[7. MONDO
MUSULMANO]
7.1. UN MONDO NON INDUSTRIALIZZATO
Fra le molte nazioni a maggioranza musulmana, nessuna può dirsi veramente
industrializzata. Eppure abbondano quelle che si affacciano sul mare e che,
per esempio, potrebbero attivare un’intensa economia di trasformazione,
fatta di importazione di materie prime e di esportazione di manufatti (sul
modello del Giappone, della Corea del Sud e della stessa Italia). Diverse
nazioni musulmane, poi, sono ricche di petrolio, quindi avrebbero in se
stesse i capitali necessari per vasti programmi di investimenti produttivi:
eppure nessuna di esse li ha utilizzati per innescare un generalizzato
sistema di industrie e gli investimenti sono stati al massimo settoriali e
circoscritti, senza mai rendere veramente competitivo il complesso
industriale.
È vero che gli Stati musulmani si collocano nella
fascia calda della Terra, ma questa pur significativa attenuante non spiega
completamente il fatto che non siano ancora pienamente entrati nell’economia
secondaria (cioè industriale), mentre il mondo sviluppato è già giunto oltre
il terziario tradizionale, essendo approdato al cosiddetto «terziario
avanzato», nel quale prevalgono i servizi a elevata tecnologia e la gestione
informatizzata della produzione. La controprova che anche a quelle
latitudini è possibile realizzare lo sviluppo è data da Stati quali
Singapore, Taiwan, Israele e Hong Kong (quest’ultima integrata ora nella
Cina)
Sembra evidente come non sia possibile comprendere
l’economia del Mondo Musulmano se ci limitiamo solo alle
cause esterne e materiali. Bisogna perciò cercare nella sua tradizione e
nel suo sistema di valori, quei motivi che spieghino la sua
condizione e la sua uniformità (dal Marocco all’Indonesia, nonostante la
grande varietà delle condizioni oggettive, troviamo uno stile di società
fondamentalmente simile).
02-05-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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