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Molti accettano il racconto biblico della creazione in sette
giorni ma, per risolvere le difficoltà con la teoria evolutiva, interpretano i
giorni della creazione come lunghi periodi di tempo (giorno biblico = era
geologica), cioè non come giorni di 24 ore susseguentisi l’uno all’altro e
formanti una settimana ininterrotta. Si contrappone al
creazionismo
letteralista. Insomma, il Dio biblico resta il Dio Creatore, ma avrebbe
realizzato la sua opera progressivamente. Questa interpretazione presenta molti
inconvenienti: ■ 1) L’analisi interna di Genesi 1-3 spinge
a interpretare la parola «giorno» secondo il suo significato normale di «periodo
di 24 ore» (cfr. «Il problema dei “giorni” in Genesi 1», di Hasel, su «Origini»;
cfr. la stessa problematica in «Temi
delle origini» di Nicola Martella). ■ 2) Essa non accontenta gli evoluzionisti, perché
nella Genesi la creazione è per categorie (i vegetali compaiono nel terzo
giorno, gli animali marini e volatili il quinto giorno, gli animali terrestri e
l’uomo il sesto giorno), mentre nell’evoluzione si aggiungono nuovi ecosistemi —
ossia ogni era geologica è caratterizzata dal prevalere di particolari
associazioni di piante, animali marini, animali terrestri e volatili, che
vivevano in rapporto fra loro. ■ 3) Essa crea problemi di interpretazione di altri
passi della Bibbia collegati con Genesi 1-3 (p.es. istituzione del sabato,
presenza della morte prima di Adamo). ■ 4) Essa crea problemi teologici sulla natura di
Dio, perché se la morte faceva parte della creazione di Dio e c’era prima
di Adamo, se Dio trasforma a sua immagine un ominide che ha prevalso nella
«lotta per la sopravvivenza», uccidendo i suoi fratelli, allora è un Dio
diverso da quello biblico ed è più il Dio di Caino che quello di Abramo. Non
avrebbe più senso, poi, il parallelismo fra il «primo Adamo» e il «secondo
Adamo» (cioè Gesù) che fa Paolo (Rm 5). È una forma di
Concordismo. {Fernando De Angelis}
Aggiornamento: 10-05-07 |