La confusione fra Cielo e Paradiso, fra il luogo dove sta il trono e il
santuario di Dio e il luogo dove vanno i redenti, fa fatto sorgere varie e
strane dottrine. Per gli uni la risurrezione è quasi inutile, essendo i redenti
già alla presenza di Dio; sotto l'influenza del platonismo e dello spiritualismo
mistico, il corpo viene visto come un fastidio, sì una prigione. Per gli altri
tale sedicente presenza dei redenti presso il trono di Dio ha portato a
trasformare il politeismo pagano in un «polisantismo» cristiano, attribuendo a
santi e beati un ruolo particolare di intercessori in questioni di loro
competenza. Tutto ciò è un grave imbroglio dottrinale con conseguenze pesanti e
triste. Nessun credente, quando muore, può andare alla presenza di Dio, poiché i
morti sono ritenuti impuri.
Che i morti siano impuri, è una convinzione presente in tutta
la sacra Scrittura. Per questo viene anche minacciato di morte chi ha contatto
con loro (Lv 20,27; per ’ob si veda sotto). La morte era vista come un
taglio netto fra Dio e gli uomini, anche quelli devoti (Is 38,18), chiaramente
fino alla risurrezione (Os 13,14).
Ciò valeva per i resti materiali di un morto. Un sacerdote non si doveva
esporre a divenire impuro per il contatto con un morto, essendo ciò una
profanazione, a meno che non fosse un parente diretto (Lv 21,1-4); un sommo
sacerdote non doveva farlo mai e per nessuna ragione (vv. 11s; cfr. Ez 44,25).
L’impurità escludeva dai privilegi e dalla presenza del Signore, fintantoché non
avveniva la purificazione (Nu 9,6ss; 19,13-22; Ag 2,13). Un santuario o un
altare veniva contaminato mediante il contatto con le ossa di morti (1 Re 13,2;
2 Re 23,16.20; Ez 6,5).
Ciò che aveva una valenza fisica, lo aveva anche in campo spirituale. Ad
esempio, Isaia 8,19 recita letteralmente: «Quando vi dicono: “Interpellate
gli spiriti di morti e i medium, che sussurrano e bisbigliano” — allora dite:
“Un popolo non deve interpellare il suo Dio? Si rivolgerà ai morti per i vivi?”»;
qui l’ebraico ha ’ob un termine specifico al riguardo, che ricorre anche
altrove nell’AT. [Si veda al riguardo Nicola Martella, «Spiritismo e Bibbia»,
La lieve danza delle tenebre
(Veritas, Roma 1992), pp. 347s; per l’impurità dei morti si veda qui pp. 352s.]
La presenza di un morto in un luogo chiuso (tenda, casa) o aperto
(campo), lo rendeva impuro e contaminante per tutti coloro che vi accedevano (Nu
19,14-22). La non purificazione di un’impurità contaminava il santuario
dell’Eterno (Nu 19,20; Ez 9,7). Allo stesso modo, nessun morto può avere
contatto col santuario celeste; ciò lo contaminerebbe. Solo dopo la
risurrezione i redenti avranno il privilegio di accedere al santuario
celeste, dove sta il trono di Dio. Infatti la risurrezione è il riscatto finale,
di cui oggi si ha solo la caparra (Rm 8,23s). Solo da risorti incontreremo Gesù
nell’aria e andremo alla casa del Padre (1 Ts 4,16s); si noti in questo brano
che Gesù «scenderà dal cielo» (gr. katabaino «discendere,
venire giù»), mentre i «morti in Cristo risusciteranno» (gr.
anístamai «sollevarsi, rizzarsi in piedi, alzarsi, ergersi, tirarsi su»). È
evidente che i morti non erano già con Cristo e, se non scenderanno dal cielo
con Lui, erano altrove, ossia in Paradiso, e nel momento della risurrezione si
rialzeranno dalla polvere (Is 26,19), dove i loro corpi erano finiti (Sal 90,3;
Ec 12,9).
Per approfondire tale questione, rimando alla sezione «Lo
stato intermedio» nell’opera da me curata «Escatologia biblica
essenziale» (Escatologia
1), pp. 182-212; cfr. particolarmente pp. 185. 198. 211. Lì parlo di
tali questioni. {Nicola Martella}