Qualcuno vede la
nascita di Gesù come un punto di partenza che si proietta in avanti senza
fine, ma senza una vera continuità col passato, cioè separando sostanzialmente
Gesù da colui che esisteva in precedenza e che si è incarnato (alcuni lo
indicano come Logos, o Figlio di Dio, o Cristo). È una tesi che bisogna prendere
in considerazione perché è diffusa anche fra certi studiosi, ma è chiaramente
smentita dal Nuovo Testamento e di fatto trasforma l’incarnazione in una
reincarnazione, nella quale la nuova persona non ha vera memoria di ciò
che era in precedenza. Si potrebbero portare molti passi del Nuovo Testamento a
sostegno d’una continuità fra Gesù e Colui che si è incarnato (e che
indicheremo come Figlio), ma dovrebbero essere sufficienti i rapidi cenni
che ne diamo.
È vero che Giovanni colloca il Logos «nel principio» (1,2) e lo
descrive come il mezzo attraverso il quale «ogni cosa è stata fatta»
(1,3), ma poi chiarisce che proprio il Logos «è diventato carne e ha abitato
per un tempo fra di noi» (Gv 1,14). Sempre nel Vangelo di Giovanni c’è poi
un’affermazione di Gesù inequivocabile, quando dice ai Giudei: «Prima che
Abramo fosse nato, io sono» (8,58). Con quel pronome «io» Gesù indica
chiaramente ciò che era in quel momento e lo collega col suo essere al di fuori
del tempo, applicandosi addirittura quell’esclusivo «Io sono» che Dio riferì a
se stesso parlando con Mosè (Esodo 3,14).
Come si fa a leggere Colossesi 1,13-20 distinguendo un Figlio prima
dell’incarnazione e un Gesù posteriore all’incarnazione? Infatti è scritto
che il Figlio «è l’immagine del Dio invisibile» … «tutte le cose sono
state create per mezzo di lui e in vista di lui» … «sussistono in lui.
Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa» … «al Padre piacque di far
abitare il lui tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per
mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce».
Nell’incarnazione si è conservata «tutta la pienezza» (vedere anche 2,9),
perché è stata abbandonata la forma di Dio, non la sostanza (Filippesi
2,5-7); quel Figlio per mezzo del quale sono state create tutte le cose è lo
stesso che ha versato il suo sangue per riconciliare tutte le cose col Padre.
Insomma, per l’apostolo Paolo c’è un’indubbia continuità e identità fra lo
strumento della creazione di Dio e colui che ha versato il sangue sulla croce!
C’è sempre stata una totale sintonia fra il Figlio e il Padre (Giovanni 8,28-29;
10,30; 14,8-11) e Gesù aveva piena coscienza di ciò che era prima
dell’incarnazione (Gv 17,5,24), perciò fin da Genesi 1,1 tutto è orientato anche
dal Figlio e prepara la venuta del Figlio, che è stata preordinata «prima
della creazione del mondo» (1 Pt 1,20), anche se poi è stata preparata
lentamente fino a manifestarsi nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4; Ef
1,10).
Dove in Ebrei è scritto che «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in
eterno» (13,8) è inutile cavillare sull’esegesi di quel «ieri», che
potrebbe anche riferirsi al tempo del Vangelo, ma che poi l’intero contesto del
Nuovo Testamento rende lecito estenderlo fino a farlo partire almeno da Genesi
1,1; come d’altronde fa la stessa Epistola agli Ebrei precisando subito che Dio
ha creato i mondi per mezzo del Figlio (1,1-3). Così com’è inutile cavillare su
1 Corinzi 10,4 dove viene detto che la roccia alla quale gli Israeliti bevvero
nel deserto «era Cristo», cercando di non vedere la presenza anche di Gesù
Cristo nell’Esodo: perché come Gesù risorto non ha cancellato la sua
incarnazione e crocifissione (conservandone le ferite, Gv 20,19-27; Ap 5,6),
così l’incarnazione non ha cancellato ciò che Gesù era prima, infatti colui «che
fu morto e tornò in vita» è «il primo e l’ultimo» (Ap 2,8): ciò rende
impossibile che nel mezzo ci sia una discontinuità di persona.
Il
filo conduttore
dell’Antico Testamento è quella presenza di Gesù che ai due discepoli sulla via
d’Emmaus era ancora poco chiara (Luca 24,13ss): piuttosto che cercare i
contrasti fra Antico e Nuovo Testamento, vogliamo perciò cogliere nell’Antico
Testamento le sintonie lì presenti col Nuovo (e viceversa). Perché tutti
sappiamo, ma poi è facile dimenticarlo, che nel Nuovo Testamento c’è lo stesso
Dio dell’Antico Testamento, il quale non ha certo bisogno di cambiare strada,
perciò è inutile cercare contrasti, dove invece vanno colti quegli
sviluppi che portano coerentemente a compimento un piano non improvvisato
via via a seconda degli eventi, ma concepito fin dall’inizio e portato avanti
con costanza, fino al compimento dei nuovi cieli e della nuova Terra (Ap 21), e
oltre.
Per
l’approfondimento di alcuni aspetti si veda la seguente letteratura.
■ Nicola Martella (a cura di), Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), articoli: «Il conduttore del
popolo», pp. 82-87; «Gesù si è sbagliato
sull’avvenire?», pp. 179-181.
■ Nicola Martella, E voi, chi dite ch’io
sia?
Offensiva intorno a Gesù 2
(Punto°A°Croce, Roma 2000), articoli: «La speranza messianica nell’AT»,
pp. 3-9; «Gesù, l’ultimo Cristo», pp. 16-25; «Gesù Cristo negli Evangeli», pp.
26-33; «Gesù l’adempimento dell’AT», pp. 24-37; «Come Gesù intendeva se stesso»,
pp. 46-53; «Gesù Cristo in tutto il NT», pp. 68-73; «Adempimento
di alcune promesse messianiche», pp. 74-87.
■ Nicola Martella,
Dall’avvento alla parusia, Panorama del NT 1 (Fede controcorrente,
Roma 2008), articoli: «Vita
e ministero», pp. 30-37; «Annuncio
e attività», pp. 38-44; «Passione,
morte e risurrezione», pp. 45-55.
►
Gesù fra continuità divina e discontinuità storica
{Nicola Martella} (T/A) |
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/315-JC_dis-continuita_UnV.htm
15-09-2008; Aggiornamento: 04-10-2008
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