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Il termine selāh, (p.es., Sal 3,2.4.8) può derivare da
due radici; da salah «alzare la mano» per imporre il silenzio: in questo
caso significherebbe «fare una pausa», «interludio» o «intermezzo musicale».
Oppure da salal «far crescere, elevare»: in questo caso significherebbe
«alzare la voce», attuare un crescendo, passare a un tono più alto. Si pensa
comunemente che sia un termine tecnico, ma non si sa ancora se si riferisca alla
musica o alla voce. La Settanta lo rende con diapsalama, che significa
«intervallo musicale». Secondo l’interpretazione comune, selāh
non era una parola da leggere a voce alta, ma era solo una nota per chi
recitava per dirgli che a questo punto doveva fare o una pausa onde permettere
all’accompagnamento musicale di suonare; oppure doveva elevare la sua voce con
una maggiore intensità di tono. Però, il Salmo 61,4s contiene selāh nel
mezzo di un discorso collegato dalla parola «poiché» e rende
difficile intenderlo come una pausa per dare tempo libero all’interludio dei
musicisti. E infatti non è necessario congetturare che faccia riferimento a
dei termini musicali. Si riferisce a un soggetto, non alla musica; ha a che
fare con la verità, non con le melodie. Alcuni dicono che si trovi sempre
all’inizio o alla fine di una strofa. Il fatto eccezionale è che in quattro
casi ricorre in mezzo a un verso: Sal 55,19; 57,3 e Hb 3,3.9. Questo dà un
duro colpo all’ipotesi che si riferisca alla musica; ma ci aiuta a trovare
la soluzione giusta. Selāh collega la fine di una strofa con l’inizio
della successiva, unendo insieme due verità. Infatti, in quattro casi
collega la fine di un Salmo con l’inizio del successivo, unendo così i due
Salmi (vedi Sal 3 con 4; 9 con 10; 24 con 25, e 46 con 47).
Selāh, quindi, non conclude né inizia un
brano, ma connette i due brano tra cui è messo. L’esame di ogni caso
mostrerà quale sia questo collegamento. Non ha lo scopo di fare una pausa su
un soggetto; né di fare da passaggio da un soggetto all’altro: ma è la
connessione di due soggetti. A volte aggiunge uno sviluppo del pensiero
collegando una preghiera con ciò che costituisce le basi di essa. A volte è
antitetico e aggiunge un contrasto. Oppure collega una causa con l’effetto,
o un effetto con la causa. È un legame che ci ingiunge di guardare quello
che è stato detto e ci fa segno di collegarlo con quello che segue.
Così, se deriva da salah, «fare una pausa»,
non è con gli strumenti musicali che bisogna fare una pausa mentre le voci
continuano a cantare; ma sono i nostri cuori che devono fare una pausa e
notare la connessione di preziose verità.
Se deriva da salal, «elevare», non sono gli
strumenti che devono aumentare il tono del loro suono, ma i nostri cuori che
devono essere elevati per considerare con più solennità le due verità che
sono collegate tra loro. La parola viene usata 71 volte nei Salmi e 3 volte
nella «preghiera di Habacuc». L’uso della parola è limitata a trentanove
Salmi. ■ In sedici di questi ricorre
una
volta (7; 20; 21; 44; 47; 48; 50;
54; 60; 61; 75; 81; 82; 83; 85; 143); di questi trentanove Salmi, trentuno
sono trasmessi al «Maestro del coro». ■ In quindici Salmi ricorre
due volte
(4; 9; 24; 39; 49; 52; 55; 57; 59; 62; 67; 76; 84; 87; 88). ■ In sette Salmi ricorre
tre volte
(3; 32; 46; 66; 68; 77; 140). ■ In un Salmo ricorre
quattro volte
(Salmo 89).
Ricorre in tutti e cinque i Libri dei Salmi come segue:
■ Libro I (1-41), diciassette volte in nove Salmi.
■ Libro II (42-72), trenta volte in diciassette
Salmi.
■ Libro III (73-89), venti volte in undici Salmi.
■ Libro IV (90-150), quattro volte in due Salmi.
{elaborazione: Argentino Quintavalle - rielaborazione: Nicola Martella}
▬ Letteratura■
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/Sela_OiG.htm
08-05-2007; Aggiornamento: 08-07-2010
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