Premesse:
Ci sono le stagioni della natura. Ci sono anche i cicli biologici nella vita
degli animali, che seguono i ritmi naturali. Particolari accadimenti
meteorologi e i cicli biologici felini, messi insieme, possono formare la giusta
miscela per una situazione tutta particolare, che necessita di un eroe di turno.
Per lui sono gatte da pelare. {Nicola Martella} |
Correva l’anno 1960, in un anfratto attorno al rustico che avevamo appena
acquistato, una gatta grigia tigrata dava alla luce la sua cucciolata,
seguendo istintivamente il richiamo primaverile della natura.
Anche quando,
demolito il casolare, abbiamo ricostruito una casa nuova, la gatta fece la sua
tana in una vecchia cassetta, l’addobbò con uno straccio di tela grezza e la
rifinì poi con un po’ del suo pelo. Mangiava e dormiva accanto alla baracca dei
muratori: era buona e per niente gelosa. L’avevamo chiamata Mina.
Davanti alla casa si
apriva una vallata spaziosissima, esposta da est a ovest. Appena si girava
l’angolo della casa, soffiava quasi sempre un vento impetuoso. C’erano un
appezzamento di terra con alberi, i quali interrompevano a tratti le sferzanti
folate di vento, qualche albero da frutta in parte selvatica e sette od otto
filari di viti piuttosto vecchiotte, trascurate e da potare. Questo era il
panorama della nostra casetta di campagna.
Trascorso poco oltre
metà dell’autunno, cominciarono i primi problemi perché l’inverno era alle porte
di quell’anno particolarmente rigido e nevoso; era nevicato molto tutta la
stagione.
Un mattino abbiamo
trovato una bella ma dura sorpresa: durante la notte era scesa molta neve e il
vento ne aveva accumulato in certi tratti anche oltre un metro. Ci siamo
preoccupati della sorte dei gatti che erano là nella casa di campagna. Quando le
strade furono sgombrate, seguendo altre auto che transitavano a passo d’uomo
sulla stradale, riuscimmo ad arrivare nel paese, dove avevamo la casa nuova.
Giunti a una ventina di metri dalla casa, tutto era nella calma più assoluta.
Dei gatti neppure l’ombra. La casa era circondata da un bel metro di neve
accumulata dal vento. Quando non passavano auto, nell’aria aleggiava un silenzio
di tomba; si udiva solo il fischio delle folate d’aria.
Abbiamo provato a
chiamare, facendo voci: «Mina!… Mina!». Improvvisamente s’è levato un
caratteristico coro di gatti: possente, gutturale, stonato e insistente. I gatti
c’erano tutti, ma erano bloccati sotto qualche cosa che, durate la tormenta
notturna, li aveva salvati e riparati fortunosamente dalla gran coltre di neve
che li sovrastava.
Per fortuna c’era
Mina, la mamma pronta a tutelare la sua prole già grandicella. La gatta fu
prontissima a rispondermi, quasi sapesse che dovevo arrivare, come facevo
giornalmente, per rifornire di cibo tutto il branco.
Un ostacolo tuttavia
era insormontabile: un bel metro di neve che, anche se soffice, copriva tutto e
circondava la casa. Improvvisamente dalla neve spuntò, come fosse una testa di
ponte, una specie di cuscino tigrato, che però — dopo il balzo — ricadde come un
sacco e sparì nella neve nello stesso buco che si era scavato. Mina però aveva
ormai capito che era arrivata la salvezza e il rifornimento mangereccio per
tutti. C’era certo ancora il grosso problema della neve alta da attraversare.
Questa specie di furia grigia intanto riprovò il balzo e ricadde nel buco,
riprovò e ricadde di nuovo nella gelida coltre, impossibile da superare senza un
aiuto. A ogni balzo guadagnava sì e no un palmo nella mia direzione, ma era
frenata dal cumulo della neve. Io ero distante dalla gatta una decina di metri
ed eravamo separati ancora da un muro soffice ma tenacissimo.
Non sapevo come fare
per avvicinarmi alla gatta che rinnovava in continuazione i suoi miagolii e i
suoi tentativi, facendo salti su salti (e ogni volta spariva alla vista dentro
la neve). Infine trovai una vecchia pala senza manico e riuscii a fare una
specie di sentiero che risolse il problema. Dopo pochi minuti, raggiunsi la
gatta, la quale si mise subito a divorare la sua razione e, in parte, quella dei
gattini.
Quell’anno,
l’emergenza provocata dalla natura era stata ormai superata. La vita in campagna
di quelle bestiole — nell’alternanza delle stagioni e grazie a Dio — continuò
ancora per un paio di lustri, arricchiti da almeno un nuovo parto all’anno,
puntualmente nel mese di aprile.
{adattamento da un testo di
minop;
© Punto°A°Croce 2006}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/+Ars/R-Gatti_inverno_Oc.htm
10-05-2007; Aggiornamento: 25-06-2010
|