenza diventa cupa, quando l’uomo scopre
le verità che lo riguardano. Così, la danza funge da maschera sul senso
della realtà. Perché questa deve essere mascherata? Il Socrate di Valery
risponde: «Perché la realtà non può ammettere di essere vista!». Togliere la
maschera sarebbe un rimedio? Ciò produrrebbe una malattia inafferrabile, la
depressione, che può degenerare in quello che in psichiatria viene definito
taedium vitae.
Questa noia della vita, la noia totale, ti assale quando tu ci
vedi chiaro, quando ai tuoi occhi i contorni della realtà appaiono
netti. Un uomo volle mettere fine alla sua
chiaroveggenza precipitandosi nelle acque di un porto. E, mentre i
sommozzatori si prodigavano a salvarlo, lui, agonizzante, con le mani faceva
segno di no! Quando la verità del mondo si manifesta, per evitare il taedium
vitae è necessaria la danza. La danza ti sottrae alla malefica attrazione
esercitata dalla depressione come sottrae l’uccello alla forza di gravità.
Sembra invidiabile, quindi, la leggerezza dell’uccello,
non quella della piuma!
L’uomo non può tollerare di stare a contatto con sé stesso, a
contatto con la realtà. Vuole schizzare fuori di sé. Allora cerca l’avventura.
Ma, per uscire fuori di sé, si abbandona all’ebbrezza prodotta dalla volontà che
si realizza quando egli
vuole. Allora ricorre a un’ubriacatura di alcol, di sesso, di musica, di
poesia, di bellezza, di odio, di amore. Noi siamo proiettati fuori dalla
contingenza: desideri, rimpianti, memorie… L’anima si prodiga verso l’esterno.
Così avviene nella danza. Il corpo cerca di sfuggire in varie direzioni:
s’innalza, s’incurva, si piega… È un corpo che cerca di sfuggire a sé stesso.
Anche l’anima cerca di sfuggire a sé stessa, alla propria realtà, ad esempio
quando si proietta nel futuro o nel passato.
Noi chiediamo alla nostra anima e al nostro corpo quello che non
possono dare. Siamo pieni di desideri. Nella danza il corpo mima i
desideri dell’anima. Schopenhauer ha detto che siamo caratterizzati da una
ribollente volontà. Se potessimo vedere in faccia la volontà del
nostro essere, ne resteremmo terrorizzati! Siamo macchine che vogliono,
macchine da desideri. Il desiderio è la vera, terribile situazione di
sofferenza. Il nostro è tutto un mondo finto per nascondere l’intima volontà
dell’individuo. Allora… danziamo. Ebbrezza come principio dionisiaco. Capacità
di danzare equivale a non credere a niente, credere a tutto, giocare con
gli oggetti, assenza di serietà. Danzare è l’emblema di leggerezza:
la leggerezza dell’uccello, non quella della piuma. Danzare è il massimo del
rifiuto e della ragionevolezza. Nietzsche, grande maestro della filosofia del
sospetto, attacca il cristianesimo, perché questo avrebbe avvilito l’uomo e
avrebbe distrutto la fiducia in sé stessi con insegnamenti di questo tipo: «Chi
vorrà salvare la sua vita, la perderà» (Matteo 16:25). Per lui, l’uomo deve
essere liberato dalla morale della colpa, del sacrificio e del perdono. Questi
concetti sarebbero psicologia avvilita,
da sconfiggere con la sua danza, cioè contrapponendo a quella il mito
pagano di volontà di potenza, per darsi gioia e vitalità. Ma, chi ha detto che
la debolezza sia un male? La nostra società. L’opinione comune dice: «Forte
è bello.
Debole è cattivo». Se il bambino viene picchiato da altri bambini, i
genitori lo incitano a usare la violenza. Nella cultura occidentale la
«potenza» è tutto. Dietro i valori della nostra società c’è il bisogno di
emergere, la volontà di potenza.
