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di seguito affrontiamo l’allegoria quale metafora continua e quale ipocatastasi
(lett. «sotto-posizionata»). Si tratta di un paragone continuo per mezzo di una
rappresentazione o di un’implicazione.
Allegoria
proviene dal greco allēgoria: da
allos «un altro» e agoreuein «parlare o fare un discorso nell’agora»
(cioè in assemblea pubblica).
Poche cose sono state oggetto di controversia come
l’allegoria, ed è stata definita in varie maniere. Una classe di studiosi
retorici l’hanno definita una metafora continua; un’altra classe hanno
dichiarato che non lo è. In simili circostanze, pero, come è spesso il caso,
nessuna definizione è sufficientemente corretta, perché entrambe hanno una parte
di verità, anche se non tutta. Nessuna delle parti che contendono considera
l’esistenza dell’ipocatastasi. E questo fatto testimonia della confusione, non
solo in merito all’allegoria, ma anche in merito alla metafora.
Tutte e tre le figure sono basate sul paragone.
La similitudine (o paragone) si confronta con la
rassomiglianza; la metafora con la rappresentazione; l’ipocatastasi
con l’implicazione (per induzione).
Nel primo caso il confronto è fisso; nel secondo
è sostituito; nel terzo è implicito.
Così l’allegoria è un prolungamento degli ultimi due,
metafora o ipocatastasi; mentre la parabola è un prolungamento della
similitudine.
Questa definizione è chiarificatrice, spiega tutte le
difficoltà, e concilia le differenti scuole di pensiero.
L’allegoria, quindi, è essenzialmente di due tipi:
■ In alcuni casi è metafora continua
(come nel Salmo 23), dove si parla di due cose (Jahwè, e la cura del
Pastore), e quello che viene affermato appartiene all’oggetto principale. ■ In altri casi è ipocatastasi continua
(Salmo 80,8-15), dove si parla solo di una cosa (la vite), e ciò che viene
affermato, appartiene all’oggetto secondario, cioè a Israele. Il
riferimento a Israele non è menzionato, ma è soltanto implicito.
■ Infine c’è la combinazione di entrambi i tipi.
In Isaia 5,1-7 viene usata un’allegoria che combina insieme
entrambe le forme. «Giuda e Gerusalemme» (i soggetti della profezia di Is
1,1) sono rappresentati come una vigna, e l’allegoria inizia con una loro
implicazione (Is 5,1.2) e continua con una loro sostituzione (Is
5,3-7).
L’allegoria differisce così dalla parabola,
poiché la parabola è una similitudine continua.
Quest’ultima non inizia mai con la semplice dichiarazione che una cosa
rassomiglia a un’altra. L’allegoria, invece, rappresenta, o implica,
che una cosa equivale a un’altra. Come nell’allegoria del «Pellegrinaggio del
Cristiano» di J. Bunyan, ciò che è detto di una persona si riferisce a un’altra
persona che si trova in circostanze ed esperienze simili. Nel Salmo 80 e in
Isaia 5, ciò che viene detto di una vigna si riferisce a Israele; ma nel libro
della Genesi ciò che è dichiarato per Israele e Ismaele, Sara e Agar è tutta
storia vera, e Galati 4 è scritto per evidenziare ulteriori verità, e perciò
Paolo stesso dice che è una «allegoria» (Gal 4,24).
Nessuna figura retorica richiede maggiore attenzione e
senso diacritico come l’allegoria. E potrebbe essere più sicuro dire che non c’è
alcuna allegoria nella Scrittura piuttosto che seguire il proprio giudizio per
stabilire ciò che è una allegoria e ciò che non lo è.
Ad ogni modo, abbiamo un esempio che è distintamente
dichiarato essere tale, ossia Gal 4,22-24. «Infatti sta scritto che
Abrahamo ebbe due figli: uno dalla serva e uno dalla libera. Ora quello che
nacque dalla serva fu generato secondo la carne, ma quello che nacque dalla
libera fu generato in virtù della promessa. Tali cose hanno un senso allegorico»,
o, tali cose c’insegnano o ci dicono qualcosa oltre a quello che è scritto.
L’odierno e comune utilizzo della parola allegoria è
abbastanza diverso da questa definizione Scritturale. Secondo il significato
odierno è presa per significare un racconto fittizio che ha un altro e più
profondo significato di quello espresso.
