■ Profezia oggettiva: Al tempo del NT «profezia»
era in senso tecnico specialmente il messaggio dei profeti teocratici dell’AT
(cfr. Mosè, i Profeti e i Salmi quali parte del canone dell’AT; «Salmi» stava
per la terza parte del canone che iniziava con tale libro). Per estensione
«Profeti» indicava tutto l’AT tranne la Torà (Mosè e i profeti). In senso
assoluto, tutto l’AT era «profezia». In 2 Pietro 1,21 l’autore non parlò del profetare nella
chiesa, come alcuni erroneamente suggeriscono; egli parlando della «profezia»
intendeva quella contenuta nell’AT, quindi l’AT! Un verso prima si parla della «profezia
della Scrittura» (v. 20), corrispondente a «parola profetica» del (v. 19);
un verso dopo Pietro mise in guardia contro «falsi profeti» e «falsi
dottori che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione» (2,1). Egli
stesso parlò della «profezia della
Scrittura pronunziata dallo Spirito Santo per bocca di Davide» (At
1,26). Quindi la «parola profetica» (2 Pt 1,19), «profezia della Scrittura» (v.
20) e «profezia» (v. 21) erano coincidenti. Similmente l’angelo parlò a Giovanni del «mistero di
Dio, secondo che Egli ha annunziato ai suoi
servitori, i profeti» (Ap 10,7); qui si intendeva dei profeti
teocratici d’Israele, come similmente in Ap 11,18 (i «santi» sono qui i credenti
dell’AT); 16,6 (dei santi e dei profeti); 18,24 (dei profeti e dei santi). Si
parla del «Signore, il Dio degli spiriti dei profeti» (Ap 22,6 cfr. «mandato
il suo angelo per mostrare ai suoi servitori») e dei «tuoi fratelli, i
profeti» (v. 9), indicando sempre i profeti teocratici dell’AT.
■ Profezia ecclesiale: Per capire di che
parliamo, bisogna sapere che la Bibbia delle chiese del primo secolo, al tempo
in cui fu scritto il NT, era costituita dalle sacre Scritture ebraiche (l’AT).
Solo pochi ricchi e privilegiati potevano permettersi di averle. Perciò a ogni
incontro della chiesa locale, se questa possedeva le sacre Scritture ebraiche,
se ne faceva la pubblica lettura e si traeva ispirazione da essa per
l’esortazione e l’ammaestramento: «Attendi finché io torni, alla lettura,
all’esortazione, all’insegnamento» (1 Tm 4,13). In seno all’assemblea
cristiana l’interpretazione ispirata delle sacre Scritture ebraiche specialmente
in senso messianologico (o cristologico) era anch’essa chiamata «profezia» o
«profetare». Infatti l’angelo disse all’apostolo Giovanni: «La testimonianza
di Gesù; è lo spirito della profezia» (Ap 19,10). Non è un caso perciò che specialmente gli insegnanti
della Parola, che a quel tempo era l’AT, furono identificati con i «profeti» (At
13,1; negativo 2 Pt 2,1), e così pure gli apostoli (Ef 2,20 tōn apostólōn kaì
profētōn
un solo articolo; Ap 18,20; cfr. Lc 11,49 profētas
kaì apostólous). Infatti erano loro a interpretare per primi nelle chiese
fondate le sacre Scritture ebraiche in senso messianologico. Paolo parò al
riguardo di «mistero di Cristo» (Ef 3,4), ossia celato nell’AT: «Il
quale mistero, nelle altre età, non fu
dato a conoscere ai figli degli uomini nel modo che ora, per mezzo dello
Spirito, è stato rivelato ai santi
apostoli e profeti di Lui» (v. 5). Quindi lo svelamento del «mistero
di Cristo» celato nelle sacre Scritture ebraiche era un’attività profetica
affidata specialmente agli apostoli e poi da loro trasmesso a uomini fedeli
(cfr. 2 Pt 3,2). «Le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni,
affidale ad uomini fedeli, i quali siano capaci d’insegnarle anche ad altri»
(2 Tm 2,2)
■ L’ermeneutica profetica di Gesù: Questa
lettura messianologica delle Scritture ebraiche la insegnò Gesù stesso, quando
asserì che esse parlassero di Lui e quando insegno ai discepoli e agli altri la
necessità che esse si adempissero nei suoi confronti (Mt 26,54.56). Dopo la risurrezione, Gesù rimproverò i due discepoli