C’è nella danza una forte volontà di esprimersi, con muscoli
contratti per creare quel preciso movimento e disegnare, così, un’idealizzata
figura di libertà. Poi, alla fase attiva dello sforzo segue una fase
passiva
che potremmo definire atteggiamento
estatico. La parola «estasi» è stata inventata nel IV secolo a.C. e
indica anomalia fisiologica. Nella terminologia di Ippocrate ha il
significato di «stiramento degli arti» e «pazzia». Quindi si tratta di un
movimento «alterato», «eccessivo». Plotino, personaggio emblematico del
neoplatonismo, intende l’«estasi» come condizione di ascesi. Nel corso
dell’esperienza estatica si verifica, dopo una fase iniziale di concentrazione,
un’altra fase con annullamento della propria individualità. Così, infatti, il
mistico perde sé stesso per immergersi nel suo oggetto di contemplazione.
Nell’estasi, dunque, almeno nella sua fase iniziale che precede quella passiva,
c’è uno sforzo prodotto da volontà umana, da «muscoli che si contraggono», nel
tentativo di innalzarsi fino a Dio.
Il pessimismo di Nietzsche conclude così: il mondo è falso e
allora… danziamo! Ma quale danza? Una danza che lo porterà alla pazzia,
fino ad abbracciare un cavallo, scambiandolo per una persona! L’anima giace, è
prostrata sotto il peso del peccato. Non è libera. Essa è impacciata nei suoi
movimenti per il peccato che così facilmente ci avvolge. L’uomo è senza luce,
come uno schiavo segregato in un buio carcere sotterraneo. Quale danza potrebbe
mai danzare? Essa non sarebbe altro che la danza delle tenebre,
seppur lieve… della leggerezza dell’uccello contrapposta a quella
della piuma. Una danza che funge da maschera della realtà, in cui la menzogna
viene eretta a sistema di vita, in nome… della paura della verità. Tale danza è
pervasa da volontà di potenza non accompagnata dall’amore e dalla verità. Poi,
nella sua estasi, nel suo tentativo di giungere a Dio, l’individuo perde
di colpo quella volontà di potenza, si svuota di sé, della sua personalità, e un
dio falso si fa adorare in luogo del Dio creatore. Una danza così concepita è un
falso vangelo, una tenebrosa danza di morte che si concluderà nello stagno
di fuoco e di zolfo.
Questo libro, che ha come titolo La lieve danza delle tenebre,
mette in guardia il Lettore contro il ritmo diabolico, apparentemente
impercettibile, che pervade la superstizione, l’astrologia, la parapsicologia e
le scienze occulte in generale. Inoltre denuncia con forza le potenze diaboliche
e i loro messaggi di morte. Ma, allo stesso tempo, si prende anche cura di far
conoscere Gesù Cristo, il redentore.
L’Autore parte da un presupposto chiaramente biblico, e la sua
opera risulta divisa in tre sezioni secondo uno schema logico. Nella prima parte
affronta il problema da un punto di vista generale e sociale, mostrando i
pericoli dell’occultismo per la salute psichica dell’individuo e della società.
Nella seconda parte, tratta l’occultismo nelle sue diverse forme, facendone
un’analisi da un punto di vista storico, razionale e morale. Infine, nell’ultima
parte, l’Autore riprende le tematiche delle prime due sezioni e le assoggetta a
un’analisi spirituale, usando come criterio le sacre Scritture, e mostrando la
contrapposizione netta fra le concezioni occultistiche e la
Verità, rivelata nella Bibbia, specialmente alla luce dell’evento
cristologico». {Dalla prefazione}
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Claudia Ciccarelli:
Un grazie di cuore a Nicola Martella. Sto leggendo «La lieve danza delle
tenebre»... che Gesù Strabenedica la tua vita. Con affetto… Claudia Ciccarelli —
Chiesa Cristiana di Follonica (GR). {05-08-07}
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Paola Sandionigi:
Potrei cominciare col farLe tanti complimenti, col dirLe che «La
lieve danza delle tenebre» è scritta egregiamente, scorrevole e soprattutto è il
risultato d’uno studio approfondito e dettagliato. Le direi solo la verità
perché non sfugge al lettore la sua conoscenza dell’argomento.
{Direttrice de «La Goccia Briantea»;
3 maggio 2009}
A me interessa molto l’argomento occultismo e fede... I suoi
libri sono stupendi, li ho letti e riletti e sono stati anche argomento
d’approfondimento da parte mia. {4 maggio 2009}
E ti assicuro che il tuo libro «La lieve danza delle tenebre» è
qualcosa di unico, un approfondimento preciso e dettagliato. {31 maggio
2009}
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