[2. IL NOSTRO APPROCCIO ALLA CULTURA]
2.2. CULTURA E RELIGIONE
Certi problemi pratici hanno delle risposte oggettive
(per esempio, il funzionamento di un motore a benzina) e perciò universali
(un buon meccanico sa metter le mani anche su automobili costruite in altri
continenti).
Un’altra categoria di risposte dipende da
particolari gusti personali, sono cioè risposte soggettive (per
esempio, quelle riguardanti i modi per preparare i cibi) e quindi non
omogenee: infatti non è sufficiente essere un buon cuoco italiano per
potersi assumere la responsabilità di preparare un pranzo di nozze in un
altro contesto culturale.
Un’ultima categoria è rappresentata da quelle che
possiamo chiamare risposte indimostrabili (per esempio quelle
sull’esistenza e la natura di Dio, o sulla reincarnazione, o su un eventuale
«aldilà»). Se un cuoco può difficilmente operare in un contesto diverso da
quello per il quale è preparato, tanto meno può farlo un sacerdote.
Le risposte indimostrabili sembrerebbero quelle più
cambiabili, ma se sono indimostrabili significa, paradossalmente, che non
sono neppure smentibili, perciò di fatto risultano essere le più stabili.
Dato che non si può dimostrare oggettivamente la reincarnazione, è vero
anche che non può essere oggettivamente smentita: così sia chi ci crede che
chi non ci crede può continuare ad avere la sua opinione. Perciò è più
facile che un popolo cambi i suoi sistemi di produzione, piuttosto che la
sua visione del mondo.
A questo punto possiamo dare una definizione di
religione come insieme delle risposte soggettive e indimostrabili: è
certamente una definizione limitata e opinabile, ma è quella più adatta al
nostro studio ed è in questo senso che la intenderemo.
Un paradosso è rappresentato dal fatto che anche
gli atei appartengono culturalmente a una religione e un ateo italiano
difficilmente ha la stessa visione del mondo di un ateo scandinavo. Indro
Montanelli, su questo, si è espresso con grande lucidità e ha scritto:
«Io non sono un credente, in quanto non credo a nessuna delle Verità
rivelate da nessuna delle varie religioni. Ma il cattolicesimo non è
soltanto una religione. È una cultura, una mentalità, una morale, un
costume, che ormai sono diventati sangue del nostro sangue. Noi siamo
cattolici anche come anticlericali» (Oggi, n. 12 del 22/3/2000,
p. 19). Ed il «laico» Benedetto Croce, in un suo celebre saggio, si adoperò
per far comprendere che culturalmente tutto l’Occidente è in qualche modo
«cristiano» (Perché non possiamo non dirci «cristiani»,
in Benedetto Croce, La mia filosofia, Adelphi, Milano, 1993).
Il Cristianesimo è il solo che fa una chiara
distinzione fra religione e politica. Gesù ha detto
«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di
Dio» (Matteo 22,21); a Pilato, che temeva di doversi difendere da un
concorrente, disse «Il mio regno non è di questo mondo» (Giovanni
18,36). Il Cristianesimo, perciò, è nato separato dalla politica.
Ciononostante, da Costantino in poi (4° secolo), in Occidente i rapporti fra
politica e religione sono stati sempre intensi. Se è avvenuto questo
intreccio dove si è radicata una religione che non lo ha incoraggiato,
figuriamoci quanto questi legami si siano sviluppati negli altri contesti,
dove i rapporti religione – cultura – politica - economia (oltre che
praticati) sono sostenuti da un’esplicita impostazione teorica.
02-05-2007; Aggiornamento: 05-01-2008
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