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1.
Il «Contesto abramitico» aiuta la scienza
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2.
La cultura di Caino non è tutta da buttare
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3.
Né ruspa né steccati
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4.
Conclusione |
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1.
IL «CONTESTO ABRAMITICO» AIUTA LA SCIENZA: In un precedente
articolo abbiamo visto un modo di fare cultura in armonia con Dio (Genesi 2 e
la «cultura santa»), poi si sa che quell’armonia si è rotta e già in Genesi
3 troviamo un Adamo stravolto, che dice a Dio: «Ho avuto paura […] e mi sono
nascosto». Anziché continuare l’indagine sul creato, Adamo comincia a darsi alla
teologia e alla filosofia, immaginandosi un Dio diverso da quello reale. Egli
pensa: «Dio voleva privarmi di un frutto desiderabilissimo, ora mi ha
espropriato dell’albero della vita e ce l’ha con me senza motivo!». In questa
«cornice distorta» non può che crescere una «cultura distorta», che deforma
tutto ciò che indaga e indaga anche là dove non gli compete (natura di Dio e
origini del mondo).
La scienza, per svilupparsi, ha bisogno di un contesto di
ottimismo e tranquillità (l’Adamo di Genesi 2), nonché della convinzione che Dio
può anche essere complicato, ma non maligno (che era la convinzione, fra gli
altri, di Galilei ed Einstein). Un uomo pieno di paure e di vergogna (come
l’Adamo di Genesi 3) vaga in preda a problemi più grandi di quelli scientifici
e, quando fa scienza, è una «scienza inquinata». Ecco perché la ricerca
scientifica si è di fatto sviluppata quasi esclusivamente nel «contesto
abramitico» (ebraico-cristiano e musulmano), mentre nelle aree senza contatto
col Medio Oriente (Australia degli aborigeni, Africa centro-meridionale, America
pre-colombiana), il trascorrere dei secoli ha portato più ad una degenerazione
che allo sviluppo.
La «cultura deformata», cominciata dall’Adamo di Genesi
3, sarà poi sviluppata da Caino e dai suoi discendenti (Gn 4); è significativo
come anche Caino sia preda della paura («Sarò nascosto […] fuggiasco […]
chiunque mi troverà, mi ucciderà») e se ne andrà a vivere lontano dalla presenza
del Signore (Gn 4,14ss).
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2.
LA CULTURA DI CAINO NON È TUTTA DA BUTTARE: In Caino è tutto
negativo? Così, sbagliando, si augurerebbero quelli che (come chi scrive)
vorrebbero il mondo tutto in bianco e nero, invece la realtà è spesso complessa
e
anche nella cultura di Caino e dei suoi discendenti ci sono cose buone.
Per esempio, Abramo abitava in tende (Gn 12,8; Eb 11,9) e il Salmo 150 invita a
lodare Dio anche con la cetra e il flauto, ma la tenda per abitare, la cetra e
il flauto sono stati inventati (o almeno sviluppati) dai discendenti di Caino,
come pure la lavorazione dei metalli (Gn 4,19-22). Il fatto che la prima città
sia stata costruita da Caino (Gn 4,17), significa che le città siano «malvagie
in sé»? Confesso che mi piacerebbe ammetterlo (forse per le mie origini
campagnole), ma bisogna prendere atto che Gesù e gli apostoli concentrarono la
loro predicazione proprio nelle città… e senza invitare i convertiti ad
abbandonarle!
Un’altra considerazione parallela è che Dio usa anche
ciò che non approva, come si vede chiaramente quando Israele chiede un re,
volendosi così sottrarre alla diretta guida di Dio (1 Sm 8,7; 10,19); piuttosto
che continuare a combattere e delegittimare l’istituzione del re, Dio decide di
redimerla: prima con un re «secondo il suo cuore», cioè Davide (1 Sm 13,14;
16,1.13), poi con il «Figlio di Davide», cioè Gesù, che è anche re (Lc 1,32; Gv
1,49).
La Bibbia segue Caino e i suoi discendenti fino a che,
con Lamec (Gn 4,23s), la malvagità arriva al colmo e quella stirpe non ha più
niente da dire e niente da dare, cessando così di partecipare alla costruzione
della storia umana. Lo schema si ripeterà anche per gli altri «rami laterali»
della «linea della salvezza» (che va da Adamo a Gesù passando per Abramo e per
Davide), mettendo così in rilievo che
chi devia non perde subito tutta la ricchezza dei padri.