sulla via verso Emmaus, dicendo: «O
insensati e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno
dette! 26Non
bisognava che il Cristo soffrisse
queste cose ed entrasse quindi nella sua gloria? 27E cominciando da
Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in
tutte le Scritture le cose che lo concernevano» (Lc 24,25ss). Poi,
presentandosi a tutti i suoi discepoli, aprì loro il significato messianologico
dell’AT: «Queste son le cose che io vi dicevo quand’ero ancora con voi: che
bisognava che tutte le cose scritte di me
nella legge di Mosè, ne’ profeti e nei Salmi, fossero
adempiute» (Lc 24,44). Poi è
scritto: «Allora aprì loro la mente
per intendere le Scritture, e disse loro: 46“Così
è scritto, che il Cristo
soffrirebbe, e risusciterebbe dai morti il terzo giorno, 47e che nel
suo nome si predicherebbe ravvedimento e remissione dei peccati a tutte le
genti, cominciando da Gerusalemme. 48Or
voi siete testimoni di queste cose”» (vv. 45-48). Gesù insegnò qui ai suoi apostoli che cosa
significasse: «La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia» (Ap
19,10). Egli affidò loro questa lettura profetica dell’AT, rendendoli «testimoni
di queste cose». Per questo gli apostoli erano sia testimoni sia profeti.
■ Casi di profezia neotestamentaria: Abbiamo
visto che al tempo del NT «profezia» era in senso tecnico specialmente il
messaggio dei profeti teocratici dell’AT. Abbiamo anche visto che per estensione
«profezia» era parlare in modo ispirato sulla base della lettura comune dell’AT,
interpretandole in senso messianologico. Quindi, «profetare» al tempo del NT non significava
semplicemente «parlare pubblicamente», ma «proclamare in modo ispirato» sulla
base delle sacre Scritture (allora l’AT) ciò che riguardava il mistero di Gesù
quale Messia, secondo l’assunto già menzionato in Ap 19,10. Pietro fece uso dell’ermeneutica profetica di
Gesù subito a Pentecoste, quando «proclamò in modo ispirato» le cose concernenti
Gesù quale Messia, basandosi su una lettura profetica dell’AT (At 2,14-36), cosa
che convinse moltissimi Giudei provenienti da tutto l’impero romano (At
2,9ss.37ss). Similmente Pietro fece una tale «proclamazione ispirata» dalle
Scritture ebraiche presso il tempio (At 3,12-26) e dinanzi al Sinedrio giudaico
(At 4,9-12). Similmente avvenne nella locale chiesa di
Gerusalemme, dopo la liberazione di Pietro e Giovanni: i credenti
interpretarono profeticamente in preghiera il Salmo 2 in senso messianologico
(At 4,25-28); poi è scritto: «E dopo che ebbero pregato, il luogo dov’erano
radunati tremò; e furono tutti ripieni dello Spirito Santo, e annunziavano la
parola di Dio con franchezza» (v. 31). Lo Spirito Santo, riempiendo i
credenti, permetteva loro di comprendere la lettura messianologica della «Parola
di Dio» e di annunziarla con convinzione. Questo modo di profetare, nel senso di interpretare
l’AT in senso messianologico, è un filo rosso che si estende in tutto il libro
degli Atti e che ha dato origine alle epistole del NT. Da ciò nacque anche
l’apologetica
cristiana. Infatti Aquila «con gran vigore confutava pubblicamente i Giudei,
dimostrando per le Scritture che Gesù è il Cristo» (At 18,28). Con l’uso di
tale lettura profetica dell’AT nacquero anche delle dichiarazioni di fede:
«Io v’ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo è
morto per i nostri peccati, secondo le
Scritture, 4che fu seppellito; che risuscitò il terzo giorno,
secondo le Scritture» (1 Cor
15,3-8). Un caso particolare di «proclamazione ispirata» sulla
base delle sacre Scritture ebraiche si trova in At 15 e riguarda il concilio
interecclesiale di Gerusalemme. I cristiani giudaisti volevano un pieno
assoggettamento dei cristiani gentili alla Legge mosaica e ai riti giudaici (vv.