Un’allegoria può qualche volta essere fittizia,
ma Galati 4 ci mostra che una storia vera può essere allegorizzata (cioè, mostra
di avere un ulteriore insegnamento al di là di quello che in effetti è accaduto)
senza nulla togliere alla verità della storia. Dobbiamo notare un fatto importante: che, nell’uno e
nell’altro caso, l’allegoria è sempre stabilita nel tempo
passato, e mai nel futuro. L’allegoria si distingue così dalla
predizione. L’allegoria aggiunge ulteriori insegnamenti agli eventi passati,
mentre la predizione ci parla di eventi che devono ancora avvenire, e vuole dire
esattamente quello che è scritto. Ciò significa che una profezia non ha alcun
significato allegorico, ma può essere espressa in forma allegorica (in questo
caso però viene considerata predizione e non allegoria).
■ Genesi 49: La benedizione profetica di
Giacobbe è mista. In parte è una similitudine (verso 4), in parte è metafora
(verso 9). In alcune parti le metafore
sono ripetute, nel qual caso abbiamo una allegoria.
■ Giudici 9,7-15: Questa non è una parabola,
anche se molti la considerano tale, perché non c’è alcuna similitudine, per
mezzo della quale una cosa è paragonata con un’altra. È una ipocatastasi
continua, solo una delle due cose viene menzionata con chiarezza. Se non era per
l’interpretazione dataci nei versi 16-20, non ci sarebbe stato niente oltre a
ciò che era implicito.
Excursus: È interessante osservare che i quattro alberi menzionati —
fico, ulivo, vite e rovo — sono quei quattro che vengono usati per unire insieme
l’intera storia d’Israele. ▪ Il fico rappresenta la
posizione nazionale d’Israele, del quale sappiamo (dagli Evangeli sinottici)
che è appassito e che è stato tagliato via. ▪ L’ulivo rappresenta i
privilegi del patto d’Israele (Romani 11), i quali sono ora in sospeso. ▪
La vite rappresenta le
benedizioni spirituali d’Israele, che da un certo punto in poi devono essere
trovate solo in Cristo, la Vera Vite (Giovanni 15). ▪ Il rovo rappresenta
l’Anticristo, nella cui ombra essi si rifugeranno, ma che sarà per Israele un
fuoco struggente nel giorno di «distretta per Giacobbe» — «la grande
Tribolazione».
■ Isaia 28,20 è allegoria, cioè ipocatastasi
ripetuta, solo una parte della figura è menzionata: il letto e la sua coperta,
ma non la gente a cui si riferisce. Il profeta parla della grande paura di cui
saranno presi gli abitanti della Giudea alla venuta di Sennacherib; ma essi
hanno preferito rimanere nello loro falsa sicurezza. Per mezzo di questa bella
illustrazione allegorica essi sono informati che il loro riposo sarò inquieto e
il loro sonno sarà ben presto disturbato.
■ Matteo 3,10.12 è una ipocatastasi ripetuta e
quindi allegoria.
■ Matteo 5,13 è lo stesso, preceduto da «Voi
siete il sale della terra», che è una metafora.
■ Matteo 7,3-5 è lo stesso; solo la pagliuzza e
la trave vengono nominati. Quello che essi vogliono dire è solo implicito.
■ Matteo 9,15 è lo stesso, il significato è
implicito.
■ Matteo 9,16.17: Il «pezzo nuovo» sul vecchio
implica la solenne lezione in riferimento all’impossibilità di riformare la
vecchia natura.
■ Matteo 12,43-45: «Ora, quando lo spirito
immondo è uscito da un uomo…». Questa è una allegoria. Deve essere
interpretata della nazione giudaica, come il v. 45 afferma.
■ Luca 9:62: «Nessuno che ha messo mano
all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Questa è
una breve allegoria.
■ Altri esempi: Vedi al riguardo Gv 4,35; Rm
11,16-18 ecc.; 13,11s; 1 Cor 3,6-8.12-15; 5,7s; 2 Cor 3,2s; 5,1 ecc; 10,3-5;
11,2; Gal 6,8; Ef 6,11 ecc.; la lettera agli Ebrei.
{elaborazione: Argentino Quintavalle - rielaborazione: Nicola Martella}
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Letteratura
■
Nicola Martella, «Allegoria»,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002),
pp. 82s. Cfr. qui anche «Interpretazione allegorica», pp. 192s;
«Metafora», p. 231; «Proverbio», p. 287; «Simbolo», p. 331; «Similitudine», pp.
331s.
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/Allegoria_Ori.htm
08-05-2007; Aggiornamento: 08-07-2010
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