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3.
NÉ RUSPA NÉ STECCATI: È interessante
notare come i cosiddetti «nemici della fede» siano persone da poco
staccatesi dal contatto più o meno diretto con la Parola di Dio: Darwin, per
esempio, aveva terminato gli studi da pastore protestante; Freud a un certo
punto si dichiarerà ateo, ma fino a 18 anni si immergeva nella lettura biblica;
Marx, di origine ebraica, ha usato categorie di pensiero bibliche (come
l’uguaglianza) e nei suoi scritti c’è spesso uno stile ripreso dai profeti.
Contiamo nel futuro di approfondire queste connessioni, per puntualizzare
somiglianze e differenze, per ora ci basta notare come i grandi uomini di
cultura in genere conoscevano la Bibbia. La cultura esterna alle chiese, compresa quella contro
Dio, non può dunque essere scartata in blocco. Per fare un esempio, quando
una casa è completamente sbagliata, non sta in piedi o viene demolita;
parallelamente, se una cultura è concretamente vissuta da una comunità, non può
essere totalmente falsa. Non dobbiamo quindi attaccare i non credenti con la
ruspa o difenderci con gli steccati, ma credo che la Bibbia ci inviti a un
atteggiamento di «dialogo rispettoso e senza compromessi», del quale abbiamo
magnifici esempi nelle vicende di Daniele, Giuseppe e Nehemia i quali, con
l'aiuto di Dio, si integrarono pienamente nelle corti pagane del loro tempo.
Salomone usò un atteggiamento di apertura e dialogo, sia col re di Tiro sia con
la regina di Sceba, conducendo ambedue i sovrani a benedire il Dio d’Israele (1
Re 5,7; 10,9).
Venendo al NT, quando Dio volle portare il suo messaggio
nel cuore della cultura greca (Atene) e al centro dell’Impero (Roma), scelse un
uomo come Paolo, che conosceva la cultura greca ed era cittadino romano. Il
popolo di Dio è vero che ha poco bisogno di cultura (Gesù e i dodici apostoli,
infatti, non erano molto colti Gv 7,15; At 4,13), non si può però evangelizzare
senza conoscere chi si ha davanti. Infatti, quando Paolo si trovò fra i filosofi
dell’Areopago, cominciò citando un loro profeta, non la Bibbia (come invece fece
nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, At 13,14ss; 17,28).
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4.
CONCLUSIONE: Nel campo della
fede è più facile fare chiarezza, perché c’è il punto di riferimento della
Parola di Dio, mentre il mondo della cultura è più complesso e indeterminato,
perciò è tendenzialmente ambiguo. Si capisce come qualche credente lo
schivi a causa della sua pericolosità, ma il cristianesimo non è aspettare che
le persone vengano dove siamo, ma andarle a cercare proprio lì dove si sono
smarrite.
Di credenti che sappiano parlare alla gente comune ce ne
sono, grazie a Dio, ma nelle università e fra gli uomini colti, per quanto ne
sappia, c’è una grande carenza: perché alcuni non parlano della loro fede, altri
ne parlano usando il proprio linguaggio religioso, altri ancora sono pieni di
compromessi e così cedono alla cultura del mondo. Non mi illudo di essere in
grado di penetrare negli ambienti della cultura con efficacia e fedeltà, ma
sono certo che Dio può aprirci le porte ed è questa fiducia che mi ha spinto
a proporvi Proiezioni culturali.
Spero che altri siano mossi da desideri simili e che possiamo collaborare per
incoraggiarci e ammaestrarci a vicenda (1 Ts 5,11).
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Per approfondire
Gn 3 e le sue implicazioni cfr. Nicola
Martella,
Le Origini
1-2 (Punto°A°Croce, Roma 2006): 1.
Temi delle origini e 2.
Esegesi delle origini.
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Sull’origine della monarchia cfr. Nicola Martella, «Monarchia:
origine»,
Manuale
Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 232-235. Sulla cultura ebraica si veda qui
l’articolo «Lingua – mentalità – approccio al mondo», pp. 216s. |
Aggiornamento: 02-05-07
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