Premesse: Secondo l’autore, questo racconto è un’allegoria di
qualcosa; ma di che? Essa illustra il perché nella vita occorra espletare delle
«formalità esteriori»; ma quali in particolare? Di che cosa vuole parlare
l’autore? Aspettiamo i vostri suggerimenti. Li metteremo a fondo pagina.
{Nicola Martella} |
In fondo a quella cantina la discussione era animata. Avevano trovato il
libro del Sacro Topo da Biblioteca
nel quale si poteva leggere con chiarezza in 2 Topolesi 3,12: «Scegliete
con responsabilità il vostro formaggio preferito e nutritevene gioiosamente
felici e soddisfatti per tutta la vita».
Topino gongolò tutto dicendo: «Vedi che avevo
ragione? Dice che possiamo nutrirci del nostro formaggio preferito.
Non dice che dobbiamo necessariamente
mangiarlo!».
Topetto replicò: «Topino, non dire stupidaggini.
Oggi che abbiamo inventato le flebo al latte cagliato tu fai una distinzione
tra mangiare e nutrirci, ma nella realtà la distinzione che fai è
artificiosa. Le due cose vanno assieme e il libro del Sacro Topo da
Biblioteca non affronta questa distinzione semplicemente perché è priva
di senso. Il Sacro Topo ci ha creati per nutrirci mangiando! Non ha senso
separare il mangiare dal nutrirsi. Per nutrirci davvero e con responsabilità
bisogna mangiare con la bocca!».
«Sei il solito topo moralista» — replicò Topino —
«sempre dietro alle forme esteriori. Che differenza fa? In fondo, in ogni
caso, quello che mangi arriva nel sangue, no? Perché dovremmo ipocritamente
usare queste formalità esteriori quando potremmo essere molto più sinceri e
diretti usando le flebo? Tu sai bene che ci sono tanti ipocriti che davanti
a tutti si fanno vedere mentre mettono il formaggio in bocca, ma poi…» — con
una smorfia di profondo disgusto sul musetto — «di nascosto sputano fuori
tutto e, senza farsi vedere da nessuno, vanno dalla prima flebo che
incontrano e se la fanno fino in fondo, senza tanti scrupoli!».
«Che significa tutto questo?» — argomentò Topetto —
«non mi puoi supportare la tua tesi tirandomi fuori gli ipocriti. So
benissimo che ci sono, ma questo non ti giustifica. Di’ la verità. Il
problema reale è che mangiare con la bocca richiede molte più
responsabilità. Se mangi qualcosa di sbagliato, ne pagherai le conseguenze
con una profonda pesantezza di stomaco. Così, per evitarti il rischio,
preferisci non affrontarlo, usando le flebo».
«Suvvia Topetto» — disse Topino — «sai bene che la
realtà di oggi è diversa da quella di un tempo. Non possiamo permetterci
pesantezze di stomaco. Il mondo di oggi è duro, se stai un po’ male qualche
giorno… zacchete… subito ti fanno fuori. Bisogna essere sempre allerta e,
ripeto, la minima pesantezza di stomaco ci fregherebbe. Ai tempi di cui
parla il Sacro Topo la vita era più semplice, rilassata, senza stress. Oggi
è diverso!».
«E poi» — continuò Topino — «io prendo sempre
fedelmente la solita flebo alla mozzarella di Boiano, non vado da una flebo
all’altra sconsideratamente come fanno tanti, che un giorno si prendono la
flebo al pecorino romano, e quell’altro una flebo alla fontina valdostana».
«Ma allora mangiatela questa benedetta mozzarella
di Boiano, no? Che ti costa? Se sai già con certezza che è il formaggio
fatto apposta per te, perché non te lo mangi?» — rispose in po’ incavolato e
spazientito Topetto.
«È solo una inutile formalità». Replicò Topino,
quasi sovrapponendosi alle parole di Topetto.
La serata stava finendo proprio male, perché la
discussione sembrava ormai arenata in uno sterile battibecco. Ma a un certo
punto Topetto disse, guardando Topino fisso negli occhi: «A te apparirà come
una inutile formalità ma… finché quella mozzarella non te la mangi, tu non
ne potrai mai sentire il sapore!».
Ci fu un attimo di silenzio in quella cantina,
perché quelle parole di Topetto erano suonate come un qualcosa di
estremamente serio.
«Il… sapore???» — chiese perplesso Topino, con gli
occhietti spalancati e il naso avvitato sulle ‘23 — «Cosa è il sapore?
intendi forse la sazietà? Quella che provo dopo essermi fatto la mia bella
flebo?».
«No! la sazietà è tutt’altra cosa! Io intendo IL
SA-PO-RE!» — gridò a questo punto Topetto, scandendo bene le sillabe di
quella strana parola — «il sapore, quello vero! Quello che ti arricchisce e
ti dà il gusto di mangiare ogni giorno la tua amata mozzarella. Il sapore è
quello che ti fa sognare e sentire appieno soddisfatto di ciò che hai reso
parte di te stesso. La tua mozzarella di Boiano non è solo un qualcosa che
ti nutre adeguatamente procurandoti una sazietà, è parte di te!».
Topino era un po’ perplesso perché dal suo punto di
vista, sulla base della sua esperienza, la sazietà che provava lui, dopo le
flebo, non aveva nulla di diverso da quella strana e per lui incomprensibile
parola. «Sapore… bah… ????». — pensava tra sé e sé.
Allora Topetto continuò: «Secondo me il Sacro Topo
ci ha fatto in modo veramente strano. Per qualche arcano motivo, se vogliamo
essere davvero felici, dobbiamo rischiare. Buttarci, lasciando perdere le
nostre zavorre. Quanto più ci teniamo per noi stessi, tanto più ci priviamo
di felicità. È un po’ come andare in bicicletta con le due ruotine laterali,
come facevamo da topolini quando si imparava a pedalare. Certo, con le
ruotine non cadevamo quasi mai, ma non abbiamo potuto godere appieno della
gioia di andare in bicicletta per davvero finché non abbiamo accettato il
rischio di cadere e le abbiamo tolte! Per qualche strano motivo la cosa vale
anche col formaggio. Forse si rischia un po’ di pesantezza di stomaco, ma…
per sentire veramente il sapore del proprio amato formaggio occorre
prendersi qualche rischio e abbandonare ogni riserva, rinunciando ai
surrogati, quali sono le flebo, e mangiarselo davvero quel benedetto
formaggio. Ti assicuro che quello che sentirai, intendo IL SAPORE, non ha
nulla a che spartire con la sazietà che ti può dare una flebo. C’è del
rischio in tutto questo, ma, come ti ho detto, la rinuncia a se stessi e
l’abbandono totale e incondizionato sono purtroppo il prezzo da pagare per
conoscere davvero il dolce e profumato sapore della tua amata mozzarella di
Boiano. Accetti il rischio?».
…
Purtroppo la storia si interrompe qui. Non sappiamo se Topino abbia mai
accettato questa sfida, però ci è stato riferito che Topetto continuò per il
resto dei suoi giorni ad assaporare felicemente una dolcissima provola
lucana. A volte si prendeva qualche leggera indigestione, ma… in fondo in
fondo passava subito, e poi, in ogni caso, secondo Topetto… ne valeva
comunque la pena!
{adattamento da un testo di Nicola Berretta;
© Punto°A°Croce 2006}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/+Ars/R-Flebo_Mds.htm
10-05-2007; Aggiornamento: 25-06-2010
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