Premesse: Qui di seguito si parla di viticultura e di enologia. Il
proverbio recita: «Non fare i conti senza l’oste». Nel primo caso si potrebbe
dire al viticultore: «Non fare i conti senza i parassiti». Si tratta in falli di
un salasso fatto alle viti. Nel secondo caso si potrebbe dire all’enologo
improvvisato: «Se “in vino verità”, in aceto falsità?». È un «manualino» per
intenditori d’aceto…
{Nicola Martella} |
Il salasso delle viti
Qui di seguito parliamo di uva, di vendemmia e
di vino; parliamo di un’attesa cerimonia di stagione molto ricca per l’economia
piemontese. I fatti si svolsero una ventina d’anni fa nel periodo autunnale,
prossimo alla vendemmia di un’annata, il cui raccolto era previsto fra quelli
migliori degli ultimi anni come qualità e abbondanza.
I giornali
strombazzavano ai quattro venti la ghiotta (e dissetante) notizia che gli
appassionati di enologia, i vinificatori e i bevitori, seguivano nelle
fluttuazioni del mercato dell’uva e nella resa ottenuta. Viticultori e
vinificatori erano già al lavoro per preparare attrezzature e recipienti (pompe,
tini, botti, vasche) per la ormai prossima incombenza: vendemmia e pigiatura.
Durante tutto l’anno
le viti erano state oggetto di un accurato lavoro di preparazione del terreno,
di potatura e legatura, della sfogliatura dei ramoscelli bastardini e
dell’applicazione dei preparati contro le malattie del fogliame e degli acini.
In quegli anni era
comparso un nuovo parassita, una farfallina bianca, saltatrice e vivacissima che
bucava i tralci vecchi e piccini fino a che non colava il profumato succo, che
così veniva perso e per di più richiamava mosconi, moscerini e insetti vari. Il
pericolo di morte per dissanguamento del succo era reale e definitivo. Le viti
colpite e danneggiate, seccavano a vista d’occhio senza la linfa che le nutriva;
il brulicare delle farfalline era visibile a molti metri di distanza.
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Manuale dell’acetologo
Avevo un amico, cliente che rifornivo di vino
per il fabbisogno di famiglia che si è lasciato influenzare dall’atmosfera
ottobrina nella quale tutti desideravano allestirsi una cantina per farsi il
vino in famiglia e bere — finalmente sussurravano — un buon bicchierino di vino
genuino.
Invischiato nella
reclame che tutti ascoltavamo intanto, prendeva forma il progetto: «Se vuoi bene
bere, fatti il tuo bicchiere!». Così un bel giorno, mancante della più piccola
attrezzatura e anche digiuno della necessaria esperienza e bravura, il mio amico
e cliente venne a trovarmi. Mi chiedeva semplicemente in prestito qualche
damigiana vuota, una gomma da travaso, un decalitro, un imbuto e qualche altro
oggetto di cantina. «Appena ho travasato, ti riporto tutto», mi diceva, «perché
ho già ordinato il necessario… e ora devo andare perché mi portano l’uva da
pigiare».
Dopo due settimane
l’amico mi rese il materiale prestatogli e mi disse: «In cantina c’è un profumo
così invitante che tutti i vicini vogliono assaggiarne e ne bevono bicchieri,
anche se è ancora in fermentazione…».
Erano passati da
allora un paio di mesi. Casualmente un giorno — eravamo sotto Natale — incontrai
il mio amico, in un negozio del centro e memore dell’operazione di
vinificazione, gli chiesi notizie del vino che era stato appena ritravasato. Mi
rispose testualmente: «Sono in bicicletta e in questo momento ho molta fretta!».
Poi cambiando espressione del viso — tra il serio e il faceto — disse: «Come
prima volta mi sono fatto due quintali di ottimo aceto, che è rimasto
molto profumeto!».
{adattamento da un testo di
minop;
© Punto°A°Croce 2006}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/+Ars/R-In_vino_veritas_R56.htm
17-11-2006; Aggiornamento: 25-06-2010
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