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La questione: Il foglietto del calendario di Piuchevincitori.com del
17-02-2006 comincia con queste parole: «Quando Dio si presentò a Mosè,
rivelandogli di essere “Jahvè”, che tradotto significa: Io sono colui che sono,
voleva fargli sapere che Lui è un Dio eterno…».
▬ Le osservazioni:
Sono rimasto meravigliato che un calendario perlopiù evangelistico cominciasse
con una tale erudizione terminologica. Poi ho dovuto constatare delle
imprecisioni terminologiche e grammaticali, che non possono che urtare uno
studioso di AT. Come fa «Jahwè», che è la terza persona singolare del verbo
ebraico hawah (Es 3,15), a significare qualcosa che riguarda la prima
persona singolare del verbo ebraico hajah e, si aggiunga, un’intera
frase
(Es 3,14 ’ëhejëh ’ašër ’ëhejëh)?
C’è un proverbio tedesco, adatto alla situazione, che recita: «Ciabattino rimani
alle tue suole». Un calendario per l'evangelizzazione o per l'edificazione
dovrebbe omettere di cimentarsi con temi del genere, che non rientrano in tale
categoria e possono suscitare solo paradossi, spropositi e contraddizioni.
Dio si rivelò a Israele, all’interno della
relazione del patto, come Jahewëh, letteralmente «Colui
che è qui [attivamente]» o «Colui che interviene» (Es 3,15). Come mostra il
contesto, ciò non aveva nulla a che fare con la sua esistenza, quanto col
suo intervento (Es 3,7ss; cfr. 6,6ss). {Nicola Martella}
Per gli approfondimenti cfr. Nicola Martella, «Jahwè»,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), pp. 200ss.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/Dizsprop/Jahwe_eterno_MeG.htm
Aggiornamento: 08-05-07
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