Nel cap. 2 della Genesi troviamo espressioni molto
significative, applicabili alla cultura, che ora prenderemo in esame
singolarmente.
1. GENESI 2,5: «Non
c’era alcun uomo per coltivare il suolo»: Nel successivo v. 15 è scritto che
Dio pose l’uomo nel giardino affinché «lo lavorasse e lo custodisse».
È così indubitabile che, per Dio, il fatto che non ci fosse «alcun
uomo per coltivare»
fosse una mancanza, un’incompletezza. Perciò definire «natura
incontaminata» quella, dove l’uomo non ha messo piede, è usare un linguaggio
pagano, non biblico.
È vero che l’uomo si comporta a volte come un distruttore,
ma ciò non toglie che la natura (che meglio sarebbe chiamare «creato») senza
l’uomo è come un regno senza re. La contaminazione del creato non la produce
solo l’uomo di oggi, perché anche una savana «incontaminata» è piena di violenza
e di morte. Perciò pure per essa è necessaria una «decontaminazione», un
riscatto, che avverrà quando ci sarà il regno del «Secondo Adamo», cioè Gesù,
che annullerà definitivamente la vera contaminazione del mondo, quella del
«Primo Adamo», per colpa del quale il suolo è stato maledetto (Genesi 3,17).
Oggi diciamo «coltura» di grano e «cultura» letteraria, ma
le due parole vengono da un vocabolo comune e di questo ce n’è traccia quando si
dice che una certa persona è «colta», o quando si parla di «cultivar» di grano
(cioè di varietà di grano coltivate). Cosa hanno in comune l’agricoltore e il
letterato? In fondo, sia l’agricoltore che il letterato impegnano le loro
facoltà umane per produrre qualcosa che sentono come appartenergli. Agricoltura
e cultura, insomma, sono due facce della stessa medaglia e ci dicono che la
Bibbia non vuole che siamo passivi, ma ci chiama ad agire con tutte le nostre
facoltà, fisiche ed intellettuali.
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2. Genesi 2,8: «Dio
il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l’uomo che vi
aveva formato».
Quando Dio creò le varie cose, evidentemente Adamo non poté assistervi, il
giardino invece è stato piantato
quando Adamo c’era e Dio, nel prepararlo, si è comportato «da uomo» (piantare
non è creare), fornendo un modello che potesse essere replicato
dall’uomo.
È significativo che la storia ci dica come le più grandi
civiltà (mesopotamica, egiziana, indiana e cinese) siano nate sui fiumi e basate
sull’agricoltura irrigua. Ci dice pure che, fra esse, la più antica è sorta
proprio fra l’Eufrate e il Nilo, cioè nell’area dove Dio piantò l’Eden.
3. GENESI 2,15:
«Lo pose nel giardino d’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse».
Non «lo lavorasse o lo custodisse», perché l’azione sulla natura doveva
essere
conservativa, non distruttiva. Questo compito di lavorare la
terra precede la caduta, perciò non è stato il peccato a rendere necessaria
l’agricoltura (come qualcuno purtroppo afferma), perché il peccato ha solo reso
in parte penoso un lavoro che era già istituito (così come non è stato il
peccato a introdurre la gravidanza, alla quale è stato solo aggiunto il dolore)
(Genesi 3:16-19).
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4. Genesi 2,20:
«L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e a ogni
animale dei campi». Oltre che nell’agricoltura (regno vegetale), Dio
avvia l’uomo anche nella conoscenza del regno animale: l’invito a dare il nome
significa fargliene dono e d’altronde
tutta la Terra è un dono di Dio all’uomo, come si legge nel Salmo
115,16: «I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra l’ha data agli uomini».
