Si afferma sempre
di nuovo che tutti i peccati sono ugualmente gravi e dannosi, sia quelli
più blandi, sia quelli più efferati. Tale purismo è ingenuo e pericoloso,
rappresentando una relativizzazione indebita che non aiuta la verità. Spesso si
confonde qui il piano soteriologico (ogni tipo di peccati priva della salvezza
chi non si ravvede) con quello amministrativo e penale (a ogni tipo di
infrazione segue l’ammenda e la pena corrispondenti).
Ecco qui di seguito alcune
domande. È proprio vero che davanti a Dio tutti i peccati sono uguali? È
proprio vero che lo erano anche per Gesù Cristo? Se tutti i peccati sono uguali,
perché la legge mosaica e le leggi delle nazioni civili distinguono fra reati
lievi e gravi e fra reato doloso e colposo? Se tutti i peccati sono uguali,
perché non mettere fuori comunione chi immagina di commettere adulterio? O
addirittura perché non destituire un conduttore dalla sua carica per il medesimo
motivo? Non bisogna distinguere la condizione
dell'uomo quale peccatore dal piano morale e giudiziario?
Ecco ora alcune riflessioni di base. Bisogna
distinguere fra «peccato» (natura peccaminosa) e «peccati» (trasgressioni,
colpe, iniquità). Il primo si espia, mentre i secondi si confessano e si
perdonano. Se non si distingue fra «peccato» e «peccati» e neppure riguardo alla
diversa gravità delle trasgressioni, si corrono due pericoli antitetici:
▪
) Gli uni diverranno «bonisti» e tolleranti verso tutti i tipi di atti
peccaminosi;
▪ 2) Gli altri invece
diverranno «legalisti» e rigidi, sanzionando con ogni rigore la più piccola
deviazione da un ideale personale o di gruppo.
Trasgressioni e peccati non sono tutti
uguali né nell’antico né nel nuovo patto, poiché richiedono pene diverse. Le
trasgressioni richiedevano secondo i casi un rimprovero pubblico (1 Tm 5,20),
un’ammenda pecuniaria (Lv 6,5; Nu 5,7), un indennizzo compensatorio (Es 21,18s),
una punizione fisica (Dt 25,2s) o la pena capitale (Es 21,12-17; Lv 19,8). Oltre
alla peccaminosità generale, si parla della perversione (Gn 38,7; Pr 2,12.14;
6,14; At 20,30); inoltre alcuni peccati erano chiamati «abomini»: idolatria (Dt
7,25; 20,18; Ez 7,20); adulterio e prostituzione sia materiali sia religiosi (Gr
13,27; Ez 6,9; Ap 17,4); l’incesto (Lv 20,12); omosessualità (Lv 20,13). Per
questi ultimi c’era l’interdetto e la morte (Lv 20,12s; Ez 18,13). Oltre che
nell’AT (Nu 18,22), anche nel NT si parla di un peccato che porta alla morte: «Se
uno vede il suo fratello peccare di un “peccato non a morte”, pregherà ed Egli
gli darà vita: a coloro che non “peccano a morte”. C’è del “peccato a morte”;
non è in riferimento a quello che dico che egli debba supplicare. Ogni
ingiustizia è peccato; e c’è del “peccato
[non] a morte”»
(1 Gv 5,16s).
►
Peccato imperdonabile
▬ Letteratura
■
Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico
Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002): «Colpa», p. 113; «Empietà - empio», pp.
153s; «Peccare - peccato», pp. 267ss; «Peccatore», p. 269.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/Peccati_differenze_Lv.htm
14-12-2007; Aggiornamento:
17-04-2009
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