1.5). Giacomo, basandosi su quanto detto precedentemente da Pietro (v. 14)
convinse i fratelli presenti che non si desse «molestia a quelli dei Gentili
che si convertono a Dio» (v. 19), usando proprio una lettura profetica
dell’AT (vv. 15-18). Proprio esercitando la pratica di 1 Cor 14,29 — «Parlino
due o tre profeti, e gli altri giudichino» — si arrivò a un «comune
accordo» (v. 25) e a prendere posizione verso i giudaisti che «vi
hanno turbato coi loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre» (v. 24),
scrivendo alle chiese tra altre cose quanto segue: «È parso
bene allo Spirito Santo e a noi…»
(v. 28). Poi si parla dell’effetto nella chiesa di Antiochia: «E quando i
fratelli l’ebbero letta, si rallegrarono della
consolazione che recava» (v.
31). Poi Luca aggiunse: «E Giuda e Sila,
anch’essi, essendo profeti, con
molte parole li esortarono e li confermarono» (v. 32). Ossia essi
confermarono i credenti, esortandoli pure, mediante la lettura profetica dell’AT
come già risultava dalla lettera ricevuta. In tal modo, 1 Cor 14 mostra esemplarmente come
doveva avvenire tale «proclamazione ispirata» nella chiesa locale sulla base
della lettura delle sacre Scritture ebraiche e specialmente per ciò che
riguardava il «mistero di Gesù» quale Messia, in corrispondenza della
dichiarazione di fede cristologica risultante dall’AT (1 Cor 15,3s) e secondo il
già menzionato assunto: «La testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia»
(Ap 19,10). Inoltre in 1 Cor 14 si fa riferimento alla «Parola di Dio» (l’AT)
che non era proceduta dai Corinzi né era pervenuta solo a loro (v. 36). In
quest’epistola Paolo parlò anche della «parola della croce» (1 Cor 1,18)
e indicò la «mia parola» ai Corinzi nel senso di recare «qualche
rivelazione, o qualche conoscenza, o qualche profezia, o qualche insegnamento»
(1 Cor 14,6); quindi tutto nel senso della «proclamazione ispirata» sulla base
dell’AT per ciò che riguardava il mistero di Gesù quale Messia.
■ Aspetti conclusivi: «Chi profetizza…
parla agli uomini» (1 Cor 14,3): era quindi un «parlare
ispirato». Paolo evidenziò anche il fine: «per edificazione, esortazione e
consolazione»: chi parlava non intendeva comunicare nuove rivelazioni ma
edificare, esortare e consolare con la sacra Scrittura. Era quindi una
rivelazione profetica che proveniva dalla lettura comune dell’AT. Ma non era un
semplice chiacchierare sulla Scrittura, ma un «parlare ispirato», poiché è
scritto: «Se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il
precedente si taccia» (1 Cor 14,30). Questo è evidenziato nella seguente
constatazione: «Tutto quello che fu scritto per l’addietro, fu scritto per
nostro ammaestramento, affinché
mediante la pazienza e mediante la
consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza» (Rm 15,4).
L’autore della lettera agli Ebrei parlò del suo scritto come della «mia
parola d’esortazione» (Eb 13,22). Anche Pietro disse: «V’ho scritto
brevemente esortandovi» (1 Pt 5,12). Perciò Paolo, l’autore della lettera agli Ebrei e
Pietro presentano nei loro scritti una «lettura profetica» dell’AT alla luce
dell’avvento di Gesù Messia. Questo è il cuore e il senso della «profezia» (=
proclamazione ispirata) nel NT! Come già ricordato, l’angelo dovette ammonire
l’apostolo Giovanni, per poi dirgli che «la testimonianza di Gesù è lo
spirito della profezia» (Ap 19,10).
►
Profeta con nome nel NT
►
Profeti del nuovo patto
►
Profeti nel Nuovo Testamento
►
Profeti falsi ed escatologia
▬ Letteratura
■ Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), articoli: «Profeta (ambito ministeriale)», pp.
279ss; «Falsi profeti», pp. 281s; «Falsi legittimi», p. 283; «Profetismo:
fenomeno», pp. 283s; «Profezia: proclamazione», pp. 284s.
■
Nicola Martella (a cura di), «Che cos'è
la "profezia"?», Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 21-24.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/Profezia_NT_R34.htm
08-11-2007; Aggiornamento:
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