Spesso si obietta che l’uomo non poteva in un solo giorno
dare il nome a tutti gli animali. In effetti, ancora oggi non abbiamo finita
l’opera e, per esempio, negli abissi marini si scoprono continuamente
nuove specie (si scoprono, non che si producano
per evoluzione!). Forse Adamo ha dato il nome agli animali più
rappresentativi e importanti, e certo non riesco a pensare come avrebbe potuto
farlo per le innumerevoli specie di insetti e per quelle (ancor più numerose)
dei molluschi marini. Un mio alunno memorizzava all’istante le date di nascita,
che potevano essergli richieste anche mesi dopo. Non capisco come ciò sia
possibile, eppure è una realtà e mi fa sospettare che se la mente umana ha
conservato ancora simili capacità, quella ancora pura di Adamo poteva benissimo
fare al di là di quello che io oggi posso capire.
Non vogliamo buttarla sul fideismo, ma nessuno era
presente quando è venuto all’esistenza il mondo, il quale non può evidentemente
esser fatto rinascere in laboratorio, perciò le convinzioni in questo campo
vanno oltre ciò che possiamo sperimentare. Chi è convinto di poter vivere solo
di logica e di raziocinio, sarebbe opportuno che visionasse la scheda presente
nella rubrica «Flash» e intitolata «Limiti del dialogo e irrazionalità del
razionalismo».
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5. IL FILONE DELLA «CULTURA
SANTA»: Quella descritta in Genesi 2 è una «cultura santa», che
poi nel cap. 3 degenererà, ma della quale rimarranno significative tracce anche
in seguito: per esempio in Esodo 31,2-6 (Besaleel e Ooliab) e in 1 Re 4,29-34
(Salomone).
In Esodo 31,2-6 Dio dice a Mosè: «Vedi, io ho chiamato
per nome Besaleel […] l’ho riempito dello Spirito di Dio, per dargli sapienza,
intelligenza e conoscenza per ogni sorta di lavori, per concepire opere d’arte,
per lavorare l’oro, l’argento e il rame, per incidere pietre da incastonare, per
scolpire il legno, per eseguire ogni sorta di lavori. Ed ecco, gli ho dato per
aiutante Ooliab […] ho messo sapienza nella mente di tutti gli uomini abili,
perché possano fare tutto quello che ti ho ordinato». Quegli artigiani,
potenziati da Dio, misero in atto svariate tecniche alla benevola presenza di
Dio, con la guida dello Spirito di Dio, per le finalità indicate da Dio. Vissero
quasi un nuovo Eden, insomma, ma anche quello splendore fu di breve durata,
perché il popolo di Israele presto degenerò.
In 1 Re 4,29-34 è scritto che «Dio diede a Salomone
sapienza, una grandissima intelligenza e una mente vasta com’è la sabbia che sta
sulla riva del mare […] parlò degli alberi, dal cedro del Libano all’issopo che
spunta dalla muraglia. Parlò pure degli animali, degli uccelli, dei rettili, dei
pesci. Da tutti i popoli veniva gente per udire la saggezza di Salomone».
Anche al tempo di Salomone brillò dunque una «cultura
santa» e anche allora finì presto, ma quando queste luci si spengono lasciano
una memoria e una nostalgia che le fa poi in qualche modo riemergere. Come
nell’Inghilterra di Newton (1642-1727) e di Boyle (1627-1691), quando gli
scienziati più stimati credevano che la vita sulla Terra avesse poche migliaia
di anni e appoggiavano apertamente l’opera missionaria! Poi è arrivato Darwin
(1809-1882) con le sue proposte antibibliche, ma la ricchezza di quello slancio
iniziale consente ancora al mondo anglofono di avere il primato. Se Darwin
finirà per trionfare, però, le degenerazioni già in atto in quel mondo si
aggraveranno fino a disarticolarlo.
La nostra lotta contro il darwinismo e per la «cultura di
Adamo» è perciò in vista di un beneficio generale, perché fatta nella speranza
di veder fiorire una
nuova «cultura santa».
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Per approfondire
Gn 2 e le sue implicazioni cfr. Nicola
Martella,
Le Origini
1-2 (Punto°A°Croce, Roma 2006): 1.
Temi delle origini e 2.
Esegesi delle origini. |
Aggiornamento: 02-05-07
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